venerdì 23 giugno 2017

TIRESIA RAPTUS, Diaspora (2015)


È di due anni fa il come back dei Tiresia Raptus, che con questo Diaspora confermavano l’attitudine sperimentale della loro proposta, imbevuta di psichedelia, dark, doom e kraut rock. L’album, scritto quasi interamente da Nicola Rossi dei Doomraiser (impegnato alla voce, ai synth e alle tastiere) è davvero di buona fattura e farà la felicità di quanti amano le sonorità plumbee di Il Ballo delle Castagne (loro compagni di etichetta), Il Segno del Comando e dei mai dimenticati Malombra. Oltre a Rossi ci sono Carlo Gagliardi (basso, organo e tastiere), Nico Irace (organo), Francesco Campus (chitarra) e Giancarlo Lustri (batteria), bravissimi nel creare le giuste atmosfere per la riuscita complessiva del platter. Vintage ed esoterismo si fondono per sviluppare contesti narrativi affascinanti in cui la redenzione delle anime è il punto focale e i romani affrontano le varie tappe con un bel sovraccarico di tastiere dall’aurea settantiana. La lunga Do you know who you are? apre il disco con cadenze doom e space rock, fraseggi percussivi e la voce narrante di Irace, un brano intenso e malinconico. Vattienti, dopo una singolare introduzione, si sviluppa verso territori gotici con tanto di particolare tin whistle suonato da Rossi, a cui va aggiunto l’efficace suono dell’ebow di Willer Donadoni. La semi acustica e breve Angel anticipa Scheletro, un bel momento che si sviluppa con inquietanti synth e il sempre affascinante organo di Gagliardi, impegnato anche come voce narrante, a cui vanno aggiunte le note dello xilofono di Rossi e dell’ebow dell’ottimo Donadoni. Cupa e seducente è Emotions in black, con le caratteristiche campane tibetane di Rossi che ampliano lo spettro di influenze presenti, mentre Tutto dorme è costruita soprattutto attorno le tastiere e i synth di Gagliardi e dell’ospite Elisa Serra ma non decolla mai del tutto e non raggiunge un’adeguata tensione. Meglio il magnetismo di Fragili ossa e soprattutto la conclusiva title track, il momento più immediato del disco e splendido finale di un platter adatto in particolar modo a chi ha dimestichezza con sonorità ricche di synth, tastiere e parti di organo abbinate ad una scrittura darkeggiante e perennemente proiettata verso frangenti gotici. (Luigi Cattaneo)
 
Scheletro (Video)
 

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