sabato 22 luglio 2017

MOGADOR, Chaptersend (2017)


Quarto disco in studio per gli ottimi Mogador, band capitanata da Luca Briccola (chitarra, flauto e basso) e Richard Allen (batteria e voce), insieme a Samuele Dotti (tastiere), Salvatore Battello (basso) e Marco Terzaghi (voce). Chaptersend è un lavoro particolare, in quanto la prima parte nasce ex novo con pezzi inediti, mentre la seconda va a riprendere episodi del disco d’esordio, rivisti con la sensibilità attuale del gruppo. Una scelta che probabilmente andrà ad incuriosire soprattutto chi non segue la band dagli inizi e che magari vuole scoprire un act che sinora ha ricevuto meno feedback di quanto a mio avviso ne meritasse. Difatti i lavori sinora pubblicati, tutti di buon livello, rimangono nella cerchia degli appassionati più attenti (per intenderci, non quelli ancora a caccia dell’ennesima ristampa dei Genesis o degli Yes ma quelli sempre con l’orecchio teso verso le piccole novità dell’underground) ed è un vero peccato perché i comaschi di buone idee ne hanno parecchie. L’iniziale Summer sun ha tutte le caratteristiche del sound Mogador, con tracciati hard prog a cui si aggiungono delicate sezioni classicheggianti, qui disegnate con cura dall’inventivo violino di Ida Di Vita. Briccola d’altronde non disdegna riff heavy e le tastiere di Dotti, dal piglio settantiano, completano un quadro iniziale estremamente interessante. Non dissimile, sia per stile che per l’alta qualità, The escapologist, con la sezione ritmica decisamente compatta e Terzaghi che conferma di essere voce sicura e precisa. Un momento cadenzato è la buona Deep blue steps, abbellita dagli interventi flautistici di Elisa Salvaterra e dal piano di Dotti, mentre Still alone torna in ambiti maggiormente progressivi con una certa autorevolezza. Nella piacevolissima Josephine’s regrets troviamo un altro gradito ospite, Jon Davison, voce degli attuali Yes, uno dei pezzi più suggestivi del platter, prima della grandeur prog di Gentleman John, dieci minuti in cui si avverte l’urgenza da parte del gruppo di costruire qualcosa di qualitativamente alto, in cui fondere melodia, classicità e rock romantico nella migliore tradizione italica. La ballata Tell me smiling child è apripista per la conclusiva Fundamental Elements Suite, vera sintesi del percorso sin qui intrapreso dal complesso, pregna di soluzioni fiabesche, epiche, con spunti hard prog raffinati vicini agli Shadow Gallery, trame sinfoniche e parti strumentali molto valide. I Mogador confermano di essere anello di congiunzione tra quei gruppi di matrice heavy come i già citati Shadow Gallery ma anche Opeth e Dream Theater e quelli storici del prog inglese che rispondono al nome di Yes, Gentle Giant e Genesis, un connubio di certo non originale ma ancora carico di suggestioni. (Luigi Cattaneo)
 
Gentleman John (Video)
 

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