tag:blogger.com,1999:blog-6485345393823872422024-03-29T12:03:17.371+01:00ProgressivaMenteProgressive Rock&Metal ma anche una panoramica su Jazz, Blues, Folk, Hard&Heavy, Psichedelia, Avanguardia, Alternative, Post Punk, Dark Rock.
Un blog sulle sfumature della Musica. Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.comBlogger1629125tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-40248926037581036382024-03-27T09:53:00.006+01:002024-03-27T09:53:56.242+01:00COSIMO BONI, May be (unable to return) (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Esordio da leader per il
trombettista Cosimo Boni, che ha firmato con il recente <i>May be (unable to
return)</i>, uscito per Fresh Sound New Talent, un album che abbina grande
raffinatezza compositiva a splendide melodie, un connubio che ha donato a quest’opera
prima visioni immaginifiche e profondità esecutiva. Il lavoro d’insieme portato
avanti da Boni con Daniele Germani (alto sax), Isaac Wilson (piano), Mats Sandahl
(basso) e Jongkuk Kim (batteria, cimbali) è la sublimazione del suo percorso, dagli
studi al Berklee College alle influenze di Miles Davis, Darren Barrett e Donald
Byrd, per un risultato globale figlio dell’esemplare interplay tra le parti,
soprattutto tra i fiati, supportati egregiamente dal pianoforte di Wilson e
dalle decise ritmiche elaborate. Un’organicità catturata nelle note di <i>Dunda</i>,
<i>Question </i>e <i>Dream giver</i>, dove tutto il quintetto esplora le
proprie possibilità espressive, risultando fluido e originale, fresco ed
eclettico. L’equilibrio tra scrittura e improvvisazione è il motore di <i>May
be</i>, un debutto maturo e pieno di intriganti suggestioni. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Full Album </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/ueJc_8rjebM" width="320" youtube-src-id="ueJc_8rjebM"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-6255616062509988702024-03-26T08:38:00.006+01:002024-03-26T08:38:26.522+01:00IRA GREEN, Tutti i colori dell'Ira (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Terzo lavoro in studio
per Ira Green, un disco autoprodotto (dopo una campagna di crowdfunding) dove l’artista
napoletana ha potuto scegliere in piena autonomia la strada da seguire,
confezionando quello che ad oggi forse è il suo album più eclettico. L’alternanza
tra brani in italiano e in inglese è il primo aspetto che si palesa, così come
lo sviluppo sonoro che, pur restando in un ambito legato all’alternative/crossover,
ben sintetizza la voglia di stupire di Ira (voce, chitarra, basso, tastiere), supportata
nelle tante idee messe sul piatto da Marco Branca (basso, chitarra, piano,
tastiere), Andrea Sora (chitarra) e Alessandro Longhi (batteria), oltre che
dalle collaborazioni con Roberto Cilia (voce) e Giovanni All’Heavy (basso). Emerge
la forza interpretativa dell’autrice in brani come <i>I miei tempi</i>, <i>Vecchia
scuola </i>o <i>I am your hero</i>, ma anche in momenti più pacati, vedi <i>Shattered
love blues</i>, <i>Goodbye I’m leaving </i>e <i>Roses</i>, Ira convince non
solo vocalmente ma anche come songwriting, dimostrando di calarsi con sicurezza
all’interno di atmosfere ben diverse tra loro. Il disco è acquistabile dal sito
<a href="https://www.iragreen.it/">https://www.iragreen.it/</a> (Luigi
Cattaneo) <o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>Roses </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/n6MYVHAcRHw" width="320" youtube-src-id="n6MYVHAcRHw"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-1418147568974151022024-03-23T19:38:00.003+01:002024-03-23T19:38:11.048+01:00CHRISTIAN MASCETTA, Out of space (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><i><span style="line-height: 107%;">Il disco Out of space è
un progetto che nasce dalla forte coesione umana e musicale che condivido da
molti anni con Pietro e Michele. Le composizioni sono frutto delle storie che
ho vissuto, delle persone che ho incontrato e del voler sperimentare sempre
qualcosa di diverso dalle produzioni precedenti. </span></i><span style="line-height: 107%;">Con
queste parole il chitarrista Christian Mascetta (di cui avevamo già parlato ai
tempi del suo ottimo album con il Glutenfree Trio) presenta <i>Out of space</i>,
disco uscito per Abeat Records e registrato insieme a Pietro Pancella (basso) e
Michele Santoleri (batteria), una sezione ritmica artefice di una prova
gigantesca, a sostegno delle doti del leader, bravissimo non solo tecnicamente
ma anche come compositore. Difatti la fusion di Mascetta guarda alla
psichedelia, al jazz e al progressive rock, ma più in generale agni anni ’70,
risultando godibile sin dai primi ascolti, anche quando le trame si fanno
fitte, come nel caso della splendida <i>Ade</i>. Suggestiva <i>Wormhole</i>, ha
la dote di introdurre con garbo nel lavoro, che sviluppa momenti di grande
raffinatezza in <i>Il coraggio di accettare </i>e <i>Acheronte</i>, mentre l’unica
composizione cantata è la title track, dove troviamo Miriana Faieta (che ha
scritto anche il testo), a proprio agio in un brano delicato e suggestivo. (Luigi
Cattaneo) <o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>Conigli di Battistini </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/alBpEgwLNHM" width="320" youtube-src-id="alBpEgwLNHM"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-21171710432566017922024-03-20T17:53:00.004+01:002024-03-20T17:53:21.227+01:00ROGUE DEAL, Escape from justice (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Attivi dal 2017, i veronesi
Rogue Deal (Nicola Danese batteria, Francesco Galbieri basso, Michele Turco
voce, Matteo Finato chitarra e Gianluca Padovani chitarra), arrivano all’esordio
(dopo un demo del 2019) con questo <i>Escape from Justice</i>, un lavoro di
esaltante heavy metal, che farà la felicità di quanti amano Iron Maiden,
Diamond Head e Tygers of Pan Tang. Si dipanano con queste premesse brani di
grande impatto (<i>Lightning force</i>), altri maggiormente strutturati (le
splendide <i>Condemned to power </i>e <i>When fear has tales to tell</i>),
richiami alla NWOBHM (<i>Streetfighter</i>) e ragguardevoli trame strumentali (<i>Starmirror</i>).
Un album pieno di genuina potenza, fieramente legato al passato del genere,
convincente anche in virtù di una scrittura solida e minuziosa. Completa il
quadro il bellissimo artwork ad opera di Dimitar Nikolov, altro motivo per
acquistare senza indugi <i>Escape from justice</i>. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>Lightning force </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/h9ExD8exs1k" width="320" youtube-src-id="h9ExD8exs1k"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-16408170789862764212024-03-18T10:03:00.010+01:002024-03-18T10:04:29.171+01:00LUCA LO BIANCO QUARTET, Human Plots-Six extraordinary acts and a city (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">La forza di un gesto
raccontata attraverso la musica. Catturare immagini, sensazioni, conseguenze di
atti straordinari narrandoli con note e suoni. L’idea trasformata in disco da
Luca Lo Bianco, contrabbassista a capo di un quartetto completato da Achille
Succi (clarinetto, sax), Samuel Leipold (chitarra) e Clemens Kuratle
(batteria), che in <i>Human Plots – Six extraordinary acts and a city </i>musicano
l’urgenza del fare, dell’esserci seguendo un bisogno legato al concetto di
umanità. Storie che guardano lontano ma che si legano definiscono l’album come
concept, intriso di un unico pensiero, che è quello di avere delle necessità
che portano all’azione, come quelle di Danuta Danielsson in <i>This heavy handbag</i>,
oppure di Abdel Kader Haidara in <i>The librarian of Timbuktu</i>, o ancora Gerusalemme
vittima dell’immobilismo in <i>Silent eyes </i>di Paul Simon.<i> </i>Lo Bianco porta
avanti il suo jazz laminandolo di una propulsione rock che oscilla tra melodie
levigate e strutture articolate, atmosfere immaginifiche e suggestioni
arcaiche, parti elettriche e acustiche, il tutto sviluppato tramite un
interplay ricercato e sempre godibile. Terzo disco da solista maturo e scritto
in maniera ineccepibile per Lo Bianco, nonché ennesima conferma della bontà del
catalogo della salentina Gleam Records. (Luigi Cattaneo) <o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>323 </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/5mn7jwbX_cc" width="320" youtube-src-id="5mn7jwbX_cc"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-60673981511101450112024-03-15T14:00:00.005+01:002024-03-15T14:00:28.899+01:00GOAD, Titania (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Culto della scena prog
nostrana, i Goad di Maurilio Rossi negli hanno hanno incarnato lo spirito dark
e atmosferico di nomi storici dei ’70 come Van Der Graaf Generator e King
Crimson, e non fa eccezione il nuovo <i>Titania</i>, elegante, oscuro e
affascinante, come spesso è capitato per le uscite dei toscani (il cui primo
album risale al lontano 1994). Pubblicato da My Kingdom Music, il disco è
suonato e scritto interamente da Rossi, con l’ausilio di alcuni ospiti, Gianni
Rossi (chitarra), Paolo Carniani (batteria), Martino Rossi (tastiere, basso),
Frank Diddi (chitarra, sax, flauto) e Alex Bruno (chitarra, violino, oboe).
Maurilio decide di continuare ad esplorare la letteratura inglese, omaggiando
Titania, protagonista di <i>Sogno di una notte di mezza estate </i>di
Shakespeare, oltre che il poeta John Keats in alcuni passaggi, concependo un
lavoro complesso che necessita di diversi ascolti per essere compreso. L’aurea
dark che permea lo sviluppo compositivo, come da tradizione, si manifesta anche
nella produzione, una scelta che rispecchia le suggestioni di <i>Upon a little
hill</i>, <i>To one ho has </i>e <i>Who sent we some roses</i>. Splendida ed
epica la suite <i>Beauty is truth</i>, divisa in sei capitoli, mostra tutta
l’arte decadente del progetto Goad, nonché la dote di esplorare più paesaggi
sonori all’interno dello stesso album. Postilla non di poco conto, anzi del
tutto rilevante, è la presenza di un secondo disco, un live registrato in buona
parte al Teatro della Gioventù di Govi nel dicembre del 2006 (tre brani sono
invece stati registrati in studio nel 2022) con formazioni differenti ma col
medesimo spirito, un documento imperdibile per ogni ammiratore dei Goad e più
in generale del progressive italiano. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Full Album</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/wRbxxCq9vvo" width="320" youtube-src-id="wRbxxCq9vvo"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-43607417641360821212024-03-11T15:07:00.007+01:002024-03-11T15:07:57.559+01:00CON ALMA TRIO, Con Alma Trio meets Jerry Bergonzi (2016)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjwtQt-cSVEsEp0DuBoW9jLv1yFW0BMXu8w_vn4KKkGhgaJrc5b4L9slh2XiQEZp4Yi68xPr_ue_VKwhMGcn3AaFXgnCXFRUacNqL9S-_AD-giAOFP4qL_oIdHBAo977xPb3qOnCpl8ZnHgddk5hW9eYeADlFOTLawt_AZFN3pkGxnXEmpM7bwaTyY96Gxd" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="400" data-original-width="400" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjwtQt-cSVEsEp0DuBoW9jLv1yFW0BMXu8w_vn4KKkGhgaJrc5b4L9slh2XiQEZp4Yi68xPr_ue_VKwhMGcn3AaFXgnCXFRUacNqL9S-_AD-giAOFP4qL_oIdHBAo977xPb3qOnCpl8ZnHgddk5hW9eYeADlFOTLawt_AZFN3pkGxnXEmpM7bwaTyY96Gxd=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Uscito nel 2016, <i>Con
Alma Trio meets Jerry Bergonzi</i>, è un lavoro che da subito mi ha affascinato,
soprattutto per via dell’entusiasmo e dell’interplay di alto livello che si
percepisce passaggio dopo passaggio. Il trio, Vito Di Mogugno (organo Hammond),
Guido Di Leone (chitarra) e Mimmo Campanale (batteria), incontra il sax di
Bergonzi, bravissimo in ogni intervento e capace di amalgamarsi con grande
facilità al resto della band, donando una prestazione encomiabile per la
riuscita del disco. Gli spunti sempre affascinanti dell’Hammond vengono
ampiamente sostenuti da un groove ritmico costante, su cui si adagiano le note
del sax dell’americano, ma è tutto il gruppo a muoversi con sicurezza lungo un
album dove la scrittura è stata ben divisa tra i vari interpreti, che hanno
regalato non solo una prova tecnicamente matura, ma hanno anche dimostrato un
songwriting attento e curato. Ovviamente il suono dell’organo è molto
caratterizzante (e Di Modugno è tra i massimi esponenti dello strumento) ma la
bellezza di quest’opera risiede nel senso di collettività che viene espresso in
brani come <i>Bi-Solar</i>, <i>Kynard</i>, <i>Blue night </i>e <i>Maki Papi</i>,
ricchi di fantasia, suggestioni, tecnica e swing. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family: arial;"> </span></o:p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-91966274840453821132024-03-09T11:33:00.002+01:002024-03-09T11:33:10.214+01:00LAB X, Ikigai (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjsvzPN1-u8kf7_XgC-VC9L1Pzc8CRAxdFVWIc2VhFk1qx8XgEo4blZgg-TpufmdppkGfqmioXRguCeF4nZyBxgddjLH8vwM_Si5WctBO8QyUlSdJ0Yz9cX-KuJEBrvjKPXDqEmKBmiy00QFvqCncsJ-_Lu5XEk3e2ImwO0OM96uR0Zrpz0UczSqtraP-qq" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="512" data-original-width="512" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjsvzPN1-u8kf7_XgC-VC9L1Pzc8CRAxdFVWIc2VhFk1qx8XgEo4blZgg-TpufmdppkGfqmioXRguCeF4nZyBxgddjLH8vwM_Si5WctBO8QyUlSdJ0Yz9cX-KuJEBrvjKPXDqEmKBmiy00QFvqCncsJ-_Lu5XEk3e2ImwO0OM96uR0Zrpz0UczSqtraP-qq=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Esordio per i Lab X,
quartetto formato da Enrico Lorenzini (tastiere, già nel progetto Art, due
ottimi dischi qui recensiti), Giacomo Calabria (batteria, anche con i
Qvintessence, di cui parlammo ai tempi dell’uscita del loro omonimo), Alberto
Bergonzoni (chitarra) e Luca Nicolasi (basso, anche lui membro dei Qvintessence),
che con questo <i>Ikigai </i>sfornano un lavoro in bilico tra progressive rock,
heavy e fusion, divinamente suonato ma soprattutto carico di idee. Ciò infatti
che fa la differenza in album di questo tipo è quanto si riesca ad essere
coinvolgenti (rimanendo in Italia penso a Red Zen, Acqua Libera o Gran Torino),
perché il rischio di autocelebrazione della propria dote tecnica è sempre
dietro l’angolo. Non avviene questo in <i>Ikigai</i>, che ho percepito da
subito suggestivo e immaginifico, sin dall’iniziale <i>The Ronin’s memories</i>,
che ha il merito di guidarci nella fase iniziale dell’album, che si sviluppa
lungo brani come <i>Duty against feelings</i>, tra jazz rock e metal, <i>JY
Line</i>, sontuosa composizione jazz rock, la splendida <i>The Monk</i>, con il
suo crescendo appassionante, e <i>Streets of Shibuya</i>, che conclude questo
omaggio al Giappone nella maniera più adeguata, mantenendo sì una certa
robustezza di base, ma arricchendola di sensazioni più cupe. Un debutto
splendido, soprattutto per chi ama certe sonorità (si possono citare Rush,
Dream Theater, Planet X), compatto, complesso, ma sempre attento all’aspetto
compositivo, anche quando si spinge sul versante virtuoso la proposta risulta
comunicativa e ricca di pathos, aspetto tutt’altro che scontato quando si
ascoltano album di questo tipo. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>The Ronin's memories </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/cLyw50kSm3w" width="320" youtube-src-id="cLyw50kSm3w"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-39090725548865792862024-03-05T08:33:00.008+01:002024-03-05T08:33:39.069+01:00ABOVE THE TREE & DRUM ENSEMBLE DU BEAT, Afrofulu (2024)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjkxtMg8XxrgFpr_U_fav1Pbpwr3l2AEx6oqIcpAKrn0qW8f2IWtyuw_640dkto3HPgAc7N7gl8R3LXoof-xa_2XbzsfEY3e7ssOX_8tsoiP0sClLm5Uvu-tx7h1f51wcTMlgES25whGxIog_DCX-ilnZZ7h4lQsNYfXikrPwyr8yDApNM24RQ2DPyc9IrD" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjkxtMg8XxrgFpr_U_fav1Pbpwr3l2AEx6oqIcpAKrn0qW8f2IWtyuw_640dkto3HPgAc7N7gl8R3LXoof-xa_2XbzsfEY3e7ssOX_8tsoiP0sClLm5Uvu-tx7h1f51wcTMlgES25whGxIog_DCX-ilnZZ7h4lQsNYfXikrPwyr8yDApNM24RQ2DPyc9IrD=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">L’unione di intenti,
l’incontro che diviene capacità di comprendersi, lo spirito collaborativo atto
alla creazione, aspetti che diventano essenziali quando si decide di sviluppare
processi aperti e contaminati. Sotto quest’ottica va letto <i>Afrofulu</i>,
dove troviamo Marco Bernacchia ed Edoardo Grisogani dare vita ad una combo che
mette insieme elettronica, trance ed etnica africana, un connubio artistico
palpitante, già sperimentato nel 2014 con <i>Cave Man</i>, in cui Above the
Tree ha vestito i panni del produttore artistico, lavorando al disco partendo
da registrazioni di beat e ritmi ad opera di Grisogani e di Luca Rizzoli. Ne
viene fuori così un lavoro fortemente contemporaneo, dove la partitura
elettronica viene arricchita da ritmi afro beat, oltre che da sample vocali di
canti tradizionali dei popoli sub-sahariani ed estratti di discorsi pubblici
fatti da Malcom X e Martin Luther King, un’apparente follia che però funziona,
come spiegano i protagonisti del progetto. <i>Afrofulu significa letteralmente
afro spazzatura. Nasce dall’idea di realizzare registrazioni casuali di
batteria per poi rimontarle utilizzando come riferimento estetico un
immaginario legato alle corse d’auto clandestine, alle nuvole di sabbia, alle
gare di macchina truccate in maniera artigianale, alle foreste tropicali, ai
graffiti scoloriti, con forti riferimenti al collasso occidentale. Una sorta di
Blade Runner nelle sabbie, che parte dal Niger e arriva nelle discoteche afro
del mare Adriatico, con riferimenti alla nu-club, alla trance e alla techno
anni ’90. </i>(Luigi Cattaneo)</span><span style="font-family: Times New Roman, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-77976751772368950612024-03-03T11:49:00.008+01:002024-03-03T11:49:54.574+01:00ROXENNE, Pyroxene (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEigEp6dqwZXcuZoyTC-jbgD9uyqZ8hk6Ug_m5wbWhR5LbQ_lUfS-AyQv22EbbLXNb9IBImGSSLbfT8Vcl33kdCNhRAkueAIYwSYfGMzRomvTSfJx2nS31nopoDkzwX03WKY-it7qjD_cQOHnjWWMkg9rSgpntea8Lp3PFJLcFK0Da5sY1gDIYELjHfs0Iyk" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEigEp6dqwZXcuZoyTC-jbgD9uyqZ8hk6Ug_m5wbWhR5LbQ_lUfS-AyQv22EbbLXNb9IBImGSSLbfT8Vcl33kdCNhRAkueAIYwSYfGMzRomvTSfJx2nS31nopoDkzwX03WKY-it7qjD_cQOHnjWWMkg9rSgpntea8Lp3PFJLcFK0Da5sY1gDIYELjHfs0Iyk=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Dietro il nome Roxenne si
cela Rebecca Magri, polistrumentista con all’attivo collaborazioni con
Cristiano Godano, Roberto Dellera e Jem Tayle, oltre che esperienze in band
come Hapnea, AyahuascA e Kaptain Preemo. L’attuale progetto prende il via nel
2021 e arriva ora ad un ep, <i>Pyroxene</i>, suonato insieme a Mattia Mazzeo
(chitarra) e Marco Mainardi (basso), mentre la parmigiana si divide tra voce,
batteria e tastiere. Un lavoro breve ma intrigante, curioso, vagamente
psichedelico e molto curato, non solo dal punto di vista sonoro ma anche dei
testi, che paiono veicolo per sconfiggere demoni e paure. Oltre alle esperienze
già importanti avute dalla cantautrice nel suo percorso, è ravvisabile in
questa opera prima l’amore per Beth Gibbons e Lana Del Rey, tenute però sullo
sfondo di un disco delicato e suggestivo, anche per merito di un efficace uso dei
sintetizzatori analogici. Si sviluppano così brani profondi come <i>Chimismo </i>e
<i>Savoir-faire</i>, le atmosfere fantasy e metaforiche di <i>Supreme soft porn
meditation for young space soldiers </i>e <i>Pyroxene</i>, ma anche trame
pregne di groove come <i>Selvatica</i>, finale di un esordio che pone le basi
per successivi sviluppi. (Luigi Cattaneo)<i><o:p></o:p></i></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-84533204249385131172024-03-01T14:33:00.001+01:002024-03-01T14:33:03.331+01:00GABRIELE GASPAROTTI, Quando il mare le fa oscillare (2024)<p><span style="background-color: white; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"><i>Quando il mare le fa oscillare</i> è il secondo di una serie di brani inediti registrati live <i style="outline: none !important;">en plein air</i>, che anticipano il nuovo album di Gasparotti in uscita in primavera per l'etichetta americana Important Records e per Dio Drone.</span></span></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"><br style="outline: none !important;" /></span></span></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="outline: none !important;"><span style="font-family: arial;">Gabriele Gasparotti descrive così il processo che lo ha portato alla composizione di questo brano: «<i style="outline: none !important;">Sentii sgorgare le note da una sorgente, cadevano dall’alto in verticale, le percepii come luci opalescenti e mollicce che si adagiavano su una superficie liquida, le raccolsi e le diedi in mano a Benedetta, che iniziò a stenderle con movimenti d’arco sulle corde del suo violoncello — capii che lei stava dipingendo coi suoni i movimenti delle stelle quando il mare le fa oscillare</i>»<i style="outline: none !important;">.</i></span></span></span></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEijvj-ZqXqP4wxg0L375O--nIoGCKhbTOpSCqXalSKqlAVEfkPSoSHwzOtpXb5AJ--mtVDAd1Lu72FzQzAByWakWsTcG_SLePUWR1jSGHXCYO6ehq83rgWR3_Ssqj5Glzmb2GhVZjh-2fB6cNYjWX2LypWzr6fK-mJVVuw1SRcOI-9OvyQNBSYfpCoFT9UY" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="" data-original-height="707" data-original-width="1275" height="177" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEijvj-ZqXqP4wxg0L375O--nIoGCKhbTOpSCqXalSKqlAVEfkPSoSHwzOtpXb5AJ--mtVDAd1Lu72FzQzAByWakWsTcG_SLePUWR1jSGHXCYO6ehq83rgWR3_Ssqj5Glzmb2GhVZjh-2fB6cNYjWX2LypWzr6fK-mJVVuw1SRcOI-9OvyQNBSYfpCoFT9UY=w320-h177" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: arial;"><br /><br style="outline: none !important;" /></span><p></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="outline: none !important;"><span style="font-family: arial;">La composizione, come da partitura, è eseguita su una scogliera nelle prime ore del mattino e realizzata da Benedetta Dazzi, traduttrice letteraria, violoncellista e sound designer che commenta così l’esperienza: «<i style="outline: none !important;">Grazie a Gabriele Gasparotti di aver portato il mio violoncello sull’acqua e di aver ricordato – a lui e a me – che è capace di flottare, che l’arco sa fendere le onde. E di avermi insegnato che a guardare tra le crespe, talvolta, si riesce a tagliare la corrente</i>». </span></span></span></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjOVe6F2vdC5GxPxjjxQuu-iVdHu6lPOjM7PBPkyb36s8heG_c6_-lBxf_s0W7m2K9Y4iC-T18lJRsEo9QAVrZyMsGGM_q-2vHES3GsxLK42_B-camti2FtPdEHQRxVVkvCZO0vEqh-cmLov5RWLD31k2IEuN_RdT4Jdig3mOLOHufgji53KYKw6dd1hNLp" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjOVe6F2vdC5GxPxjjxQuu-iVdHu6lPOjM7PBPkyb36s8heG_c6_-lBxf_s0W7m2K9Y4iC-T18lJRsEo9QAVrZyMsGGM_q-2vHES3GsxLK42_B-camti2FtPdEHQRxVVkvCZO0vEqh-cmLov5RWLD31k2IEuN_RdT4Jdig3mOLOHufgji53KYKw6dd1hNLp" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="710" data-original-width="1279" height="178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjOVe6F2vdC5GxPxjjxQuu-iVdHu6lPOjM7PBPkyb36s8heG_c6_-lBxf_s0W7m2K9Y4iC-T18lJRsEo9QAVrZyMsGGM_q-2vHES3GsxLK42_B-camti2FtPdEHQRxVVkvCZO0vEqh-cmLov5RWLD31k2IEuN_RdT4Jdig3mOLOHufgji53KYKw6dd1hNLp=w320-h178" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: arial;"><br /><br style="outline: none !important;" /></span><p></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="outline: none !important;"><span style="font-family: arial;">Il brano è stato registrato in presa diretta su nastro magnetico con un Revox B77 HS (la versione “portatile” dello storico Studer con cui venivano incisi i master degli album negli studi di registrazione prima dell’era digitale).</span></span></span></p><p style="background-color: white; color: #1d2228; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="color: black; outline: none !important;"><span style="outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></span></span></p><p style="background-color: white; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"><i>Quando il mare le fa oscillare </i>(Video)</span></p><p style="background-color: white; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p><p style="background-color: white; direction: ltr; line-height: normal; margin: 0px; outline: none !important;"><span style="font-family: arial;">https://www.youtube.com/watch?v=Gth92ZbyGpY </span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-73757149802558848322024-03-01T14:02:00.006+01:002024-03-01T14:04:37.004+01:00ROZ VITALIS, Quia nesciunt quid faciunt (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj03hk97Q55aalP8qG7tLjhSAZnjUk3hEMJvhxwAdrIBttquixNpOuM7lX1FTYuUasRnqJVqK4WJXwv0bfbbPCcCpPadCLjyZEwqJmVS-OBSN0X3vhpFCEdB33DjhOBKstAEwDfYgZUdZaorC-fM-KZ4vTO7o-lYzeYDRQKKYU0ETDf-sxpawo5r8LEcOzK" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="" data-original-height="700" data-original-width="700" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj03hk97Q55aalP8qG7tLjhSAZnjUk3hEMJvhxwAdrIBttquixNpOuM7lX1FTYuUasRnqJVqK4WJXwv0bfbbPCcCpPadCLjyZEwqJmVS-OBSN0X3vhpFCEdB33DjhOBKstAEwDfYgZUdZaorC-fM-KZ4vTO7o-lYzeYDRQKKYU0ETDf-sxpawo5r8LEcOzK=w320-h320" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Dopo lo splendido <i>The
hidden man of the heart</i>, tornano i Roz Vitalis del tastierista e
compositore Ivan Rozmainski, alla guida di un collettivo completato da Ruslan
Kirillov (basso), Vladislav Korothikh (flauto), Vladimir Semenov (chitarra),
Tyan Shansky (chitarra), Evgeny Trefilov (batteria, tastiere) e Alexey Gorshkov
(tromba). <i>Quia nesciunt quid faciunt </i>mette insieme progressive,
canterbury sound e rock sinfonico, per quanto meno presente rispetto al
precedente album, dove grande spazio era dato ad un quartetto d’archi, che
ampliava gli orizzonti del gruppo russo. Il titolo in latino è un riferimento
agli eventi bellici degli ultimi anni e alle violazioni dei diritti umani in
alcune regioni del mondo, raccontati attraverso un lavoro fortemente
immaginifico, ricchissimo di soluzioni e con al suo interno qualcosa di
spirituale. Un disco che conferma la grande qualità dei Roz Vitalis, capaci di
appoggiarsi alle strutture tipiche del prog per creare prospetti attuali e
contemporanei, anche grazie ad un’oculata scelta di suoni e ad arrangiamenti
finemente eleganti. Per acquistare l'album potete visitare la seguente pagina https://rozvitalis.bandcamp.com/album/quia-nesciunt-quid-faciunt (Luigi Cattaneo)</span><span style="font-family: Times New Roman, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-35397448252717038372024-02-27T14:23:00.001+01:002024-02-27T14:23:16.958+01:00VITO DI MODUGNO QUARTET WITH FAUSTO LEALI, Black, white and blues (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiEvMDs2v6UAA2ezEMzRboofFgNd6qqCPx6bDR1Vb5CtgpsdUZTvu-VP2Sy2lVaTzD8MS3jGAlOxE7o7B5Bx7VXsi8FdJGPygcVmaCHs4c9x5GpHaMqmJKVkZdx6hPNrmx6Qmv8FckVk-O6oVsS4nnjk9vmRuAdFyiniMJHJwvsZuFS1ymcX2ui2DRZnYz9" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="1440" data-original-width="1440" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiEvMDs2v6UAA2ezEMzRboofFgNd6qqCPx6bDR1Vb5CtgpsdUZTvu-VP2Sy2lVaTzD8MS3jGAlOxE7o7B5Bx7VXsi8FdJGPygcVmaCHs4c9x5GpHaMqmJKVkZdx6hPNrmx6Qmv8FckVk-O6oVsS4nnjk9vmRuAdFyiniMJHJwvsZuFS1ymcX2ui2DRZnYz9=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Nuovo disco per Vito Di
Modugno, straordinario hammondista dall’intensa e variegata carriera,
sviluppata spesso in trio e quartetto, che in questo <i>Black, white and blues </i>(uscito
per Abeat Records) si fa accompagnare dall’inconfondibile voce di Fausto Leali.
Con loro Michele Carrabba (sax), Pietro Condorelli (chitarra) e Massimo Manzi
(batteria), tutti eccelsi nel supportare la graffiante ugola di Leali in pezzi
come <i>Angelitos negros </i>(già da lui incisa con il titolo <i>Angeli negri </i>nel
1968), <i>Georgia on my mind </i>(portata al successo da Ray Charles) e <i>Knock
on wood </i>(un grande classico del rhythm and blues). Non da meno <i>What mama
told me </i>e <i>The eyes of soul</i>, ben scritte e ottimamente interpretate,
mentre Germana Schena duetta con Leali in <i>Memories on my mind</i>, un altro
originale molto riuscito. <i>Black, white and blues </i>conferma la solidità
dei progetti di Vito Di Modugno, sempre curatissimi, espressivi e
magnificamente suonati. (Luigi Cattaneo)</span><span style="font-family: Times New Roman, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-26807228351294116472024-02-25T12:03:00.007+01:002024-02-25T12:03:55.096+01:00TIA PALOMBA & THE LAZY FOLKS, Campfire stories (2022)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEif_md8L6w0tQ89hzqAAY_d4hYLOzOCrx2PjSOph3NtYUoCpoGY_z7GWjZwlXc5eXDds9lVKko79sERL0Fyu5o5G9tiKqzD5-RytAUBa1tqLWn5ygFDgTUgepYzLKtWPdLrHP2G09sEteTIUE26w2qGiw4QAabkKFCR5DCi9JU0G9ka9QkWvjhdn85xL3F5" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="500" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEif_md8L6w0tQ89hzqAAY_d4hYLOzOCrx2PjSOph3NtYUoCpoGY_z7GWjZwlXc5eXDds9lVKko79sERL0Fyu5o5G9tiKqzD5-RytAUBa1tqLWn5ygFDgTUgepYzLKtWPdLrHP2G09sEteTIUE26w2qGiw4QAabkKFCR5DCi9JU0G9ka9QkWvjhdn85xL3F5=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Uscito nel 2022, <i>Campfire
stories </i>è il secondo disco di Tia Palomba (voce, batteria, basso, chitarra,
armonica) con i suoi The Lazy Folks (un gruppo aperto in cui troviamo, tra gli
altri, Adriano Mestroni banjo, chitarra e mandolino, Davide Badiali chitarra,
Luca Angeleri hammond, piano e rhodes), un racconto sincero e viscerale portato
avanti tramite un discorso fatto di folk, southern rock e roots. La limpida
scrittura di Palomba ha portato ad un lavoro articolato ma scorrevole, che coinvolge
e si lascia ascoltare sin da subito, anche grazie ad arrangiamenti che esaltano
il materiale proposto, rendendo l’album un immaginifico corollario di
Americana. <i>Into the wood</i>, <i>The book </i>e <i>Keep on running</i> sono
solo alcuni dei momenti più significativi di un disco ottimamente suonato e
ricco di idee. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family: arial;"> </span></o:p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-60662746956549268242024-02-23T09:31:00.006+01:002024-03-01T13:43:02.883+01:00ROZ VITALIS, The hidden man of the heart (2018)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Uscito nel 2018, <i>The
hidden man of the heart </i>è il decimo disco in studio dei Roz Vitalis, gruppo
guidato dall’estroso tastierista Ivan Rozmainsky. Con lui <span style="background: white; color: black;">Vladimir Efimov (chitarra)</span><span style="color: black;">, <span style="background: white;">Vladimir
Semenov (chitarra), Tyan-Shansky (chitarra)</span>,<span style="background: white;"> Alexey
Gorshkov (tromba, chitarra), Vladislav Korotkikh (flauto), Ruslan Kirillov (bass</span>o)
e Philip Semenov (batteria), oltre che una serie di ospiti e un quartetto d’archi
importantissimo per lo sviluppo del suono dell’opera, che si completa, rispetto
al passato, di momenti vicini alla musica da camera. Un espediente tutt’altro
che secondario, anzi, l’abito con cui si veste <i>The hidden man of the heart </i>è
ricchissimo, elegante e a tratti ineccepibile. Il pathos raggiunto dall’utilizzo
maestoso di fiati e archi, la costruzione certosina di certe dinamiche, l’imponente
songwriting, sono alcuni degli aspetti maggiormente rilevanti di un album dove
Rozmainsky appare come un compositore in grado di coniugare progressive e
classica contemporanea, gestendo con grande esperienza l’ampia strumentazione
pensata per il disco. Il notevole senso melodico, abbinato a strutture
complesse e sofisticate, funziona all’interno di un lavoro ambizioso,
eclettico, pregno di nobili atmosfere, ma sempre scorrevole nel suo mutare
faccia nel percorso, mostrando come si possa essere variegati mantenendo forte
il senso di unità del racconto proposto. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="color: black;"><span style="font-family: arial;">Full Album</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/F7sqOz9A8JI" width="320" youtube-src-id="F7sqOz9A8JI"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /><span style="color: black;"><br /></span></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="background: white; color: black; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: arial;"> </span></o:p></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-59099704869108152492024-02-22T19:34:00.007+01:002024-02-22T19:34:28.498+01:00ALECO, Gli amori alle stazioni (2022)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg1ijXYQzyTi7BKviMmnvokOoQghXrPpBmMXkE9PxLacmcHTZKJ3sytjYobGJ0KrCAx6R0yMZNSp-xor9mzDtQFK4WLuSDeZJDa5icBF3MSfY8ccJpbchJvAQrOGYKEk7gi9Y_IWdCCaSWX1W6Pb81GDfEIzv6oDEi8Ix4TF65BL0leslkdwdBx8U6ha9Wi" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="300" data-original-width="300" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg1ijXYQzyTi7BKviMmnvokOoQghXrPpBmMXkE9PxLacmcHTZKJ3sytjYobGJ0KrCAx6R0yMZNSp-xor9mzDtQFK4WLuSDeZJDa5icBF3MSfY8ccJpbchJvAQrOGYKEk7gi9Y_IWdCCaSWX1W6Pb81GDfEIzv6oDEi8Ix4TF65BL0leslkdwdBx8U6ha9Wi=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Terzo disco per Aleco,
pseudonimo di Alessandro Carletti Orsini, una carriera da cantautore tanto
breve quanto intensa, visto che in pochi anni ha sfornato già un tris di
lavori. Mi ero già espresso sulle precedenti uscite, sempre firmate da
Alessandro con Andy Micarelli (compositore e arrangiatore), dall’interessante
esordio <i>L’ultima generazione felice</i> al seguente <i>Il sapore della luna</i>,
che tra alti e bassi lasciava trasparire come sotto la superficie ci fosse un
buon potenziale. E qui arriva forse il problema dell’ultimo <i>Gli amori alle
stazioni</i>, che pur risultando piacevole per quel climax nostalgico e
ottantiano che sprigiona (forse l’aspetto migliore nel complesso), non compie
il balzo in avanti che mi aspettavo, soprattutto nel songwriting, che alterna
momenti ben elaborati come la ballata <i>Bella</i>, la title track cantata con Antonella
Gentile e la suggestiva <i>I fantasmi</i>, ma altri davvero troppo leggeri, su
tutti <i>L’isola/La tresca </i>e la parte rap di David Midnight in <i>Notte
prima degli esami/Questa notte è ancora nostra</i>, francamente rivedile e con poco
mordente. Un peccato a mio modo di vedere, non veniale, perché se è vero che si
percepisce netta la passione con cui si è lavorato sul prodotto, dall’altro
lato l’esperienza acquisita dovrebbe portare ad una maggiore attenzione su
suoni, scrittura e parti vocali, un vestito che tratteggia strutture pop a
discapito di quelle maggiormente cantautorali, che probabilmente, se sviluppate,
potrebbero dare maggiore profondità alla musica di Aleco. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-32582809655155537502024-02-22T19:04:00.004+01:002024-02-22T19:04:59.550+01:00BALDO & I GIOVANI, L'ora d'aria (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgVVr_vl_PhQPtAZ9N-jc-c4xtYsSgHFUMY5xgGb0llSFX5UlKpZYXkSGBR0-mQrE5KPT3xH9TT9x3dq4g3BRkNL2yY3pi1gB7mWMN6OADwMm_Crz436lLJ9z--wiiP0UVX-i_2SYgg56quWIEL4yrvewQeaslcbXjKvd01NzNJhPABluZr0ttO05XX8vVP" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="500" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgVVr_vl_PhQPtAZ9N-jc-c4xtYsSgHFUMY5xgGb0llSFX5UlKpZYXkSGBR0-mQrE5KPT3xH9TT9x3dq4g3BRkNL2yY3pi1gB7mWMN6OADwMm_Crz436lLJ9z--wiiP0UVX-i_2SYgg56quWIEL4yrvewQeaslcbXjKvd01NzNJhPABluZr0ttO05XX8vVP=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Curioso esordio per Baldo
& i Giovani (bizzarro anche il monicker scelto), gruppo formato da Alan
Malusà Magno (chitarra, voce, già con Afar Combo, Blue Cash e The High Jackers),
Gabriele Cancelli (tromba), Mirko Cisilino (tromba, trombone), David Cej
(fisarmonica), Marzio Tomada (contrabbasso) e Marco D’Orlando (batteria). I friulani
guardano con gioia allo swing, condendo il loro songwriting di brio e
spensieratezza, una leggerezza che non fa rima con vacuità, perché <i>L’ora d’aria
</i>è un lavoro che si lascia ascoltare con gusto più volte. Non mancano
riferimenti agli anni ’30 di Fats Waller, Slim Gaillard e Cab Calloway, oltre
che al jazz delle origini, il tutto filtrato nell’ottica della forma canzone,
presentata in una veste sì scanzonata ma anche molto curata. Equilibrio tra le
parti ravvisabile in brani come <i>Luce </i>o <i>Il piede sa</i>, ma è la loro
visione d’insieme a giocare tra improvvisazione e arrangiamento estemporaneo,
ricercando aperture dixieland del passato da rielaborare con la consapevolezza
di una band radicata nel 2024. Tradizione italiana, era swing ed epoca
pre-bebop vanno a braccetto in un lavoro scorrevole e piuttosto piacevole.
(Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-8038842280746386932024-02-17T10:27:00.001+01:002024-02-17T10:27:01.928+01:00PARRIS HYDE, Unlock your freedom (2022)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Ci eravamo già occupati
di Parris Hyde ai tempi dell’uscita del gradevole ep <i>Undercover 1</i>, un
lavoro che mi aveva fatto conoscere la storia del leader di questo gruppo completato
da Roby Kant (basso, chitarra) e Karl Teskio (batteria). Hyde, in giro dagli
anni ’80 con progetti sempre pieni di passione (Bonecrusher, Waywarson, Middle
Ages, giusto per citarne qualcuno), con questa nuova avventura, in cui si divide
tra canto, chitarra e tastiere, ha già firmato due ep e due album, tra cui
questo <i>Unlock your freedom</i>, pubblicato nel 2022 per Missleader Records. Un
disco brillante, più a fuoco e strutturato rispetto al precedente <i>Mors Tua
Vita Mea</i> ma sempre intriso di verace hard & heavy, tra sparate
classiche e qualche apertura maggiormente contemporanea (ma sempre guardando
alle radici di un certo suono). L’opera si sviluppa in quasi un’ora attraverso
brani che guardano al metal (<i>Secret lover, cruel murder</i>), sporadiche ma
efficaci composizioni ad alto tasso emotivo (<i>Home is where the heart is</i>)
e trame più darkeggianti (l’ottima <i>The head undead</i>). Lavoro molto
interessante che parrebbe essere l’ultimo capitolo di questa storia, almeno da
quanto ha dichiarato Parris a ottobre 2023, annunciando lo scioglimento della
formazione di <i>Unlock your freedom</i> per proseguire come solista,
mantenendo però invariato il monicker. (Luigi Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>I love you, I killed you </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/4xdWAJBbW0E" width="320" youtube-src-id="4xdWAJBbW0E"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-37684103448201278892024-02-16T17:01:00.003+01:002024-02-16T17:01:32.768+01:00MODERN ART TRIO, Modern Art Trio (1971, ristampa 2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhBgEEYui9YiVxqLgxmvjVNdx_njsjz2DzFbL0OYWKtO0VljxA0YzIDqinB4uIk3FXMZRR1rwVnnzVQFUNtJy2zjpVZe96nvhmfOQJQiAVdt80o2vRJQie7Z0uBh5j3bIAqVnkN8COOzMI9kGu5YoNZrKBUoDhhKl2RElyv_dyp5bkJEvPhlkaXLpN8ZwxO" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="700" data-original-width="700" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhBgEEYui9YiVxqLgxmvjVNdx_njsjz2DzFbL0OYWKtO0VljxA0YzIDqinB4uIk3FXMZRR1rwVnnzVQFUNtJy2zjpVZe96nvhmfOQJQiAVdt80o2vRJQie7Z0uBh5j3bIAqVnkN8COOzMI9kGu5YoNZrKBUoDhhKl2RElyv_dyp5bkJEvPhlkaXLpN8ZwxO=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Arriva dal lontano 1971
questo reperto storico firmato Modern Art Trio, unico lavoro in studio del
gruppo formato da Franco D’Andrea (pianoforte, piano elettrico, sax), Franco
Tonani (batteria, tromba) e Bruno Tommaso (contrabbasso). Siamo alla terza
ristampa del disco (stavolta per l’ottima Gleam Records), una nuova edizione che
nella forma in mio possesso ricorda graficamente quelle della BTF dedicate al
progressive italiano dei ’70, comprensiva di booklet che definire generoso ed
esaustivo è poco (motivo in più per acquistarla). Un album affascinante, in cui
spicca la grande libertà esecutiva dei musicisti, ma anche la coerenza con cui
sviluppano i suoni delle sei composizioni (cinque originali e una personale
interpretazione di <i>Ain’t necessarily so </i>di Gershwin), oltre che la
grande professionalità che già albergava in interpreti ancora giovani. La complessità
strutturale con cui il trio porta avanti un discorso fatto di serialismo e free
jazz, un unicum nel panorama italiano di quel periodo, è una delle ragioni che
hanno portato alla storicizzazione di questa pubblicazione nei decenni, ma
anche l’estro, che dipinge scenari inconsueti e suggestivi, è chiave di lettura
per comprendere a fondo l’opera. </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="line-height: 107%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEht0tDMl8P_dt01La3HIQEspBsYVmg-K0wA8DBvB0o_scsZ_gYy4_Dy7fV8LVHJfEpmmjpvUVcqM0gOcZikEUZ4Gh2K2tSXSiunMZy0eDd0gpi0JFZtdy_dxu68131FPH-tiTUaptESucvLM5TARWE6D3AYzpAgDKoyDDUiRS9zK1h3KPPrNOQa3Pfik5Qb" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="1200" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEht0tDMl8P_dt01La3HIQEspBsYVmg-K0wA8DBvB0o_scsZ_gYy4_Dy7fV8LVHJfEpmmjpvUVcqM0gOcZikEUZ4Gh2K2tSXSiunMZy0eDd0gpi0JFZtdy_dxu68131FPH-tiTUaptESucvLM5TARWE6D3AYzpAgDKoyDDUiRS9zK1h3KPPrNOQa3Pfik5Qb=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="line-height: 107%;">Lo studio di inedite forme portarono Tonani e
D’Andrea, a partire dal 1967, quando si ritrovarono vicini di casa a Roma, a
comporre guardando alle nuove tendenze allora presenti e la scia
avanguardistica emanata è arrivata sino ai nostri giorni, perché questo è il
destino dei dischi che marchiano un’epoca, ossia travalicare il concetto di
tempo per essere identificati come modello. Certo qualche riferimento a mostri
sacri come Ornette Coleman, Archie Sheep e Don Cherry è ravvisabile, un modo di
intendere che ritroviamo nella lunga <i>Un posto all’ombra</i>, tra
improvvisazione ardita e articolati incontri tra le parti, ma il nodo con le
avveniristiche pulsioni americane si manifesta nel controllo polistrumentistico
del trio, che soggiogava alla propria ferrea visione i timbri disponibili,
creando un interplay fantasioso e audace, come nella conclusiva <i>Beatwiz </i>(magistrale
ed evocativo l’archetto utilizzato da Tommaso nel tema di contrabbasso). </span>Free e
rigore avanzano quindi di pari passo, tra ricerca sulla musica seriale e spinte
innovative extraeuropee, punti d’appoggio su cui Modern Art Trio ricava un’esperienza
unica all’interno del jazz (progressivo?) italiano, che si propagherà per
Tommaso nei suoi dischi da solista e in D’Andrea nei seminali Perigeo, oltre
che nei lavori da leader<i> </i>(Tonani lascerà invece il mondo del jazz nel
1980). Per acquistare l'album è possibile visitare la pagina https://gleamrecords1.bandcamp.com/album/modern-art-trio (Luigi Cattaneo)</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="line-height: 107%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><br /><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-65324215808119637222024-02-06T17:36:00.001+01:002024-02-06T17:36:02.646+01:00BLEWITT, Exploring New Boundaries (2023)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiz3WEx9DY4nHrWRhrbR_2YWj00ayRjIAS6tmGBQJIyL8ShFctovSl_K57tqoyFF2CN-2R-RzPPhXhKl6GKpZwRIPNWylMF70Oa_bIpvAqVDapap91BwyHxJAC92pItlY25xW9wBWTphYtZs789HrPLAxQvVfzOrspN0uBmrX4HCU16Q0QYG4ybhPjNQCLd" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiz3WEx9DY4nHrWRhrbR_2YWj00ayRjIAS6tmGBQJIyL8ShFctovSl_K57tqoyFF2CN-2R-RzPPhXhKl6GKpZwRIPNWylMF70Oa_bIpvAqVDapap91BwyHxJAC92pItlY25xW9wBWTphYtZs789HrPLAxQvVfzOrspN0uBmrX4HCU16Q0QYG4ybhPjNQCLd=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /> </span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><i><span style="line-height: 107%;">Exploring New Boundaries </span></i><span style="line-height: 107%;">è
l’esordio dei Blewitt, estroso trio formato da Stefano Proietti (piano), Oscar
Cherici (basso) e Gian Marco De Nisi (batteria), anche se è bene ricordare <i>Overture</i>,
ep del 2022. Un lavoro molto ricco, esaltato dal tocco di Adrian von Ripka e
Philipp Heck, ingegneri del suono di grande fama che hanno donato la loro
esperienza alle già eleganti trame architettate dal gruppo. Lo sguardo del
terzetto si posa non solo sul jazz, ma anche sul rock e la classica (seppure in
maniera meno evidente), una sintesi di idee che trova sbocco nella personalità
di Cherici e Proietti, sia quando sviluppano porzioni solistiche efficaci, sia
quando calano l’asso di un interplay maturo e trascinante, merito anche di De
Nisi, bravissimo nel sostenere con maestria e sempre senza strafare l’equilibrio
globale della proposta. Un progetto d’equipe, con un piede nel passato del
genere e uno nel contemporaneo, basti ascoltare l’omaggio a Wayne Shorter in <i>Footprints
</i>e quello a McCoy Tyner in <i>Passion dance</i>, e brani originali come <i>Red
sun</i>, <i>Il fuoco di Lauridsen </i>o <i>Tormenta</i>, costruiti ottimamente
con una saggia fusione di elementi e l’istintivo bisogno di non rimanere
aggrappati ad un unico linguaggio. (Luigi Cattaneo) <o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-40372197063608574542024-02-05T14:40:00.001+01:002024-02-05T14:40:08.569+01:00SONATA ISLAND KOMMANDOH, Quasar Burning Bright (2020)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhj_BnCGmCn-hj7PitvPTcQAR1iI7dgLYuC8NmhiHjwCgZ0PyCVRIwy32OwFauOCxfC1BPPiicooL5YJQdHthpls4j4BU1FTLB8mKcfzGqht5T5Ltqvo9ItJ26HrtKu-jkJdIHnvri1xsUfXHkvh6mys287GcVuRW9j3MSw-Mr9fV5UoH2_Go5_86Lj-HnJ" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="700" data-original-width="700" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhj_BnCGmCn-hj7PitvPTcQAR1iI7dgLYuC8NmhiHjwCgZ0PyCVRIwy32OwFauOCxfC1BPPiicooL5YJQdHthpls4j4BU1FTLB8mKcfzGqht5T5Ltqvo9ItJ26HrtKu-jkJdIHnvri1xsUfXHkvh6mys287GcVuRW9j3MSw-Mr9fV5UoH2_Go5_86Lj-HnJ=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Uscito nel 2020, <i>Quasar
Burning Bright</i> è l’ultimo lavoro ad oggi registrato dal progetto Sonata
Island Kommandoh (evidente il riferimento a <i>Mekanik Destruktiw Kommandoh </i>dei
Magma), interessantissimo ensemble fondato da Emilio Galante, flautista e
compositore, nel lontano 1998. Sperimentali nell’approcciare territori
differenti, dal jazz alla classica, passando per rock e musica da camera, il
quintetto completato da Giovanni Venosta (tastiere, enorme compositore di soundtrack,
spesso al lavoro con Silvio Soldini), Alberto N.A. Turra (chitarra), Stefano
Grasso (batteria) e Stefano Greco (programmazione, elettronica), in questo
disco esplora, come spesso ha fatto, mondi variegati, tirando una linea di raccordo
tra avanguardia, R.I.O., free e progressive, convincendo anche grazie a
ritmiche ricche di groove, elemento che rende l’aria decisamente più frizzante
rispetto a tante uscite di questo tipo. Una proposta che si fa ascoltare con
entusiasmo sin dalle prime note di <i>Aphantasia QBB</i>, quasi otto minuti
abbaglianti, seguiti dalle ottime <i>Susac Casus </i>e <i>Mod-D QBB 115 bpm</i>,
episodi che mostrano la grande capacità del quintetto di contaminare la propria
arte. Dopo altri due brani di notevole fattura come <i>Think atomic </i>e <i>Mod-5
QBB 125 bpm</i>, leggermente più snelli rispetto a quanto sinora ascoltato,
arriva la conclusiva <i>It ain’t necessary so</i>, delicato e raffinato omaggio
alla poetica di Gershwin, nonché finale di un disco suggestivo e pieno di fantasia.
(Luigi Cattaneo) </span><span style="font-family: Times New Roman, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-50594200546533321082024-02-04T18:22:00.007+01:002024-02-04T18:22:42.894+01:00ZAGARA, Duat (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtGxUoXd67XgvcXKw2Ky2taoB7aRvfBcePQT1Hf7x4JppfZFT1YPDQsMX_FollFVQvWp5uZ9NQ33BqCfkwthb51R_dagcaUtj9qfMDVtq16ell7u_rxFw0McXNUUCTbLen4g2uGhldrlG_Lov4Uytt3AVRNW47bIyYki8TZRzXPHXPClVQBtu_FVAg2qBV" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: arial;"><img alt="" data-original-height="700" data-original-width="700" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtGxUoXd67XgvcXKw2Ky2taoB7aRvfBcePQT1Hf7x4JppfZFT1YPDQsMX_FollFVQvWp5uZ9NQ33BqCfkwthb51R_dagcaUtj9qfMDVtq16ell7u_rxFw0McXNUUCTbLen4g2uGhldrlG_Lov4Uytt3AVRNW47bIyYki8TZRzXPHXPClVQBtu_FVAg2qBV=w320-h320" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Nato a Torino nel 2017,
il progetto Zagara (Daniele Cimino voce, chitarra, tastiere, Federico Mao
basso, moog, chitarra acustica e Federico Bevacqua batteria, drum samples) si
presenta al pubblico dapprima con un ep (<i>Trovandoci la mente </i>del 2019) e
poi con <i>Duat</i>, lavoro breve ma intenso, foriero dell’attitudine del trio,
che contamina la propria proposta guardando ai molteplici territori del genere.
È così che la forza propulsiva insita nel sound si attenua attraverso il moog
di Mao e le tastiere di Cimino, con le chitarre distorte che incontrano campionamenti
e sequenze. Brani saturi di elettricità e di forza propulsiva stoneriana, ma il
mirino sovente si sposta in direzione di quel grunge novantiano narrato con
personalità, senza tralasciare pillole di onirica psichedelia, il tutto
tracciato all’interno di una forma canzone ammantata di surrealismo. Per
acquistare e ascoltare l’album potete visitare la pagina <a href="https://zagara.bandcamp.com/album/duat">https://zagara.bandcamp.com/album/duat</a>
(Luigi Cattaneo)</span><span style="font-family: Times New Roman, serif; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></span></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-17479764944455099062024-02-02T08:35:00.001+01:002024-02-02T08:36:10.218+01:00GABRIELE GASPAROTTI, Per sempre (2024)<p><span style="background-color: white; color: #1d2228;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEixOcRu_HS3_bNYaWoQ17O3Mq8r4e3FmXeAMOsFLcojry0Vdr1pDAdHvaY0x8Bq2Vx5RRV7oqgpYmbEgJGED6bOg5gTfZLIGzntLuja6QsujvEhA-UJsRHKMhshRjcVa39EOmUUffyxiN1mND7t70upjiKG3q7tfe_8uwxhPVLjVU3qVsX2uUXq6ZITZwSu" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="1079" data-original-width="1024" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEixOcRu_HS3_bNYaWoQ17O3Mq8r4e3FmXeAMOsFLcojry0Vdr1pDAdHvaY0x8Bq2Vx5RRV7oqgpYmbEgJGED6bOg5gTfZLIGzntLuja6QsujvEhA-UJsRHKMhshRjcVa39EOmUUffyxiN1mND7t70upjiKG3q7tfe_8uwxhPVLjVU3qVsX2uUXq6ZITZwSu=w380-h400" width="380" /></a></span></div><span style="font-family: arial;"><br /><br /></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="background-color: white; color: #1d2228;">È uscito</span><span style="background-color: white; color: #1d2228;"> </span><i style="color: #1d2228; outline: none !important;">Per Sempre</i><span style="background-color: white; color: #1d2228;">, il primo di una serie di brani inediti registrati in live sessions in luoghi inusuali ed estremi, che anticipano il nuovo album di Gabriele Gasparotti in uscita in primavera.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;">link al video: https://www.youtube.com/watch?v=4eC6rAG_tfo</span><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><span style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;">Un progetto che vedrà alternarsi ogni mese un brano per Buchla Music Easel e nastro magnetico a un brano per violoncello e live electronics e che nasce da un’intensa collaborazione tra Gabriele Gasparotti e la violoncellista e sound designer Benedetta Dazzi. Ogni brano è stato registrato in presa diretta su nastro magnetico con un Revox B77 ad alta velocità (la versione “portatile” dello storico Studer con cui venivano incisi i Master degli album negli studio di registrazione prima dell’era digitale).</span><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><span style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;">“In due anni di tour ho sentito mutare le mie composizioni nel tempo, le ho sentite trasformasi ogni volta che il suono si rifletteva in stanze diverse a seconda del materiale delle pareti, della planimetria della stanza, della vibrazione del pubblico, di come me e Benedetta risuonavamo nella stanza, di come il suono risuonava in noi e di come noi risuonavamo l’uno con l’altra. Insieme abbiamo deciso di ricreare quella stessa esperienza portando la nostra musica “en plein air” o in vari studi di registrazione e documentarne i cambiamenti. La mutazione di ogni idea compositiva primigenia ha portato allo sviluppo del nuovo album che uscirà nella primavera del 2024. Così come per il suono abbiamo utilizzato registratori e supporti diversi per quasi ogni brano, anche per il video abbiamo utilizzato vari tipi di cinepresa, dal super 8 al digitale passando per le tecnologie ibride degli anni novanta, perché ogni session avesse una sua personalità”.</span><span style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;">(Gabriele Gasparotti)</span><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><br style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;" /><span style="background-color: white; color: #1d2228; outline: none !important;">Gabriele Gasparotti é autore di musica elettroacustica composta con strumentazione analogica. Ha studiato composizione e musica elettronica al conservatorio Verdi di Milano con i Maestri Riccardo Sinigaglia e Giuseppe Giuliano e sintesi West Coast con Todd Barton. Il suo disco, Istantanee vol.1 (2020 - Dio Drone, II Dio Selvaggio) è un album di composizioni per sintetizzatori semi-modulari, nastro magnetico, pianoforte e quartetto d’archi in cui indaga I’interazione tra il Kairos, l’individuo e i sincronismi aleatori del Tarocco di Marsiglia. Il suo nuovo album, in uscita nella primavera 2024 sarà anticipato dall’uscita di alcune performance live su Youtube. Il disco nasce dall’intesa collaborazione con la violoncellista, performer e sound designer Benedetta Dazzi con la quale ha compiuto più di settanta concerti tra il 2021 e il 2022, ed è stato masterizzato da Rashad Becker (Sakamoto, Alva Noto, Kali Malone, Alessandro Cortinii) al Clunk Studio (Berlino).</span></span><br style="background-color: white; color: #1d2228; font-family: "Helvetica Neue", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 13px; outline: none !important;" />Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-67659346733316020702024-01-30T19:02:00.007+01:002024-01-30T19:02:38.476+01:00GIANT THE VINE, A chair at the backdoor (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Avevamo lasciato i Giant
the Vine nel 2019 con l’ottimo <i>Music for empty places</i>, un lavoro dove emergevano
le influenze di band come Mogwai, Porcupine Tree e King Crimson. Il progressive
sullo sfondo di composizioni dal sapore post rock, un’attitudine confermata
dall’ultimo <i>A chair at the backdoor</i>, un disco ambizioso, immaginifico,
in equilibrio perenne tra sprazzi virtuosi e sognanti melodie che mozzano il
fiato per il pathos impresso. Le trame strumentali del quartetto formato da
Antonio Lo Piparo (basso), Daniele Riotti (batteria), Fulvio Solari (chitarra)
e Fabio Vrenna (tastiere, chitarra) si esaltano in <i>Jellyfish bowl </i>(arricchita
dal piano di Simone Salvatori), nella malinconica <i>Protect us from the truth </i>(marchiata
dal duplice intervento di Ilaria Vrenna al piano e Gregory Ezechieli al sax) e
nella lunga title track (ancora con Ezechieli), magnifici esempi dell’eleganza
compositiva della band, esaltata dal contributo di Ronan Chris Murphy, producer
americano noto per le collaborazioni con artisti del calibro di King Crimson,
Ulver e Aurora. Un album maturo e di grande fascino, a tratti commovente nel
suo sviluppo creativo, perfetto per questa stagione fatta di nebbie mattutine e
paesaggi spogli, perché la musica dei Giant the Vine sa narrare a chi ascolta,
esalta il non detto attraverso un racconto fitto di suggestioni. (Luigi
Cattaneo)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>Glass </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/gKxTK-p9RfQ" width="320" youtube-src-id="gKxTK-p9RfQ"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-648534539382387242.post-30002840073070034222024-01-26T09:28:00.000+01:002024-01-26T09:28:02.017+01:00DAMN FREAKS, III (2023)<p><span style="font-family: arial;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;">Terzo disco per i Damn
Freaks, splendido esempio di amore per l’hard ottantiano, un suono immortale che
sa essere ancora vitale e fresco, soprattutto quando ci sono idee e fantasia.
Giulio Garghentini (voce, ex Dark Horizon), Alex De Rosso (chitarra, ex Dokken,
Dark Lord, Headrush), Matteo Panichi (batteria) e Claudio Rogai (basso) sprigionano
lungo le tracce di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">III </i>tutto l’impeto
di quel suono che richiama alla mente Tygers of Pan Tang, Bon Jovi e Tesla, un
concentrato pieno di spunti, potente e corposo rock senza fronzoli, ottimamente
suonato e curato nel songwriting. Vengono fuori così brani come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">The land of nowhere</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Walking in the sand </i>e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">You ain’t around</i>, rappresentazione
perfetta dell’omaggio ad un’epoca sonora che tanto ha regalato al genere. Ennesimo
disco di grande valore presentato dall’Andromeda Relix, etichetta garante di
qualità e passione. (Luigi Cattaneo) <o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 107%;"><span style="font-family: arial;"><i>The land of nowhere </i>(Video)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/_Ztq_xoervg" width="320" youtube-src-id="_Ztq_xoervg"></iframe></span></div><span style="font-family: arial;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>Luigi Cattaneohttp://www.blogger.com/profile/00959018847372575364noreply@blogger.com0