martedì 11 giugno 2024

ANANDAMMIDE, Eura (2024)

 


Chi si era innamorato delle sonorità di Earthly paradise, esordio del 2020 degli Anandammide, progetto di Michele Moschini (voce, chitarra, organo, synth, batteria), non potrà che rimanere ancora affascinato dall’incontro tutto settantiano tra folk, psichedelia e progressive, marchio di fabbrica anche del nuovo Eura. Registrato con musicisti provenienti da più parti d’Europa (Pascal Vernin basso, Lelio Mulas basso, Stella Ramsden violino, Audrey Moreau flauto, Lisa Isaksson voce, Sebastien Grignon violoncello, Lorenzo Castigliego chitarra), l’album mantiene istanze acustiche morbide e soavi, un viaggio intimo, quasi sussurrato, introspettivo e catartico, giocato spesso sugli interventi del flauto e degli strumenti ad arco, che donano ancora maggiore consistenza ad un’opera veramente molto riuscita.


L’iniziale Carmilla apre in maniera molto delicata Eura, che prosegue con A song of greed, introdotta da un synth molto anni ’70, si muove tra arpeggi acustici e parti folk in cui emerge il lavoro raffinato degli archi, oltre che la vocalità della Isaksson. La trama non muta con Post-Atomic Reverie, malinconica e tenue, prima di Phantom limb, brillante traccia psych folk, e I am a flower, che chiude con molto garbo il lato A del disco. La title track introduce la seconda parte, dove ritroviamo nuovamente la Isaksson, perfetta in questo brano dal sapore più progressivo, mentre The orange flood, con i suoi 7 minuti, presenta in maniera decisa diverse caratteristiche del suono targato Anandammide. Lullaby N.11 è puro folk, Dream N.1 replica l’andamento lieve ed elegante, The anchorite è l’ottimo finale di un ritorno corposo e ricco di suggestioni. (Luigi Cattaneo)

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