mercoledì 29 dicembre 2021

UBBA BOND, Mangiasabbia (2020)

 


Un viaggio, quello degli Ubba Bond, surreale e dai tratti nonsense, cabarettistico nel suo incedere sfrontato, spaesante ma concreto, quasi felliniano nel suo giocare sui contrasti tra immagini, narrativo in una forma pura, libera da compressioni e limitanti cancelli. Nella testa di Andrea Bondi (chitarre, basso, batteria e tastiere) e Guglielmo Ubaldi (voce, pianoforte, chitarre e tastiere) Mangiasabbia è l’ideale capitolo di un progetto pensato come duo ma che ha finito per essere spesso collettivo, proprio come accaduto per questa autoproduzione del 2020, quasi un’ora di musica immaginifica, espressione di un sound malinconico, che naviga tra Rino Gaetano, Marta sui tubi e Tricarico, arricchito dalla forza dei fiati di Daniel Cau (sax) e Salvatore Vaccaro (trombone). Non sono gli unici ospiti di un lavoro estremamente interessante e curioso, basti ascoltare la stralunata Sushi, ammantata dagli effetti elettronici di Gabriele Tazzari, dal Rhodes di Manuel Bedetti e sospinta dalle voci di Max Guidetti e Patrizia Urbani. L’elettronica è ben presente anche in Temporeale, Guidetti con il suo spoken articola la splendida Su milioni di auto, mentre il pianoforte ricama note in Filo interrotto, prima di Aprile e Piove il mondo, che chiudono ottimamente un lavoro intenso e variegato. (Luigi Cattaneo)


domenica 26 dicembre 2021

ONEIRIC CELEPHAïS, The Obscure Sibyl (2020)

 


Ep di debutto per gli Oneiric Celephaïs, quartetto toscano di Technical Death Metal formato da Federico Giusti (voce e chitarra), Emilio Lucchesi (chitarra), Francesco Mazzino Pietro Fambrini (basso) e Emiliano Burchi (batteria), influenzato da band come Necrophagist, Obscura e Spawn of Possession. The obscure sibyl (uscito per la Gore House Productions di Los Angeles) si muove nei suoi 25 minuti tra strutture intricate, old school e virtuosismi e, seppure ci si trova dinnanzi ad un prodotto non originalissimo, le qualità di songwriting della band sono palesi e convincono in toto. Dopo un breve intro The aeon of death apre le danze in maniera molto convincente, tra stacchi arditi, ritmiche furiose e cura melodica, mentre From Beyond si lega maggiormente al più puro death metal. La conclusiva Voluspà, che vede la presenza di Vanezza Grazzini alla voce, coi suoi 12 minuti mette in luce lo spirito progressivo del gruppo, un viaggio diviso in quattro parti dove troviamo gli Opeth e i maestri Death, tra velocità sostenuta e sprazzi di nera poesia. In attesa di qualcosa di più sostanzioso The obscure sibyl è un ottimo biglietto da visita per conoscere questa giovane band. (Luigi Cattaneo)

The aeon of death (Video)


  

sabato 25 dicembre 2021

KOTIOMKIN, Maciste nell'inferno dei morti viventi (2014)

 


Dopo aver parlato di Squartami tutta – Black Emanuelle goes to hell (2016) e Lo albicocco al Curaro – Decameron 666 (2018) oggi faccio un passo indietro e recupero il primo lavoro della band abruzzese, Maciste nell’inferno dei morti viventi (2014), che apriva la saga dei Kotiomkin, qui ancora in trio (Enzo P. Zeder al basso, Davide Di Biagio alla chitarra e Gianni Narcisi alla batteria). Anche in questo caso l’espediente è la soundtrack di film inesistenti, immaginati nella testa di Zeder e descritti da un sound che abbraccia lo stoner, l’heavy doom dei Black Sabbath, la psichedelia e il progressive, un trip che questa volta ci porta a seguire le gesta di Maciste, assoldato dall’impero romano per sconfiggere Aderbale, centurione romano convertito al vudù e dedito alla resurrezione dei morti! Un connubio di zombi, pirati, cannibali e antiche mitologie dove il peplum incontra l’horror, all’interno di una narrazione strumentale dissacrante, fatta di passione e consapevolezza, aggressività hard e libertà compositiva. 



Jungla cannibale apre lo scenario, fatto di cinema di genere e stoner, tra riff taglienti e ritmiche ossessive, un dinamismo che esplode nella seguente Maciste, con le note che accompagnano la figura mitologica nell’Isola degli Antropofagi, luogo di battaglia, sangue e budella, location perfetta nell’immaginario di chi ama pellicole non convenzionali. L’ampolloso gigione ha un’insana atmosfera doom, a cui abbina potenza e velocità, Peplum holocaust trascina in un nero abisso l’eroe mitologico protagonista della narrazione, mentre Petrus il filibustiere satura l’aria con fraseggi di natura heavy. Aderbale e Airavata concludono con forza e violenza lo script dedicato a Bruno Mattei (Vincent Dawn), regista che probabilmente avrebbe apprezzato il lavoro dei Kotiomkin e, perché no, pensato anche di rendere concrete le immagini evocate dal folle trio abruzzese. (Luigi Cattaneo)

Maciste (Video)



giovedì 23 dicembre 2021

BARO PROG-JETS, Utopie (2021)

 


Ci eravamo già occupati di Alberto Molesini e del suo Baro prog-jets ai tempi della doppia uscita Lucillo & Giada / Topic Wurlenio, dischi scritti negli anni ’80 (ma mai pubblicati) per il gruppo La Sintesi e che mostravano tutto l’amore del veneto per il grande progressive rock settantiano (entrambi editi dall’Andromeda Relix nel 2019). Polistrumentista in forza anche a Hydra, Elam e Marygold, Molesini (impegnato al canto ma anche al basso, alla chitarra e alle tastiere) si fa accompagnare in questo nuovo capitolo discografico da Gigi Murari (batteria), Paolo Zanella (pianoforte), Nicola Rotta (chitarra), Massimo Basaglia (chitarra) e Titta Donato (basso). Non sento!, unico brano cantato in italiano e vicino ad alcune cose di Il Castello di Atlante apre il disco, che poi prosegue con i 15 minuti a tutto prog di Utopia e Phase I e II, che formano una suite in odore di Yes e P.F.M. Le tante idee messe sul piatto da Alberto culminano nella lunga Runaways, altro momento che farà la felicità di chi dal progressive cerca suoni vintage e melodie aggraziate.  Per ascoltare e acquistare l'album potete visitare la pagina https://maracashrecords.bandcamp.com/album/utopie (Luigi Cattaneo) 

mercoledì 22 dicembre 2021

ALDO PINELLI, Suite Italiana (2013)

 

Uscito nel 2013, Suite italiana è un omaggio alla nostra penisola da parte di Aldo Pinelli, musicista conosciuto soprattutto per i suoi lavori con gli Habitat, band argentina con cui ha pubblicato dischi davvero interessanti. Il tributo all’Italia e ai luoghi da lui visitati si evince anche da un sound con dei rimandi al Banco del Mutuo Soccorso di Garofano Rosso e Di terra e Le Orme più acustiche, capace di descrivere e ammaliare con grazia e raffinatezza. L’immaginifico racconto di Pinelli si sviluppa attraverso i diversi strumenti a corda da lui suonati, che vanno ad incontrare il violoncello di Paula Dolcera, le percussioni di Silvia Pratolongo e la batteria di Roberto Sambrizzi. Un certo tocco introspettivo permea l’album, con le parti strumentali, atmosferiche e delicate, che convincono più di quelle cantate (ad opera dello stesso Pinelli), il tutto però è sempre molto intimo, quasi cameristico. Da citare assolutamente Encuentro posible entre Piazzola y Fripp, dove il sudamericano si diverte a unire il tango con escursioni crimsoniane, e la conclusiva title track di oltre 15 minuti, dove Aldo mostra tutto il suo background, in un percorso fatto di curiosità e voglia di esprimersi senza vincoli. (Luigi Cattaneo)

Full Album



giovedì 16 dicembre 2021

ZAAL, Homo Habilis (2020)

 

Uscito nel 2020 (ben dieci anni dopo Onda quadra), Homo Habilis è il terzo disco degli Zaal, creatura di Agostino Macor (tastierista di La Maschera di Cera, Rohmer, Finisterre, giusto per citare qualche band) dedita ad un jazz rock dal sapore cameristico, arricchito qui da atmosfere world, contaminazioni ambient e visioni progressive. Un concept strumentale che racconta il rapporto uomo/macchina con fantasia ed estro, sin dalle iniziali note di Meccanica naturale, episodio pilota in cui il fender e l’organo di Agostino incontrano la ricchezza e il colore dei fiati (il sax di Francesco Mascardi, la tromba di Roberto Nappi Calcagno e il flauto di Andrea Monetti), ma anche il sitar di Emanuele Ysmail Milletti e il violino di Sergio Caputo. Le lunghe e cinematografiche Revèil (Post Big Bang) e Presences formano una doppietta suggestiva ed elegante, in cui si cita l’imprescindibile Miles Davis di Bitches Brew, ma anche i mai troppo citati Nucleus. La title track non fa altro che confermare la bontà dei tanti musicisti presenti sul lavoro (davvero troppi per nominarli tutti), fondendo psichedelia onirica e trame jazz, mentre Jaime S*mmers vede il solo Macor destreggiarsi tra il fender e l’amplificatore Davoli. Instruments è un altro brano dallo sviluppo interessantissimo, tra etnica e musica da camera, Revèil (Together project) si riallaccia nuovamente al Davis elettrico, prima del finale di Android void, un immaginifico racconto ambient fatto di pianoforte acustico e Cassini Arp Machine, che chiude perfettamente questa chicca del panorama underground nostrano, registrato in presa diretta durante sessioni collettive libere da schemi e da costrizioni di ogni natura. (Luigi Cattaneo)

Revèil (Post Big Bang) (Video)



martedì 14 dicembre 2021

OJM, Live at Rocket Club (2021)

 

Tra le prime band di stoner italiano, i trevigiavi OJM (David Martin alla voce, Max Ear alla batteria, Andrew Pozzy alla chitarra e Stefano Paski al piano bass) mancavano all’appello discografico dal lontano 2010 di Volcano, un letargo rotto da qualche estemporaneo concerto dal vivo, rappresentato da questo Live at Rocket Club, registrato proprio ai tempi di quel lavoro nel locale di Landshut, in Baviera. Welcome è l’introduzione al mondo Ojm, Venus aggredisce l’ascoltatore con furia garage, un assalto che non ci risparmia neanche nella successiva I’ll be long e che conferma la forza dirompente delle esibizioni sul palco del quartetto, un magma elettrico violento e con rimandi seventies. Si prosegue con la sanguigna Wolf, mentre Oceans Hearts predilige un approccio più atmosferico e psych, perché la band aveva la capacità di passare dallo stoner di Eagles of Death Metal e Queens of the Stone Age al garage punk di The Hellacopters, senza dimenticare la psichedelia dei The Doors e l’utilizzo personale dell’organo da parte del gruppo. Sixties è una dichiarazione d’intenti, bissata dalla sguaiata Give me your money, prima della lunga Desert, meraviglioso trip di natura psichedelica. La più ragionata 2012 e la conclusiva Hush, brano di Billy Joe Royal (coverizzata nel lontano 1968 dai Deep Purple), chiudono un documento prezioso per il rock italiano. (Luigi Cattaneo)

Full Album Video


 
 

domenica 12 dicembre 2021

NICOLAS MEIER, Stories (2020)

 

Uscito quest’anno all’interno di un regale cofanetto di 3 album (gli altri due sono Magnificent, titolo anche della raccolta, e Live), Stories è un lavoro che Nicolas Meier ha registrato in solitaria nel 2020, senza il suo World Group che aveva esordito nel 2019 con Peaceful. Ho deciso di parlare di ogni singolo disco e di dedicare loro un articolo per la diversa natura delle produzioni presenti e di partire con quella più minimale, con Meier armato di sola chitarra ed ottimo interprete sia di brani propri che altrui. Quindi si passa con estrema naturalezza dalla sua Stories from the garden all’immortale tema di The Godfather, passando per la storica La Vie en Rose e il tributo ai Metallica di Nothing else matters, tutti momenti levigati di jazz, ricchi di gusto e decisamente brillanti. (Luigi Cattaneo)

Nothing else matters (Video)



giovedì 9 dicembre 2021

VODA, Onerare (2015)

 

Dopo aver parlato del doppio live Parallaxis e del secondo Amphibia, oggi faccio un passo indietro per raccontare l’esordio dei Voda, Onerare, disco del 2015 dove il trio di Cracovia formato da Radek Kopeć (chitarra, voce, tastiere e sitar), Michal Marzec (basso) e Piotr Skrzyński mostrava già tutto il proprio background fatto di rock, blues e progressive. L’iniziale Tame the time emana subito il groove che contraddistingue la band, il rock blues incendia S.O.S., complice l’armonica di Marcin Dyjak, mentre Like venus to Mars si avvale del raffinato violino di Ada Kwaśniewicz e della voce di Magda Bózyk, per quello che è uno dei brani più completi di questa release. Nota a parte per la lunga Trojan, influenzata dal rock blues progressivo del John Mayall di Bare wires e Blues from Laurel Canyon e dai seminali Bakerloo, ottima dimostrazione della maturità che i polacchi avevano già raggiunto ai tempi di questo piacevolissimo debutto. (Luigi Cattaneo)

Tame the time (Video)



mercoledì 8 dicembre 2021

PLATENS, Of poetry and silent mastery (2021)

 

I Platens sono un progetto di Dario Grillo (ex Thy Majestie qui impegnato a voce, chitarra, basso, tastiere e orchestrazioni), assenti dalle scene da ben 7 anni e finalmente di nuovo in pista con l’ottimo Of poetry and silent mastery, terzo capitolo della band registrato insieme al fratello Alex (batteria) e ad una serie di ospiti che hanno arricchito il già succulento piatto. Il risultato finale è un corposo disco di AOR, power metal, hard & heavy e qualche sfumatura progressiva, con strutture più immediate rispetto al passato e una certa attenzione per l’aspetto chitarristico della proposta, cosa che emerge in episodi come la gradevolissima Open arms, che si avvale della collaborazione di Mirko Turchetta, End of the world, in cui la chitarra di Dario incontra quella di Dan Logoluso, oltre che i synth di Gabriels, e Close but far, dove troviamo le sei corde di Orazio Fontes ma anche la voce della brava Katia Miceli. Bisogna poi citare Paralyzed, con Davide Peruzza (chitarrista già con Metaphysics e No Gravity) che ben si cala nel contesto hard del brano, mentre in Conspiracy ritroviamo le tastiere di Gabriels, sempre ben incastonate in passaggi vigorosi e robusti. Ultima citazione per Winter, ballata che arriva al suo culmine con l’entrata sul finale della Miceli, conferma di quanto bene abbia lavorato Grillo nel costruire un disco davvero pregevole e tra le uscite più interessanti in casa Burning Minds/Atomic Stuff di questo 2021 che volge al termine. (Luigi Cattaneo)

Album Trailer



venerdì 3 dicembre 2021

CLAUDIO FASOLI, Next (2021)

 

Ennesimo grande disco per Claudio Fasoli, sassofonista tra i più intelligenti e colti del panorama italiano, che si ripresenta con l’ennesima incarnazione di una carriera lunga 50 anni e iniziata con lo storico Live Suite di Guido Manusardi e proseguita di lì a poco con i Perigeo. Abbiamo spesso parlato dei suoi lavori da solista su Progressivamente, un tragitto che lo ha visto esprimersi con musicisti di varia estrazione e con formazioni mutevoli, caratteristica anche di questo Next, registrato insieme a Simone Massaron (chitarra), Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso) e Stefano Grasso (batteria). L’album è ancora una volta ottimo, e oltre la classe dei singoli vi è la conferma (ma non vi erano dubbi) della capacità di Fasoli di architettare soluzioni intrise di pathos ma anche di scelte coraggiose, un ponte tra la scena jazz attuale e il suo essere decano, un riferimento per i giovani che ha ancora la forza e la volontà di scrivere movimenti fantasiosi e creativi. Ne sono esempio tre episodi che mi hanno particolarmente colpito, l’iniziale Russell Square, la successiva 99 Ryerson St. e la magnetica Arcana, anche se è l’intero Next a mostrare un’artista che non ha intenzione di crogiolarsi sul suo enorme passato, quanto di continuare un percorso fatto di nuove esperienze e rinnovata curiosità artistica. (Luigi Cattaneo)

Arcana (Video)