martedì 30 giugno 2015

INNER DRIVE, Oasis (2014)


Arriva dalla Russia questo raffinato ensemble strumentale guidato dal maestro Sergey Bolotov, bravissimo tastierista e mente degli Inner Drive. Oasis è il loro primo album, pubblicato con la nostrana Lizard e il gruppo di Mosca pare avere già le idee chiare su quale indirizzo dare alla propria proposta. I moscoviti si muovono con disinvoltura lungo un prog sinfonico dai tratti cameristici in cui spiccano oltre alle tastiere di Bolotov, il flauto di Natalia Filatova e il violino di Inna Klubochkina, elementi che aggiungono colore ulteriore all’album. Il disco, suonato in maniera impeccabile, scorre fluido grazie ad un controllo pressoché perfetto della forma melodica con cui plasmare i singoli episodi, dall’iniziale classicità di Way to the unknown, alla psichedelia vellutata di Inspired by Pink Floyd per giungere ai meravigliosi intarsi di Aibga. Sinfonismi che tingono anche Lost dreams (da sottolineare il fine lavoro della Filatova) e che guardano al passato storico di gruppi come Emerson Lake & Palmer nell’accattivante Full moon o ai Caravan in Elephants, fino ad entrare in territori jazz rock nell’audace Chaos. Oasis è una release di grande classe, sofisticata ma che trasuda feeling e passione, rivolta ai ’70 ma in maniera credibile e spontanea. Consigliato a tutti i fan di Worm Ouroboros, Karfagen e Sanhedrin. (Luigi Cattaneo)

Life in our minds (Video)

domenica 28 giugno 2015

XADU, Random Abstract (2015)


Non è sempre semplice creare il giusto feeling quando si compone in duo. Ci vuole la capacità di intersecarsi, di affinare un interplay che deve risultare solido e non prevedibile, di proporsi con libertà d’intenti da schemi precostruiti. Xavi Reija (batteria) e Dusan Jevtovic (chitarra) avevano già pubblicato, sempre con Moonjune Records, Resolution nel 2014, in trio con Bernat Hernandez al basso (anche se era uscito con il nome del solo batterista) e questo nuovo Random Abstract conferma l’inclinazione verso una musicalità complessa ma ugualmente ricca di melodie cangianti, tesa in direzione di aperture improvvisate che defluiscono in un percorso sonoro costruito ad hoc. Questa densa release a nome Xadu propone vette atmosferiche in cui si percepisce il fine lavoro di Jevtovic e ritmiche dispari come base su cui sviscerare temi in via di decostruzione. Un modo di esplorare suoni ed evitare steccati che diminuiscono le zone da toccare con mano, facilitando l’espressività libertaria del duo. La chitarra filtrata di Jevtovic sa delineare scenari vicini all’ambient, in una carica introspettiva che costituisce parte essenziale del sound, così come Reija sa essere preciso e dinamico, artefice di passaggi colossali, sempre energici e molto puliti. Nitidezza di suono come marchio di fabbrica ma anche una certa capacità di coinvolgere attraverso melodie armoniose e una serie di eleganti soluzioni in cui solo a volte si sente l’assenza del basso per completare il ricco quadro. Un lavoro di squadra che porta alla creazione di bozzetti adatti ad essere considerati come soundtrack immaginarie, cariche di effetti e sospensioni atmosferiche che non dimenticano la lezione del jazz rock. Una musicalità che accarezza anche il math rock e la fusion tout court, in una progressione di stili dettati dalla grande alchimia tra Xavi e Reija, due musicisti che si completano anche in fase di scrittura (equamente divise le tracce). L’eccentrico duo ha sfornato un disco piacevole ed equilibrato, pieno di momenti complessi che si alternano ad altri più agevoli, in un crescendo di intuizioni in bilico tra improvvisazione e calcoli saggiamente soppesati. (Luigi Cattaneo)

Something in between (Video)

giovedì 25 giugno 2015

SIMUS, Vox Vult (2014)


Ottimo esordio per i comaschi Simus, che con questo Vox Vult dimostrano carattere e grandi doti individuali, oltre che capacità di scrittura e idee non da poco. L’ensemble si muove lungo più percorsi, citando il prog multiforme di Tool e Mastodon, l’alternative metal a stelle e strisce dei Dog Fashion Disco e il sound anticonvenzionale dei System of a Down. Tante piccole influenze che designano un sound attuale, fresco e di una certa potenza, in cui si denota già una certa maturità artistica, abilmente tradotta in cura per gli arrangiamenti e un bel bilanciamento tra le parti aggressive e quelle maggiormente atmosferiche. L’album scorre via in maniera fluida, con momenti davvero altissimi e sostenuti da un lavoro di produzione che dona ulteriore groove al debut. Pur essendo un disco ascrivibile al prog metal (anche se la definizione può essere fuorviante) la band non disdegna affatto passaggi legati al rock tout court, prediligendo un approccio di sintesi intelligente che ritroviamo lungo le trame sofisticate di tutto Vox Vult. Dopo l’introduzione di Giano, il gruppo “spara” la prima cartuccia, una title track nevrotica, un assalto frontale senza fronzoli, dichiarazione d’intenti che ci porta alla successiva Planet Caiak, un brano leggermente più morbido che vive su un mood darkeggiante di grande fascino. Intensità che si rispecchia nel lavoro ritmico di Denis Pace al basso e Luca Costanzo alla batteria, nelle distorsioni e nei solo di chitarra di Michele Perri e nell’interpretazione vocale di Mimmo D’elia. Mantis è invece l’unico brano cantato in italiano, un hard prog robusto ma denso di azzeccate melodie, mentre The Soulmaker rappresenta la summa delle caratteristiche in possesso del gruppo. Dopo tanta aggressività è la volta dell’armoniosa Bitter Taste, spirito da ballata e grande presa sonora, così come ФAKNP/FAKIR appare come una delle tracce di ispirazione crossover tra le più suggestive e riuscite. Anche Deus Vult colpisce per la forza e il dinamismo racchiusi in un involucro dai tratti oscuri, concetti condivisi pure nella seguente Requiem for my moon. Chiusura affidata alla validissima The Golden Pendulum of Babylon, finale perfetto per un debutto tra i meglio riusciti in ambito hard prog italiano di questi ultimi anni. (Luigi Cattaneo)

The Soulmaker (Video)

lunedì 22 giugno 2015

BABELE PROG FEST, Fabio Zuffanti and Zband, Feat.Esserelà, Quarto Vuoto

Al Babele Prog Fest noi c'eravamo e Marco Causin ci ha raccontato impressioni ed emozioni di una serata davvero ben riuscita...
La serata si presenta molto bene all'Altroquando di Zero Branco (TV), locale conosciuto dagli appassionati di musica della zona in quanto ospita sempre eventi musicali molto interessanti (vedi le varie edizioni del Maximun Festival degli scorsi anni). Questa sera lo spazio è dedicato al progressive rock di qualità, grazie alla presenza di Fabio Zuffanti and Zband più altri due ensemble, i trevisani Quarto Vuoto, che aprono la serata, ed i Feat.Esserelà provenienti da Bologna. I Quarto Vuoto, artefici della pubblicazione del loro primo omonimo EP, si presentano come un quintetto di giovanissima età (la media vent'anni o poco più), proponendo un progressive molto atmosferico, d'impatto e ben equilibrato, caratterizzato dall'uso del violino suonato dal bravo cantante Federico Lorenzon. L'esibizione, di poco più di trentacinque minuti circa, è stata senza dubbio ottima e la band si è dimostrata all'altezza della situazione. Peccato che il violino uscisse poco dal mix del gruppo ed in generale i suoni non erano molto bilanciati. I Quarto Vuoto hanno eseguito brani davvero molto interessanti e gli unici difetti che ho potuto riscontrare sono probabilmente i testi un po’ acerbi e le forse evitabili declamazioni del cantante/violinista all'inizio di ogni brano. La seconda band a salire sul palco è una vera sorpresa: i Feat.Esserelà da Bologna si presentano come un trio (Renato Minguzzi alla chitarra, Francesco Ciampolini alle tastiere e Lorenzo Muggia alla batteria), con in più la presenza di uno strano manichino inanimato che la band ha simpaticamente definito “il cantante del gruppo”. Il sound di questi tre ragazzi è veramente impressionante. Pezzi interamente strumentali di breve durata (a parte la sarcastica No), ritmiche dispari complesse ed un tiro veramente incredibile! Ciampolini si occupa anche delle parti di basso ed è veramente fantastico vedere i perfetti incastri ritmici con la batteria di Muggia, tanto da non far rimpiangere l'assenza di un bassista. La chitarra ha un suono lancinante e molto anni settanta ed è anch'essa di pregevole fattura, soprattutto quando si lancia negli assoli o quando dialoga all'unisono con le tastiere. Una band veramente infuocata, tecnicamente ineccepibile, dal groove intenso e molto a suo agio su un palcoscenico. Anch'essi hanno pubblicato un cd molto valido dal titolo Tuorl. Per ultimi salgono sul palco gli headliner della serata, Fabio Zuffanti and Zband, ultima incarnazione di un’artista poliedrico che ha militato in moltissime band (Finisterre, La Maschera di Cera, L'ombra della Sera, Romher, solo per citarne alcune) e che stasera ci propone un mix dei suoi vari progetti passati ed alcune nuove composizioni. La band è eccezionale ed è composta da Paolo Tixi alla batteria, Martin Grice al sax/flauto, Giovanni Pastorino alle tastiere, Simone Amodeo alla chitarra e da Fabio Zuffanti al basso/voce. L'esibizione è stata ottima, sia per l’elevato valore delle tracce, sia per la grande performance di ogni singolo elemento. La serata è stata veramente piacevole e un plauso va anche all'organizzazione, in particolar modo allo staff dell'Altroquando (ottima la cucina!) ed a Pierpaolo della Moving Records e Comics, che grazie alla loro competenza, passione e cultura hanno potuto organizzare questo evento. (Marco Causin)

sabato 20 giugno 2015

IL BALLO DELLE CASTAGNE, Live Studio (2015)


Un live in studio è sempre un disco particolare, resoconto di quanto svolto sinora ma con quella resa dal vivo che ovviamente fa parte della vita da palcoscenico di ogni gruppo. L’assenza di pubblico può inficiare sulla resa finale del prodotto per una probabile assenza di stimoli a dare quel qualcosa in più ma questo album di Il Ballo delle Castagne (Vinz Aquarian alla voce, Diego Banchero al basso, Davide Bruzzi alla chitarra, Roberto Lucanato alla chitarra, Marina Larcher alla voce e Fernando Cherchi alla batteria) ha il giusto feeling e anche il forte pregio di apparire spontaneo e genuino. Uscito in 108 copie e registrato ai Nadir di Genova, racchiude pezzi propri e cover, partendo da una bollente versione di Tema di Gilgamesh, un dark prog notturno e inquieto. La terra trema è un vero capolavoro, che oltre a riferimenti psych ha un alone dark wave pieno di fascino, mentre Il viaggio è più vicina allo space rock e vede la presenza della Larcher alla voce. Marina è presente anche nella successiva Odore di benzina, brano degli Egida Aurea, I giorni della memoria terrena è invece cantata da Vinz e ha un buonissimo lavoro ritmico della coppia Banchero-Cherchi. Seguono l’omaggio al Battiato di Pollution con una buona rivisitazione di Areknames, l’avanguardistica Omega, tra Amon Duul e Runaway Totem e il finale di Fire in the sky degli Yahowa 13, completamento psichedelico e ringraziamento spirituale per uno dei gruppi cult dei ’70. Chi ama il suono di Il Ballo delle Castagne faccia subito suo questo live a tiratura limitata, chi invece non conosce la band colga l’occasione per scoprire questo curioso ensemble. (Luigi Cattaneo)

I giorni della memoria terrena (Video)

giovedì 18 giugno 2015

CLAUDIO ROCCHI, In alto (2011)


In alto. Dove sembrava dirigere il suo Volo Magico questo menestrello visionario e psichedelico, scomparso esattamente due anni fa, che dopo tanti anni aveva ancora voglia di raccontarsi e di prendere posizioni su argomenti scomodi. In Alto fu un ritorno significativo che ebbe il merito di porre l’attenzione anche su un altro dettaglio, ossia la ricomparsa sulla scena di un’etichetta storica come la Cramps. Un binomio di qualità che non fallì l’obiettivo e rilanciò, semmai ce ne fosse il bisogno, uno degli autori più illuminati della scena rock italiana. Ancora ora, come negli anni ’70, la musica di Rocchi è aspra e lieve, ricercata e affabile, ricca di sprazzi tipicamente cantautorali che si bagnano di psichedelia ed elettronica minimale ma sapientemente utilizzata. Convince e sorprende il rock elettrico di Per gli stendardi che apre molto bene il disco, ma non è da meno la successiva Eccoti qui, una ballad morbida ma per nulla banale. Dal sapore maggiormente psichedelico Facci un miracolo, con un testo amaro ma carico di speranza e Deja Vu, ficcante e capace di immergere chi ascolta in quel clima che animava gli anni degli esordi di Rocchi. Alchimia riesce ad essere moderna ma con un occhio di riguardo alle produzioni di 40 anni fa, sporcando il sound acustico con pennellate elettriche. L’ India si fa viva nelle sonorità di Gesù si gira, mentre la denuncia politica si fa apprezzare in Lasciamoli andare. Intensa la ballata Ci sei? che fa il paio con l’altrettanto valida Come se. Con La bellezza Rocchi si riallacciava alla vena che lo contraddistingueva nei ’70, prima di chiudere in maniera palpitante con La stella da cui vieni. Rocchi propose un lavoro dove il suo passato veniva metabolizzato e sviluppato in un linguaggio attuale ma non figlio di mode o tentazioni commerciali. Un album dove Claudio si occupò dei testi e delle musiche, degli arrangiamenti e della produzione. Un disco che ha ancora oggi la forza per riportare alla luce uno dei personaggi più interessanti e curiosi dell’underground italiano degli ultimi 40 anni. (Luigi Cattaneo)


Facci un miracolo (Video)


https://www.youtube.com/watch?v=P4L7H8cvKOY


sabato 13 giugno 2015

RAGING DEAD, Born in rage (2015)


Scoppiettante debut ep per i Raging Dead, che con questo Born in rage si presentano con un sound viscerale e dal grande impatto live. Il quartetto di Cremona (Matt Void alla chitarra, Simon Nightmare al basso, Cloud Shade alla voce e alla chitarra e Tracii Decadence alla batteria), nato ad inizio 2014 si muove attraverso un horror metal dal sapore gotico memore della lezione di Murderdolls, Misfits, Wednesday 13 e primi Death SS, senza tralasciare un approccio squisitamente hard rock e sleaze Motley Crue style. 20 minuti ovviamente molto tirati, pieni di vigore e capaci di coinvolgere in maniera semplice chi ascolta, a partire da Scratch me, primo episodio in cui splendono i riff di Void e un chorus immediato e pungente. Anathema è un altro brano furioso ma sempre venato di una soffusa melodia dark, elemento che ritroviamo anche nella seguente Redemption, pezzo che chiama in causa anche Rob Zombie. Nightstalker esalta il lato più cupo della band, sempre credibile nel suo dipingere scenari inquieti e malevoli, così come il finale di Vengeance colpisce per irruenza e sfrontatezza. Born in rage è un primo e interessante passo verso la piena maturità, con l’obiettivo di un full lenght che possa magari far emergere ancor di più le qualità dell’ensemble. (Luigi Cattaneo)

Nightstalker (Video)

lunedì 8 giugno 2015

PROG TO ROCK, Torino 11 e 12 Settembre 2015


L’ Associazioni culturale Bottega Partigiana in collaborazione con Spazio 211, organizza il 1° Festival Prog Rock Torino nei giorni 11 e 12 settembre prossimi.
Un genere musicale, troppo a lungo trascurato se non del tutto ignorato dalle istituzioni cittadine, torna a far sentire la sua forza e creatività a Torino.
Una location storica in cui si esibiscono da anni band nazionali e internazionali: Spazio 211 in via Cigna 211. Due palchi: uno esterno e uno interno. Uno spazio out-door il pomeriggio e uno in-door la sera.
Parteciperanno importanti band sia locali che nazionali. La scaletta non è ancora definita ma i primi riscontri sono di alto livello.
La manifestazione ha lo scopo di promuovere e riaprire l’interesse del pubblico verso un genere musicale – il rock progressivo – che, sulle orme dei gruppi anglosassoni pionieri quali Genesis, Pink Floyd, King Crimson, Yes e molti altri, ha avuto in Italia un periodo di grande splendore con band come PFM, BMS, Osanna, New Trolls, Orme, Il Balletto di bronzo, e tantissime altre.
Al Festival sono invitati a partecipare band o artisti solisti in grado di presentare lavori personali la cui matrice sia di impronta rock progressivo, abbracciandone il vasto campo che va dal progressive più classico sopra citato, al neo prog di band quali Marillion, Pendragon, IQ, Arena, Anubis, Mistery, o gli italiani Syndone, Il Cerchio d’oro, Il Tempio delle clessidre fino a comprendere le espressioni più metal quali, sempre a titolo esemplificativo, possiamo individuare nei Dream Theater, Ayeron, Therion.
Le band /artisti che intendono partecipare sono invitati a inviare la richiesta di partecipazione all’indirizzo mail pacchioniadolfo@gmail.com, allegando un curriculum della band/artista, il sito o la pagina FB o similari, una scheda tecnica (reperibile sulla pagina FB dell’evento) , e due brani in mp3 o in alternativa un link in cui siano ascoltabili (tipo https://soundcloud.com/pages/contact).
Informazioni work in progress saranno disponibili sulla pagina Facebook PROG TO ROCK https://www.facebook.com/progtorocktorino o potranno essere chieste a pacchioniadolfo@gmail.com
Il festival non ha alcuna sovvenzione, ma nasce dall’amore per la musica, l’impegno e la disponibilità a rischiare delle associazioni culturali Bottega Partigiana e Spazio 211.