mercoledì 22 gennaio 2014

BONOMO, Il Generale Inverno (2012)


Album di esordio di un musicista tarantino, curioso e bravo nel muoversi tra generi diversi tra loro facendoli convivere in 10 tracce semplici ma piuttosto piacevoli. Bonomo è un polistrumentista che pare adorare le variazioni e il muoversi tra le linee di suoni accostabili ma non identici, spostandosi dal pop rock all’elettronica, dal cantautorato psichedelico a ballate suadenti. Il generale inverno è un espressione nata nel 1812 per spiegare il grande gelo che sconfisse l’esercito di Napoleone ma con il passare del tempo si è utilizzata per riassumere i capricci della natura o degli dei che mandano all’aria piani militari. In questo caso Bonomo si riferisce al nemico invisibile che frena il lavoro, impedisce di muoverci e blocca le emozioni. Il primo nemico è il rapporto di coppia, falso e pieno di dubbi di Dna, traccia basata su riff di chitarra di matrice rock e un bel lavoro ritmico di Tommy Graziani alla batteria. Brit pop di facile assimilazione con Troppe cose, mentre pare un omaggio all’electro pop ottantiano Insonnia, brano vicino per mood anche da quanto fatto dal Morgan solista. Bonomo ha interesse anche per il progressive e ciò emerge in La mia rabbia, anche se solo nella breve parte strumentale. Se strumenti acustici e un clima tra west coast e Claudio Rocchi segnano La visione, i Bluvertigo aleggiano su Otto ore al giorno. Bello l’attacco simil grunge di Una scelta, indubbiamente la traccia più rock del lavoro che contrasta con la seguente I pesci non lo sanno, una ballata per chitarra acustica e mellotron sul tema dell’inquinamento che fa il paio con La visione e conferma come probabilmente l’artista convince di più quando si muove su queste coordinate stilistiche. Un po’ come il finale di L’ultimo valzer, una pop song sognante che risulta efficace chiusura di un’opera sì imperfetta ma capace di restituire un giovane autore che, se riuscirà a mettere ulteriormente a fuoco certe prospettive e alcune degne intuizioni che filtrano lungo tutto il disco, potrà sviluppare in futuro un discorso maggiormente organico e completo. Un plauso però va assolutamente fatto per le liriche che parlano di lavoro, di disoccupazione, di paure, in maniera sincera e sentita, senza mai cadere nel qualunquismo o nel retorico. Da tenere d’occhio in attesa di un secondo lavoro. (Luigi Cattaneo)
 
I pesci non lo sanno (Video)
 
 

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