sabato 12 ottobre 2013

ALPHATAURUS, Pietro Pellegrini e Andrea Guizzetti raccontano AttoSecondo

Abbiamo incontrato Pietro Pellegrini e Andrea Guizzetti, i due tastieristi degli Alphataurus che ci hanno raccontato il percorso intrapreso per arrivare ad AttoSecondo e svelato anedotti sul viaggio iniziato ormai 40 anni fa.

-Che effetto vi ha fatto tornare dopo 40 anni dal disco d’esordio?
P: Molto stimolante. Abbiamo ripreso l’attività alla Progvention 2010 del Bloom presentando pezzi vecchi e un paio di nuovi brani che poi sono finiti su AttoSecondo. Nel nuovo disco ci sono composizioni che già si trovavano in Dietro l’uragano ma sotto forma di provino. Abbiamo mantenuto la struttura ma completato le parti mancanti, il cantato, i testi . Inoltre abbiamo aggiunto due pezzi completamente nuovi che rispecchiano il nostro sound e continuano un discorso interrotto a metà. Questo disco è un ponte tra quello che eravamo nel 1973 e quello che siamo oggi, mantenendo la nostra identità per quello che sarà anche il successivo atto terzo, visto che abbiamo già del materiale, di cui una parte proviene da idee del passato e altre nuove che abbiamo già focalizzato.
-Avete quindi provini mai pubblicati e tenuti segreti tutti questi anni?
P: Diciamo che abbiamo una suite risalente al 1972 che dura 25 minuti da cui abbiamo attinto già per il primo album e per alcuni attuali. L’idea portante della suite è ancora intatta però e ci siamo ricordati a memoria di questo lungo brano e lo stiamo ricostruendo. Speriamo ci sia un bel seguito dopo AttoSecondo perché abbiamo ancora tanto da dire.
A: Il prog è ritornato un po’ in auge e quindi l’album può avere un suo seguito. Internet ha molto aiutato per la promozione, per la pubblicità e la comunicazione attraverso i tanti forum della rete e queste cose prima erano per pochi. C’è forse un ritorno al voler ascoltare e condividere musica fatta in un certo modo.
-Come avete lavorato sui brani presenti in AttoSecondo?
P: È sempre un lavoro d’equipe. Si arriva con un’idea e ci si lavora insieme.
A: Non c’è ostracismo dei membri vecchi. I pezzi sono nati da un’idea condivisa e piaciuta e da quel punto poi ci sono agganci con ciò che ognuno di noi può portare alla musica. Il sound Alphataurus predilige l’arrangiamento di gruppo, i solisti non sono in primo piano ma il brano nasce dall’unione di 6 teste che confluiscono per dare l’identità del gruppo. Gli arrangiamenti di tastiera li senti tali e quali dal vivo, non ci sono sovraincisioni, non avrebbe avuto senso fare un disco che non si poteva suonare live.
P: Questa è una caratteristica che avevamo anche nel primo album. Trasferimmo gli strumenti nello studio di registrazione e suonammo in diretta. Certo ci furono delle sovraincisioni, ad esempio di moog in Croma e per ottenere certi risultati dovevi fare un sacco di registrazioni e di pre mix. Inoltre avevamo utilizzato un 8 piste alla Sar di Milano e quello che facevamo in sala prove lo abbiamo portato in studio perché solo suonando insieme ottieni certe sfumature e certe cose che vengono fuori al momento.
-Avete riscontrato molte difficoltà nel tornare a lavorare su brani progressive dopo tanto tempo o la passione non si è mai persa per questo genere?
P: Ci sono stati periodi in cui ho suonato meno, pur avendo lavorato in studio con De Andrè e Riccardo Zappa. Negli ultimi dieci anni ho suonato pochissimo! Avevo parecchia ruggine addosso e anche i brani vecchi piano piano sono stati recuperati tecnicamente, soprattutto perché all’inizio le difficoltà sono state enormi ma con applicazione, studio e sacrificio c’è stato un ritorno.
-È stata una gestazione lunga quella che ha portato ad AttoSecondo?
P: Lunga ma non complicata! Non potevamo stare tutti i giorni in sala prove e poi c’è stato un cambio di line up con l’avvicendamento del batterista Giorgio Santandrea e i relativi provini che hanno portato alla scelta di Pacho Rossi. Chiaro che ha dovuto calarsi nella parte, ha assimilato il nostro sound arrivando dai Karma che suonano tutt’altro!
A: Ha modificato in parte la sua attitudine perché per suonare questa musica non occorre essere solo bravi o avere velocità ma serve anche feeling.
P: Il concetto importante è che avevamo pensato di prendere degli strumentisti per fare il disco ma così non funziona. Avevamo bisogno di qualcuno che ci stesse vicino anche a livello umano. Il prog nasce da qualcosa di spontaneo e il difficile sta proprio nel riuscire a dire qualcosa partendo da questo.
A: Ognuno ha un interpretazione diversa della musica, di un armonia che viene condivisa dagli altri membri del gruppo. Un feedback che arriva suonando, un’intesa che nasce attraverso le prove, anche le più strampalate!
P: Negli anni ’70 suonavamo tutti i giorni, ora le prove le registriamo tutte e da lì possiamo cogliere delle minime idee che poi verranno sviluppate. Bisogna ottimizzare i tempi ora!
-Quando e a chi è venuta l’idea della reunion?
P: Il primo responsabile è Guido Wasserman che mi martellava già 10 anni fa!
A: Io ho suonato con Guido negli ultimi anni in un gruppo di jazz fusion e quando è nata l’idea di una seconda tastiera negli Alphataurus mi è stato chiesto di entrare a far parte del gruppo. Mi sono dovuto fare una certa cultura perché ascoltavo giusto qualcosa degli Yes e dei Genesis, son sempre stato più vicino alla fusion o al jazz rock. Durante le prove c’è stata un’evoluzione nel mio modo di suonare e qualcosa di mio sono riuscito ad incastrare all’interno del disco.
P: Nel 2008 abbiamo iniziato a provare ma il bassista della prima formazione abita a Roma e Michele Bavaro, il cantante, in Puglia. Lui ha sempre cantato moltissimo, anche all’estero. Ha fatto una sua carriera dopo gli Alphataurus. All’inizio con noi c’era al basso il fratello di Giorgio, Giampaolo, ma tra fratelli non andò benissimo! Inizialmente non vi era un cantante, ne avevamo provato qualcuno e quando arrivò Fabio Rigamonti al basso portò Claudio Falcone alla voce. Lui ha una preparazione estrema e arriva dal blues e dal soul.
A: Riesce però a far convivere questa sua vena con i pezzi del disco e non solo.
P: Anche i testi sono suoi e ha centrato quello che volevamo dire già 4 anni fa come in Claudette. Si è calato alla grande nella parte!
A: Fabio invece ha suonato di tutto nella sua vita! Ha sempre ascoltato i gruppi storici del prog e ci ha messo del suo per creare una base ritmica solida, prima con Giorgio e poi con Pacho. Insieme ormai formano una sezione ritmica molto solida.
P: Nel 2008, quando abbiamo ricominciato, avevamo in testa un programma, quello di prendere nuovamente in mano i brani vecchi ma anche di scriverne di nuovi.
A: E poi suonare i vecchi brani va bene ma dandogli comunque un taglio moderno, proponendo qualche novità però!
P: Noi abbiamo voglia di proseguire il discorso interrotto 40 anni fa, quello che non siamo riusciti a terminare e soprattutto i giovani che stanno venendo ai nostri live pare lo abbiano capito.
-So che avete anche preparato un documentario per il disco…
P: L’idea del documentario ci è venuta dopo la Progvention del 2010 e si è materializzata grazie alla lacrima Pictures che ci ha seguito per mesi, a Genova e a Milano in sala prova per le interviste. Abbiamo poi trovato una vecchia Vhs del 1972, 3-4 minuti di video di preparazione ad un concerto a Monza che è stato inserito nel documentario.
-Il vostro primo disco è da più parti riconosciuto come uno dei più rappresentativi degli anni ’70 italiani. Possibile che in tutto questo tempo nessuno vi abbia proposto di incidere qualcosa di nuovo prima di ora?
P: Nessuno! Il disco originale fu ripubblicato dalla Vynil Magic nel 1992, poi con la Mellow facemmo Dietro L’uragano. Moroni mi chiese se avevo qualcosa di inedito. Avevo dei provini per me impubblicabili. Ci lavorai una ventina di giorni per renderli accettabili. Pensa che ha venduto 2400 copie!
-Come siete approdati in BTF?
P: Tramite la Vynil che poi con gli anni si è trasformata in BTF. Avevamo già questo aggancio insomma. Mathias Scheller ci contattò nel 2008 per farci fare qualcosa e da lì prima ripubblicammo l’esordio e poi andammo alla progvention e registrammo Live in Bloom.
-Avete un contratto per altri dischi con loro?
A: No, non abbiamo nessun contratto per eventuali album da pubblicare.  
-Che riscontri sta avendo il disco?
P: Notevole direi. Dopo 3 settimane avevamo venduto già 500 copie, in Giappone 300 e abbiamo avuto un ordine per altri cd.
A: La BTF ci ha comunicato che non era mai successo che il Giappone ordinasse lo stesso titolo a distanza di così pochi giorni. Anche il live ha venduto bene, 1200 pezzi circa tra cd e vinile.
P: Abbiamo avuto un ritardo sul vinile perché la prima stampa era impresentabile. Avendo lavorato in Ricordi negli anni ’80 dove mi occupavo di produzioni interne e di master ho ripreso in mano il materiale e da lì abbiamo accumulato 1 mese di ritardo.
-Vi aspettavate tutto questo affetto del pubblico?
A: Il pubblico ha un attenzione particolare, si sente partecipazione e dai ancora di più. È emozionante.
-Parliamo un po’ dei vostri esordi. Come nasce la band?
P: La base del gruppo era a Sesto San Giovanni con Giorgio e Alfonso, il basso e la batteria. Io avevo un gruppetto di Monza, ma ci trovammo subito bene. Ovviamente bisognava creare musica nuova, non cover. Chiaro che con Guido e Michele, che era qui senza fissa dimora e veniva ospitato da noi, il gruppo prese piede. Eravamo ragazzini, 15-16 anni, avevamo un impresario che ci procurava gli strumenti e che ci aiutò parecchio. Iniziammo a fare i vari festival, Palermo, il Davoli di Reggio Emilia, i Palasport. Ci fu anche l’occasione di suonare di spalla agli Emerson Lake & Palmer ma causa problemi contrattuali internazionali saltò tutto ma seguimmo ugualmente il loro tour a Bologna, a Genova e approfondimmo la conoscenza. Peccato, ci accontentammo del backstage! Si suonava spesso al Carta Vetrata di Bollate, che era un punto di riferimento. Lì ho conosciuto Red Canzian quando suonava ancora con i Capsicum Red, prima di entrare nei Pooh. A Palermo, al Politeama suonammo con i New Trolls e i Latte e Miele e fu lì che Vittorio De Scalzi ci offrì la possibilità di incidere con la Magma, l’etichetta che aveva appena fondato. Al Cavalluccio Marino di Viareggio suonammo anche con i Van Der Graaf Generator. Ora la situazione è disastrosa, o riesci a far riempire il locale con le cover oppure diventa molto difficile. I gestori dei locali di norma sono quindi sulla difensiva, è comprensibile. Però ci sono realtà diverse come l’Honky Tonky di Seregno dove abbiamo fatto una data con la FEM e il locale era pieno e Il Giardino a Lugagnano. Chiaro che gli impegni live però non abbondano.
A: E quindi approfittiamo di questi buchi quando non ci sono concerti in vista per provare i pezzi nuovi.
-Le tastiere erano uno dei punti di forza del vostro suono, tra Emerson e Auger. Quali avevi usato?
P: Base portante era l’Hammond 111 con tastiere da 3 ottave e mezzo e due Leslie con doppi comandi e quindi 2 velocità. Poi piano elettrico Crumar, un minimoog, un Wurlitzer elettrico, un eminent 310 per i violini. Insomma mi serviva un camion solo per me! Anche ora il set up minimo non è da poco, non sono ancora soddisfatto totalmente. Dovrei viaggiare con un Hammond vero! Ora sto utilizzando il minimoog Voyager è un analogico con controllo digitale ed è un gran bello strumento.
-L’artwork del disco è uno dei più quotati del prog. Com’è stata ideata?
P: La copertina è di Adriano Marangoni, un pittore ancora in attività che conoscemmo a Brugherio da amici comuni. Pensa che non sappiamo più dov’è l’originale!
A: Secondo me ai tempi si voleva comunicare anche graficamente, far capire che c’era un messaggio non solo di suono. La ricerca di qualcosa di particolare, pensa ai Garybaldi.
P: Era normale ai tempi puntare su copertine e fotografie.
A: Anche l’artwork di Live in Bloom è di Adriano e rappresenta una rinascita e pure quello nuovo è suo! Racconta quello che c’è nel disco, quello che rappresenta.
-Come si arrivò allo scioglimento della band?
P: Ci furono un paio di episodi che ci portarono alla scelta definitiva. Economicamente non si stava benissimo, poi ci fu il servizio militare per me, Michele tornò in Puglia. Insomma, dovemmo lasciare tutto in sospeso. Poi ci fu un cambio generazionale e arrivò Barry White! I cantautori non c’entrano nulla.
A: Anche le etichette discografiche iniziarono ad abbracciare nuovi stili e non dimentichiamoci che c’era una tensione sociale differente. Gli anni ’80 sono segnati anche da una leggerezza diversa. La nascita dei video, le radio commerciali e  l’immagine diventano fondamentali.
-Cosa hai fatto dopo Pietro?
P: Fino al 1983 ho lavorato in Ricordi facendo il produttore interno e il musicista in studio con Battiato nell’album L’arca di Noè e con De Andrè in L’indiano. Ho seguito la registrazione del disco live di De Andrè con la Premiata, curai il mix con Mussida e Piero Bravin al Mulino di Milano. Poi Nannini, Milva. Dopo il 1983 mi sono occupato di tecnologia a livello musicale. Su disco ho fatto qualcosa con Alice ma mi son sempre più occupato della parte tecnica.
-Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
-P: Stiamo mettendo giù materiale per il disco nuovo e poi cercare date per suonare in Italia, anche se non è affatto semplice. Ci piacerebbe suonare in Giappone, in Olanda, in Belgio, luoghi dove abbiamo tante richieste.    

giovedì 10 ottobre 2013

L'OMBRA DELLA SERA, L'ombra della Sera (2012)

L’inesauribile Fabio Zuffanti insieme ad altri 2 membri della prog band La Maschera di cera, Agostino Macor e Maurizio Di Tollo, si cimenta e ci delizia con un nuovo progetto a nome L’ombra della sera in cui vengono riproposti alcuni brani che erano presenti nelle colonne sonore di celebri sceneggiati degli anni ’70. Non mere cover ma rifacimenti in chiave progressive di temi composti da grandi maestri come Claudio Simonetti, Berto Pisano o Riz Ortolani. Il risultato è un disco dall’inquietante fascino, che ha la capacità di estrapolare l’anima di certe composizioni e di ripensarle in maniera originale e personale. Salta subito all’orecchio la grande attenzione da parte dei musicisti di rendere omaggio a certi capolavori dandone una loro efficace versione attraverso però il sapiente utilizzo di strumenti vintage ed originali come Mellotron, Minimoog, Fender Rhodes e organo Hammond suonati con la consueta maestria da Macor. Le cinque tracce qui presenti sono intrise dello spirito progressive dei ’70 e il riferimento principale paiono essere i Van Der Graaf Generator nelle loro pagine più oscure. Ma non basta questo per spiegare la grande riuscita del disco. A questo bisogna aggiungere un’ascendenza jazz che si palesa in diversi momenti del disco, come accade in La traccia verde, dove partecipa Andrea Monetti al flauto. Senza fare paragoni inutili L’ombra della sera va a toccare anche risvolti fusion e avanguardistici vicini alla pietra miliare In a silent way di Miles Davis, soprattutto nelle trame fitte della splendida e lunghissima Ho incontrato un ombra. Che dire poi del tocco in più dato da ospiti di lusso come Alessandro Corvaglia alla voce, il già citato Andrea Monetti al flauto, Paolo Furio Marrasso al contrabbasso, Enrico Guoa alla tromba e Gianni Allevi al sax? Corvaglia in special modo commuove nell’intensa Il segno del comando (cento campane) di Romeo Grano, unico brano cantato del disco, mentre Allevi stupisce per la qualità di ogni suo intervento, davvero mirabile e sempre preciso. Di grande qualità anche il dark progressivo di Gamma, originariamente composta da Claudio Simonetti e il jazz di Ritratto di donna velata che appare come il brano più legato a quello originale di Riz Ortolani ma non perde intensità e convince da subito. Il disco si mantiene su livelli altissimi per tutta la sua durata combinando il tipico sound vintage prog che spesso ha contraddistinto La Maschera di cera con il jazz, anche per un uso molto raffinato che viene fatto dei fiati, una risorsa utilizzata davvero in maniera eccellente. È evidente il rispetto verso certi autori altisonanti che vengono però filtrati con la forte personalità di chi sa dove vuole andare e cosa vuole ottenere. Il risultato è probabilmente uno dei migliori lavori pensati e proposti da Zuffanti in questi anni. Obbligatorio pensare ad un seguito, anche per l’enorme mole di sceneggiati e di colonne sonore che la televisione italiana ha prodotto durante gli anni ’60 e ’70. (Luigi Cattaneo)

Ho incontrato un ombra (Video)


https://www.youtube.com/watch?v=P1QdkeYURXg


         

lunedì 7 ottobre 2013

IL CERCHIO D'ORO, Dedalo e Icaro (2013)

Dopo averci raccontato delle avventure di Colombo nel precedente album, Il Cerchio D’oro sceglie stavolta di guidarci dentro la storia di Dedalo e Icaro. Ancora una volta un concept figlio della loro grande passione per il progressive rock dei ’70 e sempre sotto l’egida della Black Widow. Sono passati diversi anni da Il Viaggio di Colombo ma il modus operandi dei savonesi rimane pressoché invariato e si riallaccia solo ed esclusivamente a band storiche del prog come New Trolls, Delirium e P.F.M. Questo è quello che sa fare Il Cerchio e ciò che anima la loro passione da una vita (sono all’attivo da metà anni settanta) non è cancellabile con un colpo di spugna. E questa loro peculiarità vintage li porta oggi in studio con gente del calibro di Pino Sinnone, primo batterista dei The Trip, nell’iniziale Il mio nome è Dedalo (coadiuvato da Athos Enrile al Mandolino e Daniele Ferro alla chitarra), che mostra continuità stilistica con quanto già espresso in passato sia da loro che dai nomi tutelari del genere. Il redivivo Giorgio “Fico” Piazza presta il suo basso in L’arma Vincente, una ballad dal bel finale strumentale mentre la coppia Delirium formata da Ettore Vigo al piano e dal sempre notevole Martin Grice al sax vengono coinvolti nell’amaro finale di Ora che son qui. Quest’ultimo si fa valere anche al flauto nella lodevole e strumentale Labirinto, uno dei momenti migliori del lavoro. E qui un piccolo appunto è d’obbligo. Difatti l’album, assolutamente gradevole, denota l’assenza di un cantante di ruolo a cui fan da contraltare dei buoni momenti corali ma l’avere in squadra un vero vocalist potrebbe fare davvero la differenza. Il tributo al periodo migliore del nostro progressive infatti funziona e le composizioni risultano appassionate e ben costruite. C’è un rigore filologico nella musica della band, un suono dal fascino antico, come se il disco fosse un reperto mai pubblicato (e potrebbe in effetti passare per un album del 72-73). Ascoltando il racconto non si possono non notare i cori New Trolls style, le melodie raffinate di Delirium e Le Orme, la complessità della Premiata. Progressive sinfonico dettato dalle tastiere di Franco Piccolini (organo, piano, mellotron, synth), maestro concertatore di un ensemble rodato che ha coesione e coscienza di voler proporre una musica volutamente fuori dal tempo. Fan da corollario al lavoro tre bonus video, Ieri Oggi Domani Ancora Niente tratto da un concerto del 2009 al Teatro della Gioventù di Genova, Il sole nascerà/Sguardo verso il cielo girato nello stesso anno alla Fortezza Priamar di Savona e Impressioni di Settembre suonata nel 2012 all’auditorium E. Simonetti di Alassio. (Luigi Cattaneo)

Labirinto (Video)


venerdì 4 ottobre 2013

BRUNO BAVOTA, La Casa sulla Luna (2013)

L’immagine è quella di un uomo seduto al suo pianoforte, rapito dalla musica, lieve ma non per questo frivola, anzi, piena di sentimento e di anima, votata all’inseguimento delle nuvole, del cielo, di qualcosa che sta sopra di noi. La casa sulla luna è il secondo album (dopo Il Pozzo d’Amor del 2010) di un pianista campano che di progressive non ha assolutamente nulla ma pubblica questo nuovo disco con la poliedrica Lizard di Loris Furlan, vero scopritore di realtà anche in antitesi tra loro (ed è a mio modo di vedere uno dei pregi maggiori della sua creatura discografica). C’è una bella dose di romanticismo nelle tracce presenti (tutte strumentali), abbinata a melodie profonde, dotate di una certa vena malinconica che non si trasforma però in mestizia e colloca Bruno Bavota all’interno del panorama pianistico contemporaneo. Chiaro che viene alla mente quanto hanno fatto e fanno ancora musicisti come Roberto Cacciapaglia, Andrea Carri, Olafur Arnalds (forse uno dei più rappresentativi), Ludovico Einaudi, Ryuichi Sakamoto e il disco scorre via in maniera gradevole lungo tutto il tragitto, mostrando un autore maturo e sicuro nella fluidità della sua proposta. Non sono da meno e hanno un loro importante peso nell’economia del lavoro Marco Pescosolido al violoncello e Paolo Sasso al violino, contorni significativi di una portata dove il pianoforte comunque non eccede e pur rimanendo elemento centrale lascia spazio ai suoi compagni di percorso. I brani hanno un’atmosfera spesso cinematografica, classica e appaiono suonati e proposti in maniera sentita ed espressiva. È anche giusto sottolineare che non ci sono novità di sorta e quindi chi è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo rimarrà abbastanza indifferente alla proposta di Bavota. I brani si differenziano di poco l’uno dall’altro e quelli che più colpiscono sono proprio quelli dove emergono anche Pescosolido e Sasso, che donano maggiore profondità alle tracce (bisogna citare d’obbligo Il dito si muove sul vetro appannato, Cielo Blu Notte e Buongiorno, Buonanotte). La Casa sulla Luna è un lavoro comunque estremamente piacevole, lineare ma non semplicistico ed è un passo in avanti verso la definitiva (speriamo) consacrazione di Bavota. (Luigi Cattaneo)

Amour (Official Video)

           

mercoledì 2 ottobre 2013

CONCERTI DEL MESE, Ottobre 2013

Mercoledì 2
·Riverside Factory (Milano)

Giovedì 3
·God Is An Astronaut Assago (MI)
·Napoli Centrale San Remo (IM)

Venerdì 4
·Empty Days + Massimo Giuntoli Casa di Alex (Milano)
·God Is An Astronaut Ciampino (Roma)
·Giobia Roma
·Gnu Quartet Roma
·Inter Nos Bagnaria Arsa (UD)

Sabato 5
·Banco Teatro Carcano (Milano)

Domenica 6
·Banco Teatro Carcano (Milano)
·Get'em Out Milano
·Pane Museo Venanzo Crocetti ore 19 Roma


Lunedì 7
·Peter Gabriel Assago (MI)

Martedì 8
·Carl Palmer Roma
·Aldo Tagliapietra Factory (Milano)

Mercoledì 9
·Shadow Gallery Live ClubTrezzo s/Adda (MI)
·Carl Palmer Napoli

Giovedì 10
·Altare Thotemico Bologna
·Shadow Gallery Teatro Cesare Traù Ancona

Venerdì 11
·Beggar's Farm Alessandria
·Locanda delle Fate Muddy Waters Calvari (GE)
·Roccaforte Meridiana (AT)
·Carl Palmer Milano
·Sonata Islands Kommandoh a Lainate (MI)
·Dusk e-B@nd Pieve di Cadore (BL)

Sabato 12
·Carl Palmer Trofarello (TO)
·Quanah Parker Moving Records-Libreria Lovat, Villorba (TV)



·Slivovitz Dejà Vu Pozzuoli

Domenica 13
·Fates Warning Circolo Colony Brescia

Martedì 15
·Progressivamente Festival Roma

 Mercoledì 16
·Progressivamente Festival Roma
·Ozric Tentacles Ciampino (Roma)

Giovedì 17
·Progressivamente Festival Roma
·Empirical Time Padova

Venerdì 18
·Progressivamente Festival Roma
·Ozric Tentacles Mezzago (MB)
·Aelian Gattorna (GE)
·Wake Arkane Live Trezzo sull'Adda

Sabato 19
·Progressivamente Festival Roma
·Banco Mosciano S. Angelo (TE)
·Tempio delle Clessidre Genova
·Ozric Tentacles Pordenone
·Inter Nos Palazzolo dello Stella (UD)
·Dancing Knights Lizzano in B. (BO)
·Dusk e-B@nd Quarto d'Altino (VE)
·Ego Red Zone Luino (VA)
·Locanda delle Fate Settimo Tor. (TO)
·Damo Suzuki Network Vigonovo (VE)
·Napoli Centrale Roma
·Sandcastle Edonè Bergamo

Domenica 20
·Improgressive Villa Litta Lainate (MI)

Martedì 22
·Orphaned Land Traffic Roma

Mercoledì 23
·Acid Mothers Temple Roma
·Orphaned Land Romagnano Sesia (NO)
·Fish Pratteln (Svizzera)

Giovedì 24
·Acid Mothers Temple Salerno
·Anneke Van Giersbergen Salumeria della musica Milano
·Beardfish Aarau (Svizzera)
Venerdì 25
·Alex Carpani Casa di Alex Milano
·Simon Phillips Ascoli Piceno
·Acid Mothers Temple S. Vito Leg. (VI)
·Sycamore Age Bologna
·Leprous Theatre Club Rozzano (MI)
·Mike Stern Cormons (GO)
·Feeling of Love Roma
·Slivovitz Benevento

Sabato 26
·Alex Carpani S. Giovanni in Pers. (BO)
·Simon Phillips Roma
·The Magical Box Medesano (PR)
·PFM Porto Sant'Elpidio (FM)
·Empirical Time Roana (VI)

Domenica 27
·Simon Phillips Prato
·Anathema Salerno
·Leprous + Thought Machine Calvari (GE)
Lunedì 28
·Simon Phillips Milano
·Anathema Bologna

Martedì 29
·Simon Phillips Montebelluna (TV)
·Anathema Moncalieri (TO)
·Karnivool Tunnel Milano

Mercoledì 30
·Fish Rubigen Svizzera
Giovedì 31
·Simon Phillips Udine