Progressive Rock&Metal ma anche una panoramica su Jazz, Blues, Folk, Hard&Heavy, Psichedelia, Avanguardia, Alternative, Post Punk, Dark Rock.
Un blog sulle sfumature della Musica.
È sempre un piacere
ritrovare gli Ivory, band di cui ci siamo spesso occupati da queste pagine e
che ha da poco pubblicato questo Alien nation, un lavoro fresco e
brillante sotto tutti i punti di vista. Melodie al limite dell’A.O.R., pulsioni
progressive, hard & heavy raffinato, il tutto combinato con esperienza da
un gruppo in giro da fine anni ’90 e che nell’ultimo periodo ha trovato una
propria continuità artistica e di line up. L’arrivo di Davide Dell’Orto, voce storica
dei Drakkar, con cui i torinesi hanno già pubblicato il precedente ep A
social desease, completa la formazione composta da Salvo Vecchio
(chitarra), Luca Bernazzi (basso) e Claudio Rostagno (batteria), che anche per
il recente album si è affidata all’Underground Symphony Records (da citare
anche la partecipazione di Antony Elia alle tastiere). Lungo i 9 brani di Alien
nation è possibile scorrere l’amore per band come Mr. Big, Eldritch, The
Winery Dogs ed Elegy, il tutto filtrato sotto un’ottica maggiormente prog
rispetto al recente passato, che fanno di Alien nation un album
ambizioso e di notevole fattura, composto con grandissima cura e tanta
passione. (Luigi Cattaneo)
Intrigante ep per i The
Bowers (Charita Kamburugamuwa voce, Matteo Campana chitarra, Alessandra Biundo
basso, Valentino Marchegiani batteria), band dedita ad un’indie rock novantiano
fatto di sostanza e passione. Le buone trame e le scelte di arrangiamento,
combinate alla cura per il songwriting, mostrano un quartetto attento al
dettaglio, con testi che sanno essere introspettivi ma anche legati a storie di
vita. Quanto basta è il brillante inizio del disco, Vuoti pare
guardare al grunge, ma probabilmente sono le diverse sfaccettature di Pieno
mezzo vuoto chelasciano intravedere le varie anime di cui è
composto. Così si sviluppano i profondi racconti di Nebbia e Mario
Livore Bros, prima dell’energia punk di Donna fugata e della
conclusiva 4 giugno, chiusura di un disco tanto breve quanto piacevole. (Luigi Cattaneo)
L’era dell’acquario e la
nota fondamentale è l’esordio degli Aquarius (Davide
Ciarletta chitarra e voce, Marco Bordini sintetizzatori, Raffaello Crespi batteria
e Gabriele Cucco basso), un lavoro che si presenta da subito godibile, con la
doppietta formata da Varco per l’armonia e Anahata, in cui la
forma canzone trova al suo interno soluzioni particolari e di grande impatto.
I
40 minuti del disco scorrono molto piacevoli, segno della capacità di scrittura
dei legnanesi, che si muovono lungo coordinate progressive rimanendo però
ancorati al rock tout court, senza proporre quindi partiture legate al classico
prog settantiano. Ne sono esempio momenti come Frequenze alte o Salto
cosmico, pezzi energici, funkeggianti ma anche psichedelici, posti a metà album
trasportano l’ascoltatore nell’onirico concept proposto. Il percorso evolutivo
dell’uomo verso il ricongiungimento con la propria anima, attraverso l’era dell’acquario,
prosegue con Osservando il sole e Il flusso delle onde, che
testimoniano il crossover dei milanesi, che non nascondono l’amore per Pink
Floyd, Tame Impala e U2. Libertà libertà è l’inno che chiude un primo
passo estremamente interessante. (Luigi Cattaneo)
Attivi dal 2018, i
Turangalila sono un quartetto formato da Michele De Luisi (basso, bouzouki,
chitarra, violino, viola, sintetizzatore), Antonio Maffei (chitarra, elettronica),
Giovanni Solazzo (batteria, percussioni) e Costantino Temerario (chitarra), artefice
di un suono potente, viscerale e immaginifico, tanto che l’inizio della
carriera li vede impegnati nella sonorizzazione del film muto Il Gabinetto
del Dottor Caligari. Dopo Cargo Cult del 2021 è ora la volta di Lazarus
Taxa, altro lavoro affascinante e profondo, registrato insieme a Gianluca
Di Fonzo (sax) e Michele Murgolo (violoncello), che con i loro interventi colorano
il già ricco piatto proposto dai baresi. Noise, doom e psichedelia si fondono
all’interno di un complesso elaborato, sognante e denso, maggiormente ricercato
e più ampio rispetto al recente passato, segno della crescita compositiva ed
evolutiva di una band che ha tutto per emergere netta dall’italico underground.
(Luigi Cattaneo)
Uscito lo scorso anno, Alexithymia
è il nuovo disco di Vittorio Solimene, pianista romano (ma di origini
napoletane) che già aveva fatto parlare di sé per il precedente Urlo Piano.
Accompagnato dagli ottimi Lorenzo Simoni (sax), Alessandro Bintzios
(contrabbasso) e Michele Santoleri (batteria), Solimene firma un album formato
solo da brani originali, mostrando una verve creativa non indifferente, che si
traduce in uno spettro sonoro dagli allargati orizzonti, dove troviamo sì i
classici elementi jazz ma anche una vena cameristica non usuale, aspetto che marchia
la natura del progetto. Basti ascoltare brani variopinti come And the sun
rises e Invisible walls, ma anche gli evocativi soffi poetici di Roots
and wings e The old man in Estella per comprendere la portata di Alexithymia
(che per l’appunto in greco significa emozioni senza parole). Si sviluppano
così sensazioni lontane, ricordi, anche sfumati, ma vivi, un approccio
concettuale puro, in cui il quartetto si esprime come essere unico, una
sintassi resasi tale attraverso un lavoro collettivo, spirito guida di un’opera
che è viaggio e visione, paesaggi che abbagliano e incontri che definiscono
esperienze. Solo così Solimene arriva a comunicare direttamente con chi
ascolta, definendo Alexithyma per quello che è, un lavoro autentico e immaginifico.
(Luigi Cattaneo)
La scalata di una montagna ricoperta di opali, pietre preziose che in natura possono presentare una moltitudine di colori, a partire dal nero fino all'azzurro cielo.
Se l'inizio dell'arrampicata si svolge su sentieri scuri e cupi, man mano che si risale il dorso della montagna le tonalità schiariscono, fino ad arrivare alla cima luminosa, ariosa e iridescente che ci regala una vista maestosa.
Interpretabile anche come metafora sulla vita, su come i primi passi siano sempre i più spaventosi ma avanzando ci si renda sempre più conto di quanto ne vale la pena: questa è Opal, il nuovo singolo dei Venghanza.
Il brano, progressive metal strumentale con sfumature post rock, è stato composto ed eseguito in studio dai tre membri attuali della band, con la partecipazione alla tastiere di Pietro Visibelli per la composizione e di Giacomo Pieri per l'esecuzione in studio; registrato, mixato e masterizzato negli studi Cantine di Badia da Giovanni Sala.
Opal è ora disponibile con visualizer ufficiale e su tutti gli store digitali.
Il progetto Venghanza nasce nel 2020 da Gabriele Castiglia e Leonardo Donnini, che già in passato avevano preso parte ad altri progetti assieme, e David Guercini, sostituito da Leonardo Tanzini dal settembre 2022.
La composizione dei primi brani prog e post-rock, sviluppata dai tre componenti originari, comprende sonorità moderne ed elementi orchestrali, orientali ed elettronici.
Il primo album Motion, pubblicato ad aprile 2023, si avvale della collaborazione di vari musicisti italiani per aggiungere sonorità classiche ed etniche ed è stato anticipato dal singolo Turning Eagerness.
Line up attuale:
Gabriele Castiglia (chitarra, tastiere, synth): classe '75, ha militato in diverse band già dai primi anni 90 spaziando dallo stoner/psych fino al death metal, tra cui i Coram Lethe per qualche mese. Ha conseguito attestato di primo e secondo livello alla scuola di musica Lizard.
Leonardo Donnini (batteria, piano, tastiere): classe '93, a cinque anni inizia a prendere lezioni di batteria e a dieci di pianoforte. Ha fatto parte di diversi progetti inediti, tra cui gli Hot Rats, e come turnista temporaneo per i Mustang Mama Blues Band.
Leonardo Tanzini (basso): classe 2000, si avvicina alla musica studiando batteria da bambino per poi dedicarsi al basso. Ha militato in diversi progetti inediti tra cui SuonaMo.
Al momento la band sta lavorando su materiale nuovo; per aggiornamenti seguite i social:
Ritorno davvero molto
gradevole per The Danse Society, band attiva da inizio anni ’80 che Paul Nash
(chitarra), unico membro presente dall’inizio dell’avventura, ha riformato con
Maethelyiah (voce), Jack Cooper (basso), Dylan Riley (batteria) e Steve
Dickinson (tastiere). La new wave degli inglesi in questo nuovo The loop appare
ispirata, con rimandi a sonorità goth e dark ma anche fraseggi in odore di
progressive, probabilmente una novità per il sound del quintetto, percepibile
soprattutto quando la partitura diviene prettamente strumentale. Le iniziali Divided
to the end e The lies vengono arricchite dai giochi dei fiati di
Murray Robinson al sax e Sam Wrigley alla tromba, The sound and the fury ha
invece le stigmate del classico brano post punk, perfetto da suonare in sede
live. La title track è un ottimo momento strumentale, definito anche dalla
presenza di Marcjanna Slodczyk al violino e Felicity Lloyd al violoncello, mentre
i fiati, sin qui molto importanti nell’economia complessiva, risaltano anche If
you were only listening. Si prosegue con l’incalzante Algorithm control,
prima dell’ottantiana Shake Shake e del drammatico finale di Undone,
che si muove tra strumenti a fiato e ad arco con una consapevolezza che profuma
di autorità e magnetismo. (Luigi Cattaneo)
Secondo lavoro per i
Coffee & Flowers (Gianluca Niccoli voce, pianoforte, tastiere, Alessandro
Moschini chitarra, basso, percussioni, balalaika, voce recitante, in passato
con G.L.A.S. e H.A.R.E.M.), dopo l’acerbo esordio Capatosta il duo torna
con un disco più maturo e meglio composto, un concept che racconta una storia
di reincarnazione. Ricalco parte da questi presupposti, con una
narrazione maggiormente interessante rispetto al primo episodio, complice anche
una vena legata sì al cantautorato ma che non disdegna passaggi in odore di
progressive, soprattutto quando interviene lo spoken di Moschini, che
tratteggia gli attimi più immaginifici della trama. Certo in alcuni brani si
percepisce l’assenza di sviluppi sonori adeguati allo sforzo espositivo messo
in campo, aspetto su cui si può lavorare per il futuro, soprattutto alla luce
di questo album, che dimostra come il duo toscano abbia idee e voglia di
trasformarle in qualcosa di compiuto. (Luigi Cattaneo)
Registrato durante uno
spettacolo dal vivo del gennaio 2023 al teatro Magda Olivero di Saluzzo, La
chiara presenza (Lizard Records) vede la collaborazione tra Airportman e
Stefano Giaccone (Tony Buddendbrook, già artefice del progetto Franti),
coadiuvati da una serie di musicisti che hanno preso parte alla serata divisa
in due tempi (Overture-Le cose diverse rimangono e Le stesse cose
ritornano, quest’ultimo album del 1998 proprio di Buddenbrook, nome femminile
mutuato da un romanzo di Thomas Mann). Canzone d’autore, ricerca e folk si
mescolano con classe all’interno di un lavoro splendido, emozionale e sincero,
resoconto di una serata evento che riannoda i fili con il passato di Giaccone,
che proprio nel 1998, dopo la pubblicazione del suo esordio, emigrò in Gran
Bretagna. Allo stato attuale tra i dischi più significativi, per qualità e
pathos complessivo, da me ascoltati in questa prima parte di anno. (Luigi
Cattaneo)
È sempre un piacere ritrovare
l’estro di Lidio Chericoni, in arte Shiva Bakta, qui alle prese con il suo
terzo lavoro, 6/4 of love, uscito ormai nel 2022. Ma la musica non ha
data di scadenza e così mi sono avvicinato con una certa curiosità a questo
album, dopo il precedente Save me, formato da una suite di 40 minuti
circa. La personale visione del pop dell’autore trova conferma in un disco più
immediato ma non per questo banale, anzi, perché ci troviamo dinnanzi ad un’opera
curatissima in ogni dettaglio, variegata e arrangiata in maniera certosina,
raffinata e nobile, perché quando si riescono a creare brani così maturi, pur
restando nell’ambito della forma canzone di facile presa, non si può che
rendere omaggio alle intenzioni. La stravaganza di Shiva e il suo eclettismo emergono
in brani come She’s an alien, venata di bizzarro indie folk, Half an
hour, con la sua dose di malinconia e la title track, che con i suoi nove
minuti di durata ci riporta alle atmosfere psichedeliche di Save me. Per
acquistare o ascoltare il lavoro potete visitare la pagina https://shivabakta.bandcamp.com/album/6-4-of-love
(Luigi Cattaneo)
Secondo lavoro per
Tommaso Varisco, che con These gloves mostra una certa crescita di
scrittura e personalità, un disco molto curato, dalle atmosfere invernali (come
suggerisce il nordico artwork), intimiste e dai tratti malinconici, pacato ma
deciso, pregno di sfumature e arrangiato con grande maestria. Insieme a Tommaso
(voce, chitarra acustica, harmonica) troviamo una serie di musicisti perfetti
per interpretare le idee del veneto, che già dalle prime tracce denota una
crescita complessiva non indifferente rispetto al recente passato. Il gusto di Song
of joy, impreziosita dall’organo di Stella Burns (Gianluca Maria Sorace, che troviamo impegnato anche alla chitarra e al piano), Kittila e la title track che vengono
invece elevate dal violoncello di Linda Varagnolo, mentre Andrea Sambo
orchestra e suona il piano in Every moment has its colour, ma è l’intero
lavoro ad esaltare il collettivo, completato dalle performance di Luca Swanz
Andriolo del progetto Dead Cat in a Bag (chitarra, e-bow, banjio), Lorenzo
Mazzilli (basso, batteria), Matteo Dall’Aglio (batteria, shaker), Alessandro
Arcuri (basso fretless), Linda Nordio (voce) e Tin Sky (voce). Folk americano composto con sapienza e ricco di splendide suggestioni, che trovano
nella voce di Tommaso un canale preferenziale per raccontare con intensità la
natura finlandese e le sue mille declinazioni. (Luigi Cattaneo)
Uscito nel 2022, Nebula
segnava il ritorno del progetto Pulsar, valido esempio di ambient
elettronico sviluppato attorno a piano, sintetizzatori e batteria. L’ambizioso
lavoro di Leonardo Pucci (già batterista degli Espada e dei Danny Mellow) parte
subito forte con un trittico fortemente elettronico (Helium, che vede la
presenza di Laura Agnusdei al sax, Hydrogen e Dust) e legato al tema
dello Spazio e del viaggio all’interno di una nebulosa, mentre altri momenti
del disco nascono dall’utilizzo di strumenti acustici, che condizionano la cura
melodica insita in certi evocativi passaggi. Non mancano i riferimenti ad
artisti come Olafur Arnalds e Nils Frahm, ma è la personalità di Pucci a creare
suggestioni tenui e avvolgenti, merito anche di una scrittura che prevede l’uso
del piano acustico e del sax. Elettronica sì ma non solo, perché in Nebula convivono
anche psichedelia, post, classica contemporanea e in parte Kosmische Musik, ed
è proprio la title track uno degli esempi maggiormente calzanti, registrata con
un piano preparato con una campanella di ottone, chitarra suonata con l’archetto,
synth, il sax e l’harmonium. Distant waves apre la seconda parte dell’album
in modo ipnotico, una carica immaginifica che sfocia nella seguente Floating
clouds (di nuovo con la Agnusdei), un trip spaziale che prosegue con All
of a sudden e termina con la memorabile Forgotten wind, ottima
chiusura di un’opera coraggiosa e significativa. (Luigi Cattaneo)
Uscito nel 2020, Capatosta
è il primo lavoro del duo acustico Coffee & Flowers (Gianluca Niccoli
voce, piano, Alessandro Moschini chitarra, basso, balalaika). L’album oscilla
tra pop e cantautorato venato di jazz, un disco che vive di momenti gradevoli
alternati a qualche caduta di tono evidente. When you fall in love è un
discreto inizio, complice anche il piacevole inserimento nel tessuto di Melany
Sax (al sax per l’appunto), mentre Vivere senza te è un brano pop
piuttosto piatto, prima della breve strumentale Windy night e di Sun
and wind, buon pezzo dal sapore folk. Peccato che Cenere torni a
battere territori pop stereotipati, funziona meglio Notte di strada, ma le
cose più interessanti vengono lasciate al trittico finale formato da Broken
voice (di nuovo con Melany Sax), Wild sage (dove troviamo anche la
voce di Carmela Fiorello) e Castles in the air, tenue conclusione di un
esordio acerbo ma con intuizioni e idee da sviluppare maggiormente. (Luigi
Cattaneo)
Nati a Prato nel 2013, i
Tanks and Tears (Matteo Cecchi synth, voce, Claudio Pinellini chitarra, synth,
Francesco Ciulli batteria, Lorenzo Cantini tastiere, synth) ritornano sul
mercato con un full dopo sette anni dall’esordio Aware. Il nuovo Timewave
sposta il sound del quartetto dal post punk di matrice britannica ad una
cupa darkwave fatta di synth ed elettronica, aspetto che aveva già
contraddistinto il maxi-singolo Nightmare, pubblicato sul finire del
2022. Lo scorrere del tempo e la ciclicità degli eventi fanno da sfondo ad un
lavoro vigoroso, marziale e oscuro, che guarda con consapevolezza agli anni ’80
del genere (Cabaret Voltaire, Clock DVA, Joy Division), tra ritmiche d’impatto,
sintetizzatori che donano una certa plumbea atmosfera all’insieme e la chitarra
di Pinellini a disegnare traiettorie in pieno stile post punk, mentre a
corollario troviamo temi come l’autoisolamento e la depressione, esposti in
maniera lucida e determinata. Ne sono esempio la title track, tipicamente
ottantiana nel suo incedere, Darkside, cupa ma al contempo catchy, Haze
of lies, distorta e dai tratti epici e S.O.F.T., omaggio darkwave
brillante e fresco, nonché chiusura di un ritorno coinvolgente e suggestivo.
(Luigi Cattaneo)
Ho incontrato
recentemente Vitantonio Gasparro parlando dell’ultimo lavoro di un altro
talento della Gleam Records, Worlds beyond di Antonello Losacco, un
disco che mi ha permesso di approcciarmi a questo Introducing conoscendo
in parte lo stile del vibrafonista. Ovviamente trattandosi di un album proprio
ci sono delle differenze con l’opera sopra citata, ma la scelta di appoggiarsi
ad una sezione ritmica (Giuseppe Venezia al contrabbasso, Giovanni
Scasciamacchia alla batteria) pone le due uscite vicine almeno empaticamente. Gasparro
insegue una sua visione, e se è normale scorgere qualche riferimento a mostri
sacri come Lionel Hampton, Milt Jackson e Gary McFarland, è anche facile apprezzare
le idee e le soluzioni personali di Introducing, che vengono sviluppate
con gusto ed eleganza. Il carattere introduttivo di Interferenze apre le
porte di Groove it in your bag, che mostra le prime interessanti
evoluzioni ritmiche, su cui si destreggia agile Gasparro. L’atmosfera muta
nella seguente Without a sun, si fa carica di attesa sulle note
ragionate del contrabbasso, che dialoga con il vibrafono prima di un crescendo
immaginifico fantasioso e creativo. Non sono affatto da meno Pigro e Rob’s
trouble, strutturate e compatte, approcciano con intelligenza e cura
fraseggi intensi e mai banali. Dancing wanderers risulta invece
variopinta nel suo incedere sinuoso, mentre ci catapulta in un jazz club anni ‘30
Darn that dream, che omaggia il pianista americano Jimmy Van Heusen. La riproposizione
alternativa di Rob’s trouble chiude un esordio raffinato e suggestivo.
(Luigi Cattaneo)
Chi si era innamorato
delle sonorità di Earthly paradise, esordio del 2020 degli Anandammide,
progetto di Michele Moschini (voce, chitarra, organo, synth, batteria), non
potrà che rimanere ancora affascinato dall’incontro tutto settantiano tra folk,
psichedelia e progressive, marchio di fabbrica anche del nuovo Eura. Registrato
con musicisti provenienti da più parti d’Europa (Pascal Vernin basso, Lelio
Mulas basso, Stella Ramsden violino, Audrey Moreau flauto, Lisa Isaksson voce,
Sebastien Grignon violoncello, Lorenzo Castigliego chitarra), l’album mantiene
istanze acustiche morbide e soavi, un viaggio intimo, quasi sussurrato, introspettivo
e catartico, giocato spesso sugli interventi del flauto e degli strumenti ad
arco, che donano ancora maggiore consistenza ad un’opera veramente molto
riuscita.
L’iniziale Carmilla apre in maniera molto delicata Eura,
che prosegue con A song of greed, introdotta da un synth molto anni ’70,
si muove tra arpeggi acustici e parti folk in cui emerge il lavoro raffinato
degli archi, oltre che la vocalità della Isaksson. La trama non muta con Post-Atomic
Reverie, malinconica e tenue, prima di Phantom limb, brillante
traccia psych folk, e I am a flower, che chiude con molto garbo il lato
A del disco. La title track introduce la seconda parte, dove ritroviamo
nuovamente la Isaksson, perfetta in questo brano dal sapore più progressivo,
mentre The orange flood, con i suoi 7 minuti, presenta in maniera
decisa diverse caratteristiche del suono targato Anandammide. Lullaby N.11 è
puro folk, Dream N.1 replica l’andamento lieve ed elegante, The
anchorite è l’ottimo finale di un ritorno corposo e ricco di suggestioni.
(Luigi Cattaneo)
RatingUrli: il terzo videoclip “Lo zoo dei pensieri miei”
Il 6 giugno è uscito il nuovo videoclip tratto dall’album d’esordio del duo
“Ho scavato la fossa
Luna piena di spritz
Sto a pezzi di cuore
Nuota affoga nel drink”
27 maggio 2024 _ Celebrare il primo compleanno con un video che riversa sullo schermo quello che è il fil rouge degli otto brani che compongono il primo album del progetto musicale RatingUrli: le relazioni.
Definito da Rockit “un lavoro diretto ma multiforme, di rapimento immediato ma ontologicamente complesso”, l’album, prodotto da Tomato Music Lab e distribuito da DistroKid, ad un anno di vita festeggia con questo videoclip, in uscita il 6 giugno.
Tre minuti e sedici secondi di pulsazioni dark-industrial sporcate e poi centrifugate, che conservano tratti oscuramente psichedelici.
In scena un teatrino dai colori pastello edulcora l’aspetto informe e decadente di animali alieni e onirici che si incontrano e si scontrano. Una sorta di inquietante ricreazione, in questo parco giochi angusto e sadico che è la nostra mente, dove si ricorda e ci si confonde, sperimentando salti e cadute, amore, rabbia, sconforto e nostalgia.
Lo zoo dei pensieri miei, terzo videoclip del duo RatingUrli, prodotto da Pigs&Rats Movies, uscirà su tutti i canali web ufficiali della band giovedì 6 giugno 2024 alle ore 12.
RatingUrli è il nome del progetto musicale al cui interno prendono voce Alan Grime e La Ny. Provenienti da trascorsi musicali e artistici vari, entrambi con la passione per l’arte visiva e le arti performative, nelle quali hanno fondato le loro professioni, si incontrano nell’estate del 2021 per dar vita ad un progetto sfaccettato, che si radica in un background punk noise anni ‘90, per diramarsi in sonorità elettroniche e industrial dal tono cupo e dai testi onirici.
Sul palco, le sonorità graffianti e potenti, si mescolano a gesti teatrali e proiezioni di videoarte realizzate dagli stessi artisti, per dare vita ad un’esperienza coinvolgente a 360°.
Un'arpa tra le antenne del Monte Giogo e una chiamata spirituale dallo spazio: è The Callling, il nuovo singolo di Arthuan Rebis, uscito il 6 giugno 2024 e accompagnato da Shades of Yggdrasill.
The Calling, scritto da Alessandro Cucurnia, in arteArthuan Rebis, vede la partecipazione del percussionistaTimer Shinee dell’artista lituanoMr Jumbo.
La “Chiamata degli Dèi” è un invito a forgiare la mente compassionevole, e questi dèi sono soprattutto le potenzialità della mente dell’illuminazione, presenti in ogni essere, e rappresentate nel videoclip da uno Stupa buddhista in miniatura, che appare nella ex base Nato sulle alture del Monte Giogo in Lunigiana. In questo luogo, durante la Guerra Fredda, sono stati trasmessi i primi segnali di internet. Internet, che oggi diamo per scontato, nei secoli passati sarebbe stato inteso come “magia”, ma più di milleduecento anni fa in Tibet già si nascondevano i testi sacri non solo nei luoghi impervi, ma anche nei campi immateriali dell’etere/mente, sapendo che in futuro sarebbero stati riscoperti dai Terton, coloro karmicamente destinati. Adesso le antenne del Monte Giogo, creativamente bonificate, hanno inviato e ricevuto simbolicamente messaggi di contemplazione della natura ultima della mente, della “Mahamudra”, così detta dai tibetani; mente che spoglia da ogni barriera, manifesta spontaneamente solo qualità positive.
Il video, dai tratti lievemente “lynchiani”, è stato realizzato dalla videomaker Maddalena Andreoli, ed è nato da un’idea di Timer Shine (Nicola Caleo) e di Arthuan, i quali hanno anche prodotto il brano assieme all’artista lituano Mr Jumbo. La musica comprende un cantato in inglese, avvolto da pads, percussioni elettroniche e metalliche, tamburi sciamanici, tablas, arpa celtica e nyckelharpa. Il sound unisce quindi stili arcaici e futuristici, una nuova wave, celtica e spirituale, che nel finale omaggia ritmicamente e armonicamente persino il Bowie di Little Wonder.
Shades of Yggdrasill è invece un brano più morbido e celtico, prosecuzione dei sentieri tracciati dall’arpista e cantanteAlan Stivell.
Nel mese di maggio 2024 è uscito un altro singolo di Arthuan Rebis ft. Timer Shine: Ethereon: una canzone epica dai tratti nordici, con tecniche canore gutturali simili a quelle della Mongolia, che anticipa la continuazione del romanzo fantasy e musicale di Arthuan Helughèa – Il Racconto di una Stella Foglia, pubblicato da Eterea Edizioni nel 2023.
Nei prossimi mesi, Arthuan e Timer Shine saranno in tour per l’Italia e l’Europa, sia con la formazione Arthuan Rebis Duo che con il gruppo neomedieval pagan folk In Vino Veritas. Le date sono disponibili nel sito dell’artista: www.arthuanrebis.com
Secondo album dal titolo
piuttosto esemplificativo per gli Autoradio, che con Ultrapop firmano un
lavoro leggero ma variopinto, brillante, accattivante e suonato con cura. Gli spunti
prettamente pop ovviamente non mancano, ma vengono amalgamati all’interno di un
contesto dove vivono retaggi cantautorali e pop rock, basti ascoltare Bomba
in casa, Franco, Benvenuti a tutti o Io ti comprerei, ricchi
di ironia e verve. Le ottime armonie vocali di Ultrapop sostengono un
album immediato ma non banale, gradevole nei dettagli posti, sia quando i
piemontesi propongono composizioni maggiormente vivaci, sia quando si
cimentano, con gusto, in ballate dal sapore romantico. Tutto il disco si
caratterizza comunque per una certa solarità di fondo, che rende i pezzi
godibili e creativi, proprio come ci spiega il quintetto. L’album raccoglie
gli ultimi anni del nostro percorso musicale. Ogni traccia ha una propria
storia ed è un pezzo del puzzle. Abbiamo lavorato su tutte le canzoni durante i
concerti prima ancora di inciderle, e volevamo che l’intesa e l’energia del
palco si riflettessero nel disco. Il risultato è un album vivace dove non
mancano tuffi nel profondo e slanci di leggerezza. Ultrapop è disponibile
per l’ascolto e l’acquisto al seguente link https://open.spotify.com/intl-it/album/6UpRICDi0LdaOe820ViRcG
. (Luigi Cattaneo)
Gran bel ritorno per i
Faveravola, band formata addirittura da otto elementi (Giancarlo Nicorelli
tastiere, voce narrante, Adriano Durighetto basso, Paolo Coltro batteria,
Alessandro Secchi voce, Consuelo Marcon violino, Gianluca Tassi chitarra
elettrica, Renato Bettello flauto, sax soprano, Flavio Miotto chitarra
acustica) che con il nuovo Castrum Zumellarum conferma l’amore per atmosfere
fiabesche, già emerse nel precedente La contea dei cento castagni del
lontano 2006. Sono passati quasi 20 anni dal disco d’esordio, ma la voglia di
cimentarsi con un concept di matrice medievale persiste, trasportandoci con
enfasi nel castello di Zumelle (si trova in provincia di Belluno) per farci
conoscere la storia d’amore tra il cavaliere Murcimiro e Atleta, protagonisti
di un lavoro a cavallo tra opera rock progressiva e folk. Le Orme, Branduardi,
Il Castello di Atlante, influenze e connessioni che ritroviamo in brani come Il
rapimento, L’amore conquistato con la spada o Canto d’amore di un
menestrello, tra umori prog rock ed evocative partiture in cui divengono
fondamentali gli intarsi di Miotto, Marcon e Bettello, preziosi nel loro
arricchire di pathos la già emozionante proposta di Nicorelli (autore del
gruppo) e soci. Un plauso va anche a Bianca Luna per i suoi interventi vocali,
al Coro Sant’Anselmo (presente in Anno Domini DXXXV) e a Loris Furlan,
in questo caso non solo titolare della Lizard Records ma anche direttore
artistico del progetto e curatore degli arrangiamenti (insieme a tutti i
Faveravola). (Luigi Cattaneo)
Nati nel 2018, i The
Shakin’ Apes (Pierpaolo Sanna voce, Antonio Cocco batteria, Gavino Corrias
basso, contrabbasso, Salvatore Luzzu chitarra) ci propongono una gradevole
mistura di rockabilly e country, e, dopo l’ep omonimo del 2019, arriva ora Animal
farm, 20 minuti dove lo spirito r’n’r del progetto pervade lo stralunato racconto.
Abbiamo immaginato il concept di Animal farm ambientato in un saloon
fattoria, come si potrà dedurre già dalla copertina dell’album. I protagonisti
sono tutti compagni di scorribande di Marty, la nostra mascotte già annunciata
nel precedente ep. Anch’essi sono animali con caratteristiche umane: il lupo
allupato e ossessionato dalla gatta, il cavallo pazzo, il gallo ubriacone
sciupa galline, il vile coniglio, la gatta ammiccante dalla camminata
provocante. È uno spaccato di un qualunque locale o saloon, una vera e propria
fattoria degli animali in cui Marty si immerge perfettamente. È con queste
parole che i sardi firmano un disco perfetto per la resa live, una
caratteristica che non fa venire meno la dote di scrivere composizioni curate,
dalla bluesy The wolf al vivace r’n’r di Easy to tell, passando
per le sonorità country di The drunk rooster e quelle swingate di The
way you move, piacevoli episodi di un ritorno curioso e brillante. (Luigi
Cattaneo)
Piacevole lavoro per
Linda Gambino, dotata cantante che con Unexpected, prodotto da Filibusta
Records e distribuito da IRD, attraversa epoche del jazz mostrando
consapevolezza e mezzi, sostenuta da Andrea Zacchia (chitarra, ex Bridgend),
Giordano Panizza (contrabbasso) e Maurizio De Angelis (batteria). Un disco
breve e intriso di classicità, tra standard e originali che scorrono veloci e
gradevoli, forse senza l’effetto sorpresa, ma lasciando intravedere come il
progetto possa avere in futuro sviluppi eventuali. Si susseguono brani freschi
e vitali, It wasn’t love (scritta dalla Gambino con Zacchia), Honeysuckle
rose di Fats Waller e Taking a chance on love di Vernon Duke tra i
più interessanti, mostrano un certo affiatamento del quartetto, che ha spesso creato
un’atmosfera da jazz club anni ’40, attraverso trame che parlano di speranza e
resilienza. Un album delizioso nel suo portare avanti con forza e fascino un
jazz fieramente vintage ma non per questo banale e scontato. (Luigi Cattaneo)
Ep omonimo per gli
Oudeziel (Artur Wolski chitarra, basso, synth, loop, Jaroslaw Bielawski, batteria,
percussioni), band nata dalle ceneri degli Obrasqi, che qui presentano un
lavoro già uscito nel 2023 ma rimasterizzato con l’aggiunta di un inedito, Flight,
e una nuova versione di Reis. Binner
delicata e malinconica, apre in maniera ottimale il breve album, seguita da
un altrettanto tenue Jeremy, prima di Flight, che mostra la
grande capacità del duo di creare brani fortemente atmosferici e filmici. Chiude
l’ep Reis, che conferma l’amore del gruppo per strutture che uniscono post,
progressive, psichedelia e dream pop, un blend raffinato ed elegante che fa ben
sperare per il futuro dei polacchi. (Luigi Cattaneo)
Hard rock potente, luminoso e contaminato per il nuovo singolo di Diego Ribechini Origami
CAMBIARE LA PROPRIA VITA ABBRACCIANDO UNA PROSPETTIVA POSITIVA
Origami, il nuovo atteso singolo di Diego Ribechini, è un vero e proprio inno alla rinascita e alla libertà creativa. Con parole intense e melodie coinvolgenti, il brano cattura l'essenza della volontà di cambiare la propria vita, abbracciando una prospettiva nuova e positiva.
Il testo di Origami nasce dall'esigenza di ribellarsi ad un mondo sempre più incline a relegarci in categorie prestabilite, trattandoci come meri prodotti anziché come artisti e esseri umani unici. In un'epoca dominata dal consumismo sfrenato, concetti come amore e rispetto spesso diventano astratti, ma sono proprio quelli a cui dobbiamo aggrapparci se vogliamo rigenerarci e trovare la nostra felicità autentica.
Con la sua potente combinazione di musica e testi, Origamiinvita così l'ascoltatore a riflettere sulla propria esistenza e a trovare la forza per riaffermare la propria individualità e creatività. È un richiamo alla libertà di essere sé stessi, senza lasciarsi ingabbiare dalle convenzioni della società moderna.
Diego Ribechini nasce a Volterra il 2 Maggio 1978 e durante il suo percorso artistico ha avuto modo di spaziare in varie aree e generi musicali.
I suoi inizi sono con la band rock prog italiana Quintessenza, con i quali compone tre album ed un Ep e grazie ai quali inizia a farsi le ossa nell’intensa attività live del gruppo.
Con curiosità e passione si approccia al mondo del teatro, in particolare di quello musicale ed inizia a lavorare a diversi progetti che lo porteranno alla scrittura di alcuni libretti di musical tra i quali Draculea (vincitore di due premi nazionali nel 2007), Edward e Georgie il musical. Pubblica anche due libri di poesie editi da Leone Editore e nel frattempo fonda una nuova band, gli Stoned Dogs, con i quali esce con l’album autoprodotto Randagio.
Proprio quest’ultima band è il trampolino di lancio verso la carriera solista che lo vede pubblicare due album DR40 e Autofagia.
Attualmente sta lavorando ad un nuovo libro di poesie e sulla stesura di un nuovo libretto per un musical incentrato sulla storia di Giovanna D’Arco, oltre a preparare i futuri live che seguiranno l’uscita del nuovo disco nel prossimo inverno.
Origami è stata pubblicata con Sorry Mom l'11 maggio.
Nuovo ep per i veterani Last Rites (Dave
Arri chitarra e voce, Paolo Montaldi chitarra, Federico Pirola basso), band
nata nel lontano 1997 e da sempre fiera interprete di un sound a cavallo tra thrash,
death e black metal. Non fa eccezione il nuovo Beyond the abyss of thought,
che sin dall’iniziale Prelude, God is dead, mette in mostra come si
possa suonare estremi senza dimenticare di innestare dosi di melodia calibrate
e assolutamente godibili. I liguri pongono uno sguardo sull’attualità in 1100001
1101001, brano con una parte centrale strumentale di spessore, si tingono
ancora più di buio nella potentissima e lugubre Deathtone, mentre Push
through the pain non fa altro che confermare la bravura del trio nello
scrivere brani affascinanti e con più elementi al loro interno. Chiude il breve
ma ottimo lavoro Lucifer’s fall, altro momento molto interessante di un
disco che può sicuramente incuriosire i fan di Revocation, Thy Art is Murder,
Slaughter to Prevail, ma anche di band nostrane come Node e Necrodeath. L'album è acquistabile solo in digitale al seguente link https://lastrites0.bandcamp.com/album/beyond-the-abyss-of-thought (Luigi
Cattaneo)
I JPN pubblicano un nuovo singolo prog-punk, The Institute of Mental Health, Burning including The Lighter
JPN escono con un nuovo singolo pubblicato da Nadir Music. La formazione genovese, oggi composta da Marco Fehmer (voce, chitarre), Beppi Menozzi (tastiere), Pietro Balbi (chitarre), Alessandro Bezante (basso) e Mario A. Riggio (batteria), dall’uscita del cd Istinto nel 2020, lavora su nuovi concetti e un nuovo sound. Nel contempo esorcizza pacificamente i demoni del proprio passato, approdando alla decisione di rimasterizzare il primo album in studio, Jus Primae Noctis, datato 1998. Come spesso succede, il passato è la base su cui costruire un nuovo futuro: lo dimostra questo singolo, rielaborazione di un brano di Peter Hammill, fondatore e leader dell'iconica prog band britannico Van Der Graaf Generator.
The Institute of Mental Health, Burning, originariamente pubblicato nel 1975 nell'album Nadir's Big Chance, è un brano prog-punk oscuro, che racconta l'incendio di un manicomio, allegoria toccante sull'abbandono istituzionale, l'abuso e la lotta per la libertà, un invito a riflettere sulle strutture sociali e sul trattamento degli individui vulnerabili. Alla fine, le catene dell'Istituto di salute mentale cominciano ad arrugginirsi e in mezzo alla distruzione, c'è un barlume di speranza, una possibilità di liberazione. I JPN reinterpretano questo capolavoro con il loro tipico sound, includendo al suo interno una composizione originale, The lighter, che immagina il momento in cui l'incendio si propaga creando una strana confusione, intersecando vari riff in 5/4 di chitarre e tastiere in un ansioso schema. Institute è il crocevia della nuova produzione di JPN, che abbandona la lingua italiana e anticipa l’uscita della versione internazionale di Istinto, prevista per la prossima estate.
The institute of Mental Health, Burning including the lighter (P. Hammill / C. J. Smith / M. Fehmer) Nadir Music
Marco Fehmer guitars, keyboards, voice
Beppi Menozzi keyboards
Mario Riggio drums
Alessandro Bezante bass
Mix Tommy Talamanca - Studio Nadir Genova Web: jusprimaenoctis.it
Band di lungo corso (il
primo disco è del 2004), The Black Noodle Project è una sorta di one man band
di Sèbastien Bourdeix, orfano dal 2017 di Jèrèmie Grima e degli altri membri
del gruppo, che con l’ultimo When the
stars align, it will be time si appoggia alla batteria di Tommy Rizzitelli,
unico membro esterno a suonare con lui (Bourdeix si divide tra chitarra, basso,
tastiere e voce). L’attacco vitale del riff di chitarra in Welcome to hell mostra l’anima rock del progetto, un brano che si
muove agile e fresco, senza tralasciare una punta malinconica che permea la
trama sino allo spoken finale di Bourdeix. Black
moment, cantata da Sab Elvenia, muta l’atmosfera, e difatti la traccia,
molto melodica, è maggiormente vicino alla forma canzone, mentre Give us hope è una composizione dal
sapore filmico, enfatica ma anche elegante, prima di Time, dove ritroviamo Elvenia, per un pezzo ancora molto ispirato. La
voce femminile suggella pure la seguente Stormy
weather, un lungo momento ben costruito, tra frangenti agrodolci e passaggi
tenui, che ci conducono alla conclusiva Behind
the light, splendido e intenso finale di un lavoro cesellato con cura e
pathos. (Luigi Cattaneo)
Incognito segna il ritorno della “Spiritual Revolution” dei Sailor Free, ritorno e compimento, perché il brano introduce Spiritual Revolution Part 3, terzo e ultimo capitolo della trilogia.
Negli anni che ci separano dalla Part 2, la Spiritual Revolution non si è fermata: si è sviluppata prima in una web serie Spiritual Revolution People e ora, con lo stesso titolo, in uno spettacolo teatrale, sempre scritto da David Petrosino.
Spiritual Revolution People, che debutterà il 30 maggio a Roma al Teatro Greco, è uno spettacolo interpretato principalmente da giovani attori, che sono anche i protagonisti del video realizzato per Incognito, il primo singolo dell’album.
Incognito è una certezza, la certezza del fascino del non rigidamente omologabile, è la trasposizione in musica di quella che i Sailor Free hanno assunto come regola di vita. E’ un brano essenziale per capire dove i Sailor Free sono arrivati, da dove sono partiti e dove la Rivoluzione Spirituale è in procinto di farli approdare.