mercoledì 29 gennaio 2014

WAKE ARKANE, The Black Season (2012)


Dalle pagine di ProgressivaMente poche volte ci siamo occupati di gruppi metal. Quelle poche eccezioni erano dovute anche alla qualità altissima degli album recensiti. E i Wake Arkane confermano questa nostra personale attitudine. La band nasce nel 2005 con il nome The Wake e registrano l’anno seguente l’ep Cumbersome, un piccolo assaggio del loro potenziale che ricevette buoni riscontri dalla stampa specializzata. Con il nuovo e attuale monicker e l’arrivo di Luca Difato alla chitarra l’ensemble inizia a cercare il suono adatto per il primo full lenght. Oltre all’ottimo Difato (che collabora con l’orchestra sinfonica di Milano G. Verdi e l’orchestra dell’Università degli Studi di Milano), i Wake Arkane sono composti da Helios Ingrassano alla voce (bravo nel dividersi tra parti in growl e altre pulite), Riccardo Rebughini alla chitarra, bravissimo ma mai invadente o sopra le righe e la coppia ritmica formata da Matteo Belloni al basso e Federico De Zani alla batteria, abilissimi nel muoversi tra tempi dispari e soluzioni intricate. In questo The Black Season risulta però non di secondo piano la presenza dell’Archimisti String Quartet (doppio violino, viola e violoncello) che ammorbidisce il furioso death metal del quintetto. Questo debutto ha tutti i connotati del piccolo capolavoro, sempre che si amino band come Death, Atheist e Sadist, gruppi che hanno sempre cercato di infarcire di progressive la loro proposta. L’album è stato masterizzato da Dan Swano che vanta collaborazioni con pezzi da novanta della scena heavy come Edge of Sanity e Katatonia e ha prestato la sua voce per The Numb Experience, uno dei pezzi più epici tra i presenti. La forza del death si incontra con il pathos del prog in questo The Black Season, lavoro dove ci sono le atmosfere gotiche dei Moonspell, il progressive degli Opeth e le ritmiche spiazzanti dei Tool, il tutto condito da una sana dose di malinconia. I Wake Arkane lungo tutto il cammino mostrano professionalità e un invidiabile preparazione tecnica che permette loro di creare brani di elevata difficoltà senza dimenticare di porre l’accento verso lidi melodici di indubbio gusto (Human Dust Debris). La tecnica viene utilizzata per composizioni impeccabili da tutti i punti di vista e i musicisti non si lasciano andare a meri esercizi di bravura come talvolta accade nel progressive metal. Nulla è lasciato al caso, dalla scelta dei suoni all’artwork e anche gli ospiti sono al posto giusto nel momento giusto. Oltre ai già citati Swano e al quartetto d’archi, figura Barbara Schera Vanoli dei Dama nella splendida Berenice, un episodio riconducibile al gothic dei Paradise Lost. Molto interessanti gli sprazzi arabeggianti di Swallowed by the afterglow, la potentissima Apophis’ monolithes, la melodia delicata di Outshined e la lunga chiusura di Diluvio, il brano dove convergono al meglio tutte le caratteristiche del suono Wake Arkane. Disco raffinato e imperdibile per tutti gli amanti del genere. (Luigi Cattaneo)
 
Apophis' Monolithes (Video)
 
            

 

lunedì 27 gennaio 2014

Ciro Perrino, Inner Journey Music

Inner Journey Music (IJM) è un percorso per ritrovare il tuo benessere ascoltando la mia musica.
Usando i miei “Dieci passi per iniziare” come guida all’ascolto, potrai facilmente sperimentare e vedere dentro di te i paesaggi della tua anima e fare fantastici viaggi nel tuo giardino interiore. Potrai rilassarti e meditare oppure sentirti rinvigorito e pieno di energia. Sta a te! Ogni volta l’ascolto della mia musica è “speciale & magico”. Provala ora ascoltando la Free Playlist ed acquistando i brani che più ti piacciono. Dai un’occhiata ai video e inizia ad esplorare il mondo dentro di te che ancora non conosci. Il mio compito è quello di rendere la tua Vita ogni giorno più ricca di emozioni ed avventura….. semplicemente ascoltando!
Queste le note introduttive del sito www.ciroperrino.com. L'artista coinvolto in progetti fondamentali per il prog italiano come Il Sistema e i Celeste non ha mai abbandonato la passione per la musica e le sue attività attuali ne sono la riprova.
Il buon Ciro ha fatto le cose davvero in grande e il suo canale you tube è lì a dimostrarlo. http://www.youtube.com/user/CiroPerrinoIJM
Progressivamente vi terrà aggiornati sulle novità e gli eventi che riguardano questo seminale artista della scena italiana.
 
Ciro Perrino, Rockumentary
 
 
 
 
 
 

DARK AGES, Adattamento Teatrale dell'opera Rock Teumman

Dopo la buona riuscita di Teumman, concept articolato in due album, con la prima parte pubblicata nel 2011 e la seconda nel 2013, i Dark Ages tentano la carta della riproposizione teatrale.
Il gruppo sta cercando attori/cantanti che vogliano condividere questa esperienza con loro. Un progetto ambizioso che ha bisogno di passione e serietà per essere realizzato.
Chi fosse interessato può scrivere a darkagesrock@gmail.com e visitare la pagina facebook della band https://www.facebook.com/pages/Dark-Ages/70274798134?ref=stream
 
 
 

domenica 26 gennaio 2014

CIVICO 23, Siero Progressivo (2013)


Nuova band per I dischi della Locanda del Vento, un’ etichetta sotto cui si cela la figura spesso illuminata di Loris Furlan e della sua storica Lizard, una ramificazione creata ad hoc per quei lavori vicini al sinfonico o comunque meno avanguardistici rispetto ai canoni con cui è conosciuta la casa discografica sin dalla sua creazione. E il discorso vale anche per i Civico 23 di Siero Progressivo, decisamente accessibile e poco incline a particolari sperimentazioni. Qui ci sono gli anni ’70 che rivivono con lo spirito di una giovane e vivace band che vive nel presente e flirta con l’hard. I testi spesso paiono ironici, quasi provocatori nella loro semplicità (draghi, cavalieri, pirati) e la musica che ne segue è massiccia, vigorosa, incentrata sulla chitarra solista di Daniel Parisi e quella ritmica di Federico Cianfarra. Buona anche la prova di Francesco Cossio alla batteria e Lorenzo Gaudino al basso . Il rock settantiano rivive sin dall’iniziale Umida cenere, un heavy prog diretto, robusto e piuttosto immediato, anche per via della vocalità di Massimo “Joe” Galatone, mentre Menestrello e Il cavaliere illuso formano un unico brano che si contraddistingue per una buona parte strumentale dove emerge Simone Mastrodonato (tastiere, piano, organo). Quasi metal è Paura infinita, che però convince meno rispetto a due bei brani come Delirio ad occhi chiusi, più particolare e con belle frasi melodiche e la lunga L’ultimo grido di Galeria che racchiude le varie anime del gruppo, tra cui quella psichedelica che era rimasto parecchio sottotraccia per tutto il lavoro, forse il pezzo più completo tra i presenti e idea base per sviluppi futuri. Difatti i Civico 23 sembrano guardare con più devozione a quei gruppi italiani che avevano una robusta attitudine hard, come il Rovescio della Medaglia o il Biglietto per l’inferno, ma i frangenti space risultano in realtà quelli più interessanti e curiosi. Siero progressivo è quindi un discreto album che lascia intravedere le potenzialità della band, che vanno però affinate e meglio incanalate, soprattutto in sede di arrangiamento e testi che, ironia a parte, non sempre colpiscono nel segno. Disco comunque positivo e che lascia sperare per un ritorno più convincente. (Luigi Cattaneo)
 
Umida Cenere (Official Video)
 
 
      

 

venerdì 24 gennaio 2014

MAHAVISHNU ORCHESTRA, The Inner Mounting Flame (1971)


Parlare di un personaggio come John McLaughlin non è affatto un'impresa semplice, vista la sua enorme statura di musicista eclettico e trasversale che ha influenzato intere generazioni di chitarristi (e di musicisti in generale) sia per la sua incredibile e rivoluzionaria tecnica chitarristica, sia per la sua concezione musicale incentrata sulla ricerca e sulla contaminazione profonda tra stili e culture differenti, fondamenti imprescindibili per tutto il linguaggio jazzistico moderno (non importa se lo si chiama fusion, jazz rock o jazz progressivo). E' quindi indispensabile spendere due parole su questo formidabile chitarrista. John Mclaughlin incomincia ad interessarsi alla musica da bambino, suonando il violino ed il pianoforte e studiando musica classica. All'età di undici anni passa alla chitarra, attratto soprattutto dallo swing e dal blues, ma anche dal flamenco e dalla musica indiana. Già da giovanissimo collabora con artisti fondamentali per la sua crescita musicale, uno fra tutti il grande Miles Davis. John difatti parteciperà alle sessioni di registrazioni del monumentale Bitches Brew (disco in cui Miles gli dedica un brano, John McLaughlin appunto) e da lui apprenderà il concetto di contaminazione tra stili. Non si parla più di rock, jazz o blues, ma di un nuovo linguaggio che utilizza la potenza del rock assieme all'armonia del jazz, in un contesto dove l'improvvisazione la fa da padrona. Nel corso della sua quarantennale carriera, McLaughlin collaborerà con i più disparati artisti provenienti da ogni angolo del pianeta, in ambiti anche molto diversi tra loro (Santana, Al Di Meola, Paco De Lucia, Larry Coryell, Tony Williams ed i Lifetime, L. Shankar, Trilok Gurtu), esplorando linguaggi sempre diversi. La Mahavishnu Orchestra è la sua band degli anni settanta ed il disco in questione, uscito nel 71, è il primo sotto questo nome. Una “superband” composta da illustri musicisti che, presi singolarmente, diventeranno a loro volta dei punti di riferimento imprescindibili. Nel disco suonano Billy Cobham (batteria), Rich Laird (basso), Jan Hammer (tastiere) e Jerry Goodman (violino), oltre che McLaughlin alla chitarra. The Inner Mounting Flame è un concentrato esplosivo di idee e sperimentazioni mai banali, dove la tecnica monumentale degli artisti coinvolti non è mai autocelebrativa e la musica diventerà la base di quel movimento che prenderà il nome di Jazz Rock (o fusion un decennio dopo). Il disco si apre con Meeting of the spirits, un hard jazz dove la furiosa Gibson Les Paul Custom Black Beauty di McLaughlin esegue bending selvaggi e duetta con l'ululante violino di Goodman. La sezione ritmica è praticamente perfetta. Forse il pezzo più rappresentativo del disco! Dawn, la seconda traccia, inizia con un raffinato tappeto di Rhoodes di Jan Hammer, veicolo perfetto per le improvvisazioni di McLaughlin e Goodman (notevole il solo di quest'ultimo). The Noonward Race va segnalata per le prodezze tastieristiche di Hammer ed ancora una volta per la perfetta sezione ritmica di Cobham e Laird. A lotus on irish streams è un pezzo epico e raffinato, caratterizzato dalla virtuosa ma emozionante chitarra acustica di McLaughlin, dall'evocativo violino di Goodman e dal fantastico pianoforte di Hammer, per quello che probabilmente è il brano più atipico ed emozionante del lavoro, dove emergono in maniera massiccia gli studi classici, ma anche l'amore per la musica popolare del chitarrista. Vital Transformation si apre con un micidiale “groove” di batteria, sulla quale si scaglia la chitarra distorta, veloce e nervosa di McLaughlin. Potrei proseguire oltre citando le innumerevoli caratteristiche di questo lavoro ma risulterei oltremodo stucchevole. The Inner Mounting Flame è un disco imprescindibile, non solo per coloro che amano il progressive o il jazz, ma per tutti coloro che amano la musica. Non ho mai compreso abbastanza il motivo per cui tale opera non sia mai stata citata all'interno delle varie discografie di prog, in quanto non esiste nulla di più progressivo (nel senso letterale del termine). Non si può parlare di jazz progressivo senza parlare della Mahavishnu Orchestra, anche considerando il fatto che illustri nomi del prog mondiale citano come influenza principale proprio questa straordinaria band. (Marco Causin)
 
Meeting of the spirits (Video)
 
 

mercoledì 22 gennaio 2014

BONOMO, Il Generale Inverno (2012)


Album di esordio di un musicista tarantino, curioso e bravo nel muoversi tra generi diversi tra loro facendoli convivere in 10 tracce semplici ma piuttosto piacevoli. Bonomo è un polistrumentista che pare adorare le variazioni e il muoversi tra le linee di suoni accostabili ma non identici, spostandosi dal pop rock all’elettronica, dal cantautorato psichedelico a ballate suadenti. Il generale inverno è un espressione nata nel 1812 per spiegare il grande gelo che sconfisse l’esercito di Napoleone ma con il passare del tempo si è utilizzata per riassumere i capricci della natura o degli dei che mandano all’aria piani militari. In questo caso Bonomo si riferisce al nemico invisibile che frena il lavoro, impedisce di muoverci e blocca le emozioni. Il primo nemico è il rapporto di coppia, falso e pieno di dubbi di Dna, traccia basata su riff di chitarra di matrice rock e un bel lavoro ritmico di Tommy Graziani alla batteria. Brit pop di facile assimilazione con Troppe cose, mentre pare un omaggio all’electro pop ottantiano Insonnia, brano vicino per mood anche da quanto fatto dal Morgan solista. Bonomo ha interesse anche per il progressive e ciò emerge in La mia rabbia, anche se solo nella breve parte strumentale. Se strumenti acustici e un clima tra west coast e Claudio Rocchi segnano La visione, i Bluvertigo aleggiano su Otto ore al giorno. Bello l’attacco simil grunge di Una scelta, indubbiamente la traccia più rock del lavoro che contrasta con la seguente I pesci non lo sanno, una ballata per chitarra acustica e mellotron sul tema dell’inquinamento che fa il paio con La visione e conferma come probabilmente l’artista convince di più quando si muove su queste coordinate stilistiche. Un po’ come il finale di L’ultimo valzer, una pop song sognante che risulta efficace chiusura di un’opera sì imperfetta ma capace di restituire un giovane autore che, se riuscirà a mettere ulteriormente a fuoco certe prospettive e alcune degne intuizioni che filtrano lungo tutto il disco, potrà sviluppare in futuro un discorso maggiormente organico e completo. Un plauso però va assolutamente fatto per le liriche che parlano di lavoro, di disoccupazione, di paure, in maniera sincera e sentita, senza mai cadere nel qualunquismo o nel retorico. Da tenere d’occhio in attesa di un secondo lavoro. (Luigi Cattaneo)
 
I pesci non lo sanno (Video)
 
 

sabato 18 gennaio 2014

CORDE OBLIQUE, Per le strade ripetute (2013)


Il ritorno dei Corde Oblique, dopo lo straordinario A Hail of Bitter Almonds, conferma il talento di Riccardo Prencipe e dei suoi fedelissimi e talentuosi musicisti che lo hanno accompagnato anche in questa nuova fatica. L’atmosfera generale rimane quella eterea, piena di fascino arcano e ammaliante che ha sempre contraddistinto la musica dell’ensemble napoletano, un folk progressivo acustico e in chiave meditteranea. La grande precisione e l’attenzione verso gli arrangiamenti mostrano le qualità tecniche della band a disposizione di Prencipe. Ma non aspettatevi suite o tracce particolarmente corpose, quanto più trame sottili, cariche di visioni e suggestioni. L’iniziale Averno è il brano più complesso tra i presenti, quello dove forse emerge il lato più progressivo del gruppo. Floriana Cangiano con la sua voce impreziosisce un testo che pare un sogno lontano, un ricordo antico che viene narrato attraverso la classica di Prencipe e il violino del talentuoso Edo Notarloberti. Il viaggio di Saramago continua sulla falsariga di un dark folk settantiano in cui emerge la voce di Caterina Pontrandolfo, brava ad esprimersi attorno a liriche sentite e ispirate. Impossibile non citare lo splendido lavoro di rifinitura di Prencipe, sempre piuttosto elegante e sofisticato. My pure amethyst vede invece impegnata Annalisa Madonna alla voce (ma la qualità resta altissima) e il violoncello di Manuela Albano si unisce alla chitarra e al violino in una danza autunnale piena di malinconia che può ricordare gli Anathema degli ultimi anni. In the temple of echo è un intermezzo per chitarra acustica registrata in un’area archeologica vicino Napoli (il Tempio di Mercurio) senza riverberi artificiali o effetti ma sfruttando il suono naturale del posto. Delicata è Bambina d’oro dove torna la Cangiano per un brano toccante in cui  Notarloberti ricama un’atmosfera nostalgica e misteriosa, mentre molto diversa è la seguente Heraion, arrangiata da Evi Stergiou (voce) e Spyros Giasafakis (voce recitante e cimbalo) dei Daemonia Nymphe, per quello che è un momento etnico e dark folk piuttosto evocativo. Due melodie rispecchia meglio l’anima dei Corde Oblique ed è l’unica con Lisa Starnini alla voce e colpisce ancora una volta la cifra compositiva e anche tecnica di Prencipe, davvero ispirato e consapevole dei propri mezzi espressivi. Buona la doppietta strumentale formata da Le fontane di Caserta e Requiem for a dream, con la prima ispirata ai Giardini del Palazzo Reale di Caserta e basata sull’incontro tra chitarra e violino, mentre di Clint Mansell è la seconda, pur se l’arrangiamento di chitarra è di Prencipe stesso. Ancora una grandissima prova della Cangiano contribuisce ad Ali Bianche (in cui appare anche Francesco Manna alle percussioni), pezzo ispirato da La processione durante l’eruzione del Vesuvio, un dipinto del 1631 di Scipione Compagno. La chiusura è affidata allo strumentale Uroboro, brano composto da Notarloberti e atto conclusivo di un percorso profondo, affascinante e pieno di grazia. (Luigi Cattaneo)
 
Averno (Official Video)
 
 https://www.youtube.com/watch?v=oFq5DVKX2_o              

ERALDO BERNOCCHI, HAROLD BUDD, ROBIN GUTHRIE, Winter Garden (2011)


Esistono dischi che si adattano perfettamente a determinate stagioni. Musiche che entrano sottopelle e che, legate a ricordi personali, non fatichiamo ad identificare direttamente con una delle stagioni dell’anno, aiutate spesso da un immaginario che suggerisce forse anche più del suono. Il primo album in ordine di tempo con il quale mi capitò fu Pet Sounds dei Beach Boys (e non è certo difficile immaginare quale fosse la stagione). L’ultimo proprio questo Winter Garden, concepito da tre titani come Eraldo Bernocchi, Robin Guthrie, e Harold Budd. Un trio nemmeno troppo anomalo se pensiamo che Budd aveva già collaborato con Bernocchi in Fragments from the inside, pubblicato da Sub Rosa nel 2005 e che lo stesso Budd è amico di vecchia data anche di Robin Guthrie, con il quale aveva lavorato alla registrazione dell’album dei Cocteau Twins The moon & the melodies verso la metà degli anni ottanta. Il pianista americano è in un certo senso anche il protagonista di Winter Garden, che riprende per molti versi quanto lo stesso compositore aveva fatto in passato in coppia con Brian Eno, nello specifico in Ambient two: plateaux of mirror e The pearl, anch’essi risalenti agli anni ottanta. Le sue note di piano, minimali quanto profonde, contribuiscono a conferire al disco una sensazione di nostalgico ricordo che si adatta perfettamente ai colori tenui della stagione in corso. I pezzi sono dilatati al massimo, merito soprattutto dei riverberi del chitarrista di Cocteau Twins e Violet Indiana. A legare il tutto e a rendere concreta la filigrana sonora c’è l’impalcatura di Eraldo Bernocchi, abilissimo a plasmare gli intarsi elettronici quanto a non sottrarre la scena a Budd e Guthrie. Quello che ne esce è un disco ambient dall’esito forse scontato, essendo i tre non proprio di primo pelo e conoscendo bene i lavori che ne hanno costellato la carriera, ma allo stesso tempo caratterizzato da una raffinatezza e suggestione unica. Pezzi come Don’t go where I can’t find you o la title track dipingono paesaggi sconfinati e scenari sfocati, con un suono che sa farsi intimo ma all’occorrenza anche magniloquente e luminoso. Il superamento della musica ambientale come furniture music, come musica di sottofondo da ascoltare facendo altro, non è senz’altro cosa nuova e non avviene per la prima volta con questo disco. Ma allo stesso tempo mi è impossibile non ammettere che Winter Garden riesce a toccare corde davvero profonde. (Paolo Cattaneo)
 
South of heaven (Video)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 15 gennaio 2014

TUGS, Europa Minor (2013)


Come spesso accade da qualche anno si assiste a ritorni discografici di vecchie glorie e ad esordi attesi da decenni come quello dei livornesi Tugs con questo Europa Minor. Progressive rock targato ’70, marchiato a fuoco nella tradizione italica, anche perché la band ha vissuto il periodo d’oro pur non riuscendo ad incidere nessun disco. D’altronde si sa che arrivare sul finire dei settanta (1978 per l’esattezza), epoca in cui iniziavano ad esplodere altri stili musicali, non era cosa affatto facile e anche i Tugs rimasero coinvolti nelle contraddizioni di quell’età. Ma il tempo è galantuomo e come già avvenuto per Gli Spettri o i Quanah Parker anche per i livornesi è arrivato il momento di proporre quanto composto nel passato. Certo è che novità sostanziali non sono presenti e ci si riallaccia alle atmosfere di Premiata Forneria Marconi, Le Orme e in parte Banco del Mutuo Soccorso ma tenendo uno sguardo attento anche sul folk e la canzone d’autore di Fabrizio De Andrè, Angelo Branduardi, Mauro Pagani e Notturno Concertante. Questo Europa Minor nasce da una Rock Opera del 1983, Rock in due Atti, che costituiva un progetto teatrale e musicale che fu anche proposto al Teatro Carcano di Milano. Si tratta indubbiamente di una fusione piuttosto ambiziosa che vede tramite la BTF finalmente la pubblicazione su disco. Ambizioso sì ma non pretenzioso e prolisso e questo rende l’album molto piacevole e sempre più interessante, ascolto dopo ascolto. C’è continuità di valore lungo il platter, anche se emergono alcuni frangenti davvero importanti come l’iniziale Waterloo, l’ottima Il Pianto e le trame sognanti di I bambini d’inverno e Canzone per un anno, tracce dove i Tugs sviluppano idee e mostrano capacità compositive. La band sceglie di utilizzare strumenti come flauto, violino, violoncello e mandolino per una musica fuori dal tempo, con un fascino lontano ma ancora impetuoso. Europa Minor è un esordio che probabilmente non avrebbe sfigurato neanche se fosse uscito 35 anni fa e forse è proprio questo che lo rende convincente e appassionato. (Luigi Cattaneo)
 
Il Pianto (Video)
 
 
    

sabato 11 gennaio 2014

LAVIANTICA, Clessidra (2013)


Esordio interessante e davvero gradevole questo dei romani Laviantica, band con alle spalle una carriera iniziata addirittura nei primi anni ’90 con il nome Alterego, gruppo che non ha mai inciso nulla (fa eccezione il singolo Birds without wings) e che si muoveva lungo le coordinate del new prog imperante, quello di Pendragon, Marillion ed Ezra Winston. Il nuovo monicker, dopo un prolungato periodo di rallentamento, porta in dote un ensemble più attento all’aspetto melodico che a costruire brani complessi o eccessivamente stratificati, una cura per la forma canzone, anche orecchiabile, che non disdegna comunque al suo interno trame progressive di buon livello. Le tracce scorrono veloci, l’alternanza tra la chitarra elettrica di Marco Palma e quella acustica di Paolo Musolino risulta piuttosto azzeccata e i due stili si amalgamano con efficacia. Convince anche la voce di Paolo Perilli (impegnato anche al basso) e la batteria di Andrea Schiappelli sicuro, preciso e mai sopra le righe. La triade iniziale Nel vento, Sole, La pioggia appare quasi una piccola e suggestiva suite e ricorda per vocazione Elementi delle Orme, mostrando belle doti di songwriting e anche una certa personalità, perché se è vero che ci sono dei riferimenti quasi inevitabili al prog rock settantiano (come il Banco del Mutuo Soccorso o la Premiata), è anche vero che i Laviantica tentano di proporre qualcosa che se ne smarchi e che non risulti troppo vintage. Il gruppo non ha nelle corde pomposità e grandeur e preferisce muoversi proponendo intuizioni e atmosfere dal sapore cantautorale o beatlesiano, senza però risultare stantii o tediosi. In questo possono essere avvicinati agli Altavia e agli Elisir D’ambrosia, giovani act che hanno i ’70 nel dna ma li rivisitano con una certa dose di libertà e leggerezza nell’approccio, ma anche ai Marillion post Fish e in parte ai Porcupine Tree. Emergono in maniera prepotente Icaro (tema tra l’altro affrontato anche dai savonesi Il Cerchio D’oro), momento di grande intensità e la lunga Laviantica, strumentale di 11 minuti impreziosito dalla presenza del violino di Laura Senatore. Qui emergono doti tecniche venute fuori un po’ meno nel corso del disco e l’assenza del cantato non inficia per niente il risultato ma sottolinea le capacità dei singoli ulteriormente. Da citare infine la deliziosa title track in cui compare la brava Alice Pelle alla voce. Clessidra risulta fresco e soprattutto piuttosto curato e pensato, in special modo negli arrangiamenti, dove il gruppo mi pare abbia posto parecchia attenzione ed equilibrio. Un lavoro accattivante e molto piacevole. (Luigi Cattaneo)
 
Nel Vento (Official Video)
 
 

 


 

 

giovedì 9 gennaio 2014

SOULENGINE, Mind Colours (2012)


Il nuovo progetto portato avanti dagli incontenibili Ettore Salati, chitarrista di Red Zen, Alex Carpani e The Watch e Fabio Mancini, tastierista anche lui in forza ai The Watch è all’insegna della fusion, del progressive e del jazz rock, passioni che da sempre accompagnano le attività musicali dei due. Con loro una sezione ritmica di elevato livello formata da Nando De Luca al basso e Giacomo Pacini alla batteria, perfetto motore capace di supportare energicamente le fughe soliste di Salati e Mancini. Il rimando più immediato può essere quello ai Brand x ma la qualità dei componenti è talmente tanta che appare anche riduttivo giocare ad inseguire nomi. Polheim (inserita anche in Dante’s Purgatorio, un album compilation della Colossus) apre il platter con i suoi oltre sette minuti in cui i SoulenginE si inoltrano in territori fusion e jazz rock difficili da cavalcare se non si ha tale padronanza dello strumento. Third in line ha un iniziale atmosfera incantata vicina ai Genesis per poi esplodere in un prog rock dove lasciare ampio spazio alla corsa sfrenata di Salati e Mancini che portano il brano vicino a quanto fatto con i Red Zen (recuperate il loro Void). Splendida Rain Flower con i giochi chitarristici di un irrefrenabile Salati e le ritmiche indiavolate che solidificano la materia. On the Other side ha uno spirito decisamente più jazz mentre con Down the street (in cui compare anche un deciso Joe Sal alla voce) e No way out la band torna a camminare decisa verso un suono energico e vitale. Più vicina al progressive settantiano è No Rewarding, complicata e piena di cambi di tempo e di atmosfera. Torna Joe Sal nella ballad Asleep, contornato da tastiera, flauto e chitarra acustica, per quello che è il brano che più si stacca dal clima generale. Ottimo anche il finale di Challenge to an end, long track atmosferica e dalle palpabili linee sinfoniche tanto care al prog seventies. Un elaborato esordio (anche se il termine è un po’ riduttivo per musicisti con questa esperienza) quasi interamente strumentale che tocca la fusion dei già citati Brand x e in parte anche dei Return to Forever ma che attinge tanto dal caro progressive inglese di Genesis, ELP e Yes. Nulla di nuovo insomma ma il risultato è comunque un disco raffinato, suonato con la dovuta perizia e assolutamente piacevole. (Luigi Cattaneo)
 
Mind Colours (Album Preview)
 
    

 

domenica 5 gennaio 2014

ROCCAFORTE, Sintesi (2013)


Cosa ci fa una band come i Roccaforte su ProgressivaMente? Lecito il quesito per chi ha avuto modo di ascoltare questo Sintesi, un riassunto antologico con nuovi arrangiamenti che rispecchiano quello che è in questo momento la band di Alessandria. In realtà però il gruppo si è spesso mosso con disinvoltura tra i generi, abbracciando il pop, il rock e tinte prog e AOR che li hanno talvolta confinati in un genere a cui non appartengono e questo forse ne ha anche limitato il successo commerciale che meriterebbero. Quindi qui non siamo di fronte a suite, brani particolarmente complessi e articolati (anche se il gruppo ha belle doti tecniche) o testi dal sapore fiabesco e fantastico, semmai l’ascolto ci porta in direzione di un solido pop rock ora più radiofonico ora più cantautorale ma sempre parecchio melodico e di facile presa. L’opener e unico inedito presente è Avatar, traccia in cui emerge subito la voce accostabile a quella di Francesco Renga di William Lucino e un suono che è paragonabile proprio al primo e omonimo album del cantante. Si capisce dall’ascolto la volontà di un nuovo percorso artistico incentrato sull’impatto live, con pezzi costruiti con un vestito che risente dell’attività dal vivo del complesso. Più vicina al new prog è 20 mq di libertà, soprattutto per le tastiere di Daniele Malfatto, mentre scorrono veloci le cantabili Vetrina (brano perfettamente pop), Vai e la maggiormente cantautorale L’aquilone. I chorus rimangono da subito impressi e c’è un bel lavoro sugli arrangiamenti che fa pensare non solo a Renga ma anche ai Timoria, alle Vibrazioni e ai Deasonika nei momenti più tirati (Giubbotto in pelle nera). Il momento più progressivo è la conclusiva Metamorfosi, uno strumentale in cui la chitarra di Fabio Serra si erge a totale protagonista. Sintesi è un mutamento che testimonia le idee nate durante le tante serate dal vivo, un corollario sincero degli aspetti musicali dei Roccaforte del 2013. (Luigi Cattaneo)
 
L'aquilone (Official Video)


https://www.youtube.com/watch?v=xOGZzFhwjFA
 

              

venerdì 3 gennaio 2014

SINETERRA, Fadisia (2012)

 
Il primo album pubblicato dalla neonata Agualoca Records è un piccolo caso. Scelta davvero ben ponderata quella di esordire con un album come Fadisia dei Sineterra (alla loro seconda pubblicazione), un piccolo capolavoro, distillato di emozioni e suoni che travalica il concetto di progressive, per una musica eterea e trasognata che va a toccare vari campi come il jazz, il folk e la world music di ascendenza mediterranea. Un concetto applicabile ad un’altra straordinaria band campana, i Corde Oblique, con cui i Sineterra condividono il modo di comunicare e le atmosfere cinematografiche, nostalgiche e in qualche modo malinconiche che possono ricordare quelle del fado. I Sineterra attingono le loro idee da suoni conosciuti, hanno caratteristiche popolari e roots che vengono però lustrate da un tocco per nulla vintage e passatista ma attuale, figlio dei nostri anni. La band è formata da musicisti preparatissimi: Charles Ferris alla tromba, Luisanna Serra alla voce, Mario Musetta alla chitarra, Stefano Costanzo alla batteria e Ron Grieco al contrabasso e al basso hanno la capacità innata di toccare le corde giuste dell’emotività, di far palesare davanti agli occhi immagini perdute, sensazioni, pulsioni. Colpisce l’enorme forza seducente della loro musica, che ha qualcosa di spirituale, di impalpabile, di puro. Ferris è da subito protagonista e l’iniziale L’altra Strada, che lo vede impegnato con Grieco e Musetta (alla classica) è un buon viatico al profumo di jazz per introdurci in Tango per dì, prima perla in cui si aggiungono i tocchi delicati del violino di Antonio Fraioli e il piano di Davide Mastropaolo (che ha curato anche la direzione artistica). Straordinaria la vocalità molto particolare della Serra anche nelle seguenti Anea e Baluginio, due brani dalla rara intensità, mentre colpisce il suo nitido, limpidissimo dell’organo di Mastropaolo in Colki Kest, altro episodio di grande spessore che viene replicato nell’altrettanto valida Anna inna. In Freica emerge ancor di più il lato jazz del gruppo e Ferris si sdoppia in maniera incantevole tra tromba e trombone. Nel finale di Dalla parte di lei si lascia spazio agli incastri tra i tocchi della classica del maestro Musetta e la tromba di Ferris, ottima chiusura di un disco ammaliante e pieno di fascino. (Luigi Cattaneo)


Anea (Live)
 

    

mercoledì 1 gennaio 2014

CONCERTI DEL MESE, Gennaio 2014

Sabato 4
·"Napule è.. tutta n'ata storia" Napoli
·Heretic's Dream Vada (LI)

Giovedì 9
·Trewa Shabba Club Cantù (CO)

Venerdì 10
·Maschere di Clara Latina
·Unreal City Club Il Giardino Lugagnano (VR)
·Slivovitz Cava de' Tirreni (SA)

Sabato 11
·Empirical Time Padova
·Prowlers Rudiano (BS)

Domenica 12
·Arturo Stàlteri Roma


Lunedì 13
·Periferia del Mondo Roma

Venerdì 17
·Heretic's Dream Roma
·Get'em Out Milano
·The Watch Genova
·Dark Ages Palazzolo (BS)
·Heartache Roma
·Fiaba Ferla (SR)

·Dark Lunacy + Wake Arkane Keller (Curno)

Sabato 18
·Alphataurus + DoDo Verdict Seregno (MB)
·Heretic's Dream Assago (MI)
·Démodé Colloredo di Montalbano (UD)
·Massimo Giuntoli Verderio Inf. (LC)

Domenica 19
·Roccaforte Genova

Lunedì 20
·Dream Theater Assago (MI)

Martedì 21
·Dream Theater Firenze

Mercoledì 22
·Dream Theater Roma

Giovedì 23
·Dream Theater Padova
·Tesseract + The Safety Fire Milano
·Slivovitz Torino
·FixForb Castel Rozzone (BG)

Venerdì 24
·Slivovitz Verona
·Malibran Belpasso (CT)
·Tempio Delle Clessidre+Not A Good Sign Calvari (GE)
·ELP Tribute Project Lugagnano (VR)
·Fauno di Marmo S. Michele al T. (VE)
·Camelias Garden Roma

Sabato 25
·Slivovitz + Maschere di Clara Casa di Alex (Milano)

Lunedì 27
·Lagartija Cremona

Mercoledì 29
·Magnetic Sound Machine Montebelluna(TV)

Venerdì 31
·Tempio Delle Clessidre + Not A Good Sign Blueshouse (Sesto San Giovanni)
·The Magical Box Ponte Taro (PR)