domenica 28 agosto 2016

IVORY, A moment, a place and a reason (2016)


Nati sul finire degli anni ’90, i torinesi Ivory continuano a proporre un hard rock melodico discretamente tecnico ma scevro di sterili esercizi di stile e con un particolare occhio di riguardo per suoni e arrangiamenti ad hoc. La band non disdegna qualche incursione nel progressive, soprattutto in qualche passaggio strumentale, ma cita soprattutto e con spirito grandi gruppi del passato come Deep Purple, Iron Maiden, Mr. Big e Led Zeppelin. Dopo Atlantis fall del 2005 e Time for revenge del 2008 (entrambi ben accolti da pubblico e critica) il nuovo A moment, a place and a reason è un ritorno piacevole e scorrevole, decisamente vintage e adatto per tutti i fan dell’hard classico ma anche per chi si sente più vicino al sound di Vision Divine e White Skull. I membri hanno dalla loro esperienza e professionalità (Roby Bruccoleri alla voce, Salvo Vecchio alla chitarra, Luca Bernazzi al basso e Claudio Rostagno alla batteria) e sono stati capaci di proporre un disco estremamente melodico, fortemente comunicativo e narrativo (basti ascoltare pezzi come Through Gloria’s eyes o Bad news). La forma canzone domina all’interno di un disco più maturo e immediato e anche i due special guest (Vic Mazzoni chitarrista di Projecto, Shadow of Steel e Wonderland scomparso prematuramente a soli 43 anni e Alexandros Muscio, tastierista già con Highlord e Opera IX) si rivelano preziosi nei loro interventi. L’iniziale Bad news è proprio l’opener vibrante che ti aspetti da un disco del genere e fa il paio con la tirata The hawk. I già citati Mr. Big si palesano nella fresca Feeling alive, mentre Who am I? mi ha ricordato i Maiden periodo Paul Di'Anno. Take a ride si va ad imparentare un po’ a sorpresa con il country, prima della breve strumentale A drink at the village e della cover di Come together che vanno a smorzare la tensione e che mi hanno convinto meno. Meglio l’hard di Inner breath, territorio davvero consono ai piemontesi e l’ottima ballata Through Gloria’s eyes che anticipa la blueseggiante Blues for fools e che va a completare un ritorno assolutamente gradevole. (Luigi Cattaneo)

Bad news (Video)

sabato 20 agosto 2016

MED IN ITALI, Si scrive Med in Itali (2016)


Secondo lavoro discografico per i Med in Itali, formazione di Torino che nel 2012 aveva stupito con l’esordio Coltivare piante grasse. Si scrive Med in Itali nasce dopo ben due anni di gestione, periodo che ha portato la band a costruire con il consueto sound acustico un come back variegato e arricchito da una sezione fiati (Nicolò Bottasso alla tromba, al filicorno e anche al violino, Riccardo Sala al sax, Elia Zortea al trombone e Ariel Verosto al flauto e pure alle tastiere) mirabilmente arrangiata dalla brava Carolina Bubbico e da Bottasso stesso. Completano la line up l’estroso Niccolò Maffei (chitarra e voce) e il trio ritmico formato da Matteo Bessone (batteria), Dario Scopesi (basso e contrabbasso) ed Elena Pyera Frezet (percussioni). Si scrive Med in Itali, al di là di qualche calo strutturale, conferma la bontà del progetto e le indubbie doti compositive dell’ensemble, una ricerca che unisce musicalità e tempi dispari, miscelando discretamente jazz, ritmi latini e canzone d’autore. Anche le tematiche sobbalzano da toni scherzosi (la trascinante Cumal’è, perfetta per aprire il disco) a quelli più cinici se non disillusi nei confronti del sistema Italia (Med in Itali), con Maffei vero mattatore da questo punto di vista (con alcune perle come Eroi o Sola, due ballate molto coinvolgenti). Buoni anche gli spunti ironici di Difetto Congenito, la malinconia di Maledetta primavera e la nostalgica La nonna. L’album è scorrevole e piuttosto piacevole, probabilmente più immediato del primo ma comunque curioso e molto curato, una sintesi di influenze che può colpire tranquillamente sia chi ama band duttili e trasversali come Il Magnetofono, gli Avion Travel e i Marta sui Tubi. L’idea di base rimane sempre quella di contaminare e di instillare nella propria musica stili differenti, un percorso iniziato nel 2007 e che prosegue con innato spirito anche nel presente. (Luigi Cattaneo)

Cumal'è (Video)

martedì 16 agosto 2016

CLAUDIO ROCCHI, Viaggio (1970)


A distanza di più di quarant'anni Claudio Rocchi rimane uno dei personaggi più interessanti e curiosi degli anni ’70. Inizia giovanissimo ad appassionarsi di musica e la fervida scena milanese lo aiuta nello sviluppare passioni ed ideali che lo vedranno nel corso degli anni sempre più impegnato e cosciente dei propri mezzi. Ma forse non tutti sanno che la carriera di Rocchi passa attraverso la breve avventura avuta con uno dei gruppi più rappresentativi del periodo, ossia gli Stormy Six con cui ha inciso nel 1969 Le idee di oggi per la musica di domani suonando il basso e scrivendo diversi brani. Ma una band rischiava di soffocare la creatività e la voglia di comunicare del giovanissimo Rocchi, che decide ben presto di abbandonare il gruppo che sta per diventare punto di riferimento della canzone politica e sociale. Da qui nasce il primo disco del cantautore milanese, quel Viaggio dove Rocchi si affida completamente alla sua voce e alla sua chitarra facendosi aiutare da un prestigioso collaboratore, Mauro Pagani al violino e al flauto. È bene dire che non si tratta di progressive anche se ci sono dei momenti, soprattutto dettati dal flauto, che riportano a certe sonorità. È il disco di un autore menestrello che sceglie una via alternativa a quello che proponevano allora i cantautori e lo fa senza darsi barriere di sorta, cercando un linguaggio poco riscontrabile in Italia, che lo avvicina per certi versi alla psichedelia. Che sia una sua personalissima ascesi contemplativa alla vita, alle divinità, all’uomo? O più semplicemente Rocchi cattura l’essenza delle situazioni quotidiane e le frustrazioni che ne possono derivare? Se ci si sofferma con attenzione e si indaga tra le pieghe del rapporto testo-musica di questo esordio ci si accorge come sia un album carico di allucinazioni e di sogni. Quelle di un cantautore diciannovenne che si interroga e prova in maniera personalissima a trovare risposte adeguate a pensieri e turbamenti.

L’apertura affidata a Ouvres è il momento più sperimentale, un introduzione fatta di suoni e rumori che per essere il 1970 fa un certo effetto … Ma il disco va in tutt’altra direzione già dalla successiva La tua prima luna, dominata da un arpeggio di chitarra molto delicato e dal canto di Rocchi che viene spezzato da quello lieve di Roberta Rossi. Brano davvero ideale per comprendere come si muoveva il cantautore ad inizio carriera. In Non è vero si nota soprattutto la presenza di Pagani al violino, che addolcisce ulteriormente un brano che ho sempre trovato un po’ insipido e figlio della giovane età di Rocchi. Meglio con Ogni uomo, decisamente più interessante nel suo incedere percussivo dettato dai bonghi di Rocchi stesso, che viene accompagnato dal flauto di Pagani bravo nel donare intensità al brano e a rivestirlo di una sana dose di emozionalità. Gesù Cristo è un mantra psichedelico semplice ma efficace, affascinante anche nella sua ripetitività, drammatico e capace di ammaliare ancora a distanza di 46 anni per via di quel disagio esistenziale che ritroviamo un po’ in tutto il lavoro. C’è qualcosa di Ian Anderson dei Jethro Tull nel flauto suonato da Pagani in I cavalli, un’altra ballata acustica molto breve a cui fa seguito Acqua, composizione adornata con risvolti teatrali e cupi, soprattutto nella parte recitata da Rocchi che si lancia in un implorazione dolorosa e penetrante. 8.01.1951 ha una struttura più semplice ma riesce a convincerci che la dote migliore di Rocchi è quella di creare quadri di vita che ci conducono in un mondo figlio di visioni e desideri che forse tutti noi almeno una volta abbiamo immaginato. La title track finale è quasi interamente strumentale e vede nuovamente la chitarra acustica intrecciarsi con il suono fatato del flauto, un abbraccio consueto ma vibrante, che mette in luce ulteriormente come il tocco di Pagani sia stato essenziale per tutto il disco, per donare profondità laddove senza la sua presenza sarebbe potuta mancare.       

Rocchi intraprende un Viaggio in cui si avvicina e si allontana dalla forma canzone, guarda ad alcuni cantautori italiani come Bindi ed Endrigo e alla scuola francese che tanto piaceva a fine ’60 ma riesce a districarsi tra un mare di influenze con un approccio differente e fuori dal comune. Davvero un esperienza interiore libera e suggestiva. Minimalista è una delle parole che meglio spiegano il significato della musica proposta, che rimane acustica per tutto il disco, con la chitarra di Rocchi accompagnata quasi esclusivamente dalla verve dell’ottimo Pagani, diviso tra il flauto e il violino. La mancanza di forti elementi percussivi si avverte e con il passare delle tracce alimenta nell’ascoltatore qualche perplessità figlia di una certa staticità e ingenuità che affiora qua e là tra i solchi del disco. Nel complesso si assesta su valori discreti e soprattutto risulta fondamentale nell’analisi da noi proposta, perché proprio partendo da questo primo passo si svilupperà quel sound intriso di folk, psichedelia e rock progressivo che andrà a formare l’ossatura di uno dei maggiori dischi cantautorali degli anni ’70, Volo Magico n. 1. (Luigi Cattaneo)

La tua prima luna (Video)

martedì 9 agosto 2016

MISTEYES, Creeping time (2016)


I Misteyes iniziano il loro percorso nel 2012, quando il singolo Brains in a vat metteva in luce il loro amore per le tipiche sonorità del death e black metal. Dopo pochi anni però il progetto inizia a mutare con l’inserimento di una voce femminile e delle tastiere, mezzi efficaci per definire il sound del demo Lady loneliness, che presentava l’aspetto dualistico e il contrasto tra le rabbiose parti death e gli ampi sprazzi melodici dal sapore gotico. Creeping time si muove proprio partendo da questi presupposti, con la formazione allargata a ben 7 elementi (Edoardo Iacono alla voce, Denise Manzi alla voce, Daniele Poveromo alla chitarra, Riccardo Tremaioni alla chitarra, Gabriele Gilodi al pianoforte e ai synth, Andrea Gammeri al basso e Federico Tremaioni alla batteria) e che ha incorporato anche elementi progressive lungo la strada. Nei Misteyes possiamo così trovare la complessità del black sinfonico, la potenza del death metal e l’alone dark della scena gothic, con un ruolo essenziale svolto da Gilodi, molto bravo nel creare tappeti orchestrali di ampio respiro melodico. Interessante è anche la contrapposizione tra il growl di Iacono e il cantato pulito di Denise, caratteristica fondamentale del sound Misteyes ed elemento su cui i ragazzi paiono molto puntare. Brutalità e raffinatezza vanno di pari passo e si sviluppano attraverso brani mediamente lunghi che mettono in mostra buone doti tecniche e un certo gusto per atmosfere sinistre e oscure. I torinesi sfruttano a dovere arrangiamenti sofisticati e intricati giochi ritmici, elementi che si palesano in ottimi pezzi come la title track e Destroy your past. Lungo il full lenght si percepisce come il gruppo sappia intersecare stati d’animo differenti, sfaccettature che hanno portato alla realizzazione di un debut intelligente e ben strutturato e che vede coinvolti anche una serie di ospiti come Bjorn Strid dei Soilwork (voce in Decapitated Rose), Nicole Ansperger degli Eluveitie (violino nella conclusiva Winter’s judgment), Roberto Pasolini degli Embryo (voce in The demon of fear) e Mattia Casabona degli Aspasia (che presta la sua voce in diversi momenti tra cui la coinvolgente Chaos). Per maggiori informazioni e per acquistare l’album potete visitare la pagina facebook dell’ensemble e il sito della Maple Metal Records (www.maplemetalrecords.com) che distribuisce l’album. (Luigi Cattaneo)

Creeping time (Album trailer)

lunedì 1 agosto 2016

GLARESHIFT, Second Mirror (2015)


Il progetto Glareshift nasce a Roma nel 2011 dalla voglia di sperimentare di Alessandra Bersiani (batteria, percussioni, tastiere, voce e flauto) e Daniele Nuzzo (chitarra, synth e voce) e si completa con Gianluca Chris Quoley al basso. Un trio che non deve far pensare a formazioni come Le Orme o gli Emerson Lake & Palmer però, quanto più a ensemble come The Cure, Bauhaus e Dead Can Dance che si sposano miracolosamente con il progressive rock dei Van Der Graaf Generator e con quello del nuovo millennio targato Steven Wilson e Oceansize. Dopo AgNO3 ora è la volta di Second mirror, un album dove le varie anime del progetto si fondono per creare qualcosa di estremamente interessante e avvincente, un dark prog oscuro e lirico che convince soprattutto nei brani più lunghi, quelli dove la band può includere tutte le anime del loro sound, così ricco e sfaccettato. Da segnalare la presenza di Jerry Cutillo degli Oak al flauto, che con la sua presenza arricchisce le lunghe e intricate Reflection ed Exit, due dei brani migliori del disco, così piene di idee settantiane ma trasportate nell’attualità, inizio e fine di un lavoro a tratti davvero sorprendente e che non dovrebbe passare inosservato (cosa ampiamente sperata dal sottoscritto). In mezzo regna la visionaria Insight, con ampi spiragli strumentali ipnotici e suggestivi, un alone di psichedelia che aumenta ancor di più la dote del gruppo di creare situazioni raffinate ed espressive. Completano il quadro EnTrance e Realeyes, più brevi e vicine alla forma canzone, soprattutto la prima molto prossima al goth metal, ma comunque molto riuscite, con la seconda davvero visionaria e dark oriented. Second mirror è un disco di grande valore che non fa altro che confermare come la scena underground italica (a prescindere dal genere) sia più viva che mai, il problema spesso è supportarla adeguatamente … (Luigi Cattaneo)

Reflection (Video)

CONCERTI DEL MESE, Agosto 2016

Lunedì 1
·The Watch a Numana (AN)
·Estro ad Anzio (Roma)

Martedì 2
·Aldo Tagliapietra a S. Vito Normanni (BR)

Mercoledì 3
·PFM a Lignano Sabbiadoro (UD)
·Vittorio De Scalzi ad Agerola (NA)

Giovedì 4
·UT New Trolls a Bordighera (IM)
·Animals As Leaders a Fontaneto d'Ag.(NO)
·FixForb a Maracalagonis (CA)
·The Prog Machine a Marghera (VE)
·Delirium+Alter Echo a Sori (GE)
·Quarto Vuoto a Jesolo (VE)

Venerdì 5
·Animals As Leaders a Pordenone
·FixForb a Villaputzu (CA)
·Fred Frith a Chamois (AO)

Sabato 6
·Trieste Summer Rock Festival
·PFM a Ovindoli (AQ)
·Napoli Centrale a Sanza (SA)
·Lateral Blast a Moricone (Roma)
·Seldon a Firenze
·FixForb a Villasimius (CA)
·Le Orme a S. Giovanni in Marignano (RN)
·Eldritch a Empoli (FI)
·MITO New Trolls a Rotondella (MT)
·Démodé a Codroipo (UD)

Domenica 7
·Trieste Summer Rock Festival
·Ian Anderson a Cortona (AR)
·Eivind Aarset Quartet a Chamois (AO)
·PFM a Contursi Terme (SA)

Lunedì 8
·Metadrive+Le Orme a Mantova

Martedì 9
·Ian Anderson a Civitanova Marche (MC)
·Vittorio de Scalzi a Francavilla (CH)
·Aldo Tagliapietra a Francavilla (CH)

Mercoledì 10
·Napoli Centrale a S. Leucio Sannio (BN)

Giovedì 11
·Silver Key+Moongarden a Mantova
·Napoli Centrale a Torchiara (SA)
·Le Orme ad Albi (CZ)

Venerdì 12
·Malibran a Ragalna (CT)

Sabato 13
·PFM a Rispescia (GR)
·SVM a Neoneli (OR)
·Le Orme a Sutri (VT)

Domenica 14
·Napoli Centrale a Rivisondoli (AQ)