venerdì 29 marzo 2019

KOTIOMKIN, Lo Albicocco al curaro - Decameron 666 (2018)


È un amore viscerale quello che mi porto dietro da qualche anno per i Kotiomkin di Enzo P. Zeder, da quando li scoprii nel 2016 con Squartami tutta – Black Emanuelle goes to hell (trovate la recensione qui sul blog), seguito di Maciste nell’inferno dei morti viventi – Peplum Holocaust del 2014. L’infatuazione comune per le soundtrack e il cinema di genere mi lega probabilmente al progetto, che oggi si rinnova, perché Davide Di Biagio, che con la sua chitarra aveva saturato l’aria di preziosi riff nel precedente lavoro, non è purtroppo più della squadra e gli abruzzesi sono rimasti in due, il buon Zeder per l’appunto, impegnato al basso e ai synth e Gianni Narcisi alla batteria, con il suono che ha chiaramente perso qualcosa in termini di potenza stoneriana, guadagnandone in quanto ad atmosfera gotica, complice l’uso degli analogici sintetizzatori e il cinematografico tema trattato. Lo Albicocco al curaro – Decameron 666 è la colonna sonora immaginaria di un racconto, quello di Buffalmacco e Fra’ Tazio che si risvegliano nel dantesco girone dei lussuriosi, dove una suora poco educata che si è impiccata per la vergogna nel chiostro del convento, sembra unire le anime dei due peccaminosi compari. Tra antichi riti, lussuriose violenze ed empi accadimenti, si consuma questa storia dedicata al maestro Lucio Fulci, omaggiato in Fatal Commestio, che tra pulsioni funky e cadenze doom si chiude con una splendida citazione tratta da L’aldilà – E tu vivrai nel terrore del regista romano. È bona la fregna! Magna, magna, magna! Ci viene così ordinato in Sexy Averno e chi siamo noi per disobbedire al godereccio duo? E allora, tra distorsioni promiscue e il sax dell’ospite Sergio Pomante (incontrato ultimamente nell’ottimo Asperger di Caterina Palazzi Sudoku Killer), si dipana l’ennesimo grande episodio. Gli altri tre brani non mutano il destino del disco, che tra stoner, doom, progressive e atmosfere filmiche, chiude con l’esemplare Satanasso “Protettore” delle donne un ritorno personale e suggestivo. Qui di seguito il link per trovare tutti i dischi della band, un click è d'obbligo https://kotiomkin.bandcamp.com/ (Luigi Cattaneo)



mercoledì 27 marzo 2019

KNIGHT AREA, Nine Paths (2011)


Dal debutto discografico del 2004 ad oggi i Knight Area sono diventati una presenza costante e di rilievo della scena new prog attuale, con diversi album all’attivo e un consenso di pubblico e critica sempre crescente. Questo Nine Paths del 2011, di cui vi parlo oggi, confermava le buone doti già espresse dagli olandesi nei precedenti lavori, abili costruttori di trame mai esageratamente complesse e sempre attenti al dettaglio melodico. Probabilmente il gruppo non ha ancora trovato la strada per piazzare il grande colpo, quel disco capace di lanciarti nell’olimpo dei grandi del progressive, e questo probabilmente perché non sempre le idee in loro possesso sono state messe interamente a fuoco. Non faceva eccezione Nine Paths, in cui troviamo tutti gli ingredienti tipici della ricetta new prog, due lunghi brani posti in apertura e chiusura, Ever Since you Killed me ed Angel’s call, in cui il gruppo può concentrare tutte le caratteristiche della loro musica. Quindi refrain accattivanti, melodia in abbondanza, notevole padronanza strumentale soprattutto nelle splendide parti di chitarra di Mark Vermeule e nelle suggestive aperture tastieristiche di Gerben Klazinga, riferimenti ai Marillion ma anche ai Pendragon, atmosfere sognanti ed enfatiche. C’è anche spazio per momenti più aggressivi come in Summerland, pezzo giocato sugli intrecci tra tastiere e chitarra (in odore di hard). Si palesa alle nostre orecchie anche una ballatona strappalacrime, Please come home, in cui duettano Mark Smith e Charlotte Wessels, per un risultato forse un po’ troppo ruffiano, facendo trapelare una dose piuttosto alta di Aor. C’è poi qualche caduta di tono in brani costruiti bene ma che difettano di poco mordente come Clueless e la strumentale Pride and joy, che non aggiungono molto al discorso se non mostrare le doti tecniche dei singoli. Allora meglio lasciarsi andare sulle note di The river, che nella prima parte si presenta in maniera lieve e soave, salvo poi spezzare questo feeling con un lungo solo di Klazinga e un fine lavoro di Vermeule, per una classica new prog song in cui ritrovare di nuovo il suono dei Pendragon ma anche di un altro gruppo sacro del genere, gli Iq. Anche Wakerun e The balance si presentano come due tracce di buon livello pur non presentando sostanziali differenze sul copione, anche se nella prima c’è qualche avvisaglia heavy che davvero non guasta e un ottimo lavoro ritmico che emerge con maggior preponderanza rispetto a quanto si è ascoltato per tutto l’album. Nine Paths è un disco che mi sento di consigliare a tutti gli amanti del new prog ma anche del progressive in generale, perché i momenti di valore non mancano, anche se l’originalità non abita di casa qui e probabilmente con un po’ più di attenzione si sarebbe potuta creare un’opera di grande livello. (Luigi Cattaneo)   

lunedì 25 marzo 2019

CLAUDIO FASOLI, Land (1988)


Claudio Fasoli «Land»

Ci siamo occupati qualche mese fa della ristampa di Bodies, disco di Claudio Fasoli del 1990, e questa volta facciamo un passo indietro, al 1988, anno di Land, registrato in trio con Kenny Wheeler alla tromba e il sottovalutato Jean Francois Jenny Clark al contrabbasso (con loro e con Daniel Humair registrò anche Welcome nel 1986). Il rapporto del sassofonista con Wheeler si consoliderà lungo quattro dischi e molti concerti e trovano in Land un apoteosi fiatistica in cui si riconoscono i tocchi dei due interpreti, supportati dalle calibrate note di Clark. Un trio sperimentale che riuscì a creare qualcosa di interessante seppure in un contesto parzialmente asciutto, dove il togliere elementi che stratificavano il suono sembrava la via più consona in quel momento nella personale visione di Claudio, che confermava il suo essere curioso e sempre in movimento. Il non convenzionale, assurto su cui spesso si è basata la poetica fasoliana, si respira nelle ottime Kammertrio, divertente e liberatoria, e nella particolare vena di Tang, ma è tutto il disco ad offrire una partitura che avanza coesa e maestosa, come nella conclusiva e raffinata Beedie’s time. Melodie ricercate, intrecci complessi, temi imponenti legati all’interplay nobile tra Fasoli e Wheeler, tutti elementi che fanno di Land l’ennesima piacevole riscoperta di una carriera davvero senza confini. (Luigi Cattaneo)

Kammertrio (Video)


domenica 24 marzo 2019

WYATT EARP, Wyatt Earp (2018)



I Wyatt Earp (Matteo Finato alla chitarra, Leonardo Baltieri alla voce, Flavio Martini alle tastiere, Fabio Pasquali al basso e Silvio Bissa alla batteria) nascono nel 2013, innamorati di quel suono hard rock che caratterizzava i settanta di gruppi storici come Deep Purple, Uriah Heep, Black Sabbath, Rainbow e Led Zeppelin. L’omonimo album d’esordio qui presente parte subito forte con Dead end road, tra riff di chitarra e tastiere vintage, così come sulla stessa falsariga si muove Ashes, che inizia con più atmosfera ma ben presto diventa un trascinante brano di puro hard rock. Live on mette in mostra tutto il talento del quintetto, con una sezione ritmica efficace e solida, che permette a Martini e Finato di divertirsi, e non poco. With hindsight vive sul dualismo tra parti più soffuse e altre decisamente heavy, fino a dipanarsi in un eccelsa sezione strumentale davvero coinvolgente. Bravo anche Baltieri, che si erge a protagonista di una bella prestazione (convincente per tutto il disco a dire il vero). Back from afterworld è uno scatenato omaggio a quella stagione irripetibile, mentre la conclusiva e lunga Gran Torino è forse la traccia migliore dell’album, sintesi dell’approccio dei veronesi alla musica e grandeur finale a base di hard epico e fughe strumentali libere da qualsiasi voglia costrizione. Spigliatezza, entusiasmo, sano rock anni ’70, se siete alla ricerca di tutto questo, nessun dubbio, i Wyatt Earp sono quello che state cercando. (Luigi Cattaneo)

Gran Torino (Video)



venerdì 22 marzo 2019

GIANLUIGI GIORGINO, Feeling Unreal (2018)



Gianluigi Giorgino è un chitarrista salentino che ha da poco pubblicato Feeling Unreal, 33 minuti molto convincenti registrati in trio con l’ausilio dei bravissimi Giulio Rocca (batteria), Fabio Capone e Federico Pecoraro (questi due si dividono il ruolo di basso sul disco). Oltre alla tecnica, presente ma non prerogativa stucchevole, Giorgino ha tutte le doti che servono per sfornare un lavoro che unisce veemenza e classe, l’abc della chitarra solista calata in brani suggestivi, che spaziano dal rock blues al post psichedelico. I brani sono tutti di buon livello, mostrano il gusto e l’eleganza di interpreti che non hanno lasciato nulla al caso (ne sono fulgido esempio il pianoforte di Mailman Blues e le tastiere di Freezing in my space, entrambe suonate da Luciano Selvaggio). Il (doppio) power trio ha le giuste dinamiche e riesce a creare spesso fraseggi ricchi di pathos, come in The soul catcher, ma è tutto l’impianto a funzionare, una costruzione articolata ma sempre molto comunicativa. Tecnica e feeling, muscoli e cuore, per un debut davvero interessante e che si pone sulla stessa ottima scia degli ultimi album di Gianluca D’Alessio, Egidio Maggio e Aurelio Follieri. (Luigi Cattaneo)

Yellow room (Video)






lunedì 18 marzo 2019

LIPZ, Scaryman (2018)

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Arrivano dalla Svezia i glam rockers Lipz (Koffe K alla batteria, Alex K alla chitarra e alla voce, Conny S alla chitarra e Chris Y al basso), traghettati in Italia dalla Street Symphonies Records, etichetta specializzata in produzioni di questo tipo e che conferma la bontà del suo rooster anche stavolta. Scaryman parte subito forte con la title track, chiarificatrice delle intenzione stradaiole della band, a cui segue a ruota la brillante verve di Star. Get up on the stage è puro sleaze, genere che da quelle parti è di casa, così come Fight mostra ampie dosi di hard rock, citando i padri putativi Motley Crue. Un insegnamento che Get it on non fa altro che confermare, mantenendo elevate le belle impressioni sin qui registrate, conducendoci con sicurezza verso l’impertinenza di Falling away e l’aggressiva Tick Tock. Ci si avvicina alla conclusione di questo bel debutto dapprima con l’avvincente Trouble in paradise e poi con l’ottima ballata acustica Everytime I close my eyes, bonus di un lavoro che gli amanti di Motley Crue e Poison ma anche di band contemporanee (e della stessa etichetta) come Aerodyne, Poisonheart e Superhorror, non possono lasciarsi sfuggire. (Luigi Cattaneo)
Star (Video)
 

venerdì 15 marzo 2019

REESE ALEXANDER, The digression theory (2018)

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Reese Alexander è un solo project di stanza a New York, una one man band che con passione e determinazione ha creato un doppio totalmente autoprodotto, recorder in my room, ci tiene a precisare, e fa quasi tenerezza a pensarlo architettarsi in questo complesso groviglio che è The digression theory, un concept in due parti ispirato al progressive metal dei Dream Theater, dei Deer Hunter e e degli Haken, nuovi profeti di un genere che riesce ancora dopo anni a catturare giovani fan.


Entrambe le parti sono molto enfatiche, cariche di pathos drammatico, caratteristica permanente di un lavoro molto strutturato (basti pensare ai 21 minuti di Hammer and nail con Liam McLaughlin alla chitarra o i quasi 15 di Human, che vede invece la partecipazione dell’ottimo Kilian Duarte al basso). Le idee espresse sono tante, a volte pure troppe, con Reese che mostra doti di scrittura evidenti, alle quali va abbinato un maggiore riguardo in sede di arrangiamento, elemento che può far fare il salto di qualità ad un prodotto che ha solo bisogno di essere meglio rifinito (uno studio e magari un produttore potrebbero cogliere al meglio le istanze del progetto). Difatti pezzi come Line o The digression theory hanno elementi al loro interno che meritano attenzione, un punto di partenza importante che va alimentato con perseveranza e cura dal bravo Reese. L'intero lavoro è ascoltabile e comprabile visitando la pagina https://reesealexander.bandcamp.com/ (Luigi Cattaneo)

martedì 12 marzo 2019

ANTILABÈ, Domus Venetkens (2018)

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Domus Venetkens è il terzo lavoro degli Antilabè, una suite in dieci sezioni che racconta di migrazioni lontane con la solita grazia che contraddistingue il percorso dei trevigiani (Carla Sossai alla voce, Luca Crepet alla batteria, alle percussioni e al vibrafono, Graziano Pizzati al pianoforte e alle tastiere, Adolfo Silvestri al basso e al bouzouki, Luca Tozzato alla batteria e alle percussioni e Marino Vettoretti alla chitarra e al flauto). Le visioni Etno Folk del brillante sestetto incontrano via via pulsioni jazz, umori classici e stilemi progressivi, in un ideale incontro tra raffinate partiture ricche di colori e trasversali strutture world. Lo sviluppo a forma di suite rende l’insieme ancora più affascinante e peculiare, con l’etnomusicologia sullo sfondo e una ricerca delle tradizioni popular che confermano il grande studio che vi è dietro il progetto Antilabè e ad un’opera di tale portata. Ci sono voluti otto anni per arrivare a questi risultati (Diacronie, di cui avevamo parlato, è del 2010) ma l’attesa è stata ripagata da un album meraviglioso, in cui i contributi esterni di Elvira Cadorin (voce), Piergiorgio Caverzan (clarinetto e sax) e Sara Masiero (arpa celtica) non sono solo corollario ma si incastrano perfettamente nel già profondo tessuto, anche culturale, che emerge dall’ascolto di Domus Venetkens. Non c’è solo ricerca sui suoni, ma anche sugli idiomi utilizzati, perché il gruppo non si pone confini e pur nella sua complessità il disco risulta sempre molto naturale e scorrevole. Il crossover tra generi diviene il motore che alimenta scenari suggestivi, arcani, anche misteriosi perché lontani dalla nostra epoca (il cinquecentesco segreto di Enetioi o L’è rivà carnoval, ispirato dalle Canzonette Veneziane da Battello di metà settecento), ma è proprio questo che alimenta nell’ascoltatore la voglia di scoprire quali sono le fonti di tanta ispirazione. 45 minuti sontuosi, che rafforzano l’identità e lo spirito di una delle band più curiose del panorama italiano. (Luigi Cattaneo)
L'è rivà carnoval (Video)
 
 

 

sabato 9 marzo 2019

GROUND CONTROL, Untied (2018)


I Ground Control sono una band di Montecchio Emilia, che ha iniziato il proprio percorso sperimentando attorno a brani di personaggi immortali come David Bowie e Lou Reed, un’efficace palestra per arrivare a questo primo full lenght, Untied. L’inizio è quantomeno sorprendente. Mai avrei pensato di ascoltare un pezzo costruito attorno ad un campione audio tratto dal film Johnny Stecchino, così ci pensa la geniale Kaputt Mundi a rendere realtà questa colorata idea. Ma non è l’unica fonte cinematografica riportata dagli emiliani, che infatti precisano: "Alcuni pezzi del disco vedono l’utilizzo di campioni audio senza i quali le canzoni stesse non sarebbero nemmeno mai nate, ne rappresentano le fondamenta”. E difatti il discorso regge anche per First fire, in cui la citazione è tratta da Dead poets society, mentre un discorso targato Nasa fa da traino per l’ottima Major e addirittura un edizione speciale del Telegiornale Rai del 15 gennaio 1971 fa da sfondo per l’amara Italiani brava gente. Oltre alle buone doti di scrittura, il quartetto formato da Marco Ravasini (voce), Marco Camorani (chitarra), Pietro Albera (batteria) e Jambo Iori (basso), ha costruito un lavoro adattissimo per l’esecuzione live, tanta è la carica energica sprigionata dalle tracce di Untied. Stoner, alternative, grunge, si inseguono e costituiscono trame che hanno forza d’urto ma anche enfasi malinconica (ricordando in questo anche qualcosa dei Marlene Kuntz), elementi al servizio di strutture che sanno colpire, come nel caso di Untied the horses o Il giorno mi consuma. Ultima nota, di merito, un efficace cover del Duca Bianco, Absolute beginners, che completa una prima prova di spessore. (Luigi Cattaneo)
Kaputt Mundi (Video)

giovedì 7 marzo 2019

HEAVENBLAST, Stamina (2018)

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Nati nel 1995, gli HeavenBlast hanno al loro attivo solo due dischi, l’omonimo del 2003 e Flashback del 2007, un percorso tortuoso che li ha portati solo nell’anno appena passato alla pubblicazione di Stamina, con la line up che vede coinvolti Chiara Falasca (voce), Donatello Menna (chitarra e basso), Matteo Pellegrini (tastiere) e Alex Salvatore (batteria), più una serie di special guest importantissimi per dare vita ad un suono figlio degli anni di nascita della band, quando il power era tra i generi heavy più fecondi. Nel caso specifico, il quartetto ricorda tanto gli Angra quanto i nostrani Labyrinth, nonché gli Athena del cult A new religion? (i più attenti forse ricorderanno questa ottima formazione). Il disco rimane molto melodico anche nei momenti più tirati, facendo emergere il substrato sinfonico ma anche una certa attitudine hard rock ed heavy prog, con le qualità tecniche degli abruzzesi utilizzate sempre in funzione di brani corali, alcuni tra l’altro davvero significativi, come Purity, impreziosita dal violino di Danilo Florio e Sinite parvulos venire ad me, in cui fa la sua comparsa il growl di Emanuele Bizzarro dei Dark Haunters. Interessante ritorno, da non lasciare isolato, per una delle tante band heavy che popolano il nostro underground metal. (Luigi Cattaneo)
Purity (Video)
 

domenica 3 marzo 2019

SELDON, Per quale sentiero (2018)



I Seldon (il cui nome è tratto da un personaggio creato da Isaac Asimov) nascono nel 2008 dalla fervida mente di Marco Baroncini (voce, piano e tastiere), a cui si aggiungono Francesco Bottai (chitarra), Cristiano Bottai (batteria) e Carlo Sciannameo (basso), arrivando a pubblicare Tutto a memoria. L’arrivo di Carlo Bonamico al basso e di Marco Barsanti alla batteria segna una piccola rivoluzione in seno ai toscani, ora maggiormente orientati ad un progressive che profuma di jazz rock e hard prog britannico, elementi che caratterizzano il nuovo Per quale sentiero, un lavoro fortemente espressivo che mi ha piuttosto sorpreso. I sette brani di questo ritorno sono davvero raffinati, ricordandomi anche quanto fatto qualche anno fa dai bravissimi Promenade, con testi zeppi di surreali suggestioni liriche, dark e pieni di riferimenti al mondo onirico di Asimov, scrittore russo tra i più citati in campo fantasy. Il progressive del quartetto pare un anello di congiunzione tra le produzione solistiche di Peter Hammil e gruppi contemporanei come La Coscienza di Zeno (per via della grande importanza data alla parola) e i Ranestrane (per l’attitudine a creare suoni carichi di immagini), ed è un vero peccato che i fan del genere non si siano ancora realmente accorti di questa band, che merita un grande riconoscimento per l’ottimo disco appena pubblicato. Difatti Per quale sentiero ha poche cadute, pur nella grande strutturazione dei brani vi sono sempre elementi riconoscibili, che rimangono impressi e che aumentano il senso di familiarità ascolto dopo ascolto, con punte epiche e crescendo lirici di forte impatto emotivo (su tutte Corpo e anima e Deserto dell’anima). Le ritmiche corpose, i fraseggi di chitarra che sottolineano le impennate atmosferiche delle tastiere di Baroncini, sono tutti elementi che giocano a favore di un clima darkeggiante, cupo in alcune occasioni, sostenuto da tematiche che rimandano a scenari misteriosi, al limite dell’impenetrabile. Piccolo gioiello di progressive rock italiano. (Luigi Cattaneo)
Corpo e anima (Video)
 

sabato 2 marzo 2019

FESTIVAL ROCK PROGRESSIVE 2019


 
Si svolgerà sabato 16 marzo la quarta edizione del Festival Rock Progressive, questa volta allo spazio Zenit a San Donà di Piave.
 
Headliner della serata i Syndone con il nuovo Mysoginia, con loro i rinnovati Quanah Parker, che per l'occasione presenteranno il nuovo DVD + Cd Live at Festival Rock Progressive 2016-2018: A Big Francesco (Ma.Ra.Cash Records, presente anche con il proprio stand ricco di progressive).
 
Ad aprire i Kerygmatic Project, di cui abbiamo parlato diverse volte proprio da queste pagine.

La proiezione di suggestivi fondali video è a cura di Maurizio Sant LS Production Live, mentre la serata sarà presentata da Gianmaria Zanier, conduttore del programma radiofonico Prog & Dintorni.
 
Costo biglietto: ingresso dalle 19:00, euro 15 (con prima consumazione nel prezzo e live di tutte e tre le band). Dalle 21 il prezzo scende a 10 euro (senza consumazione e con i concerti solo di Syndone e Quanah Parker, qui in foto).
 
La prevendita dei biglietti è sul circuito TicketOne, oltre che al negozio Musicanova di San Donà di Piave (VE), il cui numero di telefono è 042153215
 



venerdì 1 marzo 2019

CONCERTI DEL MESE, Marzo 2019

Venerdì 1
·The Watch a Roma
·My Tin Apple a Firenze

Sabato 2
·Mr Punch a Lugagnano (VR)
·Fungus Family + P. Siani Nuova Idea a Genova
·Arti & Mestieri alla Casa di Alex di Milano
·The Watch + Sintesi del Viaggio di Es a Bologna
·Duke a Padova
·Watershape + Moto Armonico a Tregnago (VR)

Giovedì 7
·Syndone a Milano

Venerdì 8
·Balletto di Bronzo a Roma
·Il Rovescio della Medaglia a Catanzaro

Sabato 9
·Haken + Vola a Milano
·Roberto Cacciapaglia a Pesaro
·Massimo Giuntoli ad Arese (MI)
·Mad Fellaz + Electric Swan a Veruno (NO)
·PFM a Salsomaggiore Terme (PR)
·EL&P Project a Pavia
·Il Rovescio della Medaglia a Cinquefondi (RC)
·Reale Accademia di Musica a Roma

Domenica 10
·Laviàntica a Roma

Lunedì 11
·Roberto Cacciapaglia a Verona

Martedì 12
·PFM a Bologna

Giovedì 14
·PFM ad Ancona
·Massimo Giuntoli a Lecco

Venerdì 15
·PFM a Udine
·Get'em Out a Forlì


Sabato 16
·PFM a Schio (VI)
·Roberto Cacciapaglia ad Ascoli Piceno
·Melting Clock + Basta! a Genova
·Riverside a Roma
·Invisible Knife a Torino
·Le Orme a Spilimbergo (PN)
·Festival Prog a S. Donà di Piave (VE)
·Massimo Giuntoli ad Arese (MI)
·Confusional Quartet a Monastier (TV)
·Florence in Prog Fest a Calenzano (FI)
·Rinunci a Satana? a Valdengo (BI)
·FEM + Karmablue a Roma

Domenica 17
·Riverside a Segrate (MI)
·Ozone Park a San Sperate (SU)

Martedì 19
·PFM a Venezia
·Roberto Cacciapaglia a Milano

Mercoledì 20
·Oberon a Palermo

Giovedì 21
·PFM a Martina Franca (TA)
·Alan Stivell a Roma
·Le Orme a Velletri (Roma)

Venerdì 22
·Alan Stivell a Mestre (VE)
·Roberto Cacciapaglia a Breno (BS)
·Massimo Giuntoli a Cusano Milanino (MI)
·Rinunci a Satana? a Osnago (LC)
·My Tin Apple a Firenze

Sabato 23
·PFM a Legnano (MI)
·Alan Stivell a Morbegno (SO)
·Il Segno Del Comando a Roma
·Le Orme a Castrovillari (CS)
·Anyway a Torino
·Get'em Out a San Stino di Livenza (VE)
·Symposium Prog Fest a Calcio (BG)
·Indiana Supermarket a Roma
·Juri Camisasca a Perugia
·Lingalad a Genova
·Posto Blocco 19 a Parma

Domenica 24
·PFM a Cremona

Martedì 26
·PFM a Genova
·Roberto Cacciapaglia a Perugia

Mercoledì 27
·Roberto Cacciapaglia a Roma
·Antimatter a Roma
·Annie Barbazza a Piacenza

Giovedì 28
·PFM a Firenze
·Jethro Tull a Torino
·Arcturus a Roma

Venerdì 29
·PFM ad Avezzano (AQ)
·Jethro Tull a Brescia
·Roberto Cacciapaglia a Torino
·Struttura E Forma a Milano
·Massimo Giuntoli a Reggio Emilia
·Arcturus a S. Donà di Piave (VE)
·Lachesis a Palazzago (BG)
·EL&P Project a Vedano Olona (VA)
·Mezz Gacano a Palermo
·Osanna a Cardito (NA)

Sabato 30
·Semiramis a Lugagnano (VR)
·PFM ad Avezzano (AQ)
·Phoenix Again a Milano
·Jethro Tull a Bologna
·Le Orme a Taglio di Po (RO)
·Arcturus a Paderno Dugnano (MI)
·Silver Key a Milano

·Festival Power Prog al Legend di Milano