martedì 24 febbraio 2015

IL GIARDINO ONIRICO, Complesso K MMIII (2013)


Secondo lavoro per Il Giardino Onirico dopo il valido Perigeo del 2012, con un disco, questo Complesso K MMXIII, che in realtà è il vero debut della band. Storia particolare perché l’album in questione, una suite divisa in quattro lunghe parti, era già pronto prima di Perigeo, ma le registrazioni del 2010 non videro mai ufficialmente la luce. Le buone critiche ottenute dopo la pubblicazione del suddetto platter hanno probabilmente indotto la band a tornare sul materiale precedente, viste anche le tante idee contenute in questi nastri. Vengono rinnovati aspetti tecnici come il missaggio e inserite nuove parti di batteria da parte di Massimo Moscatelli (che forma una bella coppia con Ettore Mazzarini al basso), che donano una certa aurea prog metal al risultato finale, complice anche il lavoro chitarristico di Stefano Avigliana e le parti di tastiera di Emanuele Telli e Dariush Hakim, sempre piuttosto maestose e affascinanti nel loro essere oscure e piene di pathos. La suite, quasi interamente strumentale, risente di quello che sta proponendo il mercato heavy prog degli ultimi anni, con Haken e Porcupine Tree in testa, per passando per gruppi trasversali che rispondono al nome di Beardfish e Liquid Tension Experiment. Dopo l’intro recitata da Marco Marini Complesso K si dipana in maniera articolata condensando il prog pensiero della band, con accelerazioni hard rock, parti oniriche in odore di Goblin, atmosfere vicine ai Libra di Shock, ritmiche dispari che denotano una certa tecnica dei musicisti coinvolti e suoni che sanno fluire vorticosamente in modo preciso e potente. Un concentrato di elementi ora più metal, ora più psichedelici, ora più settantiani in cui il gruppo mostra di non avere solo un genere di riferimento ma di inglobare nel loro dna un periodo piuttosto ampio del progressive. Complesso K è un come back (anche se può essere considerato il vero primo disco del sestetto) che probabilmente coinvolgerà soprattutto gli amanti di Dream Theater e affini e conferma il buon livello già raggiunto dai viterbesi in due soli dischi. Bisogna a questo punto capire quale sarà la direzione che la band intraprenderà con il terzo album, quello che potrebbe essere della definitiva maturazione. (Luigi Cattaneo)

Part I (Video)



sabato 21 febbraio 2015

I SALICI, Sowing Light (2015)


Tornano I Salici dopo l’acclamato debut del 2012 Nowhere Better than this Place, Somewhere Better than this Place (di cui avevamo parlato da queste pagine) e confermano quanto di buono era già emerso nella precedente produzione. Sowing Light è forse un disco più immediato ma non per questo meno affascinante, con la componente visionaria ancora ben presente e sostenuta da una solidità strumentale scevra da personalismi e a favore di una compattezza di fondo percepibile in tutti e dieci gli episodi presenti. Sowing Light è un caleidoscopio di stili in cui convivono con enfasi pulsioni rock, spunti folk e sfumature psichedeliche sognanti, un mondo dove coesistono passaggi malinconici e solari, sempre interpretati con gusto piuttosto personale. I brani hanno un’elevata componente live e pezzi come Fernando o Young Heart be in Love Tonight sanno essere trascinanti e avvincenti, ma anche quelli più dilatati, con in testa Louder than so e Bardo Thodol/Bossanova, mostrano un’attitudine che sa intrigare e ammaliare. Il convincente lavoro d’insieme del sestetto, con le pregevoli ritmiche base d’appoggio per variare proposte e contenuti, pur mantenendo una credibile identità, sforna trame curate nella forma e mai sopra le righe. Gli anni ’70, sì, ma come punto di partenza per affrontare un cammino dove i generi si sovrappongono sino a sparire, dominati da una ricchezza di suoni che profuma di vintage. Un modello però rivisitato con la sensibilità dei giorni nostri, complice anche la nascita di un proprio studio di registrazione all’interno di un’antica casa in pietra nella campagna del Friuli, luogo ideale per sperimentare divertendosi. Definire e incanalare I Salici in un solo genere risulta quindi complicato per via delle svariate influenze percepibili in Sowing Light, diviso tra suggestioni psichedeliche e tracciati folk rock. Un bel esempio di musica immaginifica, contaminata anche dalle culture contrapposte che animano la loro terra e che per la band diviene spunto imprescindibile per parlare di condivisione, natura e cultura rurale. (Luigi Cattaneo)

Ocean's Outshine (Video)

giovedì 19 febbraio 2015

LUCA SHERANI, Everybody's Waiting (2012)


Luca Scherani, tastierista conosciuto per le sue collaborazioni in alcuni progetti di Fabio Zuffanti (Aries, Hostsonaten) e per essere membro dei La Coscienza di Zeno, torna a cimentarsi nell’avventura solista dopo l’esordio Everyday’s life. Scherani è un profondo conoscitore degli strumenti a tastiera ma preferisce comporre quadretti dove la musica non si ferma al solo dato tecnico o virtuosistico ma pone più attenzione ai vari elementi che si devono incastonare all’interno di una forma canzone che presenta alcuni anche alcuni tratti pop mai banali o superficiali. Brevi momenti di lucidità è il classico inizio con il botto, anima classica assecondata da flauti, violini e un violoncello con impeto rock e la delicata voce di Nadia Scherani, brava nel dare la giusta espressività ad un bel testo. Lo stesso accompagnamento per Livide sfuocate distanze, un brano in cui prendono il sopravvento trame sinfoniche di indubbia bellezza, mentre il clima della seguente title track è decisamente diverso e mostra l’amore di Scherani verso i Goblin, perché Everybody’s waiting non starebbe male all’interno di una soundtrack di un film di Dario Argento. In Paura del domani si rivelano le due anime di Scherani, che costruisce una prima parte in linea con i dettami del rock, in cui si distingue il bel lavoro di Paolo Infusini alla chitarra, mentre nella seconda il duetto vocale tra Nicolò Pagliettini e Rachele Gherardi porta tutto più vicino ad un elegante pop. La vita nuova è un pezzo profondo in cui si racconta della nascita con parole semplici ma sentite e che viene ben interpretata da Simona Angioloni (Aries). In Siamo Piccoli Scherani oltre ad utilizzare la voce di Fausto Sidri (46°Parallelo) si fa aiutare da ben quattro chitarristi uno più bravo dell’altro come Matteo Nahum (La Maschera di Cera), Adriano Arena (di scuola jazz e fusion), Pino Solari e Andrea Maddaloni (La Leggenda New Trolls) che si dividono i soli. Ricordi incancellabili è molto più immediata e ripresenta quella verve tipica del pop che però non guasta affatto. Questo secondo capitolo dell’attività solistica di Scherani risulta piacevole e ben calibrato tra momenti di ottimo progressive, di cui è profondo conoscitore, la musica classica e il pop di buona fattura. (Luigi Cattaneo)

Everybody's Waiting (Video)




mercoledì 11 febbraio 2015

THE ONEIRA, Hyperconscious (2014)


Ritornano gli Oneira, band progressive rock ma dalle tinte hard guidata dal greco Filippos Gougoumis (chitarra e basso), un progetto influenzato tanto da Kansas e Rush, quanto da Everon e Shadow Gallery, che già aveva riscosso consensi con il precedente Natural Prestige (2011). Il nuovo Hyperconscious risulta essere un bel balzo in avanti in termini di complessità e raffinatezza, con Gougoumis ben coadiuvato da Giampaolo Begnoni (tastiere) e Danilo Saccotelli (batteria), oltre che da un bravissimo cantante come Manuel Ruscigno (presente però come membro esterno). Completano il quadro due special guest come Oliver Philipps (tastiere, chitarra e voce) degli Everon e Charlotte Wessels dei Delain. Gli Oneira tingono questo come back con sonorità che sanno essere in bilico tra rock e metal, appaiono attentissimi nella cura del particolare e nella ricerca di delicate armonie e brillanti arrangiamenti, che si sviluppano in modo fluido e mai troppo enfatico. Capacità tecniche a sostegno di melodie studiate ad hoc e di matrice quasi AOR che aumentano ulteriormente il feeling espresso, in un susseguirsi di passaggi sinfonici e strumentali di grande impatto. È il caso delle maestose trame di Puzzle e In my Mind (con le linee vocali della Wessels), tracce in cui gli Oneira, pur senza abbandonare partiture complesse, riescono a coinvolgere l’ascoltatore grazie ad una scrittura aggraziata e di grande fantasia. Il gruppo ha la capacità di donare un’anima al protagonista del concept, di mettere a nudo le sue emozioni nella costante indagine su sé stesso e pezzi come Forget Me sono assolutamente da brivido, merito anche del contributo vocale di un ottimo Philipps e del fine lavoro di Begnoni. Ma non sono da meno l’iniziale Closer (soprattutto per gli splendidi ed evocativi intrecci strumentali) e Summer Light (con un chorus davvero azzeccato). Merita una menzione anche l’episodio più heavy del platter, Face the Darkness, con pregevoli cori in prima linea e un lavoro ritmico che dona profondità al brano. Hyperconscious è uno dei dischi più interessanti del 2014 appena passato e scoprirlo nella settimana del festival di Sanremo, in cui l’Italia si ferma al capezzale di Al Bano e Romina, è un antidoto naturale di straordinaria efficacia … (Luigi Cattaneo)

Puzzle (Video)

lunedì 9 febbraio 2015

IL GIARDINO ONIRICO, Perigeo (2012)


La riscoperta di certe radici, di filosofie lontane decenni e di un gusto per l’universo settantiano ha contagiato oramai centinaia di giovani band che si abbeverano da quel remoto mondo e tentano in qualche modo di rivisitarlo con un ottica attuale e moderna. In Italia stiamo assistendo ad un proliferare di complessi, più o meno validi, che si riallacciano a quel periodo storico con risultati anche molto buoni. È il caso di questo esordio di Il Giardino Onirico (Marco Marini-voce narrante, Stefano Avigliana-chitarra, Emanuele Telli-tastiere, Dariush Hakim-tastiere, Ettore Mazzarini-basso e Massimo Moscatelli-batteria), gruppo che unisce il prog di 40 anni fa con quello hard dei modelli Dream Theater e Vanden Plas e spunti psichedelici piuttosto interessanti. Sotto una spessa coltre di cambi di tempo e fraseggi dilatati, il sestetto mostra di avere nel proprio dna qualità melodiche ben riconoscibili e che si sviluppano in modo piuttosto fluido in ognuno dei cinque lunghi pezzi qui presenti. L’iniziale B.S.D. è esemplificativa di quello che è lo stile dell’ensemble, con parti prog metal che vengono smussate dal fine lavoro della coppia Telli-Hakim e da elementi acustici che ampliano la gamma espressiva del brano. È tutto il disco a muoversi su queste coordinate, con frangenti ora più heavy, ora più sognanti e malinconici, ora più psichedelici ma sempre molto coinvolgenti e passionali. Difatti su una solida base ritmica si muove in modo opportuno ed efficace Avigliana e l’approccio hard prog si leviga di indovinate pulsioni space Porcupine Tree style, sempre molto calibrate all’interno dei singoli momenti, arrivando a creare dei piccoli gioielli di dinamismo e comunicatività. Disco avvincente e ad alto tasso emotivo. (Luigi Cattaneo)

Perigeo (Video)

sabato 7 febbraio 2015

BLACK CAPRICORN, Cult of Black Friars (2014)


Terzo album per i cagliaritani Black Capricorn (dopo l’omonimo del 2011 e Born under the Capricorn del 2012), trio formato da Kjxu alla chitarra e alla voce, Virginia Piras al basso e la sorella Rachela alla batteria. Cult of Black Friars risulta meglio messo a fuoco rispetto ai precedenti lavori, con brani molto dilatati e cupi che faranno la felicità di quanti sono legati al doom maggiormente psichedelico e metal. Atomium è il mantra iniziale che funge da lunga intro per la title track, brano dall’animo settantiano, pregno di un atmosfera malsana e quasi diabolica, con parti potenti e maligne. Hammer of the Witches mostra qualche affinità con il metal dei Black Wings of Destiny, complice anche il solo di chitarra di Luca Catapano (membro del gruppo di Torino), mentre Riding the Devil’s horses si assesta su un doom pregevole e interessante. Menzione d’onore per Animula Vagula Blandula, trama psichedelica e dalle tinte prog in cui fa bella mostra di sé la brava Alessandra Cornacchia dei Sacred Sword al flauto. Più aggressiva la seguente Cat People, merito degli azzeccati riff di Kjxu, sempre indovinati e al posto giusto, così come parecchio riuscita è From the Abyss, con una sezione ritmica fantasiosa e molto corposa. Il lento rituale prosegue con la sinistramente affascinante e stoner Arcane Sorcerer, prima del gran finale di To the Shores of Distant Stars, breccia acustica e psych che rimanda profondamente agli anni ’70 e che viene cantata da Rachele. Disco consigliato agli amanti del genere, perché chi è alla ricerca di virtuosismi e pulizia sonora rischia di non riuscire ad apprezzare le qualità di un disco come Cult of Black Friars. (Luigi Cattaneo)

Cult of Black Friars (Official Video)

giovedì 5 febbraio 2015

MISTY MORNING, Ga.ga.r.in (2014)


Arrivano all’esordio per Magick Science Records i Misty Morning (Luke Moretti alla chitarra e alla voce, MaxBax al basso, Frankie Insulina alla batteria e Rejetto alla parte elettronica), quartetto amante dello stoner, della psichedelia e del doom. Ga.ga.r.in è l’acronimo di Galactic Gateways for Reborn Intellects e rimanda al cosmonauta sovietico J.A.Gagarin, spinta per un disco solo in apparenza improntato sul fantasy. Difatti la band non disdegna tematiche oscure e colte (tra cui la letteratura e la fisica moderna) che ben si adattano ai passaggi ora più hard, ora più psych del complesso. I Misty Morning, dopo due ep (Martian Pope e Saint Shroom), giungono al full length consapevoli di quel che possono offrire e in quale direzione andare. Un percorso in cui si incontrano fraseggi tipici del doom metal e aperture prog che convincono soprattutto nei momenti più strutturati e dinamici. La title track e Doomzilla sono i due brani che mostrano il lato più aggressivo e solido del gruppo, con una serie di riff piuttosto possenti e piazzati al momento giusto, mentre Mourn o’whales ha un approccio progressive e psichedelico che si dipana con grande maestria lungo i suoi quasi 11 minuti di durata. L’anima lisergica del quartetto emerge con forza e in maniera preponderante in quello che è forse il brano che meglio sintetizza lo stile e anche il potenziale dell’act. Altra traccia di buonissima fattura è Black Monk Lives (ispirata al filosofo Giordano Bruno), vicina tanto ai Black Sabbath quanto agli Hawkwind. Ottimo l’omaggio a Branduardi e alla sua Ballo in fa # min, che qui diviene una lunga e conturbante cavalcata di dieci minuti, arcaica e dilatata, con il gruppo che trasforma la danza macabra in un mantra profondo e viscerale. Le due bonus (Doomzilla in giapponese e Ga.ga.r.in in italiano) risultano gradevoli pur senza aggiungere nulla ad un lavoro interessante e ambizioso. (Luigi Cattaneo)

Ga.ga.r.in (Official Video)

domenica 1 febbraio 2015

CONCERTI DEL MESE, Febbraio 2015

Martedì 3
·Arturo Stàlteri Napoli

Giovedì 5
·Änglagård Roma
·Lachesis Barzana (BG)

Venerdì 6
·Slivovitz Pomigliano d'Arco (NA)
·Richard Sinclair Cannes (Francia)
·Pennelli di Vermeer Torre Annunziata (NA)

Sabato 7
·Änglagård+Balletto di Bronzo Cusano Milanino (MI)
·The Watch Lugagnano (VR)
·Fish Mestre (VE)
·Richard Sinclair Beausoleil (Francia)
·Dark Ages S. Giovanni Lupatoto (VR)
·Patrizio Fariselli Gambettola (FC)

Domenica 8
·Fish Milano
·Lingalad Ardesio (BG)
·FixForb Castegnato (BS)

Lunedì 9
·Periferia del Mondo Roma

Mercoledì 11
·Fish Roma

Giovedì 12
·Progressive Night Innsbruck (Austria)
·Nohaybandatrio Napoli
·Dropshard Milano

Venerdì 13
·Fish Firenze
·Magma Nizza (Francia)
·Area Open Project Trio Cesenatico (FC)
·Basta! Abetone (PT)
·Roccaforte Genova
·Nohaybandatrio Taurianova (RC)

Sabato 14
·Freeway Jam + Delirium Casa di Alex (Milano)
·Fish Nizza (Francia)
·Nohaybandatrio Avellino

Domenica 15
·Patrizio Fariselli Treviglio (BG)



Lunedì 16
·The Claudia Quintet Trieste

Martedì 17
·Démodé Sedegliano (UD)
·Pere Ubu Ciampino (Roma)

Mercoledì 18
·The Security Project Roma
·Pere Ubu Perugia
·The Claudia Quintet Bolzano

Giovedì 19
·Pere Ubu Torino

Venerdì 20
·The Security Project Cusano Ml. (MI)
·La Villa Strangiato Roma
·Pere Ubu Verona
·Syndone Torino
·C. Simonetti's Goblin Cascina (PI)
·Liquid Shades Ferrara
·Kalisantrope Saronno (VA)

Sabato 21
·Slogan Begamo
·Posto Blocco 19 Corcagnano (PR)
·Segno del Comando+Secret Tales Genova
·Security Project Lugagnano (VR)
·Wit Matrix Schio (VI)
·The Gentle Storm Roma
·Pere Ubu Ravenna
·Gibox Mobile Paprika Jazz Club Dalmine (BG)
·Sycamore Age Arezzo
·Napoli Centrale Martina Franca (TA)
·Roberto Cacciapaglia Montalcino (SI)

Domenica 22
·Arturo Stàlteri & Pierluigi Puglisi Roma

Mercoledì 25
·The Gentle Storm Milano

Giovedì 26
·PFM Cosenza
·The Gentle Storm Bologna
·Jester Fish S. Giovanni Lupatoto (VR)
·Dropshard Gattico (NO)

Venerdì 27
·Tributo a Bambi Fossati Genova
·Moongarden + Il Fauno Di Marmo Lugagnano (VR)
·PFM Reggio Calabria
·Sintonia Distorta Lodi
·FixForb Palestrina (Roma)

Sabato 28
·Not A Good Sign Casa di Alex (Milano)
·The Watch Trofarello (TO)
·Napoli Centrale Pozzuoli (NA)
·Trewa Rozzano (MI)
·FixForb Erbusco (BS) 

CAN OF SOUL, Hearreality (2014)


Si può intendere il progressive come genere crossover per eccellenza, nel quale ritrovare pulsioni prese in prestito da altri generi, senza per forza fermarsi a quanto detto e fatto dai mostri sacri dei ’70. Una filosofia di questo tipo permette di avere sotto il palco di un live dei Tool ragazzi di vent’anni con la maglia del Banco del Mutuo Soccorso o riuscire ad ascoltare con disinvoltura gli Haken e un attimo dopo la Premiata Forneria Marconi che omaggia De Andrè. Con certi presupposti si può pensare che i Can of Soul abbiano un approccio prog per la convivenza tra stili, più che per scelta ragionata. E d’altronde Tomas Toffolo, il leader di questo progetto, non si è mai avvicinato troppo al genere e le sue radici vanno ricercate piuttosto nell’heavy metal e nell’hard rock (già membro dei doom-thrashers Stygma). Hearreality è un concept di natura fantasy piuttosto variegato nei suoni, pur mantenendo un’attitudine rock molto accentuata per tutta la sua durata. Toffolo sparge idee a profusione, coadiuvato da musicisti abili tra cui spiccano Silvio Masanotti (chitarra ma anche basso e piano) e gli ospiti speciali Stefano Cabrera al violoncello (membro di Gnu Quartet) e Daniele Comoglio al sax. Nella girandola dell’album trovano posto trame dark wave, hard, new metal, in un connubio disinvolto che lascia immaginate una certa libertà in sala di incisione. Difatti non mancano ritmiche al limite del trash, così come passaggi elettronici e brevi momenti di matrice psichedelica, il tutto comunque ben amalgamato e con una buona continuità di risultati. Toffolo dimostra di conoscere la materia, frutto di anni di lavoro sul campo e pezzi trascinanti come Mystic, My Queen, Demon Eater e Beyond my Wayward Zen Garden sono lì a dimostrarlo. Hearreality è quindi un disco che scorre in modo assolutamente piacevole, complice un bel lavoro in sede di arrangiamento e cura del suono che rendono il platter interessante soprattutto per gli amanti di certi piccoli melting pot musicali. (Luigi Cattaneo)