Uscito nel 2019, Our new earth, del duo formato da Asaf
Sirkis (batteria) e Sylwia Bialas (voce), è un doppio dove emerge tutto il
background dei musicisti coinvolti (completano la line up i bravissimi Frank
Harrison a piano e tastiere e Kevin Glasgow al basso a 6 corde), un lavoro
d’insieme raffinato che esplora il jazz e lo imbeve di parti dal sapore etnico,
complice l’utilizzo di strumenti atipici come crotalo, manjira e waterphone, o
tecniche particolari di canto come il konnakol. La variegata tavolozza di
colori espressivi che utilizza il quartetto mostra un range singolare, che
guarda tanto a Occidente quanto ad Oriente, un’empatia che si manifesta con
chiarezza nelle 11 tracce di questo interessantissimo lavoro. Ballate delicate
e pezzi più legati al jazz rock e al progressive convivono perfettamente, tra
linee melodiche tenui, atmosfere sognanti, vibranti parti elettroacustiche e un
tocco world che diviene collante di un disco davvero pieno di felici
intuizioni. Our new earth è un album
sostanzioso, che ha bisogno di un approccio attento (come spesso accade per le
produzioni Moonjune Records) per cogliere i tantissimi aspetti di un’opera
complessa ma estremamente affascinante. (Luigi Cattaneo)
ProgressivaMente
Progressive Rock&Metal ma anche una panoramica su Jazz Rock, Fusion, Psichedelia, Avanguardia, Alternative e Post Rock. Un blog sulle sfumature della musica.
lunedì 8 marzo 2021
SIRKIS/BIALAS IQ, Our New Earth (2019)
giovedì 4 marzo 2021
AB ORIGINE, Eleusi (2020)
I mesi di lockdown e le
infinite trasformazioni colorate di questi ultimi 12 mesi ci hanno confinato in
casa, alla ricerca di lieti momenti di svago. Nelle ore passate a scoprire
nuove realtà mi sono imbattuto negli AB Origine di Gianni Placido,
didgeridooista curioso che porta avanti da anni un progetto ponte tra etnica,
elettronica, ambient, world music e rock, che lo ha portato ad esibirsi in
tutta Europa e in Israele. Il nuovo Eleusi
è un concept sulla perdita dell’umanità in un mondo dove domina la
tecnologia e oltre a Placido (impegnato non solo al didgeridoo ma anche al
flauto tradizionale del Marocco, al glokenspiel e allo scacciapensieri) troviamo
una serie di musicisti tra cui Riccardo Frisari alla batteria, Gabriele Gubbelini
all’elettronica e Otto Karl Wagner al sax. Aion,
The dreamtide rescue, Eleusi, mette subito al centro il potere evocativo
del didgeridoo, in questa sorta di eclettica suite dai suoni ancestrali, 12
minuti che ci conducono nel variopinto mondo del gruppo, fatto di immagini
suggerite e di luoghi lontani. Falling
forward è maggiormente d’impatto, aspetto non secondario e che si sposa con
la filosofia della band, elemento che ritroviamo anche nella vibrante carica di
Awake e in The chrono’s eater, dove Placido e Wagner trovano un magnifico
interplay. Da segnalare l’edizione in vinile rosso in edizione limitata
(comprensiva di CD), vera chicca per gli appassionati. (Luigi Cattaneo)
Falling forward (Video)
mercoledì 3 marzo 2021
ART, Asylum (2019)
Uscito nel 2019 per Sliptrick Records (proprio come il precedente Planet Zero), Asylum degli Art è il secondo lavoro di una band sempre più compatta e coesa, una crescita che ha portato ad un ritorno maturo, dove il progressive incontra la forma canzone, in un crescendo emozionale che non accusa cali nei nove brani che formano il racconto. Ivano Zanotti (batteria), Diego Quarantotto (basso), Roberto Minozzi (chitarra), Enrico Lorenzini (tastiere) e Denis Borgatti (voce, paino e Rhodes) hanno dato vita ad un lavoro suggestivo, intriso di melodie efficaci e partiture raffinate, complesso nella scrittura ma sempre attento alla costruzione di momenti fruibili e scorrevoli. Il concept sviluppato, atto secondo della storia, mostra una grande qualità compositiva, che riesce a rendere accessibili anche pezzi strutturalmente complicati e che non guardano solo al progressive, complici le influenze hard insite nelle splendide trame di No way out o della trascinante title track. Qualche rimando ai Dream Theater, un pizzico di Threshold e Marillion, ma soprattutto la voglia di suonare divertendosi, il che permette di non avere paletti prestabiliti e di fare di Asylum davvero un ottimo album. Completano il quadro le importanti collaborazioni (soprattutto funzionali) con i chitarristi Vince Pastano (Luca Carboni, Lucio Dalla, Vasco Rossi) in Room 46 e Stef Burns (Alice Cooper, Vasco Rossi) in Black Mist, scelto anche come singolo promozionale. (Luigi Cattaneo)
Black Mist (Official Video)
lunedì 1 marzo 2021
IBRIDOMA, December (2016)
Uscito nel 2016, December, dei marchigiani Ibridoma
(Christian Bartolacci alla voce, Marco Vitali e Sebastiano Ciccale alle
chitarre, Leonardo Ciccarelli al basso e Alessandro Morroni alla batteria),
mostrava una raggiunta maturità sancita dalle collaborazioni con gli ex Iron
Maiden Paul Di’Anno e Blaze Bayley, perfettamente calati nel contesto heavy
della band. Aggressività e melodia si sposano lungo dieci brani che profumano
sì di Maiden e Judas Priest, ma guardano con efficacia anche ai giorni nostri
del genere, già a partire dall’iniziale assalto di Sniper. Le ritmiche serrate e l’ottimo lavoro della coppia formata
da Vitali e Ciccale marchiano a fuoco Covered
by the blood e la riuscita title track, Chemtrails
e I’m bully (con uno scatenato Di’Anno)
mostrano la qualità della scrittura dei marchigiani. La raffinata Come with me e la solida Land of flames (dove invece troviamo
Bayley) sono altri validi momenti di un disco intriso di metal classico ma non
passatista. (Luigi Cattaneo)
December (Video)
mercoledì 24 febbraio 2021
INDRA, Ceneri-Requiem per il Sogno Americano (2020)
Secondo disco per gli
Indra, un concept che tratta il tema dell’emigrazione, un racconto dove l’emarginazione
sociale diviene l’unico finale possibile. Ceneri
– Requiem per il Sogno Americano è un’amara riflessione che Gianluca
Vergalito (chitarra, sitar e basso), Antonio Armanetti (batteria e percussioni)
e Mattia Strazzullo (piano, tastiere, synth e basso) evocano a colpi di prog,
musica popolare, jazz, folk e sonorità balcaniche, una world music tout court
che non disdegna l’utilizzo di strumenti tipici (Taranta Stomp). Il jazz etnico e multiculturale del trio è molto
immaginifico (la corsa felice di Fenice, i sogni di La variante Ascari, ma anche la voglia di esplorare di Fuochi
d’artificio), si contamina di suggestioni (la Bosnia di Erzezù narrata dalla Bukurosh Balkan
Orkestra), con la voce narrante di Jesus Blanco III (autore anche dei testi che
declama) perfetta per guidarci in territori oscuri, fatti di paure e vicoli bui
(Cuore e Illusione). Il requiem del protagonista riflette la precarietà del
contemporaneo (Il viandante), dove la
speranza viene affossata da un ultimo gesto (Caronte), che porta ad un messaggio conclusivo (Manifesto) lacerante, ma che diviene
anche fonte di vita per coloro che rimangono e continuano a credere in un
domani migliore. (Luigi Cattaneo)
Fenice (Video)
martedì 23 febbraio 2021
ARTEMISIA, Anime inquiete (Live) (2019)
Primo disco dal vivo
per gli Artemisia (Vito Flebus alla chitarra, Anna Ballarin alla voce, Ivano
Bello al basso, Gabriele Gustin alla batteria, Elettra Medessi ai cori), band
con all’attivo già cinque lavori (il quinto è di questi giorni) che qui
presenta alcuni dei brani più significativi della propria discografia, puntando
molto sul tipico impatto live del gruppo. Il non aver lavorato in post
produzione ai pezzi acuisce la volontà degli Artemisia di presentare nella
maniera più reale possibile il loro alternative rock venato di stoner, una
scelta che finisce per caricare di heavy la struttura dei brani, caratteristica
che nei dischi in studio rimane maggiormente sottotraccia. Corpi di pietra, Tavola
antica o La preda sono fulgidi
esempi dello spirito che anima questa raccolta live, riassunto di un percorso
nell’underground nostrano senza intoppi e ottimo punto di partenza per quanti
non conoscono questa interessante realtà del rock tricolore. (Luigi Cattaneo)
lunedì 22 febbraio 2021
OBSCURE OBSESSION, Obsessions and SolitudeS (2020)
Obsessions and SolitudeS è il primo lavoro degli Obscure
Obsession, quintetto formato da Luca Steel (voce), Ido Evone (chitarra),
Francesco Fornasiero (chitarra), Giuly Maso (basso) e Diego Bordin (batteria),
che si cimenta in quattro brani caratterizzati da un heavy metal a tinte fosche
che ricorda gli anni ’80 di Black Sabbath, Ronnie James Dio e Dark Lord. I trevisani
firmano un’opera prima gradevole, dove non mancano spunti doom intriganti, a
partire dall’aggressiva Maybe you could
understand me, per poi proseguire con la greve Obsession e la più melodica Aurora.
Chiude l’ep Fading away, che
predilige nuovamente un approccio classicamente metal, buon finale di un primo
passo interessante, in attesa di qualcosa di più sostanzioso. (Luigi Cattaneo)
sabato 20 febbraio 2021
L'IRA DEL BACCANO, Si non Sedes is - Live MMVII (2018)
Con enorme piacere mi trovo a parlare del primo disco dei L’ira del Baccano, un album del 2007 registrato live che la band aveva promozionato tramite il portale myspace. Si non Sedes is – Live MMVII è stato pubblicato nel 2018 in formato fisico grazie al supporto della sempre attenta Subsound Records, etichetta che è stata al fianco dei laziali anche per Terra 42 (2014) e Paradox hourglass (2017), release di cui abbiamo parlato ai tempi delle loro uscite. Il sound selvaggio e vigoroso che fuoriesce da questa ottima esecuzione dal vivo rimane legato allo stoner, al doom e alla psichedelia più irruenta, tratti distintivi di una band che ha sempre guardato con ammirazione a Black Sabbath, Hakwind, Ozric Tentacles e Grateful Dead. La stampa di questo lavoro è quindi occasione gradita per scoprire le origini del quartetto formato da Alessandro Santori (chitarra), Roberto “Malerba” (chitarra e synth), Alessandro Salvi (batteria) e Massimo Siravo (basso e synth), uno stupendo trip strumentale in cui perdersi completamente, lasciandosi trasportare dalle lunghe jam di un gruppo che mostra un’attitudine live indiscutibile. (Luigi Cattaneo)
Full Album Video
lunedì 15 febbraio 2021
LUCID DREAM, The great dance of the spirit (2020)
Quarto disco per i
Lucid Dream, band formata da Simone Terigi (chitarra), Karl Faraci (voce),
Roberto Tiranti (basso e voce, noto per essere membro dei Labyrinth ma anche di
Wonderworld e New Trolls), Paolo Tixi (batterista di Il Tempio delle
Clessidre), Luca Scherani (tastierista per Hostsonaten, Periplo, La Coscienza
di Zeno e Trama), oltre che da un trio d’archi composto da Andrea Cardinale
(violino), Sara Calabria (viola) e Rachele Rebaudengo (violoncello), musicisti
straordinari che hanno dato vita ad un altro album elegante e raffinato. Chi ama
le sonorità in bilico tra prog rock e metal troverà qui atmosfere lontane ma
calate nell’attualità, con la Liguria che si conferma ancora una volta terra
tra le più importanti e fervide in ambito progressivo. Si parte ottimamente con
il prog metal di Wall of fire, la
struttura heavy viene confermata da Desert
glass, che si arricchisce di un chorus piuttosto trascinante, mentre By my side è una ballata molto delicata.
A dress of light e The war of the cosmos si muovono in
bilico tra Threshold e Labyrinth, con parti robuste ma sempre ricche di
espressiva melodia, mentre The realm of
beyond è l’unico strumentale presente, davvero perfetto per mostrare quanta
qualità hanno questi magistrali interpreti. Golden
silence è un interessante crossover tra folk, prog e hard, suggestivo il
finale di Wakan Tanka, chiusura di un
lavoro curato nei minimi particolari e davvero di grande spessore. (Luigi
Cattaneo)
A dress of light (Video)
sabato 13 febbraio 2021
THE C. ZEK BAND, Samsara (2020)
Nati nel 2015 dalle
ceneri del trio blues Almost Blue, in cui militava il chitarrista e cantante
Christian Zecchin (Big Street, Major 7, Chakra’s Band), i The C. Zek Band
tornano dopo il già valido Set you free del
2017, disco di cui avevo parlato ai tempi dell’uscita. Rock blues e hard sono
ancora la base di partenza di un progetto completato dai bravissimi Nicola
Rossin (basso), Matteo Bertaiola (Hammond, Rhodes e synth), Enea Zecchin (
batteria) e Roberta Dalla Valle (voce solista), quintetto che ha affinato
ancora di più il tiro, sorprendendomi non poco con il nuovo e freschissimo Samsara, un piccolo gioiello che farà la
felicità di quanti amano The Allman
Brothers Band, Derek Trucks e The Black Crowes. Il lavoro è assolutamente
maturo e meritevole di tanta attenzione, con momenti davvero toccanti (le due
parti della title track e Stolen Soul in
particolare), ma è tutto il complesso a reggere, legato da suadenti striature
psichedeliche che rimandano all’immaginario iconico di fine ’60 inizio ’70,
quando libertà e fantasia erano tra gli ingredienti principali di un momento
storico irripetibile, elementi che animano anche la musica dei veneti, sospesa
nel tempo ma ancora perfettamente attuale. (Luigi Cattaneo)
lunedì 8 febbraio 2021
CLAUDIO ROCCHI, La norma del cielo (Volo magico n°2) (1972)
Atteso alla prova del
nove dopo le felici intuizioni di Volo magico n° 1, Claudio Rocchi con il
seguente La norma del cielo, uscito sempre per la Ariston nel 1972,
non riuscì del tutto a replicare quello splendido lavoro. In realtà i brani che
lo compongono risalgono alle registrazioni effettuate per il disco precedente,
musicisti impegnati nelle session compresi, che per volontà dell’autore sarebbe
dovuto essere un doppio LP. Per altri motivi invece la Ariston divise l’album
in 2 parti, con la seconda sotto intitolata Volo
Magico n° 2, probabilmente per sfruttare la buona riuscita del disco
dell’anno prima. Ci troviamo quindi di fronte a composizioni scartate e di poco
valore? Assolutamente no ma il paragone con quanto si ascoltava nell’album
precedente risulta un po’ ingeneroso. Perché La norma del cielo non ha le stupende trame che albergavano buona
parte di Volo magico n° 1 e non porta
con sé quell’alone di fascino e novità percepibili in precedenza, o almeno non
possiede tali caratteristiche in maniera così massiccia da provocare
sbalordimento e sorpresa. È pur vero però che rimane un lavoro interessante e
che mostra, come ovvio che sia, diversi punti di contatto con quanto sviluppato
da Rocchi solo un anno prima, in una linea di continuità sia musicale che
testuale indiscutibile. È il caso dell’opener L’arancia è un frutto d’acqua,
con la sua melodia semplice semplice che ti rimane sottopelle,
caratteristica rocchiana, marchio di fabbrica del suo fare musica, qui
accompagnato dal fine tocco di Eugenio Pezza (tastiere), in un racconto di folk
obliquo tanto caro al cantastorie, che non si fa mancare un finale mantrico che
denota il suo amore totale per l’India. Storia
di tutti è forse il brano più riuscito o comunque quello che si poteva
inserire con più facilità in Volo magico n°
1, complice il folk psichedelico minimale e dai tratti orientali che ben si
sposa con un testo ispirato e mistico, a cui segue a ruota la title-track,
piccolo gioiellino di trascendenza spirituale dal messaggio tanto genuino
quanto d’impatto. Lascia Gesù è un
brano sentito, manifesto del Rocchi pensiero, sostenuto dal basso di Eno Bruce
e da Pezza bravo nell’intervenire per variare un tema un po’ troppo monocorde,
così come ha poco mordente il folk progressivo strumentale di Tutti insieme. Probabilmente si
manifesta in queste composizioni l’essenza di brani che con maggiore calma
potevano essere rivisti e migliorati, come nel caso di Il bosco, traccia molto breve che pare essere incompleta, quasi
come se fosse un abbozzo lasciato lì per essere poi ripreso. Il finale di Per la luna omaggia di nuovo l’India, a
dire il vero con una psichedelia un po’ ingenua ma estremamente sincera,
proprio come il personaggio Rocchi, sempre lontano dal materialismo e proteso
costantemente alla ricerca di un proprio viaggio spirituale, interiore e non
solo fisico. La norma del cielo ha al
suo interno melodie piacevolissime ma che non sempre lasciano il segno, appare
come un album di transizione, che pone ancor maggior attenzione sulle influenze
orientali, imbevute nel tessuto folk in maniera semplice e diretta. Claudio
farà molto meglio nel successivo Essenza del
1973, disco ancora oggi attuale e probabilmente sottovalutato. (Luigi Cattaneo)
L'arancia è un frutto d'acqua (Video)
venerdì 5 febbraio 2021
minDance, Cosmically Nothing (2020)
Nati all’interno di una “comune musicale”, i minDance hanno da sempre provato a non snaturare un’essenza fatta di psichedelia e progressive dagli influssi dark, sin da quando si muovevano sotto lo pseudonimo GMST. La formazione che arriva al debutto Cosmically nothing ha trovato una propria stabilità con l’ingresso di Peppe Aloisi (basso, voce e synth), che si è aggiunto a Tonino Marchitelli (voce e tastiere), Gianluca Vergalito (chitarra) e Massimo Cosimi (batteria), musicisti che hanno espresso con grande passione tutto il loro background, per un risultato finale che mette insieme psych rock di fine sessanta e rock settantiano. L’insolita Minkiadance apre il lavoro con una certa carica elettrica, Falls in love è una lunga traccia dal sapore psichedelico, in cui Marchitelli narra sostenuto dalla coesione di tutta la band, prima della bella coda strumentale che conduce a I don’t believe, breve frangente che riporta agli anni ’60. Bizzarra E chi megl’e mè, che mi ha ricordato alcune ballate degli Anathema, Don’t break me si fa più oscura, mentre Strange love attinge dalla psichedelia per caricarla di una preponderante verve r’n’r. Il finale ci riserva l’accattivante melodia di Sery e soprattutto la title track, 12 minuti in cui il quartetto condensa improvvisazione, elettronica, progressive e una generale voglia di osare, che fa di questo brano quello più appassionante tra i presenti. Esordio interessante e che traccia il solco per futuri scenari, l’impressione è che i minDance abbiano ancora parecchio da dire, soprattutto se affineranno maggiormente il tiro, magari partendo proprio dall’ottima title track finale. (Luigi Cattaneo)
giovedì 4 febbraio 2021
LOS TALKER, El dia de los muertos (2020)
Secondo ep per Mattia
Foresi (testi e voce), alias Los Talker, qui ben coadiuvato da Marco Vitali
degli Ibridoma, che si è occupato della produzione e degli arrangiamenti, oltre
che delle parti di chitarra e basso presenti sul lavoro. L’incontro tra il rap
di Foresi e l’attitudine hard di Vitali fa di El dia de los muertos un prodotto che a tratti ricorda Cypress
Hill, E. Town Concrete e Tin Foil Phoenix, quindi un crossover che si inserisce
nei binari che gli Stati Uniti hanno tracciato decenni fa, senza dimenticare di
porre uno sguardo anche su quanto accaduto in Italia negli ultimi anni. Le trame
più robuste risultano quelle maggiormente interessanti, con la doppietta
iniziale di Troppo spesso e Mort Cinder (storico personaggio del fumetto argentino) davvero convincente, così
come molto buona è la title track. Gradevoli le melodie fiatistiche di Dopo dicembre (con le voci di Elena Agostinelli
e Sara Magnamassa), più legate al rap le restanti tracce, seppure bisogna
sottolineare l’attenzione per gli arrangiamenti (elemento spesso discutibile
nel genere) e una vocalità molto musicale, tanto che potremmo parlare di hip
hop cantautorale, vista anche la cura testuale del disco. El dia de los muertos è un ep molto piacevole e ben scritto, che
può dare il via a qualcosa di più definito per il futuro. (Luigi Cattaneo)
mercoledì 3 febbraio 2021
IKITAN, Twenty-Twenty (2020)
Ep di debutto per gli
Ikitan (Luca Nasciuti alla chitarra e agli effetti, Frik Et al basso e agli
effetti e Enrico Meloni alla batteria), una lunga suite di 20 minuti e 20
secondi (Twenty-Twenty per l’appunto),
uscito nel 2020. Psichedelia progressiva, stoner, heavy, post, elementi
centrifugati con brio in questa sorta di jam scevra da schemi precostruiti,
dove il background dei musicisti emerge libero e fluido. L’approccio appare
molto legato all’improvvisazione, uno scorrere di idee e di situazioni che il
trio maneggia con efficacia, costruendo scenari che mutano, che si sviluppano,
in un intenso crescendo di tensione emotiva. Sezioni potenti e parti
atmosferiche si inseguono per tutta la durata del brano, costituendo un
amalgama suggestivo e di grande impatto. In attesa di un riscontro live, che
potrebbe essere la direzione definitiva per la band, questa piccola opera prima
rappresenta sicuramente un ottimo biglietto di presentazione. (Luigi Cattaneo)
Full Album (Video)
martedì 2 febbraio 2021
ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA (ĀAAA), ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA (ĀAAA) (2020)
Esordio per i ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA (ĀAAA), duo dal monicker impossibile e che cela la propria identità (0 e 1 si dividono scrittura ed esecuzione), andando a creare un alone di mistero che trova conferma in un disco sperimentale e avanguardistico. Il substrato elettronico si fonde con il drone, la cultura lontana della musica indiana viene sottolineata dall’uso corposo del sitar, lungo due suite esoteriche e decisamente oscure. Troviamo qualche assonanza con Musical Pumpkin Cottage di Steven Stapleton e David Tibet, la ricerca di Diamanda Galas e la magnificenza di alcune pagine dei Dead Can Dance, background che è però cornice di esperienze proprie, che fanno di questo debutto un percorso rituale, un viaggio visionario, cupo e misterioso. Un lavoro sicuramente singolare, arcano, soundtrack di tempi apocalittici, da ascoltare con la dovuta cura per poterne assaporare sensazioni ed emozioni. Un progetto artistico potente, visionario, nato da un’esigenza comunicativa, che si percepisce distintamente in No store of cows, pulsante inno di ipnotismo mediorientale e The margin spread,una marcia imponente, un profondo mantra con parti tribali, epitaffio di un disco personale e visionario. Di seguito il link per poter ascoltare e acquistare l'album https://familysounds.bandcamp.com/ (Luigi Cattaneo)
lunedì 1 febbraio 2021
QUADRI PROGRESSIVI, Jimi Hendrix
L'artista milanese Lorena Trapani ha scelto come soggetto questa volta un mostro sacro, Jimi Hendrix, qui rappresentato in duplice versione!
Tecnica mista china (nera e colorata) e penne a sfera colorate.
Tutti i lavori di Lorena sono presenti nella sezioni Quadri del blog.
PLEONEXIA, Virtute e Canoscenza (2020)
Bel ritorno per i
Pleonexia, band formata da Michele Da Pila (voce, chitarra e tastiere), Andrea
Borlengo (basso), Lorenzo Luca (tastiere), Andrea Autiero (chitarra) e Davide
Cardella (batteria). Il gruppo è attivo da quasi dieci anni e dopo Break all chains del 2014 è ora la volta
di Virtute e Canoscenza, sempre
intriso di heavy ottantiano, sinfonico, epic power e progressive, una miscela
che regge per tutto il disco, uscito nel 2020 per Pure Underground Records. Un heavy
metal a tutto tondo, che si snoda tra riff aggressivi, sezioni strumentali
efficaci e ritmiche corpose, corollario di ottimi pezzi come Selfish Gene, la sontuosa Choices o Eternal return. I Pleonexia sono bravissimi nell’infondere nel
tessuto hard forti iniezioni di melodia e strutture più tipicamente prog, uno
stile che mette insieme Manilla Road e Dark Quarterer. Ottimo come back per i
piemontesi, che mostrano di avere doti e qualità, capacità di scrittura e
gusto, al servizio di brani strutturati ma al contempo immediati e fruibili.
(Luigi Cattaneo)
The march of the dumbs (Video)
domenica 24 gennaio 2021
OFFICINA F.LLI SERAVALLE, Tajs! (2019)
Conosciuto soprattutto
per essere il fondatore degli storici Garden Wall, Alessandro Seravalle ha
sempre mostrato uno spirito trasversale e curioso, che lo ha portato nel corso
del tempo a sperimentare senza porsi particolari freni interpretativi. Tajs! è un disco del 2019 nato in
famiglia, dalla collaborazione con il fratello Gianpietro, duo che si è diviso
equamente i compiti tra chitarre effettate, synth, elettronica allucinata, note
di piano che affogano in disturbanti samples, suoni digitali e vibrazioni
stranianti. Claudio Milano (NichelOdeon, InSonar) è l’interprete perfetto per
la sperimentale Danzatori di nebbia,
mentre l’ambient elettronico di Ausa mostra
l’indole di un progetto pieno di sorprese, tra beat nevrotici e passaggi più
atmosferici. Aritmetica dell’incurabile omaggia
il filosofo e saggista Emil Cioran con un momento maggiormente sognante e dal
sapore post, l’inquietante Vuoto politico
sottolinea un discorso di Bettino Craxi al Parlamento Italiano nel 1992,
prima di Saturno, che chiude in
maniera disturbante la prima parte del lavoro. Nyc Subway late at night vira su un vibrante jazz rock, anche
grazie al sax di Clarissa Durizzotto, che lascia poi il posto alla minacciosa
angoscia di Bewusstsein als verhangnis.
Ci avviciniamo alla conclusione con le oscure visioni di Insonnia, che evolvono nelle trame Orwelliane della techno Distopia e in quelle visionarie
dell’ottima Decostruzione, in cui
ritroviamo ancora l’elegante sax della Durizzotto. Elettronica, avanguardia, jazz progressivo, psichedelia,
tutto si fonde per dare vita ad un disco pieno di sensazioni, in cui i
Seravalle hanno fuso nuovamente le loro personalità, confermando quanto di
buono avevano espresso con il precedente Us
frais cros fris fics secs. (Luigi Cattaneo)
Saturno (Video)
giovedì 21 gennaio 2021
ALTARE THOTEMICO, Selfie Ergo Sum (2020)
Tornano gli Altare
Thotemico a distanza di sette anni da Sogno
Errando, con la line up che ora vede Gianni Venturi (voce e testi)
accompagnato da Marika Pontegavelli (piano, synth e voce), Agostino Raimo
(chitarra), Giorgio Santisi (basso) e Filippo Lambertucci (batteria e
percussioni), oltre che Emiliano Vernizzi al sax e Matteo Pontegavelli alla
tromba, due special guest che con i loro fiati hanno donato ancora maggiore
spessore al lavoro. Selfie Ergo Sum è
probabilmente il disco più compiuto degli emiliani, intriso di poesia, riprende
le radici settantiane che sempre hanno ispirato la band ma le imbeve di una
sensibilità del tutto personale, fatta di sperimentazione e groove. Come diceva
Goethe, costruire il futuro con elementi del passato, concetto che Venturi e
soci applicano alla perfezione, complici anche i diversi progetti del leader,
dai Tazebao ai Qohelet, passando per i suoi lavori in solitaria, esperienze che
hanno finito per influenzare anche questo nuovo tassello Thotemico. Prog,
ethnojazz, psichedelia, cantautorato, tutto si fonde per dare vita ad un album
pieno, corposo, capace di evocare e di far riflettere, con tematiche forti (il
cambiamento climatico, il razzismo, la fine dell’empatia) ma trattate con
eleganza da Venturi, che insieme alla Pontegavelli dà vita a piccoli capolavori
come Non in mio nome, Madre terra o Luce bianca. Per maggiori informazioni e per acquistare l'album potete visitare il sito www.altarethotemico.it (Luigi Cattaneo)
Selfie Ergo Sum (Video)
mercoledì 20 gennaio 2021
PANTHEØN BAND, Five lines (2020)
Esordio per la Pantheøn Band, gruppo formato da musicisti di grande
esperienza, che calcano i palchi nostrani da decenni con vari progetti (Tommy
Conti al basso, Massimo Canfora alla chitarra, di cui abbiamo parlato ai tempi
dell’uscita di Create your own show,
Mario Quagliozzi alla batteria, Marco Quagliozzi alle tastiere e Maurizio
Cerantola alla voce, che i più attenti ricorderanno per essere stato il
cantante degli Shout e per aver inciso diversi brani per le soundtrack dei film
di Lucio Fulci, Claudio Fragasso e Bruno Mattei, tra cui l’immortale Living after death). Il quintetto è
autore di un hard rock imparentato con l’AOR,
solido e molto melodico, figlio diretto di Whitesnake, Warrant e Survivor. Five lines è quindi un concentrato di sonorità
vintage, classico ma esaltante per la sua purezza, per la qualità di brani
trascinanti, ruffiani al punto giusto e suonati ottimamente da una band che non
nasconde gli stilemi da cui attinge ma li esalta con professionalità e doti di
scrittura, fieri militanti di lunga data del rock tricolore. (Luigi Cattaneo)
On the way (Official Video)
sabato 16 gennaio 2021
LE PIETRE DEI GIGANTI, Abissi (2019)
L’Overdub Recordings negli anni ha esplorato con consapevolezza crescente l’alternative italiano, circuito sempre fervido di band che tentano di emergere dal fittissimo underground nostrano. Non fanno eccezione Le Pietre dei Giganti, quartetto formato da Lorenzo Marsili (voce e chitarra), Francesco Utel (chitarra e tastiere), Francesco Nucci (batteria e percussioni) e Niccolò Pizzamano (basso), che dopo l’ep Fanno Male del 2016 ha pubblicato nel 2019 Abissi. Un album corposo, ruvido, con ampio uso di distorsioni, uno stoner rock imparentato col noise e il grunge, che si fa carico di raccontare l’angoscia e il senso di annegamento dei giorni nostri, a partire da Vuoto, traccia iniziale che traccia il solco dell’inquietudine che anima i toscani. La lente dell’odio rallenta e mostra una costruzione sonora attenta e accorata, che si evince anche nell’ottima Greta, dove la matrice grunge si fa più forte, con qualche rimando anche agli Alice in Chains. DMA spinge di nuovo sull’acceleratore, la title track è un’oscura marcia, cupa e tenebrosa, mentre Canzone del sole si tinge di una sinistra carica noisy. Mattine grigie ricorda alcuni episodi targati Marlene Kuntz, prima di Stasi e della conclusiva Trieste (La casa vuota), altri frangenti molto interessanti di un disco pieno di idee e qualità. (Luigi Cattaneo)
Greta (Video)
martedì 12 gennaio 2021
ROSSOMETILE, Desdemona (2020)
Nati 25 anni fa per mano di Rosario Runes Reina (chitarra) e Gennaro Rino Balletta (batteria), i Rossometile continuano nel percorso che li vede unire heavy sinfonico, power metal e folk, elementi che nutrono anche il nuovo Desdemona, registrato insieme a Ilaria Hela Bernardini (voce) e Pasquale Murino (basso). Questo quinto album mostra una certa solidità di idee e scrittura, sempre più raffinata e rifinita, con strutture proprie di un certo grandeur orchestrale che trovano il contraltare medievale nell’utilizzo attento di strumenti come la ghironda e la cornamusa, senza dimenticare le piccole ma significative parti legate alla musica popolare, dettate dal suono particolare del tin whistle e da quello più conosciuto del bouzouki. La title track mette in mostra da subito i canoni epici del racconto, delicata e ben orchestrata è la seguente Oblivion, mentre vicina ai Rhapsody è Hela e il corvo. Sole che cammina è una tenue ballata piena di grazia e molto immaginifica, così come Storie d’amore e peste, che si muove sulla stessa scia folkeggiante e chiude egregiamente la prima parte dell’album. Rosaspina è tipicamente power, prima di XOX Arcana, tra i momenti più intensi del lavoro, e Whales of the baltic sea orchestra, strumentale davvero suggestivo. Boia misericordioso è una traccia che si tinge di intensa drammaticità, la splendida malinconia di Canzone del tramonto è il finale di un disco ricco di anima e pathos. (Luigi Cattaneo)
Full Album (Video)
domenica 10 gennaio 2021
ARDITYON, Ardityon (2019)
Esordio assoluto per gli Ardityon, heavy metal band di Treviso formata da Albert Marshall (chitarra, ex Altair, di cui abbiamo parlato per il suo validissimo Speakeasy), Valeriano De Zordo (voce dei Firelips), Diego Bordin (basso dei Mind Crusher) e Denis Novello (batteria), che si presenta con un debutto potente e aggressivo, che non disdegna affatto melodie immediate e chorus di grande impatto. Il tema della Prima Guerra Mondiale è l’evento da cui partire, la tragedia delle morti innocenti, la drammaticità di eventi a cui mai si è preparati e da cui la band in qualche modo prende il nome (gli Arditi erano corpi speciali volontari, reparti d’assalto fondamentali nel conflitto). La botta iniziale di Ardityon è il biglietto da visita ideale, ma anche Our music è una dichiarazione d’intenti, istantanea di un quartetto formato da ottimi strumentisti, che hanno curato egregiamente la costruzione di brani che conquistano ascolto dopo ascolto. Tradizione e modernità vanno a braccetto e colorano le trame di Archons attack e Guilty of homicide, composizioni che mostrano attitudine, ritmiche corpose e fraseggi chitarristici notevoli, a sostegno della voce pressoché perfetta per il genere di De Zordo. Bellissima Pain of the world, una semi ballad molto coinvolgente, prima del thrash metal di Ancient enemy e della trascinante Zombie Apocalypse, con echi di Iced Earth, Judas Priest, Accept e Primal Fear. Glory day e Daily Holocaust chiudono un lavoro godibilissimo, senza cadute di tono, perfetto per tutti gli amanti del genere. (Luigi Cattaneo)
Album trailer
sabato 9 gennaio 2021
VIRTUAL TIME, Pictures (2019)
Progetto ambizioso
quello dei vicentini Virtual Time (Alessandro Meneghini alla batteria, Luca
Gazzola alla chitarra, Marco Pivato al basso e Filippo Lorenzo Mocellin alla voce),
che in un periodo dove il digitale è sempre più presente nelle nostre vite,
pubblicano un cofanetto di 5 cd (4 di inediti e uno registrato dal vivo),
coraggioso compendio di un percorso artistico coronato dalla collaborazione con
la Go Down Records. Quello in mio possesso è però un condensato, una selezione
delle tracce più significative di questa pentalogia, scostante nel suono, che
abbraccia alternative, rock e hard ma non nella qualità, davvero molto alta per
tutto il disco. Le influenze di Led Zeppelin, Muse e Rival Sons sono ben
amalgamate all’interno di brani come Charmed,
High Class Woman o Nowhere land, ottimi brani di un lavoro
che però non conosce cali e che mi ha convinto nella sua totalità. Ottimo punto
di partenza per scoprire l’ennesima grande band del catalogo Go Down, sempre
attenta a quanto succede sul territorio veneto e punto di riferimento dell’italico
underground alternativo. (Luigi Cattaneo)
High Class Woman (Video)
mercoledì 6 gennaio 2021
GIULIO ALDINUCCI & MATTEO UGGERI, Bureau (2020)
Matteo Uggeri (field recordings e
drones) degli Sparkle in Grey e Giulio Aldinucci (field recordings e beats), sono
gli autori di Bureau, un esordio oscuro,
fatto di ambient ed elettronica, suoni, rumori, piccole vibrazioni, pulsioni
industriali. Il duo si muove lungo coordinate di non facile lettura, con un
sound minimale che descrive senza stereotipi (Fire dome), ipnotizza (Inceneritore),
diviene soundtrack di un viaggio del tutto personale (Ghiaccio). Ovviamente un lavoro del genere rischia di essere
ermetico ai più, dark nel suo incedere straniante e inquieto (Zoo), a cavallo tra enigmatico sperimentalismo,
glitch, ambient e noise. La partnership con la storica ADN certifica l’assoluta
vena avanguardistica dei due, in una sorta di suite di 40 minuti che sviluppa
il tema dell’alienazione della vita lavorativa attraverso field recordings catturati
esternamente, loopati e rimodellati in beat, ritmiche, melodie arcane ed
elementi drone. La lucida follia del disco non risparmia Dead flag beat e Chinese new
year, mentre il finale di Inside the
Bureau si avvale dei campionamenti di chitarra acustica di My dear killer e
di quelli di batteria di Mattia Costa. Disco affascinante ma estremamente
criptico. (Luigi Cattaneo)
sabato 2 gennaio 2021
MESMERISING, The clutters storyteller (2020)
Terzo disco per Davide Moscato, cantante e compositore che sotto lo
pseudonimo di Mesmerising firma con The
clutters storyteller un lavoro ricco
di spunti melodici, dove la forma canzone viene esaltata da una band
straordinaria formata da Fabio Zuffanti al basso, Martin Grice al sax e al
flauto, Giovanni Pastorino alle tastiere, Simone Amodeo alla chitarra e Paolo
Tixi alla batteria. Ballate malinconiche e strutture progressive si inseguono,
cucendo influenze di fine ’60 inizio ’70 con altre più attuali, legate da un
songwriting che riesce ad amalgamare con intelligenza le varie sfumature del
progetto. Feel … my dream introduzione
e incipit di un racconto che parte in maniera tenue e delicata, un’atmosfera
che mi ha ricordato alcuni episodi dei Dream Theater di Metropolis Pt.2, soprattutto per il carattere immaginifico della
traccia. In Ballad of a creepy night Grice
dei Delirium punteggia con estro un brano di grande presa, mentre Slave of your shell ha un approccio
A.O.R. ma un testo dal taglio filosofico che mostra la grande attenzione che
Davide ha posto sul versante tematico del disco. Underground mette in luce il lavoro d’insieme della band, The vortex si avvicina all’horror con una
scrittura che unisce prog e opera rock, prima di False reality, ballata soave e splendidamente arrangiata. La breve
e fantasy In a different dimension si
lega a The man who’s sleeping, altro
momento dove emerge tutto il talento di Moscato e dei musicisti a sua
disposizione. Chiusura affidata a The
last time you called my name, struggente e progressiva conclusione di un
album raffinato ed elegante. (Luigi Cattaneo)
Full Album (Video)
venerdì 1 gennaio 2021
VODA, Parallaxis (2020)
Iniziamo benissimo questo 2021 parlando del nuovo lavoro dei polacchi Voda, power trio formato da Radek Kopeć (chitarra, voce e pianoforte), Mikolaj Spendel (basso e contrabbasso) e Lukasz Piekarniak (batteria), che qualche mese fa ha dato alle stampe questo sontuoso Parallaxis. Si tratta di un doppio album live (con DVD) registrato a Cracovia la scorsa estate, sunto di una carriera a dire il vero che sin qui conta solo due produzioni, Onerare del 2015 e Amphibia del 2019, ma vista la bontà dell’esibizione dal vivo del terzetto viene facile pensare a nomi storici come Taste, Jimi Hendrix o i più attuali (cronologicamente parlando) Gov’t Mule, che hanno fatto dei live il vero motore della carriera. D’altronde i polacchi guardano proprio al rock blues più sanguigno, citando, magari inconsapevolmente, anche i seminali Groundhogs, oltre che ai Bakerloo di Clem Clempson, band storica e con visioni progressive ante litteram. Memorabili le versioni di Tame the time e S.O.S., ma non sono da meno nemmeno le monumentali Turnin’ around e Modern D-Grayed, che mostrano come questi arrangiamenti pensati per l’occasione si siano rivelati scelta del tutto azzeccata. Per maggiori informazioni e per acquistare i loro dischi potete visitare il sito https://vodatriopl.bandcamp.com/ (Luigi Cattaneo)
Modern D-Grayed (Video)
martedì 29 dicembre 2020
FRANCESCO PERISSI XO, Rossana (2020)
Nuovo e particolare
concept album diviso in cinque fasi sull’elaborazione del lutto per Francesco
Perissi XO (ex Qube), che con Rossana mostra
tutto il suo background fatto di avanguardia, elettronica, dark e IDM, con lo
sguardo che si posa su nomi come Autechre, Moderat e Bernard Parmegiani. Beauty è l’inizio atmosferico
dell’album, una sorta di lunga introduzione vicina ad alcune pagine dei VNV
Nation, anticipatrice del beat di Wordless,
con il cantato di Francesco che viene subissato da suoni e rumori, effetti e
distorsioni, emozionale chiusa del primo capitolo dedicato alla negazione. Broken segna
l’avvicinarsi della rabbia, il sound si fa ossessivo, pulsante, con una coda
malsana in odore di Nine Inch Nails, che prosegue anche in Fxxk, uno dei pezzi più interessanti e completi del disco. La fase
del patteggiamento si sviluppa dapprima con Cancer
e poi in Venus, una sorta di
suite elaborata tra ripetitivi espedienti elettronici e cura per la forma
canzone, seppure rivisitata con una certa dose di personalità. La voce di
Perissi ci conduce al momento della depressione per la perdita, una resa che
diviene esplicita nelle suggestioni di Shine
e Cherish, colonne sonore di un
dolore che diviene tangibile, vivido, filmico. Si arriva al momento
dell’accettazione con la magnetica Twins
e con la conclusiva Soul, delicato
epitaffio di un terzo disco intenso e profondo. (Luigi Cattaneo)
Venus (Video)
lunedì 28 dicembre 2020
KARMABLUE, Nè apparenze nè comete (2018)
Nati negli anni ‘90 a Roma, i Karmablue giungono al terzo disco dopo Erratico estatico del 2002, che univa
rock e influenze etniche, e Acquadanze del
2006, che invece approfondiva la vena psichedelica della band. Dopo un periodo
di pausa la voglia di fare musica porta il gruppo formato ora da Vera Perkins
(voce), Giacomo Caruso (chitarra), Flavio Marini (chitarra), Simone Colaiacomo
(basso e tastiere) e Paolo Marini (batteria) a registrare Né apparenze né comete, più progressivo e legato ai ’70 e distribuito
dalla Lizard Records. Tante le idee che troviamo in questo gradevole disco del
2018, pieno di raffinati momenti e intrecci melodici molto curati, a partire da
Guerra degli dei e Né apparenze né comete, che si distingue
per un approccio decisamente prog e psichedelico, che sfuma nella seguente Sogni, chiusura un trittico iniziale
fatto di atmosfere, cambi di tempo e un’apprezzabile attenzione per gli
arrangiamenti. La band è compatta e coesa, lavora d’insieme, come nel caso
dell’ottima Karma Blue e di Cristalli Parte III, che mostra un
piglio dai tratti hard e che non dispiace affatto. Anche Solaris non disdegna parti fortemente elettriche, Astrimio ribadisce come Vera sia
assolutamente fondamentale per lo sviluppo di certe sonorità, insieme al lavoro
certosino delle due chitarre, prima di Mag-A-Lur,
emozionale nel suo incedere al limite del post rock. Particolare la conclusiva Acrobati, che alterna momenti sognanti e
space ad altri più aggressivi, con tanto di recitato francese che fa tanto
Ange. Interessante e gradevolissimo ritorno questo dei Karmablue, accostabile a
band come Verganti e Magnolia, con un piglio rock forse più marcato, che sfiora
l’heavy e che rende la proposta corposa e interessante. (Luigi Cattaneo)
Sogni (Video)
domenica 27 dicembre 2020
BRIDGEND, Rajas (2020)
Tornano i Bridgend e
con loro Rajas (che dà anche il titolo a questo nuovo capitolo dei bolognesi),
protagonista del precedente Rebis di
cui avevamo parlato ai tempi della sua uscita. Andrea Zacchia (chitarra) ha
modificato parecchio la line up, non più un trio ma un quartetto completato da Leonardo
Rivola (tastiere), Matteo Esposito (basso e fretless) e Massimo Bambi
(batteria) e anche in parte il sound, meno legato al post e più al progressive
rock strumentale. Scelta azzeccata che fa di questo Rajas un prequel che conferma la capacità narrativa immaginifica
della band, ma anche un’accresciuta scrittura complessiva, ancora più
convincente rispetto al già valido debutto. Adulta
nox apre l’album, mettendo subito in mostra una formazione collaudata, con
Zacchia e Rivola a duettare ottimamente (il songwriting è affidato ad entrambi
e ciò probabilmente ha beneficiato al progetto), così come non è da meno la
nuova sezione ritmica, che si mette in mostra nella seguente Appena un respiro, altro momento tra i più
significativi del racconto. Il lato A si conclude con la suite La quiete generale, tra prog d’annata e
una spruzzata di modernità, quasi 10 minuti che scivolano nella seconda suite
del disco, La fatica del singolo,
altra traccia notevole che forma una parte centrale che farà la felicità dei
fan di P.F.M., Le Orme, Genesis e dei contemporanei Accordo dei Contrari. Ci
avviciniamo alla fine prima con Nocturnale,
episodio tra i più strutturati del lavoro e poi con la conclusiva La luce ci divide, piccola gemma di
psichedelia progressiva che sancisce la crescita di un gruppo da tenere in
grandissima considerazione. (Luigi Cattaneo)
Full Album (Video)
giovedì 24 dicembre 2020
OTEME, Un saluto alle nuvole (2020)
Il nuovo album del
progetto Oteme nasce da lontano, ha radici nel 2012, quando Stefano Giannotti,
mente dell’ensemble, gira un documentario sull’Hospice di San Cataldo, un
ultimo porto per i malati terminali. Alcuni stralci delle interviste fatte per
l’occasione a infermieri, OSS, dottori e famigliari dei pazienti diventano
spunto per Un saluto alle nuvole,
dieci brani che continuano il percorso degli Oteme, ancora una volta in bilico
tra musica da camera, R.I.O., avanguardia e canzone d’autore. La doppietta
iniziale di Chiudere quella porta/E c’è
qualcuno introduce al mondo narrato da Giannotti, fatto di esistenze a
volte marginali, di consapevolezza della fine, raccontate con delicatezza tra
momenti folk e tenui interventi fiatistici (Irene Benedetti e Valeria Marzocchi
al flauto, Lorenzo Del Pecchia e Elia Bianucci al clarinetto). Un ricordo bello spinge maggiormente
verso l’avant, con Emanuela Lari perfetta interprete delle suggestioni del
pezzo ( leggeri ma azzeccati gli interventi di Antonio Caggiano al vibrafono),
prima della particolarissima Dieci giorni,
che si contraddistingue per l’ottimo lavoro ritmico della coppia formata da
Vittorio Fioramonti (contrabbasso) e Riccardo Ienna (batteria) e della
strumentale Gli angeli di San Cataldo
(Bolero quarto), che si contraddistingue per la partecipazione al violino
di Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon. La vena sperimentale e colta degli Oteme
prosegue con Quando la sera, brano
dove le varie voci utilizzate creano un momento di pura magia, e Turni, lunghissima composizione che
definisce al meglio il sound della band. Anche Una mamma disperata e Per i
giorni a venire si muovono tra grandi intuizioni liriche e aperture
strumentali notevoli, mentre la title track finale è un lieve attimo
contemplativo di un lavoro malinconico ma necessario. L’opera ha vinto il bando
Della morte e del morire indetto
dall’Associazione Culturale Dello Scompiglio di Vorno. Per acquistare il disco
(operazione consigliata vista l’importanza e la bellezza del booklet annesso)
potete visitare il sito http://stefanogiannotti.com/it/ o http://oteme.com/it/ (Luigi Cattaneo)
martedì 22 dicembre 2020
VIC PETRELLA, Sperimentalist (2020)
Breve ep d’esordio per
Vic Petrella, autore in bilico tra post elettronico e psichedelia, che con Sperimentalist sigla un debutto curioso
ma riuscito. La malinconica apertura di Red
zone, legata alla pandemia e alle restrizioni di questi mesi, colpisce da
subito per impatto e azzeccate melodie, con tanto di voce di Giuseppe Conte a
profetizzare un futuro in cui torneremo ad abbracciarci. Under the stars si fa leggermente più cupa, Historia Magista Vitae punge con ritmiche elettro ben calibrate,
mentre la conclusiva Nature conferma
l’attitudine del foggiano nell’unire elementi diversi, tra cui partiture
sinfoniche apprezzabili. Probabilmente non così sperimentale come il titolo
suggerisce, ma Petrella ha sviluppato una propria ricerca personale,
introspettiva e interessante, tra parti recitate e altre cantate, alternanza
che funziona e che fa di questo primo episodio un gradevole antipasto prima di
qualcosa di più sostanzioso. (Luigi Cattaneo)
Red Zone (Video)
domenica 20 dicembre 2020
ANDREA SALINI, Roses (2020)
A distanza di tre anni da Lampo Gamma torna Andrea Salini, con un altro breve lavoro (30 minuti circa) dedicato all’universo femminile. Roses vede oltre a Salini, impegnato alla voce e alla chitarra, la partecipazione di Simone Gianlorenzi (chitarra, lap steel, dobro, mandolino e basso) e John Macaluso (micidiale batterista che negli anni abbiamo trovato al servizio di Yngwie Malmsteen, Ark, Labyrinth e Symphony X, giusto per citare qualche band). Il rock di Andrea guarda in più direzioni, ha la capacità di sviluppare le molteplici influenze all’interno di un percorso organico, che punta sull’impatto e sulla forma canzone, complici anche i bravissimi musicisti che hanno collaborato all’opera. Into the storm ricorda nell’attacco iniziale gli Audioslave, per poi scivolare in un blues rock molto interessante, mentre Irina nel suo incedere punkeggiante si avvicina a qualche episodio dei Green Day di American Idiot. Rock ‘n’ roll dreamer guarda invece al country folk, impreziosita dal delicato piano di Silvia Leonetti e dal fine lavoro di Gianlorenzi alla slide, Verum Rosa è una breve poesia narrata da Mariangela Gritta Grainer, momento spirituale spazzato via dalla title track in odore di rock americano. Starfighter è un valido brano strumentale, melodico e ispirato, Take you back è accostabile al Ben Harper degli esordi, con fraseggi reggae lievi e misurati a cui hanno contribuito il basso di Pino Saracini e le percussioni di Carlo Di Francesco, prima della catchy Love song e della conclusiva strumentale The name of the rose, dove ritroviamo il piano della Leonetti, protagonista di un finale che suggella un album variegato ma ottimamente calibrato. (Luigi Cattaneo)
Roses (Video)
sabato 19 dicembre 2020
RAINBOW BRIDGE, Unlock (2020)
Tornano i Rainbow
Bridge, meraviglioso trio formato da Giuseppe Piazzolla (chitarra), Paolo Ormas
(batteria) e Fabio Chiarazzo (basso) che abbiamo avuto modo di conoscere con Dirty Sunday del 2017 e Lama dell’anno successivo, due lavori
che, ispirati dal genio di Jimi Hendrix, mettevano insieme rock blues,
psichedelia e desert rock. La band torna a guardare a quanto fatto nel primo
disco, con una registrazione effettuata il 16 giugno 2020 senza overdubs, una
scelta che esalta il lato più istintivo dei pugliesi e che personalmente
apprezzo maggiormente. Per la prima volta
dopo anni ci siamo dovuti fermare. Durante il lockdown abbiamo pensato che
quando tutto fosse finito la prima cosa che avremmo fatto sarebbe stata tornare
in studio. Unlock è il risultato di queste jam piene di speranza e rinnovata
energia. L’irruenza spontanea che emergeva meno in Lama trova qui nuova vita e forma, con citazioni del classico stile
rock blues settantiano, quello di Hendrix ma anche dei Taste di Rory Gallagher in
Marvin Berry e Marley, mentre l’hard, la psichedelia e la solita punta di stoner
trovano modo di emergere nelle lunghe Speero
the hero e The girl that I would meet
this summer. La tirata chiusura di Jack
sound conclude magnificamente questo terzo capitolo dei Rainbow Bridge, che
visto il periodo di classifiche può tranquillamente rientrare nel novero dei
dischi più interessanti dell’anno. (Luigi Cattaneo)
Full Album (Video)
domenica 13 dicembre 2020
ALECO, L'ultima generazione felice (2020)
Alessandro Carletti Orsini, volto della Music Force (etichetta discografica ma anche studio di produzione musicale), scende in campo personalmente e con lo pseudonimo di Aleco da vita a L’ultima generazione felice, disco in bilico tra facile pop e gustose divagazioni cantautorali. L’alter ego Sabina è la protagonista delle dieci storie narrate, che vanno a formare un racconto che, pur tra alti e bassi, mostra la passione di Alessandro e lascia trasparire come probabilmente si possa fare di più. Molto gradevole la title track iniziale, che profuma di anni ’80 e vede la partecipazione di Sofia Dessì alla voce, Arrivo per cena vira su un cantautorato che ricorda alcuni episodi di Francesco De Gregori rivisto in chiave maggiormente pop, vestito che sembra quello più interessante per il progetto, mentre Quel pizzico è un delicato momento arrangiato ottimamente da Andy Micarelli (che ha suonato tutti gli strumenti presenti sull’album e ha scritto i brani insieme ad Aleco). Ma che bella l’estate cambia decisamente pelle, un brano pop poco convincente che ospita Chiara Falasca, che con il suo rap non risolleva le sorti del pezzo. Anche Almost jazz è molto leggera ma il lavoro di Micarelli è apprezzabile, prima della breve Alessandro smettila, che non aggiunge molto a quanto detto sinora, e di E così nacque Roma, che invece è una piccola sorpresa, in bilico tra Antonello Venditti, Aldo Donati e Lando Fiorini. Tutti i tuoi sbagli è un’indovinata dedica alla figlia (con piccola citazione di Battiato), Tutto finisce così è un piccolo frangente che introduce alla conclusiva Una panchina di montagna, bel finale con tanto di grandeur sinfonico in coda, a suggellare forse la composizione più compiuta di un disco altalenante, dove Alessandro sembra non volersi prendere troppo sul serio, quando invece credo che abbia le carte in regola per farlo, all’interno di un percorso di pop cantautorale che pare prediligere e che sono curioso di capire come si possa sviluppare in futuro. (Luigi Cattaneo)
Intervista di presentazione (Video)
sabato 12 dicembre 2020
FRANK GET, False flag (2019)
Attivo da circa quarant’anni nel panorama rock blues nazionale, Frank Get
arriva a questo quindicesimo disco con la ferrea volontà di analizzare alcune
verità storiche del suo territorio di nascita (Trieste), complice anche la
pubblicazione del libro Ti racconto la
mia terra. Storie curiose musicate con grande classe da un trio davvero
rodato (oltre al leader impegnato alla voce, alla chitarra, al banjo, al
mandolino, al piano e all’Hammond, troviamo Marco Mattietti alla batteria e Tea
Tidić al basso), attento nel creare una coesione pressoché perfetta tra testi e
melodie, esaltazione profonda di personaggi vissuti nel triestino e nelle zone
limitrofe. La rivolta operaia di San Giacomo del 1920 viene raccontata con
carica rock in The great reception,
verve che si colora di zampilli bluesy in Johnny’s
bunch e di grande folk in Freedom
republic (abbellita dall’uso di viola e violino). Il blues fa capolino in Anton the brewer, prima della ballata
agrodolce di Marbourg hills (dove è
presente il violoncello di Elisa Frausin), che narra delle vicende dei nonni di
Frank, emigrati, non senza difficoltà, dalla Slovenia. Puro rock blues
nell’intrigante What’s the patriot,
mentre in Trip to the moon (con il
bravissimo Anthony Basso alla chitarra) riecheggia il Mark Knopfler dei suoi
tanti dischi in solitaria, così come incanta l’intensa Last day of summer. La slide e il violoncello colorano Joy, la conclusiva bonus Climbin ‘up this mountain è il finale
corale con una serie di grandi ospiti, buonissimo epitaffio di un lavoro fantasioso
e di notevole livello. (Luigi Cattaneo)
Climbin ‘up this mountain (Video)
venerdì 11 dicembre 2020
MOTHER ISLAND, Motel Rooms (2020)
Terzo disco per i Mother
Island, quintetto formato da Anita Formilan alla voce, Nicolò De Franceschi e
Nicola Tamiozzo alle chitarre, Giacomo Totti al basso e Jody Berton alla
batteria e parecchio influenzato dalla psichedelia anni ’60 con influssi west
coast. Omaggio e rivisitazione delle surreali visioni dei Jefferson Airplane
colorano questo Motel rooms, testato
in un tour americano prima di entrare in studio di registrazione (ma d’altronde
avevano già diviso il palco con Mark Lanegan, The Pretty Things e Kula Shaker).
Con la California ancora ben presente, la band ha composto un lavoro fresco e
molto gradevole, a partire dal singolo And
we’re shining. I vicentini iniettano nel loro sound pillole di Beatles
nella doppietta iniziale Till the morning
comes / Eyes of shadow, mentre
tracce di Doors echeggiano in Summer glow.
La stagione psichedelica viene tributata anche in We all seem to fall to pieces alone, Demons e Song for a healer
mostrano tutta la consapevolezza del songwriting raggiunto, prima del r’n’r di Santa Cruz e della trascinante Dead rat, molto filmica. Il brano
conclusivo, Lustful lovers, è la
summa di un percorso sempre più maturo e cosciente. (Luigi Cattaneo)
And we're shining (Video)