mercoledì 31 ottobre 2018

ARCA PROGJET, Arca Progjet (2018)


Debutto assoluto per i piemontesi Arca Progjet, nati da un’idea di Alex Jorio (batteria e tastiere, membro degli Elektradrive) e Greg Verdun (basso, chitarra, tastiere), si completano con l’ingresso in formazione di Sergio Toya (voce), Carlo Maccaferri (chitarre) e Filippo Dagasso (tastiere). Il disco, uscito sotto l’egida della Jolly Roger Records, è un melting pot di prog, hard e A.O.R., una sintesi del percorso partito nei lontani anni ’80, quando gli Elektradrive pubblicavano album importantissimi per la scena rock italiana, con uno sguardo al progressive storico e ad alcuni album della P.F.M., in particolare Serendipity del 2000, con il quale condivide alcune scelte stilistiche. Le parole di Alex spiegano il senso di questo suo personale ritorno … Dopo anni bellissimi di musica condivisa insieme a Greg è giunto il momento di regalarci questo album. Il nostro percorso musicale è molto simile ed è sempre stato guidato dalla volontà e dalla presunzione giovanile di realizzare la nostra musica, sin dagli esordi ai tempi del liceo. Un paio di brani contenuti sono frutto di quegli anni e grazie al riascolto delle vecchie cassette abbiamo avuto modo di ricostruirli riarrangiandoli, senza però alterare il sapore compositivo originale. Risalgono al 1993 le mie prime idee sul logo e sul nome ARCA che mi tormentava e la convinzione che, prima o poi, l’avrei utilizzato. Come l’Arca di Noè capace di traghettare uomini e specie animali alla ricerca di un approdo dove ricominciare, la nostra Arcanave ricerca un nuovo pianeta solcando gli spazi con il suo cargo di musica. Ed infatti il brano Arca è stato il propulsore per tutto il progjetto. E’ stato facile coinvolgere Greg a contribuire con le sue composizioni, posso dire che era fisiologicamente pronto come del resto anche io! Il lavoro risulta sin da subito piuttosto interessante, con l’opener Arca (dedicata alla memoria di John Wetton) ancor più luminosa grazie all’intervento di Arturo Vitale degli Arti & Mestieri al sax soprano, ma la resa melodica e molto fruibile di questo esordio pervade gran parte delle tracce e momenti come Metà Morfosi, Delta Randevouz o Requiend, sono lì a dimostrarlo. Il progressive lo si riscontra soprattutto nell’ottima Sulla verticale e nella strumentale Un.Inverso, in cui appare anche la magica chitarra di Gigi Venegoni. Da segnalare infine gli interventi di Matteo Morelli al flauto nella buonissima Battito d’ali e di Mauro Pagani al violino nella gradevole Cielo Nero, importante contorno di un esordio piacevole e dal discreto bilanciamento tra le varie influenze che animano il progetto. (Luigi Cattaneo)
Arca (Official Video)
   

lunedì 29 ottobre 2018

SIMONE SESSA, See the Zen key (2017)


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Laureato al Conservatorio di Salerno, Simone Sessa, ha sviluppato un suo peculiare stile anche grazie all’importante esperienza con il Crossroads Improring, un collettivo dedito alla sperimentazione e all’improvvisazione, un radicalismo che è udibile anche in questo See the Zen key, edito da Lizard, etichetta sempre attenta nel cercare musicisti curiosi e fuori dai classici schemi. Simone tenta di superare gli steccati tradizionali, armato della sua chitarra elettrica e di effetti e loops connessi, componendo otto brani che profumano di soundtrack, motivo per cui non ci troviamo dinnanzi ad un lavoro di facile lettura. Il suo amore per il cinema si evince anche dalle dediche ai registi che più lo hanno formato e influenzato, raccontate tramite una sei corde che sviluppa il suo suono attraverso una serie di pedali efficacemente utilizzati dal campano e loops che si accavallano, si intrecciano, guardando alla drone music, all’ambient psichedelico e al minimalismo sperimentale. L’album oscilla tra momenti che accentuano l’utilizzo di suoni ripetuti, brevi variazioni armoniche e marcatamente prolissi (l’iniziale Mulholland empire o la straniante Escape from Michael Myers) ad altri più dinamici e strutturati (Brazil), sempre all’insegna di uno spirito avanguardistico poco incline a compromessi, un prendere o lasciare che rischia l’incomunicabilità e che destina See the Zen key  ad essere un prodotto fruibile solo per chi ha già dimestichezza con il genere proposto. (Luigi Cattaneo)

domenica 28 ottobre 2018

CENTO SCIMMIE, Fragile (2018)


Attivi dal 2013, i padovani Cento Scimmie arrivano con Fragile al disco d’esordio, album energico e vigoroso dalle forti tinte alternative rock, anche anni ’90. I riff di chitarra di Alessio Ometto e Antonello Carrossa, su cui si strutturano le composizioni, denotano un songwriting intelligente e attento, ma a colpire sono pure le ritmiche della coppia formata da Mirko Visentini (batteria) e Massimiliano Bilato (basso) e la voce del bravo Andrea Coppo, tra i protagonisti di questo Fragile.  Le distorsioni di Cosmetico aprono il lavoro, perfetta opener in cui le sostenute ritmiche offrono la spalla ai riff di chitarra e ad un cantato profondo e convincente, ma anche la successiva trama di Schiena risulta carica di enfasi ed emozionalità ai limiti del post. Più immediato il singolo Cane, che presenta pulsioni funk, mentre Verme è decisamente darkeggiante e flirta con l’heavy, soprattutto per una verve complessiva granitica e piena di mascolina forza. Ipergiganti gialle si distingue per tratti quasi psichedelici e progressivi, ma gli otto pezzi risultano tutti possenti e di grande impatto e probabilmente non sfigurerebbero affatto nemmeno nelle radio di settore. Pezzi prosegue in questa alternanza tra attimi di furore e altri pacati e melodici, prima di Basta che funzioni, altro frangente dinamico e dalla giusta ruvidità e Labbra, titolo conclusivo di un lavoro estremamente interessante e che rilancia ancora una volta la figura della Overdub Recordings all’interno del panorama underground italiano. (Luigi Cattaneo)
Schiena (Video)
 

sabato 27 ottobre 2018

RED LIGHT SKYSCRAPER, Still the echo (2017)


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Nati a Siena nel 2013 con l’idea di proporre un post rock fresco e sperimentale, i Red Light Skyscraper, dopo Fourteen Months del 2016, in cui raccoglievano i loro primi quattro singoli, arrivano alla pubblicazione di Still the echo l’anno seguente, trenta buonissimi minuti che si lasciano apprezzare e scorrono via con grande fluidità. Il sound dei toscani (Carlo Parillo alla chitarra, alla voce e alle tastiere, Jacopo Palumbo alla chitarra, Leonardo Bindi al basso e Matteo Vispo alla batteria) ha tutti i requisiti del post strumentale, viscerale e passionale, quello di band come Explosion in the sky, Mogwai o i nostrani Il giardino degli specchi. Registrato in presa diretta, il disco oscilla tra le tipiche sfuriate elettriche e passaggi lievi, atmosferici, come da consuetudine del genere, croce e delizia dei sostenitori e di chi non apprezza particolarmente queste produzioni. Certe pulsioni sono già evidenti nell’iniziale Don London, trama apripista di un lavoro che vive di grandi momenti, come Yugen, trip decadente e dark di grande effetto. L’inquietudine di fondo coinvolge chi ascolta, una sospensione di percezioni che si traduce in istanti di commozione, tradotti tramite la stupenda Sleep on it, la livida Luke e la conclusiva Wander, che definiscono un esordio brillante e che ha l’assoluta capacità di resistere nel tempo. (Luigi Cattaneo)
Don London (Video)

lunedì 22 ottobre 2018

DAYLIGHT SILENCE, Threshold of time (2018)

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Una presentazione distopica accompagna i Daylight Silence, una sorta di racconto fantasy ma anche sociale, in cui i protagonisti, cinque mercenari, decidono di suonare insieme facendo vibrare lo spazio. Ovviamente diviene difficile capire solo da questo che tipo di sound aspettarsi ma l’iniziale The power of speech è sintomatica del percorso della band, capace di unire melodia e pulsioni heavy, con lo sguardo verso i Rainbow e gli Iron Maiden, forse tra le influenze più nitide del quintetto, che non dimentica di omaggiare anche un certo progressive, più nelle intenzioni e in alcune trovate, a dire il vero, che nella forma. Sciolti i dubbi, ritroviamo la stessa calorosa verve nella sentita Dreaming of freedom, un momento estatico, che sottolinea i sogni espressi nell’episodio. I quaranta minuti circa del disco risultano fluidi e scorrevoli, con il gruppo, che pur avendo buone doti tecniche, preferisce puntare su impatto e cura per la scrittura, trovando nel carattere malinconico di certe impostazioni un vero punto di forza (ricordandomi per mood alcune cose dei Vanden Plas). Gradevole Falling to the ground, mentre Someone I know conferma l’attitudine vintage della band, che guarda con rispetto all’hard & heavy primigenio. Sleep è una piacevole ballata, la title track invece conclude con piglio ottantiano un disco fatto di potenza e indubbie doti comunicative. (Luigi Cattaneo)
Threshold of time (Video)
 

venerdì 19 ottobre 2018

BOGAZZI/GASPAROTTI, Extrema Ratio (2018)


 
Duo sperimentale quello formato da Nicola Bogazzi e Gabriele Gasparotti, che con Extrema Ratio tentano la difficile carta di unire elettronica, concrete musique alla Michel Plourde, minimalismo memore della lezione di Philip Glass e avanguardia (anche di natura prog). Lo spunto nasce dalla lettura della sceneggiatura di Maldoror – Il dio selvaggio (o malvagio, vista la correzione fatta a margine dal regista), film di Alberto Cavallone mai visto da nessuno perché bloccato da gravi problemi di censura e che si perse in seguito al fallimento dell’allora casa di produzione della pellicola misteriosa. La copia, ricevuta per merito di Davide Pulici, fondatore e caporedattore di Nocturno, fa il paio con il ritrovamento delle partiture della colonna sonora originale (ad opera di Rosario Maria Montesanti, anche aiuto regista).
 
Ovviamente il clima che si respira è quello della soundtrack, con i due bravissimi nel narrare senza aver visto nulla, un modus operandi in cui la suggestione diviene elemento lirico centrale di un contesto chiaramente ombroso, velato, che si perde nella leggenda. La strumentazione analogica dei due finisce per fare la differenza e l’interplay tra i synth, le chitarre (preparate ed acustiche) e gli elementi ritmici e percussivi, assume contorni inaspettati e sinuosi, immaginifici nel trasporre in note un racconto plumbeo e visionario.
Complimenti ai toscani, che insieme a Pulici, compiono un lavoro di ricerca notevole e danno lustro ad una delle tante opere nascoste e dimenticate, o come il caso di Maldoror, avvolte da un grande e affascinante enigma. In appendice il link del trailer Maldoror – Il mistero, documentario con le musiche di Bogazzi e Gasparotti che si trova nel dvd Spell, Dolce Mattatoio dello stesso Cavallone. (Luigi Cattaneo)  

mercoledì 17 ottobre 2018

RINUNCI A SATANA?, Blerum Blerum (2018)

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Secondo album per i Rinunci a Satana?, duo composto da Damiano Casanova (chitarra, tastiera e synth) e Marco Mazzoldi (batteria), che con Blerum Blerum firmano un lavoro corposo e pieno di ottimi spunti. La partenza è affidata alla roboante carica heavy di Valhalla rising, fulminante ascesa negli inferi del rock, il cui riff diviene perno centrale di una traccia volutamente hard, ideale per invitare l’ascoltatore a proseguire nel viaggio ferale. Meravigliosa e con forti accenti settantiani La veneranda fabbrica del doom, un incrocio pericoloso tra stoner, doom (per l’appunto) e progressive, che non manca di citare i maestri Black Sabbath, ma l’intensità non cala nemmeno con le due sezioni di Blerum, una suite che racconta il mondo della band, diviso tra una chitarra tanto heavy quanto rock blues nei passaggi slide, sospensioni psichedeliche e progressive italiano, chiudendo ottimamente una prima parte davvero avvincente. La seconda si apre con Salice mago, che propone il dualismo tra momenti aggressivi e altri più suadenti, sempre con lo sguardo del sommo Hendrix a vigilare, metaforico traghettatore di noi povere anime verso Niente di nuovo sul fronte occidentale?, altro frangente che abbina prog, psichedelia acida e hard rock sabbathiano, risultando ancora una volta credibile e, perché no, attuale. La visione vintage del duo, difatti, non impedisce di creare trame che convincono ancora nel 2018 e l’attitudine prog di La serata del Gourmet, con i synth di Casanova a dialogare con le ritmiche di Mazzoldi e una voglia di suonare in piena libertà artistica sono lì a dimostrarlo. Chi sta scavando? è un gradevole brano (inedito) di Il Babau e i Maledetti Cretini (altro interessantissimo progetto in cui milita Damiano), prima del breve finale di Dr. Tomas Ragtime Blues, con Mazzoldi protagonista alla chitarra acustica. Nota di merito per l’artwork ad opera di Luca Martinotti di Solomacello, che completa un disco affascinante e suggestivo. (Luigi Cattaneo)
Valhalla Rising (Video)

sabato 13 ottobre 2018

BLUE CASH, When she will come (2018)



I Blue Cash sono un quartetto acustico formato da Andrea Faidutti (chitarra e voce già con i Vertical Invaders), Alan Malusà Magno (chitarra e voce in passato con i Kosovni Odpadki), Marzio Tomada (contrabbasso di ascendenza jazz e voce) e Alessandro Mansutti (batterista con una certa esperienza nel circuito jazz friuliano) con un occhio di riguardo per le radici della musica americana, il blues e il country rock. Chiaro che i riferimenti a Johnny Cash non sono pochi e vengono metabolizzati con energia, forza ed ironia, con sottili linee d’intersezione tra i Rolling Stones degli esordi, i Beatles, Elvis Presley ed ovviamente il Man in black per eccellenza. Una certa spensieratezza di fondo non preclude la riuscita di pezzi come The end o Junkie man, simboliche del percorso che costituisce When she will come, che conosce dipartite psichedeliche sorprendenti (King of nothing e l’ottima strumentale Maledetti cash) e che in generale si lascia ascoltare con estrema piacevolezza. Entusiasmanti e coinvolgenti come la tradizione country vuole, i Blue Cash sanno prendere spunto dai diversi generi del roots a stelle e strisce, facendoli loro con spirito e grande divertimento. (Luigi Cattaneo)
When she will come (Video)
 

giovedì 11 ottobre 2018

PACINO, Fallen America (2018)

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Esordio assoluto per i Pacino, band veneta formata da Mattia Briggi (voce già con gli X-Ray Life), Douglas D’este (batterista dei Moofloni), Francesco Bozzato (chitarra) e Bruno Zocca (bass synth all’opera con Criminal Tango e l’ex Orme Aldo Tagliapietra), forti di un sound che sposa grunge e  rock di matrice americana. Poco più di trenta minuti che partono forte con la potente title track, energica e oscura, proietta subito l’ascoltatore in quell’epoca dorata del grunge di Seattle, una sensazione che non svanisce nemmeno con la seguente Lately, altra traccia convincente e tirata. Lifestyle è il classico brano che resta impresso in un istante e non sfigurerebbe nelle radio di settore ma il vero pezzo forte è Desert trip, atmosferica e intrigante, colpisce appieno per pathos e mood. Out of the cage, singolo dell’album, esalta l’utilizzo dell’elettronica da parte del quartetto, mentre il volume si impenna con Iknusa, altro momento robusto ed energico e The Misanthrope, immediato viaggio nell’alternative rock. Under my feet chiude egregiamente l’ennesimo interessante prodotto distribuito dall’Atomic Stuff e dalla Snakeout Records. (Luigi Cattaneo)
Official Album Teaser
 

sabato 6 ottobre 2018

LED BY VAJRA, ΨΥXH (2017)


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Nati dalle ceneri dei Thirsting For Revenge, i casertani Led By Vajra (Atena Fedele e Mariano Esposito alle voci, Walter Orlando e Gabriele Quaranta alle chitarre, Luca Muneretto al basso e Marco Cantiello alla batteria), alfieri di un metalcore tecnico e dai contorni prog, esordiscono con ΨΥXH per la Sliptrick Records, un disco che riesce ad unire la tipica brutalità del genere con chorus ficcanti e passaggi melodici ad effetto. I campani difatti spezzano il monopolio core con stacchi ora acustici, ora in odore di fusion, ora latineggianti, mostrando di avere il coraggio di piazzare variazioni sul tema, in una corrente che si è cristallizzata e forse arenata davvero in breve tempo. Il sestetto ha la capacità di sintetizzare in poco più di trenta minuti anni di palchi e sudore, attingendo a piene mani da quanto fatto da band come Trivium o August Burns Red, in un vortice sonoro dove lo scontro tra la voce aggressiva di Esposito e quella pulita di Atena trova in White dress, Inborn invaders e Chains il trittico iniziale che funge da spinta per lanciare l’album. La qualità non cala con The awakening, mentre Golden palace e Shards of crystal skin, pur non raggiungendo la maestria dei brani precedenti, si assestano su buoni livelli. Oh sorry è il colpo di coda prima del finale di Dependancy, il brano che mi ha meno coinvolto ma che non inficia un esordio che consiglio a tutti gli amanti di Born of Osiris, Bullet for my Valentine e As I Lay Dying. (Luigi Cattaneo) 
White dress (Official Video)

 

venerdì 5 ottobre 2018

PAOLO BALLARDINI, Acoustic Journey (2018)

Chitarrista per importanti musical come Mamma miaSaturday Night Fever, Jersey Boy e dell'opera rock Excalibur (sia nel disco che nel tour europeo del 2016) e membro dell'orchestra Rai per trasmissioni come I migliori anni e Star Academy (che gli hanno dato l'opportunità di suonare con Renato Zero, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Ron e Claudio Baglioni, tra gli altri), Paolo Ballardini, musicista ligure di talento, ci propone con Acoustic Journey un lavoro dove il suo strumento, acustico e classico, si erge a protagonista omaggiando composizioni entrate oramai nell'immaginario collettivo. La sensibilità del tocco di Paolo emerge con forza ed esplora, cuore in mano, la ricchezza e il potenziale di uno strumento che emana feeling e calore, approcciandosi a degli evergreen rispettoso del valore di una melodia. Così Ballardini celebra De Andrè in compagnia del maestro Beppe Gambetta, ci conduce con grazia a riscoprire un autore come Bruno Martino e rinfresca il sempre attuale Battisti, senza dimenticare la grandezza dei Beatles e il songwriting maestoso di Elton John. Pop, Latin e Swing si amalgamano perfettamente, in un viaggio tra continenti, alla scoperta di un musicista di grande livello e di un album parecchio gradevole. (Luigi Cattaneo)
 
Acoustic Journey (Album Trailer) 
 

martedì 2 ottobre 2018

OVERFLOWING, Overflowing (2018)


Overflowing è il progetto solista di Gian Maria Vannoni, già frontman della band metalcore Dawn Under Eclipse (due dischi e due ep alle spalle) e dei Rudyscave, dediti ad un rock grunge a stelle e strisce. Il percorso del riminese giunge ora ad una svolta stilistica sorprendente, un ep foriero di pulsioni electro rock e aperture post, scorrevole e di facile presa, lontano dagli eccessi heavy della sua prima band, convincente proprio per quelle sue atmosfere che coniugano dark ed elettronica. L’ep in questione è molto fluente, si riallaccia a quanto di buono ha proposto questa scena negli anni ’80 (si sente l’eco qua e là dei Depeche Mode) e si può accostare in parte anche ai contemporanei Lush Rimbaud, soprattutto per quella voglia di esprimersi attraverso un songwriting che punta sulla sintesi ma senza dimenticare la qualità. E qui, nei cinque pezzi presenti, di qualità ne abbiamo, perché Vannoni sa il fatto suo, sa come creare melodie furbe, che ti si stampano nelle orecchie in un secondo, senza però cadere nello scontato o nel forzato. Tra le tracce migliori vi è Indigo, un inquieto ricamo di synth che celebra l’amore per sonorità lontane decenni ma che l’autore esprime con forza e agilità, ma non sono da meno Youth e l’agre finale di Witch, a suggello di un debutto gradevole e che solo il tempo ci dirà se estemporaneo o con un adeguato e magari più corposo seguito. (Luigi Cattaneo)
Blood is God (Official Video)
 

lunedì 1 ottobre 2018

ALTERAZIONI 2018, Rassegna di musiche innovative



Il programma

Domenica 7 ottobre: F.I.T. Found In Translation
I testi di F.I.T. sono costituiti da stralci di lingue provenienti da regioni remote della Molkaya, non ancora del tutto esplorate, e abitate da popolazioni che si differenziano tra di esse per usi, costumi e attitudini.
Massimo Giuntoli prosegue nel suo percorso di esplorazione del controverso rapporto tra testo e musica, approdando con F.I.T. ad un’alquanto improbabile lingua universale che si prende gioco tanto dei confini tracciati sulla Terra dalla specie più evoluta del nostro pianeta quanto del concetto di "straniero" ancora così profondamente radicato nella società dell'uomo contemporaneo.
Una lingua inventata, deliberatamente priva di alcun valore semantico, a creare inganni fonetici e assonanze capaci di evocare idiomi reali provenienti dalle latitudini più disparate della geografia umana. Cui corrisponde un linguaggio musicale sospeso e imprevedibile
 
Domenica 21 ottobre: David Venitucci.
Nato a Grenoble, David Venitucci, ha iniziato lo studio della fisarmonica all'età di 8 anni. Ha poi proseguito gli studi presso l'Institut André Thepaz di Chambery e al Conservatorio di Musica di Grenoble, dove ha vinto il primo premio nel 1990.  David si è poi dedicato allo studio del jazz e della musica improvvisata.
Fisarmonicista e compositore, si trasferisce a Parigi nel 1994, moltiplicando esperienze e incontri. Accompagna il regista teatrale Alfredo Arias e molti artisti sul palco, tra cui Romain Didier, Alain Leprest, Annie Fratellini, Francis Lemarque, James Germain.
Prende parte a svariate formazioni jazz: This Time di David Linx e Diederick Wissels, Time Zone di Christophe Wallemme, Diagonale  di Jean Christophe Cholet, il quartetto di Daniele Goyone, Dans Le Décor di Hubert Dupont, Absolute Orchestra di Toufic Farrouck.
David è co-fondatore del trio Hradcany, con Serge Adam e Philippe Botta. Lo si può ascoltare al fianco di Nelson Veras, Stephane Guillaume, Stephane Huchard, Minino Garay, Isabelle Olivier, Peter Erskine, Antoine Banville, John Greaves, Youn Sun Nah. Nel 2003 pubblica Cascade, la sua prima registrazione solista, per la quale ha ricevuto il Grand Prix Gus Viseur.
Tra le più importanti collaborazioni, quella con il bassista Renaud Garcia-Fons, che Integra il quartetto La Linea Del Sur nel 2007 e il trio La Vie Devant Soi nel 2015 (Tours in Francia, Germania, Stati Uniti, Argentina, in Brasile, Cina ...). Nel 2014 David Venitucci ha suonato e registrato lo spettacolo La Belle Excentrique, con il soprano Patricia Petibon Olivier Py e la pianista Susan Manoff. Sempre nel 2014 ha dato vita al proprio trio, con il trombonista Denis Leloup e il batterista Christophe Marguet, pubblicando l'album Travelling per l'etichetta tedesca Enja Yellow Bird.
 
Domenica 4 novembre: La Zuccheria
La Zuccheria nasce come laboratorio di suoni per concretizzare le idee e le intuizioni musicali dei componenti del gruppo, che, prendendo spunto da diversi generi, il prog, il jazz, il folk e la canzone, ne travalicano le forme consuete rimodellandole con un'identità propria.
L' impasto dei tre strumenti acustici, arricchito dall'uso della voce, caratterizza il colore delle composizioni e permette rielaborazioni originali. La Zuccheria è un contenitore di situazioni musicali, circostanze ritmiche, volontà espressive e fantasticherie improvvisative.
Clara Zucchetti - Musicista poliedrica, diplomata in percussioni, collabora in diverse formazioni musicali come vibrafonista, percussionista, tastierista e cantante. Vanta collaborazioni con Paolo Tomelleri, Damiano Della Torre, Massimo Giuntoli, Jonathan Coe e l’Orchestra dell’Accademia Teatro Alla Scala.
Giulia Larghi - Diplomata in violino, si dedica in seguito anche alla musica popolare e al jazz. Oltre a collaborare con diverse orchestre, suona in varie formazioni con cui si esibisce in Italia, Svizzera, Portogallo, Austria, Irlanda, Moldavia, Francia, Spagna e Olanda.
Simone Mauri - Specialista del clarinetto basso, si dedica principalmente alla musica improvvisata e al jazz. Suona in italia e all'estero collaborando con musicisti e formazioni come: Lester Bowie, Mario Arcari, Ferdinando Faraò, Artchipel Orchestra, Keith e Julie Tippet, Giovanni Falzone, Chris Cutler, Anne-Lise Foy, Gianluigi Trovesi e altri.
 
Domenica 18 novembre: Sonata Island Quartet
Un anomalo quartetto per flauto e archi, che emula l’organico classico togliendo la viola e aggiungendo un contrabbasso, grazie al quale si sentono tracce di rock e jazz.
In programma musiche degli anni 2000: una suite da una celebre composizione di Giovanni Sollima, Spasimo, la chiesa sconsacrata sulle mura dell’antica Palermo, con il flauto al posto del violoncello solista; una reinvenzione post-moderna di un song della grande tradizione del musical, May in Paris di Emilio Galante, ricostruzione di sapore stravinskiano di April in Paris; un Phase Quartet di Eloisa Manera, dove si sente il modello di Steve Reich. Ci sono poi alcune nuove versione di musiche registrate in Sonata Islands goes R.I.O., registrato nel 2012. Tre composizioni di Fred Frith, (Norrgarden Nyla, Snake eating its tail e Hands of the Juggler) e una composizione di Emilio Galante dedicata ai Thinking Plague.

OTEME, Il corpo nel sogno (2018)


Terzo capitolo per il progetto di Stefano Giannotti (da segnalare anche il buonissimo La vostra ansia di orizzonte con Salvo Lazzara dell’anno scorso), da sempre attento nell’unire avant prog, musica da camera, R.I.O., elettronica e classica, elementi che riscontriamo anche nel recente Il corpo nel sogno. L’idea di allargare il concetto di forma canzone conduce l’ascoltatore in un luogo lontano, una sorta di teatro immaginario (Stefano scrive radiodrammi per emittenti tedesche) in cui si muovono personaggi e storie, pur senza un filo conduttore preciso, se non quello di metafore allucinate e rappresentazioni sfocate, il tutto sottolineato da una cura maniacale per suoni e arrangiamenti. Il disco d’altronde riprende il discorso già iniziato in precedenza, con il maestro Giannotti cerimoniere di un ensemble ricchissimo, foriero di imput e creatività che porta ad un interplay tra le parti davvero maturo (basti ascoltare Orfeo e Moira o Blu marrone). Oteme continua a sperimentare citando la maniacalità di John Cage, l’ambient elegante di Brian Eno, il jazz anticonformista di Canterbury e la classica contemporanea, con brani che si dipanano tra parti recitate, duetti vocali e fraseggi strumentali. L’utilizzo dei fiati è ancora centrale, enfatizza il tessuto onirico di una narrazione differente, coraggiosa, fragorosa nella sua capacità di comunicare, di dare strepiti lasciando l’ascoltatore ad occhi chiusi, rapito dalle visioni dipinte dal gruppo. La delicatezza di certe soluzioni non nasconde quell’alone psichedelico che emana con costanza la band e che si manifesta in pezzi come Rubidor#1, Sono invisibile e Prato fiorito, conferma di un ensemble curioso e che non si pone limiti di genere. (Luigi Cattaneo)
Orfeo e Moira (Official Video)
 

CONCERTI DEL MESE, Ottobre 2018

Martedì 2
·Revelation a Roma

Sabato 6
·Ossi Duri & Ike Willis a Milano
·Of New Trolls a Genova
·Cantina Sociale a Milano
·RUGHE + Camerata Mediolanense a Genova

Domenica 7
·Ossi Duri & Ike Willis a Rivoli (TO)
·Napoli Centrale a Adelfia (BA)

Martedì 9
·Ossi Duri, Ike Willis & Elio a Piacenza

Giovedì 11
·Napoli Centrale a Mestre (VE)

Venerdì 12
·Napoli Centrale a Bologna
·Rinunci a Satana? a Mezzago (MB)

Sabato 13
·The Watch a Schio (VI)
·Castello di Atlante + Ad Maiora alla Casa di Alex (Milano)
·Monkey Diet a Legnano (MI)
·Watershape a Roncà (VR)


Giovedì 18
·Lachesis al The One di Cassano d'Adda (MI)

Venerdì 19
·Sona et Labora a Pistoia
·Duke a Pianiga (VE)
·Gecko's Tear a Napoli

Sabato 20
·The Trip + Anima Mundi a Veruno (NO)
·Rinunci a Satana? a Milano
·Supper’s Ready a Bolzano
·Duke a Pianiga (VE)
·Massimo Giuntoli a Rovereto (TN)

Venerdì 26
·Lachesis a Palazzolo s/Oglio (BS)
·IceFish a Bologna
·Massimo Giuntoli a Villasanta (MB)
·Nosound a Roma

Sabato 27
·The Watch a Galzignano (PD)
·Syndone a Milano
·IceFish a Retorbido (PV)

Domenica 28
·The Musical Box a Roma
·Juri Camisasca a Pontassieve (FI)
·Massimo Giuntoli a Settimo Milanese (MI)

Martedì 30
·The Musical Box a Firenze

Mercoledì 31
·The Musical Box a Milano