martedì 25 febbraio 2014

MONJOIE, Affetto e Attrazione (2013)


Terzo disco per i Monjoie dopo diversi anni di assenza dalle scene (si erano perse le loro tracce da Il Bacio di Polifemo del 2004) e alcuni cambi di formazione e virata decisa verso lidi più propriamente new wave e rock, lasciando trasparire un’anima maggiormente elettrica rispetto al passato. I pezzi, praticamente tutti di alto livello, sono il risultato della contaminazione tra un suono vicino ai Litfiba degli anni ’80 e spore progressive dettate soprattutto dalle tastiere di Davide Baglietto e Alessandro Mazzitelli, mentre i testi, elaborati e malinconici potrebbero tranquillamente essere musicati dai Diaframma (che furono) di Federico Fiumani. Affetto e Attrazione segna quindi un cambiamento nella carriera del gruppo ligure, con un sound più secco, dark e cantautorale, in cui si sviluppa un bel lavoro ritmico della coppia Ivan Ghizzoni (basso) e Davide Bonfante (batteria). Alessandro Brocchi, leader, cantante e chitarrista (autore anche di testi ispirati e mai banali), insieme a Valter Rosa, mostra una certa personalità, staccandosi dai clichè prog per approdare verso lidi ora più oscuri (La perfezione), ora più folk ma sempre piuttosto cupi (Gli abitanti della Seconda Guerra Mondiale). Buono anche l’uso dei synth in Circumnavigazione di una mente, così come le trame delicate di Cuore solubile e l’attacco più duro di Civilizzazione. Uno sguardo al passato il gruppo lo dà con Moto Perpetuo e il suo lascito autunnale, mentre Provviste per il viaggio è l’unico strumentale presente ed è anche la traccia che mi ha convinto meno. Meglio l’atmosfera agrodolce di Infautanendu e il dark prog di Amras, uno dei momenti più intensi, complice una bella coda strumentale. Ma davvero tanti sono i frangenti affascinanti e brumosi capaci di ricordare gruppi storici come i Cure o i Joy Division (le splendide Il Giardino di Twickman, e la conclusiva Stanchezza). Affetto e Attrazione è un album che convince ascolto dopo ascolto, capace di alternare pezzi più raffinati con altri di matrice wave più duri ma sempre estremamente coinvolgenti. Disco stimolante in special modo per i più curiosi seguaci della Lizard Records. (Luigi Cattaneo)

Circumnavigazione di una mente (Live)

venerdì 21 febbraio 2014

CIAO FRANCESCO!!!

Un incidente d'auto si è portato via Francesco Di Giacomo, storica voce del Banco del Mutuo Soccorso e uno dei migliori cantanti della stagione d'oro del progressive mondiale.
Noi di Progressivamente vogliamo solo ringraziarlo per tutto quello che ha rappresentato e rappresenta per noi.
Grazie di tutto.
Ciao Francesco!!!

AEDO, Saluto al Nemico (2013)


Il Salento, terra spesso conosciuta soprattutto per le meravigliose attrazioni turistiche estive, ha un retaggio musicale curioso e tutto da scoprire. Piccole realtà che con fatica vanno avanti e cercano di emergere da un luogo che troppo spesso viene ricordato per la pizzica o negli ultimi anni per il boom dei Negramaro. Sarebbe invece sbagliato fermarsi a questo. E ne sono un esempio gente come Raffaele Casarano, sassofonista di grande livello e organizzatore del Locomotive Jazz Festival, Gianluca Milanese (ex Area Palea), Mauro Tre, pianista poco conosciuto ma raffinato o ancora, per avvicinarci a sonorità più rock, i Muffx o L’impero delle Ombre. Gli Aedo, non fanno eccezione e rappresentano, a detta di chi scrive, una delle realtà salentine più interessanti e con un po’ di fortuna potrebbero tranquillamente conquistare vette più alte. Questo perché la loro mistura di folk, cantautorato, combat e poesia è davvero elettrizzante e toccante e può piacere sia a chi ha sempre amato la canzone d’autore di Fabrizio De Andrè, Uccio De Santis  o Vinicio Capossela, sia a chi viene rapito dalle atmosfere care ai Modena City Ramblers o La Casa del Vento. Saluto al nemico è il loro album d’esordio e ha il pregio di non dimenticare la tradizione popolare a cui appartengono, innervandola però di sonorità meno legate al Salento, rendendo il tutto più godibile e meno chiuso su sé stesso. Difatti uno dei difetti di questi gruppi popular è il rimanere a volte troppo legati a delle radici che finiscono per appiattire la proposta e finiscono per avere consensi solo in un ottica regionale (se non provinciale). Gli Aedo invece riescono nella faticosa impresa di far convivere le due anime, quella legata ad una terra che ti ammalia e quella più moderna che può permettere loro il grande salto. La musica degli Aedo, citando Oliviero Malaspina (poeta, cantautore e collaboratore di De Andrè), è rarefatta, forsennata come gli stati d’animo di una società in travaglio, vive di sfumature agrodolci e di brani potenti intersecati da un’etnicità mai banale. Per far questo Giovanni Saccomano (chitarra acustica e voce), leader e autore di quasi tutte le musiche e i testi, si è fatto aiutare da Eleonora Pascarelli (voce), Mauro Pispico (chitarra classica), Francesco Spada (organetto), Chiara Arcadi (violino), Giuseppe Donadei (percussioni) e Giorgio Kwiatkowski (basso). Le prime tracce hanno un mood malinconico ma per nulla sconsolante, già dall’iniziale Acqua, con quelle percussioni ben in evidenza e un cantato intenso e sentito. Fa il paio con Biancalancia, prima della meravigliosa e deandreiana Le tue mani, piccola perla dal testo davvero toccante (Finirà questa guerra in un sogno, le tue mani suoneranno per me, in quest’odio che congela il mondo, le tue mani suoneranno per me) e capace di elaborare immagini nell’ascoltatore, quasi come se ci si trovasse dinnanzi ad un film in costume. L’Italia stritolata da parassiti emerge nel combat folk di Joele, liriche potenti e drammatiche, mettono i brividi nella loro semplice efficacia, testimonianza di chi è esasperato di subire ingiustizie dai potenti (Non vi siete accorti ho la pistola sotto il pane, oggi sparo agli uomini e miro dritto ai genitali, oggi agli avvoltoi che si nutrono di operai, oggi sparo a quelli, quelli che non muoiono mai. L’ultimo colpo in aria, tanto Dio non sente mai!). Sulla stessa falsariga anche Le orecchie del re, cinica e ironica allo stesso tempo, mentre ha un’impronta noir la suadente Macaria. La Pancia del Mostro è una lucida riflessione sullo stato attuale dei lavoratori (Industrie di sogni producon veleni, entran nella pelle, siamo già morti bianche) sfruttati come uomini bestie (Stiamo ancora lavorando per la grande piramide del potere). Chiude l’album Penelope, sussidiario di 7 minuti delle vibrazioni emerse dall’ascolto di questo autentico gioiellino. Chapeu per la sensibilità espressa da questo Saluto al nemico e un plauso per la Ululati Records che cerca sempre di proporre musica di qualità in un territorio a volte indifferente verso artisti che meriterebbero davvero di più. (Luigi Cattaneo)


Penelope (Official Video)


http://www.youtube.com/watch?v=Xf3jdmVdybI

                  

 

giovedì 20 febbraio 2014

I SALICI, Nowhere better than this place. Somewhere better than this place (2013)


Ci sono tante realtà in Italia che meriterebbero davvero uno spazio maggiore e che avrebbero, visto anche il loro suono ricercato e particolare, l’opportunità di piacere all’estero. Band che non si rifugiano in soluzioni già sentite ma cercano di mescolare varie esperienze all’interno di un unico contenitore. Mi vengono in mente i Corde Oblique con il loro progressive folk, i Sineterra con il loro jazz venato di world music o gli Oteme, bravi nel fondere rock, canzone d’autore e musica da camera. In questo caso, I Salici con il loro esordio dal titolo lunghissimo (si tratta in realtà del loro secondo disco se si conta la colonna sonora di un documentario del 2009 che era scaricabile dal loro sito), Nowhere better than this place Somewhere better than this place, ci propongono una delicata ed efficace mistura di medievale, folk e rock settantiano, con qualche spruzzata di psichedelia posta nei giusti momenti. Una contaminazione leggera che soffia sopra le 11 tracce di questo album, registrato con strumenti particolari che donano profondità ed emozionalità al tutto. Marco Stafuzza si muove tra mandola, viella, crotta, viola da gamba e ghironda, Marco Fumis si divide tra chitarra e batteria, Devid Strussiat è la voce del progetto ma suona anche la slide, il basso e l’harmonium, Simone Paulin offre il suo contributo alla tromba, al filicorno e alle percussioni e infine troviamo Stefano Rusin al contrabbasso e al basso. Una piacevole scoperta di un gruppo attento al più piccolo suono e complice anche la provenienza, il Friuli, una naturale predisposizione per l’incontro con altre culture musicali. Una proposta che spazia con agilità tra stilemi differenti, senza farne scontro ma ricchezza. Come se Eddie Vedder di Into the wild trovasse nella Incredible String Band il gruppo di supporto, senza per questo perdere in immediatezza e spirito. E allora i Salici passano con disinvoltura da brani atmosferici come Wood jacked e XIII Century Blues ad altri vicini alla psichedelia, Led in modo particolare, una delle punte massime del lavoro, ad altri dal sapore etnico come l’iniziale Feeding Roots. A momenti sognanti e floydiani, Clouds and Leather, sovrappongono altri di chiara matrice rock, Disco, risultando però sempre estremamente credibili e comunque rimanendo fedeli al confine della forma canzone. I Salici hanno trovato la giusta sintesi tra antico e moderno, una lettura fascinosa di quello che potrebbe essere il folk del futuro. Non lasciateveli scappare! (Luigi Cattaneo)

Om (Video)

mercoledì 19 febbraio 2014

PANDORA, Alibi Filosofico (2013)


Terzo album per i piemontesi Pandora dopo i già interessanti Dramma di un poeta ubriaco (il più legato alla stagione d’oro del prog nostrano) e Sempre e ovunque oltre il sogno, tappe di avvicinamento ad un discorso più maturo che trova la sua naturale affermazione nel nuovo Alibi Filosofico. Forse manca ancora qualcosa per la consacrazione definitiva ma questo lavoro non lascerà sicuramente indifferenti gli amanti del rock progressivo e probabilmente potrà creare nuovi adepti presso gli ascoltatori di heavy metal, vista la forza e la compattezza qui sprigionata. Beppe Colombo (tastiere), Claudio Colombo (ottimo nel dividersi tra batteria, basso, chitarra e tastiere) e Corrado Grappeggia (voce e tastiere) sfornano quello che è sicuramente il disco più ambizioso della loro pur breve carriera e ne sono testimonianza anche ospiti di riguardo come Arjen Lucassen (Ayreon, Ambeon), Dino Fiore (Castello di Atlante) e David Jackson (Van Der Graaf Generator). I brani sono spesso molto articolati, già dall’iniziale Il Necromante, Khurastos e la prossima vittima, che si dipana tra attacchi hard e intrecci degni del miglior progressive settantiano, per proseguire con Apollo, esperimento in cui c’è una connessione tra soundbeam e Jackson (sempre attento alla tecnologia), qui impegnato a districarsi tra vari tipi di sax e il flauto traverso e l’utilizzo del vibrafono (suonato da Nami), a cui si lascia spazio anche per un solo. Ottime le strumentali Né Titolo Né Parole, complice anche la presenza di Fiore al basso e Lucassen a minimoog e chitarra e La Risalita, in cui c’è Emoni Viruet ai cori. Sono due momenti che però lasciano capire come l’assenza di parti vocali sia un beneficio per la musica dei Pandora, perché proprio le trame strumentali sono quelle che più stupiscono e fluiscono in maniera lucida e organica. Un cantante di ruolo probabilmente potrebbe far spiccare definitivamente il volo a questa valida formazione. Ne è esempio lampante Tony il Matto (in ricordo del pittore Antonio Ligabue), traccia di jazz rock in cui ritroviamo Jackson e che mostra come i Pandora possano rivolgere il loro sguardo anche verso altri lidi sonori. Più vintage ma senza dimenticare influssi hard è invece Sempre con me, altro brano molto lungo e stratificato in cui Colombo si cimenta anche nel cuatro portoricano (si tratta di una chitarra, strumento nazionale di Porto Rico), segno che il gruppo è curioso e desideroso di inserire elementi anche diversi nella sua proposta. Chiusura hard prog con stralci testuali beat (Pensi che abbia una relazione se con te non funziona più, ora te lo voglio spiegare, non è come vedi nei film, credimi è del tutto normale e non è come pensi tu) che mi ha ricordato l’approccio dei Gleemen di Bambi Fossati, pur se rivitalizzato nei contenuti e nella forma verso qualcosa di più attuale. Alibi Filosofico è probabilmente il loro disco migliore, pieno di idee e spunti memorabili, vario e ottimamente suonato. Se in futuro riusciranno ad inserire parti vocali maggiormente curate credo che i Pandora potranno davvero avere un ruolo di primissimo piano nell’attuale panorama italiano. (Luigi Cattaneo)

Né Titolo Né Parole (Video)


              

martedì 18 febbraio 2014

HERETIC'S DREAM, Walk the Time (2013)


ProgressivaMente Blog è nato con l’intenzione di dare spazio non solo ai nomi noti del progressive ma anche a quelle realtà che ci girano intorno, che gli fanno l’occhiolino o che restano un po’ isolati dall’attenzione dei prog fan più legati al periodo classico. In questo contesto entrano anche gli Heretic’s Dream. Il gruppo nasce nel 2010 quando Andrej Surace (chitarra) e Francesca Di Ventura (voce) si trasferiscono a Londra e riescono a pubblicare nel 2012 The unexpected move, un album che ottiene buoni riscontri sia in Italia che all’estero e che permette al gruppo di suonare parecchio in Gran Bretagna. In questo nuovo Walk the Time i due vengono affiancati da Carlo Nicolucci alla chitarra, Jacopo Greci al basso e Maurilio Di Stefano alla batteria e al flauto e da una serie di ospiti tra cui spicca Terence Holler dei mai troppo osannati Eldritch. Il loro sound è una miscela di hard prog, gothic mai troppo oscuro e new metal che sa tanto di Evanescence (non solo per la voce della Di Ventura) e Lacuna Coil, senza però dimenticare la lezione dei decani Dream Theater. Basi prog quindi ma molto mediate da un suono moderno e potente, in special modo nei secchi riff di chitarra che sono il motore del loro stile e nelle ritmiche asciutte e compatte. Il tutto però rimane estremamente semplice da ricordare, pur senza mai cadere nello scontato. Certo non ci sono novità di sorta ma neanche elementi tali da porre gli Heretic’s Dream in quel limbo di band devote alla tradizione (niente Gentle Giant o Banco del Mutuo Soccorso da queste parti). Il quartetto preferisce muoversi lungo canoni ora più complessi ora più leggeri, smussando laddove serve gli angoli più heavy della loro proposta. Già da Outcasted pare ovvio qualche riferimento alle atmosfere degli Evanescence di Amy Lee e si denota un bel lavoro di chitarra da parte di Surace e dello special guest Steve Volta, chitarrista attivo alla corte di Pino Scotto. Buone le trame metal di Chains of blood e Dreams falling e il piccolo omaggio ai Dream Theater di Behind the mirror, traccia comunque piacevole. Believing in you è una ballata per voce, chitarra acustica e flauto, mentre l’epica Fighting Time vede la partecipazione di Holler e The broken silence ha un mood sognante più vicino a canoni estetici progressive. Walk the time è un lavoro gradevole e che lascia intravedere le potenzialità della band, forse ancora non espresse compiutamente e del tutto. Manca ancora qualcosa per fare il salto di qualità ed è un peccato viste le solide basi dei musicisti presenti e la pregevole volontà di affermare un proprio sound, sintesi non sempre perfetta di elementi anche contrastanti tra loro. Band da tenere d’occhio per capire quali potranno essere gli sviluppi futuri della loro musica. (Luigi Cattaneo)

 

Chains of blood (Official Video)


http://www.youtube.com/watch?v=GrI9ZpLex18 

mercoledì 12 febbraio 2014

LUCA POLETTI TRIO, Colors (2013)


La scena jazz italiana ha davvero tanti giovani interessanti e bravissimi che si propongono con lavori di pregio e che forse non raccolgono gli adeguati consensi e la visibilità che in effetti meriterebbero. Mi vengono in mente gli Urban Fabula, Enrico Zanisi o Jacopo Pierazzuoli (ma ce ne sarebbero davvero tanti da nominare!). In questo contesto si inserisce egregiamente il pianista Luca Poletti con il suo trio completato da Stefano Senni al contrabbasso e Matteo Giordani alla batteria. In realtà parlare di trio è qui fuorviante. Difatti il buon Poletti infarcisce Colors,suo album d’esordio, con ospiti che diversificano con i loro interventi la proposta del giovane artista. Uno su tutti il sempre favoloso e mai banale Paolo Fresu alla tromba e al filicorno. Scorrono veloci le trame di Strolling Around, molto classica e figlia dell’amore di Poletti per un mostro sacro come Michel Petrucciani e Raining Grey, traccia piena di mutazioni al suo interno e che vede Fresu interagire alla perfezione con il trio. In Sirene invece si sente il personale omaggio ad Herbie Hancock, mentre in Bastian Oirartnoc colpisce la grande prestazione di Matteo Cuzzolin al sax tenore. Tutto però rimane leggero, piacevole e mai frivolo, brillante come This is for you, unico brano cantato (dalla brava Annika Borsetto) che ha qualcosa di spirituale e si discosta un po’ da quanto sentito sinora. Funziona la sola accoppiata tromba-piano in Preludio e Fuga, così come risultano gradevoli le elaborazioni solistiche di Leo. Il brano migliore e con spunti jazz rock è Sold, piccolo capolavoro in cui Cuzzolin si intreccia con la tromba di Christian Stanchina e il pianismo di Poletti, oltre che con una sezione ritmica possente e precisissima. La title track finale non fa altro che confermare il talento di un nuovo interprete del pianoforte jazz italiano. Colours è un disco che mostra la passione del pianista per il jazz e la classica, dove la tecnica si incontra con il pathos, dove gli studi del conservatorio non minano l’attenzione per il sentimento. La musica si lega ad immagini cinematografiche e potrebbero essere, perché no, colonna sonora perfetta di un film del Maestro Pupi Avati. Come scrive Poletti nel booklet, il lavoro esprime quelle che sono le sfaccettature contrastanti della vita, i colori, le saturazioni cromatiche delle nostre giornate, i diversi cangiantismi che ci caratterizzano e le emozioni della vita, molto diversi tra loro ma allo stesso tempo simili e ciclici. Proprio come la sua musica. (Luigi Cattaneo)


Colors (Promo Album)


https://www.youtube.com/watch?v=iyvXm7qtrtQ

              

 


sabato 8 febbraio 2014

AA.VV., The Amazing World of Prog (2013)


Piacevole doppio album che celebra le due edizioni della Prog Exhibition che si erano tenute al Tendastrisce di Roma sul finire del 2010 e 2011 (la prima fu un grande successo). The Amazing world of prog è un piccolo compendio di quello che è successo in quelle 4 serate di musica, naturale ricordo per chi c’era, gustoso assaggio per chi invece era rimasto a casa. In realtà l’Immaginifica, che produce il resoconto di quel “piccolo” evento, qui sceglie di presentare solo duetti tra esponenti di spicco della scena prog italiana e internazionale. I brani sono quasi tutti conosciutissimi e l’operazione può destare un certo interesse solo nei veri aficionados del genere, che magari vogliono sentire i loro beniamini cimentarsi in riletture live di alcuni classici. I Jethro Tull sono ben rappresentati dalla presenza di Ian Anderson con un’ottima P.F.M. (Bourèe, My God, La Carrozza di Hans), Martin Barre con il Biglietto per l’inferno.folk (Acqualung) e Martin Allcock con gli Oak (nelle belle interpretazioni di Murfatlarst e Baba Gaia). Convincente il cameo di Steve Hackett con i New Goblin per due gemme come Watcher of the Skies e Profondo Rosso, così come David Jackson (sempre più protagonista della scena attuale) che si esibisce con gli Osanna e Gianni Leone del Balletto di Bronzo in Theme One e con il gruppo di Vairetti in L’uomo, mostrando coesione e un bel rodaggio live. La band di Leone è poi rappresentata da Primo incontro suonata con il guru della scena di Canterbury, Richard Sinclair. Thjis Van Leer dei Focus impreziosisce con il suo flauto Palco di marionette della Nuova Raccomandata Ricevuta Ritorno, mentre appare gradevole il quadretto formato dal trio Tagliapietra-Pagliuca-Marton con David Cross in Exiles dei King Crimson. Mel Collins è invece presente con la Vic Vergeat Band nella valida Rain or Shine e con gli Arti & Mestieri nella meno interessante e piuttosto breve Valzer per domani. Disco probabilmente destinato ai completisti della materia o ai più curiosi. (Luigi Cattaneo)

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PERIFERIA DEL MONDO, Nel Regno dei Ciechi (2013)


Buon ritorno per la Periferia del Mondo che mancava dalle scene dal 2006 e lo fa con questo nuovo Nel regno dei ciechi, un album personale e variegato distribuito dalla Aereostella di Franz Di Cioccio e Iaia De Capitani. Pur avendo sempre avuto uno sguardo vintage, la Periferia non si è mai fossilizzata su un suono tipicamente settantiano e il disco in questione conferma questa loro attitudine. Anzi, amplifica ancor di più le varie spinte che portano alla creazione di un lavoro volutamente poco omogeneo. Ma non è un difetto se le tracce presentate risultano riuscite come in questo caso. Già l’iniziale Sakura Zensen (un omaggio al Giappone martoriato dallo Tsunami del 2011) spiazza l’ascoltatore con un suono secco e molto rock. Che si fa ancora più duro, sfiorando l’hard, in episodi come I Need U o The bridge’s resilience. Claudio Braico (basso) e Tony Zito (batteria) formano una solida sezione ritmica che si muove tra tempi complessi e variabili, Alessandro Papotto (membro stabile anche del Banco del Mutuo Soccorso) oltre alla voce ci mette i suoi innumerevoli fiati, Giovanni Tommasi si destreggia alla chitarra tra riff e soli e Bruno Vegliante ammorbidisce il tutto con le sue tastiere che donano una certa suggestione all’insieme. Meritano una citazione i due brani in italiano, la polemica e ottima title track (Un Credo in guerra con la Scienza, sudore di balena che danza, Forma che uccide la Sostanza) e il finale heavy di Alibi (Cerco negli altri i passi da imitare per crescere ma trovo solo nuove paure e torno subito sui passi miei). La palma del brano più interessante tocca a Suburban Life, 13 minuti circa in cui perdersi tra echi jazzati e divagazioni King Crimson style. Molto valide anche Purity che oscilla tra psichedelia, elettronica e parti più classiche e la strumentale A rutta u jelu, song che per mood si può accostare ai grandi Area. Nel regno dei ciechi è quindi un disco brillante e ben congegnato che rinnova ancora una volta la proposta dei romani e la condisce di hard, psichedelia e un tocco moderno che non guasta. Pur non inventando nulla di nuovo la Periferia ha il coraggio di cambiare disco dopo disco. E non è poco. (Luigi Cattaneo)


Sakura Zensen (Video)


http://www.youtube.com/watch?v=cG7Y0xe1ieo













domenica 2 febbraio 2014

LA COSCIENZA DI ZENO, Sensitività (2013)



Secondo disco per il gruppo ligure e secondo centro. Sensitività risulta un ulteriore passo avanti nella piena maturazione della Coscienza di Zeno e pur rimanendo all’interno di quella cerchia di band che si rifanno alla tradizione del prog italiano degli anni ’70, i genovesi provano a modernizzare quel suono senza snaturarne la natura vintage. Dopo i riscontri molto positivi del debut non era facile ripresentarsi senza sentire una certa pressione addosso, data soprattutto da quanti hanno apprezzato quel lavoro e si aspettavano una conferma. E Sensitività non solo riesce nell’intento ma risulta probabilmente uno degli album più riusciti del prog nazionale del 2013, un disco dove si ritrova il mood del Banco del Mutuo Soccorso e della Locanda delle Fate. Tutto funziona a dovere qui. La coppia di tastiere formata da Luca Scherani e Stefano Agnini (autore anche dei testi) disegna tratti orchestrali di grande qualità, Davide Serpico si destreggia tra chitarra elettrica, acustica e classica, la sezione ritmica di Gabriele Guidi Colombi (basso) e Andrea Orlando (batteria) appare coesa e prorompente. E poi la voce, quella di Alessio Calandriello, una delle migliori del panorama attuale. Le tracce appaiono complesse ma mai ermetiche, si potrebbero definire “colte” ma senza essere pretenziose, curate nei dettagli e con testi indubbiamente affascinanti, pur se non di semplice lettura. Le prime due tracce sono quanto di meglio ci si possa attendere: La città di Dite, aperta da un intro pianistico, ha un attacco meraviglioso e coinvolgente, in cui si rimane ammaliati dalla bravura dei musicisti e dalla classe della proposta e lo stesso si può dire della title track, 12 minuti in cui la band condensa tutto il proprio pensiero, tra tirate strumentali di livello e parti cantate in maniera perfetta da Calandriello. Dopo questi due pezzi l’album non rimane su queste vette ma ciò non toglie che i seguenti brani sono comunque sopra la media. Se Tenue mostra il lato più intimo e atmosferico del complesso, Chiusa 1915 (scritta dal Maestro Scherani) torna su territori prog di grande livello, soprattutto nelle parti strumentali, davvero piacevoli e convincenti (ascoltate il finale da brivido!). Stesso discorso vale per la successiva Tensegrità (il termine è riferito ad alcune pratiche sciamaniche) e per la particolare e crimsoniana Pauvre Misère in cui la Coscienza si avvale dell’importante collaborazione di Sylvia Trabucco al violino e Melissa Del Lucchese al violoncello e mette mostra un lavoro ritmico piuttosto complicato. Il finale di La Temperanza, con la presenza di archi, flauto (suonato da Joanne Roan) e l’apparizione di un bouzouki è un degnissimo epilogo per un album che conquisterà il cuore di quanti amano certe sonorità e che può rappresentare un punto di svolta nella carriera dei liguri. (Luigi Cattaneo)
 
La Città di Dite (Video)
 
    

 

 


 
 
    

 

 

sabato 1 febbraio 2014

CONCERTI DEL MESE, Febbraio 2014

Sabato 1
·Wim Mertens Roma
·Nohaybandatrio Genova
·MaterDea Torino
·Notturno Concertante Avellino

Domenica 2
·Roccaforte Genova

Giovedì 6
·Nohaybandatrio Gabicce Mare (PU)
·Abash Oria (BR)

Venerdì 7
·Heretic's Dream Prato
·Ex-KGB Il Giardino Lugagnano (VR)

Sabato 8
·GTV + Maschera di Cera Veruno (NO)
·Gran Torino + Il Rumore Bianco Casa di Alex (Milano)
·Nohaybandatrio Roma
·Heretic's Dream Roma

Domenica 9
·Quartech Roma

Martedì 11
·Camelias Garden Roma


Giovedì 13
·Endless Tape + Dropshard Bloom (Mezzago)

Venerdì 14
·Stormy Six Milano
·Massimo Giuntoli Teatro Banco Svizzera
·I Quattro Tempi Paprika Jazz Club Dalmine (BG)

Sabato 15
·Ulver Bloom Mezzago (MB)
·Unreal City Il Tosco Parma
·Osanna Rock Cafè Napoli



Domenica 16
·Ulver Roma
·The Watch Bloom Mezzago (MB)
·Heretic's Dream Pisa

Martedì 18
·Lagartija Piacenza

Giovedì 20
·PropheXy Bologna

Venerdì 21
·S. Rothery Band+RaneStrane Roma
·Fonderia Roma
·Get'em Out Roma
·Amaze Knight Moncalieri (TO)
·Alan Sorrenti Gattatico (RE)
·The Watch Milano

·Massimo Volume Bloom (Mezzago)

Sabato 22
·S. Rothery Band+RaneStrane Veruno (NO)
·Picotage+Biglietto p. l'Inferno Casa di Alex (Milano)
·Gleemen Genova

Domenica 23
·S. Rothery+RaneStrane Sommacampagna
·Ares Tavolazzi & Maria Pia De Vito Blue Note (Milano)
·Undertull Roma
·Il Babau & i Maledetti Cretini Lodi

Mercoledì 26
·OAK Roma

Giovedì 27
·The Magical Box Castegnato (BS)
·PoiL Faenza (RA)

Venerdì 28
·PoiL Pisa
·Biglietto per l'Inferno Calvari (GE)
·Slivovitz Napoli
·Egoband San Giovanni alla Vena (PI)