venerdì 29 settembre 2023

EXPIATORIA, Shadows (2022)

 


Opera prima per gli Expiatoria (David Krieg voce, Massimo Malachina chitarra, Edoardo Napoli chitarra e tastiere, G.B. Malachina basso, Massimo Messina batteria e Fulvio Parisi tastiere), che arrivano finalmente al debutto con Shadows, uscito sul finire del 2022 per Black Widow Records e Diamond Prod. Heavy, doom e progressive sulla scia di Candlemass e Trouble, mentre restando in Italia, la materia oscura che prende forma nei sei brani del lavoro è accostabile a quanto fatto da Il Segno del Comando, Leta, L’impero delle Ombre e La Janara. Ovviamente l’esperienza del sestetto è tale che emerge netta una certa personalità, anche perché stiamo parlando di una band nata nel 1987, che dopo due demo ad inizio anni ’90 e la ricomparsa con due ep, Return to Golgotha (2010) e Crimson Evil Eyes (2016), arriva finalmente a pubblicare un full scritto ottimamente, che convince in lungo e in largo. Subito l’iniziale When darkness falls ci porta nel mondo dei liguri, classico heavy doom cupo, con le linee vocali di Krieg che incontrano quelle di Lisa Peretto, mentre è Raffaella Cangero, voce proprio del progetto La Janara l’anima inquieta di Ombra (Tenebra pt.2), oscura composizione che non disdegna trame progressive. The wrong side of love è puro heavy doom dai tratti gotici, le tastiere di Freddy Delirio (Death SS) introducono la maestosa e decadente Seven Chairs and a portrait, prima dello splendido strumentale The asylum of the damned (perfetti gli interventi di Diego Banchero al basso e Edmondo Romano a flauto e sax). La conclusiva Krieg (dove ritroviamo la Peretto) è il finale di un debutto maturo e ricco di grandi intuizioni, che la band sta portando in giro nel Nord Italia in una serie di date live che li vedranno protagonisti tra ottobre e novembre. (Luigi Cattaneo)






mercoledì 20 settembre 2023

DR. SCHAFAUSEN, How can you die? (2023)

 

Nuovo lavoro per Dr. Schafausen, al secolo Sergio Pagnacco, bassista fondatore degli storici Vanexa e impegnato poi con i Labyrinth (presente nel secondo capitolo di Return to heaven denied). How can you die?, uscito per Minotauro Records, è un concept sui disturbi mentali legati all’abuso della tecnologia, un tema che viene trattato con cura dal quartetto (completano la formazione i russi Slava Antonenko alla voce, Michael Pahalen alla chitarra e Anatole Lyssenko alla batteria), che ha creato un racconto credibile e molto coinvolgente. Le atmosfere dark e malinconiche che ammantano l’album seguono i pensieri e le visioni di chi soffre di determinate patologie, e non mancano episodi a tratti disperati. Heavy, djent, metalcore, new metal, il tutto amalgamato in maniera coerente, tra spunti molto melodici che rimandano a 36 Crazyfists, E. Town Concrete e Hed P.E. e altri più cupi in stile Ghostemane, senza tralasciare il cantato in growl che si alterna con le parti rappate. Determinante per rendere le varie trame maggiormente oscure è l’intelligente uso dei synth, ottimamente calati in un contesto pregno di riff aggressivi e frangenti deathcore. L’immagine che ci rimanda Pagnacco è quella di un mondo distopico (da qui l’epiteto Dystopian Metal), rabbioso (Anger), virtuale (Gaming disorder), alienante (Hikikomori). Citazione d’obbligo per la sorprendente rivisitazione di 21st Century Schizoid Man dei King Crimson, veramente ben fatta. Nota a margine, ma importante per comprendere meglio il progetto, è l’attenzione con cui Sergio e la Minotauro hanno lavorato all’edizione limitata del prodotto, che contiene uno splendido fumetto illustrato da Paolo Massagli (che ha realizzato anche l’artwork dell’opera). (Luigi Cattaneo)

Brain fog (Video)



lunedì 18 settembre 2023

PALMER GENERATOR, Ventre (2023)



Arrivano alla quinta uscita discografica i Palmer Generator, che avevamo lasciato in compagnia di The Great Saunites in uno split album uscito nel 2020 (trovate la recensione su queste pagine). Michele, Mattia e Tommaso Palmieri sono basso, batteria e chitarra di un trio composto da padre, figlio e zio, un unicum che guarda a Don Caballero, Neu e Shellac, che per l’occasione ha dato vita ad un lavoro formato da una suite, Ventre, divisa in quattro parti, un concentrato di psichedelia acida, kraut e post rock. Un disco a tratti crudo, viscerale, ma che sa aprirsi con fantasia per predisporsi a immaginifiche fughe cosmiche, tratto caratteristico di un album maturo e profondo. (Luigi Cattaneo)

giovedì 14 settembre 2023

KODACLIPS, Glances (2022)

 

Nati nel 2021, i Kodaclips (Alessandro Mazzoni voce e chitarra, Lorenzo Ricci chitarra, Sonny Sbrighi basso, Francesco Casadei Lelli batteria) arrivano al debutto l’anno successivo con Glances, concentrato di shoegaze, post e alternative rock, che non disdegna eleganti aperture psych. Ben presenti gli anni ’90 di Slint, Codeine e Lush, influenze di un esordio che fa dell’emotività l’elemento primario, accentuato da una certa ricerca di melodie tutt’altro che scontate e dalla volontà di scrivere in piena libertà. Tra atmosfere dream pop, sospensioni psichedeliche, pesanti distorsioni e passaggi più lievi, si sviluppa un’opera corale che parla di depressione, apatia e inquietudine, temi resi efficaci anche da un certo substrato post punk. Primo passo decisamente interessante per il quartetto, una delle tante band da tenere d’occhio del rooster Overdub Recordings. (Luigi Cattaneo)

Drowning tree (Video)



lunedì 11 settembre 2023

IL TESTAMENTO DEGLI ARCADI, Il testamento degli Arcadi (2021)

 

Nato nel 2019, il collettivo Il testamento degli Arcadi si sviluppa attorno alla volontà di tributare Spazio 1999, enorme serie sci-fi inglese la cui prima stagione risale al 1975. Un concept nato da un’idea di Pierpaolo Lamanna, che ha trovato nel leader della Lizard Records, Loris Furlan, il principale sostenitore, tanto da mettere in contatto proprio Lamanna con Alessandro Seravalle (Garden Wall, Officina F.lli Seravalle), che ha architettato un lavoro di grande pregio diviso tra chitarra, tastiere, pianoforte, synth ed elettronica. Con lui Milo Furlan (Scarled) alla batteria, Gianluca Tassi (Black Jester, Moonlight Circus, Faveravola) al basso e Mirko Baruzzo (Spirosfera, Anam), impegnato a chitarra, basso, flauti, sitar, violino e diversi strumenti etnici. Un album dove il prog viene imbevuto di world, psichedelia e kraut, incontra l’avanguardia e si modella passo dopo passo, all’interno di brani che si legano agli episodi della serie in maniera encomiabile. Un disco sorprendente per unicità e interpretazione, raffinato ma anche oscuro, un vero viaggio nella fantascienza, credibile pur imbevendosi di generi differenti tra loro, bilanciati ottimamente da un manipolo di musicisti straordinari. Impossibile non rimanere affascinati dalle tre parti di Exodus, che formano un mantra psichedelico a cui partecipa anche Lorenzo Giovagnoli (Odessa) con mirabili orchestrazioni, da Gli occhi di Tritone, dove abbiamo Simone D’eusanio al violino, e dalle due sezioni di Mare imbrium, tra riff saturi al limite dello stoner, inquietanti suoni distorti e un alone vintage a cui contribuisce anche Mariano Bulligan con il suo violoncello schizzato. Nota a parte per la lunga Phantasma, l’apice di questo esordio, un trip costruito con meticolosità dove affiorano tantissime idee, una colonna sonora dell’ignoto da gustare con estrema calma. Da sottolineare anche l’aspetto grafico del prodotto, vista la notevole attenzione posta al booklet, essenziale per comprendere al meglio il progetto Il testamento degli Arcadi. (Luigi Cattaneo)

La missione dei Dariani (Video)



sabato 9 settembre 2023

JUMBO, Alvaro Fella racconta 50 anni di musica

 


Appena ho scoperto di abitare a pochi km di distanza da Alvaro Fella, leggenda degli iconici Jumbo, ho pensato di sviluppare un’intervista su questi 50 anni di musica. Mi sono trovato dinnanzi un personaggio amichevole e al contempo riservato, una persona che mette a proprio agio chi ha di fronte, tanto che le domande che avevo preparato sono state presto dimenticate a favore di una chiacchierata di due ore tra vecchi amici …

Alvaro, sono passati più di 50 anni dall’uscita dei vostri lavori, riscoperti nel corso del tempo dagli appassionati di progressive. Se ti guardi indietro che emozioni provi?

Da quando abbiamo ripreso a fare concerti la cosa che più mi ha fatto piacere è vedere i tanti giovani presenti, che ci conoscono grazie magari ai padri o leggendo di noi su riviste, libri e internet. È qualcosa che mi fa sempre emozionare, come l’ultimo concerto fatto a Cascina Caremma. Nel periodo che va da fine ’60 a poco oltre la metà dei ’70 se guardi le classifiche c’era questo tipo di musica, c’erano i cantautori, era un periodo magico. Il prog italiano era mediterraneo, diverso da quello inglese, eravamo dentro una novità senza saperlo. Come italiani avevamo una cultura melodica accentuata che si rifletteva sul progressive. Tutti noi venivamo dal beat, dalle balere, si suonava il giovedì, il sabato e la domenica. Ci si muoveva per passione più che per didattica.

Si può dire che la vostra è stata una generazione che aveva voglia di emergere, di esprimersi, perché per creare qualcosa che rimane a distanza di così tanto tempo ci deve essere una sorta di invisibile magia.

Sì, erano decine e decine le band che suonavano e se trovavi l’etichetta discografica giusta andavi direttamente in studio per registrare. Era completamente diverso da oggi. Noi tramite Maurizio Salvadori della Trident giravamo con Biglietto per l’inferno e Battiato, andammo a Napoli ad esempio, fu un periodo speciale. Con Battiato suonammo anche al Lirico di Milano, dove Franco fece uno spettacolo molto sperimentale e mistico.

Eravate dentro la Storia senza accorgervene … 

Si e non solo noi, nessuno si accorgeva di cosa stavamo vivendo. Ancora adesso ricevo messaggi da Brasile, Messico, Corea del Sud, Francia. C’è una passione per il prog italiano incredibile, in Giappone poi non ne parliamo. Probabilmente in quegli anni abbiamo creato una musica nostra, non solo perché abbiamo ascoltato gli inglesi. Certo io avevo i Beatles come riferimento, avevo Hendrix. La rivoluzione culturale diede l’opportunità di non avere più solo la classica canzoncina, era un modo nuovo di interpretare e di creare. I Beatles furono uno spartiacque. L’Italia aveva la sua Storia, con l’opera, le melodie. È la nostra tradizione. Ed era comunque insita in noi. Devo dire che forse c’era più curiosità. Quando arrivavamo in qualche locale a suonare e c’era il pubblico che ballava era lo stesso che poi si fermava ad ascoltarci con attenzione. E proponevamo cose nostre, non cover!

Già nel ’70 tu incidi due 45 a nome Jumbo con la Numero Uno, che ricordi hai di quel periodo? 

Negli anni ’60 suonai in diversi gruppi beat, tra cui i Juniors, con cui feci tantissime serate e in una di queste, a Limbiate, venne ad ascoltarci Silvio Crippa, che poi divenne il mio produttore. Crippa mi trovò il contratto con la Numero Uno per un 45 giri. In quel periodo scoppiò il boom di In the summertime di Mungo Jerry e decidemmo di fare una versione in italiano come si usava in quegli anni, con il testo di Bruno Lauzi. Sandro Colombini, che era il direttore dell’etichetta, insieme a Crippa, pensarono ad un nuovo nome per lanciarmi e siccome in quei giorni c’era stato un dirottamento aereo, un Jumbo per l’appunto, da parte di alcuni terroristi, si decise che poteva essere quello adatto. In studio per registrare il pezzo c’erano Di Cioccio, Lavezzi, Premoli, Longhi, che allora era il chitarrista di Flora Flauna e Cemento, che tra l’altro scrisse il lato B di questo 45. Dopo 10 giorni che era uscito da Londra arrivò l’ordine di ritirare le copie perché vi era un divieto di fare una versione italiana del brano, quindi tornammo in studio e incidemmo Montego bay di Bobby Bloom. Successivamente passai in Phonogram e lì poi nacque la vera storia della band.

Difatti tu incidi il primo disco nel 1972

Lo registrai a fine ’71, con Sergio Conte, Vito Balzano, Daniele Bianchini e Aldo Gargano, questi ultimi due conosciuti al Carta Vetrata di Bollate. In studio sentimmo l’esigenza di trovare un altro sound e Crippa ci portò Dario Guidotti con il suo flauto. In studio nacque questa unione tra di noi e decisi che i Jumbo sarebbero diventati una band e non un percorso solista.


DNA
esce a distanza di pochissimo dal primo disco.

Si, stavamo preparando dei brani nuovi con l’apporto di tutti, come Suite per il signor K ma nel mentre andammo a Roma per suonare al Festival Avanguardie e Nuove Tendenze al Foro Italico. Ricordo che durante il soundcheck facemmo tutta la suite, la suonammo interamente e chi ci ascoltò rimase molto colpito, era inusuale perché solitamente i soundcheck si concludevano in pochi minuti! Andammo subito in studio di ritorno da Roma, per sfruttare l’onda lunga dei Festival e dei concerti che si facevano. L’impresario era appunto Salvadori, che portò in Italia per la prima volta i Genesis. Noi e gli Osanna aprimmo proprio ai Genesis al teatro Alcione di Genova per la loro seconda tournè in Italia. Pensa che il pubblico era lì più per noi e gli Osanna che per i Genesis. Aprimmo anche per Amon Düül e Amazing Blonde in quel periodo.

Invece come fu accolto Vietato ai minori di 18 anni, un disco che affrontava anche temi spinosi. 


Il cambio di batterista, Tullio Granatello per Balzano, ci portò ad un ulteriore evoluzione del sound. Io avevo scritto dei testi abbastanza crudi, fu vietato dalla Rai e solo Come vorrei essere uguale a te non fu censurato. Anche gli arrangiamenti erano molto legati ai testi. La casa discografica ci aveva dato la possibilità di usufruire di una sala prova vicino Lambrate e lì lavorammo per un mesetto, dove imparammo anche a conoscere meglio Tullio. In quel periodo vivevamo come musicisti, seppure si guadagnava pochissimo. Purtroppo ad un certo punto dei ’70 fare concerti divenne complesso, non si potevano fare i festival all’aperto, era difficile ottenere i permessi, ai live c’era molta politica, volevano musica gratis, libera. Basti pensare a quello che successe ai Led Zeppelin al Vigorelli ma anche ai Chicago all’Arena. Anche l’avvento delle discoteche fece il resto, un cambiamento dei tempi evidente.

Come ci si sente ad essere uno dei punti di riferimento del progressive italiano?

Credo che tanto sia dovuto al fatto che eravamo molto personali, anche per il mio modo di cantare e per le tematiche. Qualcuno ha anche storto il naso negli anni per come canto ma certi temi credo che non potessero essere espressi in modo differente, mi ha sempre interessato esprimermi per come sentivo le cose. 


Nel 1983 pubblicate Violini d’autunno, come nacque quella pubblicazione per Mellow Records?

Daniele ci teneva a fare un altro disco, io avevo qualche brano nel cassetto e lo registrammo con Granatello alla batteria e Paolo Guglielmetti al basso, in casa, in maniera del tutto autonoma. Riuscimmo a fare anche qualche concerto in quel periodo.






Nel 90 esce Live, sempre per Mellow 

Sì, una serata di inizio anni ’90 a La Cigale di Parigi con IQ e Magma, organizzata da alcuni ragazzi appassionati di prog italiano, degli universitari. Partirono da Parigi in treno, arrivarono alla stazione centrale di Milano, si procurarono una guida telefonica di Milano e chiamarono i membri della band presenti sull’elenco! Io abitavo a Baranzate e quindi non mi trovarono! Andammo a Parigi in formazione originale, eccetto Paolo Dolfini alle tastiere che sostituì Sergio Conte in quell’avventura. Tra l’altro non si poteva registrare la serata ma con noi c’era Lino Gallo, ex chitarrista della Treves Blues Band, aveva un registratore nascosto e da lì abbiamo creato l’album, un bootleg in sostanza. Fu comunque una grande soddisfazione essere scelti tra i tanti gruppi italiani di progressive.



Passing by invece è un disco del 2001?

È uscito come Jumbo ma è un lavoro di Bianchini in toto.

Un’ultima domanda di rito, che programmi avete per il futuro?

Adesso come Jumbo originali siamo rimasti in tre, io, Sergio e Dario. Con noi c’è il batterista dei C.A.P., con cui ho inciso Coraggio e mistero e Marco Croci, ex Maxophone, al basso. Abbiamo registrato l’ultimo live a Cascina Caremma e l’idea sarebbe di pubblicare Cd, vinile e DVD dello spettacolo. Lì abbiamo suonato con La Maschera di Cera, che ho trovato molto bravi davvero. Abbiamo un po' di materiale nuovo comunque e l’intenzione è di fare un album possibilmente. Personalmente invece mi piacerebbe pubblicare qualcosa a mio nome, ho brani di vario stile. Sai ho attraversato diverse epoche ma l’amore per James Brown e Wilson Pickett è rimasto e ho una ventina di pezzi pronti e li vorrei pubblicare. Per quanto riguarda suonare live con i Jumbo non è semplice. Abbiamo fatto qualche data a Roma, a Genova, poi la pandemia ci ha bloccato del tutto.



giovedì 7 settembre 2023

IL SILENZIO DELLE VERGINI, La chiave di Berenice (2023)

 


La chiave di Berenice è il quarto album de Il Silenzio delle Vergini (Greco Armando alla chitarra, Cristina Tirella al basso e alla voce e Marco Costaioli alla batteria), uscito dopo Fiori recisi del 2020, disco di cui avevamo parlato ai tempi della sua uscita. Un lavoro dove la band analizza i sentimenti e le paure delle persone, uno sguardo sul quotidiano che è catarsi e risveglio, concetti espressi attraverso una sensibilità non comune filtrata tramite un post malinconico imbevuto di echi wave. I brani, fortemente atmosferici, si caricano di riflessioni sul mondo interiore di ognuno di noi, un racconto a tappe che non disdegna affascinanti intrusioni nella psichedelia, che trova in brani come Alba Varden, Berenice e Anastasia le punte massime di un album che conferma la qualità delle idee del trio milanese. Per acquistare La chiave di Berenice potete visitare la pagina https://ilsilenziodellevergini1.bandcamp.com/album/la-chiave-di-berenice (Luigi Cattaneo)

mercoledì 6 settembre 2023

SPITFIRE MKIII, Shadows Phantoms Nightmares (2022)

 

Con colpevole ritardo scopro il nuovo lavoro dei veronesi Spitfire MkIII, Shadows Phantoms Nightmares, un bel tutto nell’hard & heavy ottantiano, quello di Saxon, Iron Maiden e Samson. D'altronde la band composta da Giacomo Gigantelli (voce, basso), Stefano Pisani (chitarra) e Luca Giannotta (batteria) è nata ad inizio anni ’80 e all’interno di questo disco troviamo brani del periodo come Gangs fight, Phantom barrow e Screaming steel che testimoniano la fedeltà dei veronesi per lo spirito che animava l’heavy metal di quegli anni storici. Classic metal e NWOBHM, suonati con rigore e stile, suggestivo sin dalle iniziali Earthquake e The eagles are laughing, che hanno dentro già tutta la passione del trio per quei suoni immortali, concepiti con gusto ma anche tanto mestiere vista l’esperienza raggiunta. Ritorno di grande livello per una delle tante band di valore dell’Andromeda Relix, eccellenza italiana del nostrano underground. (Luigi Cattaneo)

Screaming steel (Video) 


 

MESMERISING, Soundscape/UVB-76462 KHZ (2023)

 


Un nuovo singolo per un racconto di oltre 7 minuti. Un viaggio meraviglioso e suggestivo, con continui cambi di umore, come lo stesso cantautore, Davide Moscato, in arte Mesmerising, ci ha abituati.

Dopo 3 album all’attivo in lingua inglese e un singolo in lingua italiana di due anni fa, torna con questo nuovo lavoro che verrà pubblicato solo in formato vinile e non sarà reperibile attraverso gli stores digitali, se non su Bandcamp e su Youtube quando verrà pubblicato il videoclip.

Questa scelta del suo autore è per dare, verosimilmente, maggior risalto al brano, che è stato scritto e prodotto solo per veri ascoltatori, solo per chi ha ancora il gusto di ascoltare la musica attraverso supporti fisici, per chi ama ancora lasciarsi andare attraverso le note e farsi emozionare dall’inizio alla fine della canzone.

Il brano vede la presenza di due nomi illustri, Andrea Amati che ha lavorato per la Sony e la Warner Music, scrivendo singoli di successo per cantautori affermati, ed ha collaborato alla stesura del testo.

Al sax e al flauto torna, dopo la partecipazione al disco del 2020, Martin Grice dei Delirium.

Il testo è stato ispirato dal libro Alce Nero Parla, il racconto di un vecchio stregone Sioux sul periodo più tragico della storia del suo popolo, ma anche su tutto ciò che perdiamo lungo il sentiero della nostra esistenza, che si tratti di qualcosa di insignificante o della cosa più importante fra tutte.

Musicalmente è un Progressive Rock molto particolare, continuamente cangiante, nel tempo musicale e nel bpm, fatto di tempi semplici e composti.

Un brano da scoprire poco a poco dal titolo Soundscape, che significa paesaggio sonoro, cioè, nelle parole di chi coniò questo termine, il compositore Raymond M. Schafer, si tratta di “un qualsiasi campo di studio acustico, un programma radio o un ambiente”.

Nel lato B, troviamo il brano dal titolo UVB - 76 4625 KHZ, brano molto particolare, solo musicale, ricco di strani effetti e con una atmosfera in stile Aphex Twin, e suonata esclusivamente dal suo autore con il sintetizzatore Korg Volka Modular.

Il titolo, e la parte centrale del pezzo, si rifanno ad una misteriosa radio sovietica che esiste dai tempi della guerra fredda, ma che, a parte sporadiche occasioni, non ha mai trasmesso nulla se non brevi e monotoni ronzii ripetuti 25 volte al minuto.

Queste sporadiche occasioni sono state inserite nel brano.

Soundscape è stato registrato tra il Pocket Studio con Fabio Vaccaro e Andrea Amati e il Big Tree Studio di Brescia.

Il lato B è stato registrato nell’home studio del suo autore e mixato e masterizzato al BigMic Studio a Castiglione delle Stiviere (MN).

Il disco lo si può ascoltare e scaricare in versione digitale dal sito Bandcamp dell’artista, e in vinile dal sito Diggers Factory al seguente link: https://www.diggersfactory.com/vinyl/294921

WRITTEN IN SAND, Shadowpath (2022)

 


Uscito del tutto in sordina nel 2022, Shadowpath è un gradevolissimo lavoro dei tedeschi Written in Sand, band formata da Herle Megerle (voce, chitarra, basso, tastiere), Jan Stahlmann (piano), Luca Pine (batteria) e Mark Anton (pipes, flauto). Progressive rock sinfonico, accenni hard prog e sinuose incursioni nella musica da film fanno del disco un bel viaggio all’interno dell’universo sonoro creato da Megerle, che si distingue nelle note autunnali di Skyblue, nell’epica Let it rain e nelle strutturate trame di Under the cross e Opeth, composizioni che dimostrano l’attenzione compositiva del leader e la cura con cui ha creato l’album. In attesa di un secondo full, Shadowpath può sicuramente incuriosire gli amanti del progressive classico ma anche chi cerca suoni maggiormente legati all’hard & heavy. (Luigi Cattaneo)