giovedì 29 dicembre 2022

IVORY, A social desease (2022)

 

È sempre un piacere ritrovare una band come gli Ivory, che avevamo lasciato nel 2016 con A moment, a place and a reason, ben sei anni che hanno portato il gruppo a partorire A social desease, un ep di cinque brani utile a presentare Davide Dell’Orto, nuovo cantante conosciuto per i suoi lavori con i Drakkar (completano la formazione Salvo Vecchio alla chitarra, Luca Bernazzi al basso e Claudio Rostagno alla batteria). The hard trail ci ripresenta una band in forma, un heavy rock melodico e tecnico, marchio di fabbrica del quartetto, che ripropone certe caratteristiche anche nella successiva On the wrong side, elegante e potente. Posta a metà ep la ballata The answer is love, che serve a smorzare l’elettricità sin qui presente e a fare da ponte per una seconda parte hard rock, formata dall’ottima Our kingdom e dalla conclusiva Burning passion, che chiude un lavoro breve ma intenso, perfetto per chi ama le sonorità tipiche di Mr. Big, Extreme e The Winery Dogs. (Luigi Cattaneo)

SPHERICAL AGENDA, Arcane wisdom (2021)

 

Incredibile debut per questo quartetto americano formato da Matt Wiles (basso), Devon Leigh (batteria), Ben Tweedt (tastiere) e Brandon Scott Coleman (chitarra), un lavoro a base di jazz progressivo, fusion e funky, suonato in maniera ineccepibile e curato sotto ogni punto di vista. Si sente l’influenza dei maestri Return to Forever e Mahavishnu Orchestra, ma gli Spherical Agenda si muovono con consapevolezza e spirito all’interno di un genere che maneggiano con innata abilità e con grande gusto, accostabili anche ad artisti contemporanei come Dewa Budjana, The Red Zen, Möbius Strip e Accordo dei Contrari. L’iniziale Guts è un adrenalinico concentrato di fusion progressiva e jazz rock ad alto tasso di difficoltà esecutiva, High stakes è un treno prog lanciato a tutta velocità, con rimandi bluesy in cui l’interplay tra Tweedt, col il suo organo, e Coleman, è assolutamente strabiliante, mentre Rad Dads, dopo tanta furia, inizia soffusa e jazzy, dimostrazione di come tecnica, melodia e calore possano andare a braccetto e anche quando Coleman si muove in solitaria l’architettura del pezzo tiene, sostenuto da una sezione ritmica a dir poco perfetta. Steak jazz vede la partecipazione di Walfredo Reyes Jr. alle percussioni, a suo agio in un brano fortemente settantiano, creativamente elaborato e sviluppato tra cambi di tempo e parti in solo piuttosto complesse. La seconda parte del disco si apre con Blooze, episodio dove il lavoro d’insieme del quartetto è la base su cui muoversi per sviluppare trame articolate dal forte sapore fusion, prima dell’inarrestabile carica di Spherical funk, un concentrato di groove e tempi irregolari. Il finale ci riserva un altro grande momento di fusion prog con Coleman’s question, che vede la partecipazione ancora di Reyes, e Arcane wisdom, ottima chiusura di un esordio notevole e curato nei minimi dettagli. (Luigi Cattaneo)

Spherical funk (Video)



martedì 27 dicembre 2022

WARA, El Inca (1973)

 


Band boliviana di cui si conosce poco e che esordì nel 1973 con questo El Inca, un lavoro che metteva insieme tutte le influenze del periodo, dal folk al blues, passando per progressive rock e hard. Poco più di 30 minuti in cui il quintetto formato da Nataniel Gonzalez (voce), Pedro Sanjines (organo e piano), Omar Leòn (basso), George Cronembold (batteria) e Carlos Daza (chitarra), lasciava intravedere buone doti di scrittura e interessanti capacità tecniche, inserendo all’interno della loro musica anche strumenti come flauto, violino, violoncello, fagotto e oboe. L’ambizione non mancava alla band, che negli anni ha proposto parecchi album di matrice puramente folk (l’ultimo lavoro risale al 2001), allontanandosi da quanto proposto in questo esordio. La title track iniziale ci presenta un gruppo che guarda al folk progressivo di fine ’60 inizio ’70, con tanto di archi a creare la giusta atmosfera classicheggiante, Realidad ha invece un attacco maggiormente rock blues, mentre Canciòn de una nina triste è una ballata che chiude in maniera soffusa e malinconica il lato A del disco. La seconda parte si apre con l’ottima Wara, il brano più aggressivo dei 5, un hard blues ben calibrato e con vibranti parti strumentali, prima di Kenko, finale che conferma l’amore per certe strutture care a Deep Purple e Uriah Heep. (Luigi Cattaneo)

domenica 25 dicembre 2022

GIANLUCA D'ALESSIO, Oceans of time (2022)

 

Avevamo lasciato Gianluca D’Alessio nel 2018 con l’ottimo Sunsire markets ed è un piacere ritrovare il chitarrista con questo ep autoprodotto da poco uscito sul mercato. Forte di esperienze con l’orchestra della Rai e con artisti come Cristicchi, Zarrillo e Baglioni, Gianluca anche nel nuovo lavoro si fa accompagnare da una serie di musicisti di altissimo livello come Fabio Fraschini e Fabio Crespiatico (che si dividono le parti di basso), Mimmo Sessa e Massimo Idà (alle tastiere), Emanuele Carradori e Luca Fareri (alla batteria). 20 minuti che partono fortissimo, con la title track che conferma l’amore per il progressive del musicista, che qui non disdegna incursioni nell’hard prog e firma il brano di punta dell’intera release. Eternal curse viene impreziosita dalla sempre straordinaria voce di Roberto Tiranti, Empire of the dragon è un intermezzo che ci porta a Blood along the Danube, altro suggestivo episodio caratterizzato dal violino di Leonardo Spinedi. Le ultime due tracce, Song of Virgins e Endless hug, si riempiono di groove, anche grazie ai fiati di Franco Marinacci (sax tenore) e Giancarlo Ciminelli (tromba e flugelhorn), ideale chiusura di un disco tanto breve quanto appassionato. (Luigi Cattaneo)


venerdì 23 dicembre 2022

MICHAEL KRATZ, Tafkatno (2021)

 

Uscito nel 2021, Tafkatno seguiva Live your life del 2018, album che Michael Kratz (voce e songwriting), ex batterista dei Kandis, aveva pubblicato per la nostrana Art of Melodic Music. La proficua collaborazione segna il passo anche dell’ultima fatica del danese, ancora una volta intrisa di AOR, hard e West Coast, un risultato brillante registrato insieme ad una serie di musicisti di spessore, intriso di melodie pop calate in un contesto rock dal sapore radiofonico. La cura per l’arrangiamento e un certo gusto compositivo emergono in brani come Without your love e You’re the one, ma è nel suo complesso che emerge il talento di Kratz nel donare un certo pathos alle sue composizioni, anche grazie alle varie line up che si susseguono lungo i 50 minuti dell’album, suonato meravigliosamente bene da elementi perfettamente calati nel contesto in cui si muove Michael. Le trame impeccabili di questo Tafkatno ammaliano sin dal primo ascolto per il mood suggestivo di cui sono intrise, confermando la bontà di un progetto davvero convincente. (Luigi Cattaneo)

Without your love (Video)



giovedì 22 dicembre 2022

NIGHTBREEDER, Sons of the mountain's witch (2022)

 

Dietro la sigla Nightbreeder si cela Simone Giorgini (tastierista dei black metallers Darkend), compositore che munito di una serie di strumenti a tastiera (tra cui piano, synth e organo), ha dato vita alla colonna sonora di The mysteries of Gordon Pym island, primo capitolo di una saga la cui soundtrack è questo Sons of the mountain’s witch. Le idee che sviluppa Giorgini hanno una natura naturalmente filmica e immaginifica, sia quando propone un tessuto più heavy (con lui diversi compagni della band madre), sia quando si caratterizza per enfasi epica, senza tralasciare sviluppi in odore di Goblin, soprattutto quando l’autore calca la mano sul versante maggiormente progressive della validissima proposta. Ad aiutarlo nella riuscita del prodotto una serie di ospiti, tra cui spiccano Giorgia Marra (Winter Haze) e Nadia Reverberi alla voce (entrambe soprano), Montero Patxi alla viola e al violone e Marina Meinero al violino, che caratterizzano capitoli come A new age of witchcraft, Il pianto degli angeli o The dawn of the dark age, ottimi episodi di un lavoro atmosferico, gotico e fortemente narrativo. (Luigi Cattaneo)

A new age of witchcraft (Video)



martedì 20 dicembre 2022

OSSI, Ossi (2022)

 

Ossi, storytellers della psichedelia italiana, dietro cui si celano Vittorio Nistri (tastiere, elettronica, già conosciuto per i suoi Deadburger, poi Deadburger Factory) e Simone Tilli (voce, di cui abbiamo parlato da queste pagine per i suoi progetti a nome Le Jardin Des Bruits e Gualty), accompagnati da Andrea Appino (Zen Circus) e Dome La Muerte (degli storici Not Moving), che si dividono le parti di chitarra, e da Bruno Dorella (Bachi da Pietra, Ovo, Ronin) alla batteria. Una line up formata da alcuni dei nomi tutelari della scena indipendente italiana, che ha sviluppato un credibile racconto fatto di rock, psichedelia e garage, un connubio tra spirito visionario e brevi schegge di menefreghismo, condensato in un LP dall’artwork curatissimo e dalle idee decisamente chiare. 


Il lato A si apre con Ventriloquist Rock, un brano volutamente scarno e punkeggiante, che condensa vent’anni di politica italiana, con i suoi scempi e gli squallidi personaggi che ci affliggono, un collage di 50 samples in cui riconosciamo Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Ricariche continua a toccare punte di sarcasmo con una consapevolezza disarmante, prima di Hasta la sconfitta siempre, che ritorna a guardare lo scenario politico nostrano, questa volta prendendo di mira l’illuminante Matteo Renzi, attraverso un bluesy distorto e godereccio, che vive di percussioni elettroniche e di sagge intrusioni da parte dell’armonica di Roberto Pieralli (Mojo Blues Band). Segue Toy Boy, pennellate pop d’autore e malinconica ironia, mentre Out demons out è la lunga e surreale suite divisa in sette parti che chiude la prima metà del lavoro, 9 minuti che balzano tra follie complottistiche, omelie splatter e un altro riferimento ai nostri governanti (questa volta tocca al genio visionario di Giulio Gallera), forse la traccia più interessante del disco, con le tastiere che sviluppano idee a getto continuo, la chitarra di Dome La Muerte che si lancia in solitaria per sottolineare l’astrattismo in musica inseguito dal quartetto e la bella prova di Silvio Brambilla alla batteria (già con Carnera e Deadburger). Il lato B inizia con un altro campionamento, questa volta di Don Piero C. (perché al peggio non c’è mai fine), che tinge la sessantiana Monk Time. La danza di Naturalmente non possiamo pagarti e l’irrealismo tra il pop e il blues di Miss tendopoli, scandito dalle note di Pieralli, ci portano a Lei è grunge, lui urban cowboy, altro episodio brillantemente nonsense, dove stavolta il bersaglio sono gli influencer, esseri che vivono tra noi e dominano una fetta di popolazione votante, soggetti raccontati a base di loop e fuzz travolgenti. L’impetuosa O’ pisciaturu pare una coda di Monk Time, ma questa volta nel mirino c’è Domenico, assessore lombardo dal sorriso smagliante intercettato per i suoi rapporti con la ‘ndrangheta locale (insomma, ce n’è per tutti i gusti). Il finale ci riserva Per sollevare il morale del capo, dall’aurea di fine ’60 inizio ’70, e Navarre, bellissima storia narrata con gusto wave e inflessioni cantautorali. All’interno di Ossi troviamo i già citati Zen Circus di fine ’90 inizio 2000 e i Not Moving, ma anche gli anni ’80 dei Violent Femmes, con i loro ritmi folk e punk, i contemporanei King Gizzard & The Lizard Wizard e gli storici Monks (Black Monk Time è del 1966), ma oltre ai doverosi omaggi c’è tanta personalità in Nistri e Tilli, la cui ricerca di un’italica via (anche per l’uso della nostra lingua e l’immaginario legato alla realtà del Belpaese) allo psych rock ha dato un primo frutto estremamente curioso e pieno di spirito, tra rimandi alla storia del genere e pulsioni elettroniche saggiamente inserite all’interno di un contesto propriamente garage. Per acquistare l'album potete visitare la pagina https://snowdonia.bandcamp.com/album/ossi-album-su-lp (Luigi Cattaneo)

domenica 18 dicembre 2022

LUCA FALOMI, ALESSANDRO TURCHET, MAX TRABUCCO FEAT. DANIELE DI BONAVENTURA, Naviganti e sognatori (2021)

 

Affascinante lavoro questo del trio formato da Luca Falomi (chitarra), Alessandro Turchet (contrabbasso) e Max Trabucco (batteria, percussioni), a cui si aggiunge Daniele Di Bonaventura (bandoneon), un disco uscito nel 2021 per Abeat Records. Naviganti e sognatori è un delicato ritratto, che ci conduce in luoghi lontani attraverso una sapienza compositiva notevole, che fa di questo concept sul viaggio un disco da ascoltare con la necessaria cura. Ne vengono fuori brani come Le vie del mondo o la malinconica La tredicesima ora, dove il jazz si contamina di bossa, sudamerica e Africa, ma sono esempio di tanta bellezza anche la title track e Rotte mediterranee. Questo crossover di suoni e sensazioni continua con La nova gelosia, Lanterna de Zena e Nina d’amor me consumo, un trittico dove l’interplay tra le parti è assolutamente magistrale e mostra una certa poliedricità esecutiva. Tra narrazioni originali e uno sguardo alla tradizione popolare, Naviganti e sognatori sa essere lirico e intenso, sia quando si immerge in atmosfere soffuse, sia quando vira su scenari maggiormente sostenuti, facendo dell’ibrido e dell’incrocio tra stati d’animo il punto focale di un’opera ponte di culture, come una mappa da decifrare per seguire la rotta, che qui si manifesta attraverso rimandi culturali ed espressioni musicali colorate e sfaccettate. (Luigi Cattaneo)

Naviganti e sognatori (Video)



sabato 17 dicembre 2022

MANDRAGORA SCREAM, Nothing but the best (2021)

 

Arrivano al greatest hits i Mandragora Scream, che probabilmente avranno sentito la necessità di offrire un sunto della loro carriera a quanti non ne conoscano le gesta. La band formata 20 anni fa da Morgan Lacroix (voce) e Terry Horn (voce, chitarra, tastiere) con Nothing but the best passa in rassegna due decadi di gothic metal, ma punta anche al futuro prossimo, con qualche inedito che lascia presagire un imminente release per il duo il cui primo promo risale al lontano 1999 e il debutto, Fairy tales from hell’s caves, al 2001. La lunga raccolta, pubblicata da Music for the Masses, presenta un gruppo vicino alle sonorità di The 69 Eyes, Poisonblack e The Systers of Mercy, il tutto suonato e prodotto con un certo appeal, un’attenzione verso la forma canzone evidente, anche quando si tinge di industrial, elemento tenuto sotto traccia ma nel suo insieme importante per lo sviluppo e la costruzione di certe sonorità. Nothing but the best risulta quindi perfetto per presentare un act significativo nel panorama italiano di fine anni ‘90 ma, visti gli inediti presenti, può incuriosire anche chi conosce e ha apprezzato in passato la band. (Luigi Cattaneo)

Nightwish (Video)



martedì 13 dicembre 2022

NIK TURNER & THE TRANCE DIMENSIONALS, Syncronicity (2022)

 

Il testamento espressivo di Nik Turner, scomparso lo scorso 11 novembre, è un lavoro per l’italiana Black Widow Records registrato insieme alla The Trance Dimensionals di Steve Hillman, fondata dall’inglese nel 2016, sulla scia di quanto fatto da Tangerine Dream, Hawkwind e Gong. Proprio l’incontro con il membro fondatore di questi ultimi, è la molla per presentare del nuovo materiale con Turner, instancabile ricercatore di suoni, sempre a cavallo tra space, prog e jazz rock, e non fa eccezione questo Synchronicity, dove oltre a Turner (voce, sax, flauto), troviamo Clog (basso), Dai Rees (batteria) e appunto Hillman (chitarra, tastiere, synth). Psichedelia, space rock e una generale atmosfera settantiana sono la base di partenza di un disco magnetico, che vive di passaggi davvero evocativi, come Thunder rider invocation (scritta apposta per Nik), Sekhmet, ispirata da Xitintoday, album del 1978 di Turner o Night of the jewelled eye. Tra i diversi ospiti presenti troviamo il basso di Dave Anderson (Hawkwind, Amon Düül, Groundhogs) nel tributo Children of the sun, tratto da In search of space proprio degli Hawkwind, arricchito dalla voce di Eleanor Rees, una versione cosmica che ho amato sin dal primo ascolto. La voce di Linda Hillman, nonché il suo flauto, colorano la brillante The enchantress, mentre un altro ex Hawkwind, Mr.Dibs, è presente al microfono in Taken to the limit, prima di Angels of the light, dove invece troviamo Richard Benjamin. Per chi ha sempre amato le variegate forme espressive di Nik Turner disco assolutamente da avere. (Luigi Cattaneo) 

Children of the sun (Video) 



 

domenica 11 dicembre 2022

ALESSANDRO PACINI, Pausa siderale (2021)

 

Secondo lavoro per Alessandro Pacini, che torna con Pausa siderale (Seahorse Records 2021) dopo Cremisi (2019), debutto che già aveva mostrato il valore del cantautore. Il nuovo album prosegue sulla stessa falsariga introspettiva, fatta di storie concrete, personali, che non lasciano indifferenti, con Pacini (voce, chitarra, basso) che si fa accompagnare da Paolo Messere (synth, batteria, arrangiamento orchestrale) e Gianluca Pacini (chitarra). Folk cantautorale e pop si incontrano, tra ricami raffinati alla Niccolò Fabi, trame che ricordano Mango e un tocco delle Vibrazioni più morbide, il tutto arricchito da soluzioni testuali piene di garbo. Gli arrangiamenti piuttosto curati e gli ottimi musicisti coinvolti completano il quadro di un disco fatto di ballate e momenti struggenti, sensibile e intimo, capace di toccare con eleganza le corde dell’anima. (Luigi Cattaneo)

Full Album



venerdì 2 dicembre 2022

FEARYTALES, MMXXII (2022)

 

Primo full per i FearyTales, quartetto formato da Costantino Perin (batteria), Marco Chiariglione (voce), Paolo Tabacchetti (chitarra) e Marco Vicenza (basso), che guarda al metal di Nevermore e Iced Earth introducendo elementi thrash ed estremi che completano un quadro ricco di sfaccettature e contrasti. L’atmosfera spesso cupa o malinconica si addice alle tematiche trattate dalla band in MMXXII, come avviene in Spire o La bestia del cuore, brani ottimamente costruiti e dall’incedere drammatico e teatrale, ma anche Otis, una legnata che non disdegna spruzzate death, e Culto della morte, una nera poesia, sono lì a sottolineare la duttilità del gruppo, che in alcuni momenti, soprattutto per le doti vocali di Chiariglione, mi ha ricordato i Lamanaif, oscuro act veneto scomparso troppo presto nel nulla. Ascension, nelle sue due parti, si muove agile tra muscolare heavy e thrash metal, senza tralasciare trame strumentali di ottima fattura, mentre Supernova è una mazzata buia e tormentata, ma è nel suo complesso che l’album convince, sia per una certa personalità esibita, sia per la capacità di dosare con cura elementi decisamente pesanti e grevi con una ricerca melodica non indifferente, che fanno di questo MMXXII un disco a tratti entusiasmante. (Luigi Cattaneo)

La bestia del cuore (Video)