lunedì 30 novembre 2020

FARO, Luminance (2020)

Nati nel 2007 e con all’attivo un album (Gemini del 2011), tornano dopo un periodo piuttosto lungo i Faro, duo formato da Angelo Troiano (chitarra, basso, tastiere ed elettronica) e Rocco De Simone (voce e tastiere), coadiuvati da Fabrizio Basco (chitarra). Il trio arriva a questo Luminance anche grazie all’interesse dell’Andromeda Relix, etichetta sempre attenta agli sviluppi dell’underground nostrano, mostrando come il tempo abbia reso il progetto più maturo e definito. Poco più di trenta minuti in cui il prog metal abbraccia parti dilatate, con uno sguardo agli sviluppi che ha avuto il genere negli ultimi 15-20 anni, un ponte tra i Rush, le atmosfere degli Anathema e la modernità dei Pineapple Thief. Pure mette subito in mostra i tratti malinconici del disco, pur non disdegnando affatto attimi di grande vigore, oscurità che lambisce anche Fragments e la seguente December, trittico davvero interessante e riuscito. Fascino che non si perde nemmeno in Lukas, e si accentua nel dark di Tears, mentre Down è il pezzo più progressivo del disco e mette insieme le varie influenze che da sempre animano gli abruzzesi. Il finale ci riserva le aggraziate melodie di Autumn e il dark prog della title track, buon epitaffio di un ritorno estremamente intelligente. (Luigi Cattaneo)

December (Video)



giovedì 26 novembre 2020

DISKANTO, Temerari sulle macchine volanti (2019)

 

Tornano i Diskanto (Loris Durando al basso, Fausto Punzi alla batteria, Stefano Scolaro alla chitarra elettrica e Marco Turati alla chitarra acustica e alla voce), band di Cremona attiva dal 1985 e che ha lavorato per due anni al nuovo Temerari sulle macchine volanti, disco intriso di rock cantautorale maturo e passionale, accostabile a Litfiba, Negrita e Timoria. L’iniziale Il lanciatore di coltelli ricorda ottime band underground come Le Jardin Des Bruits e Wendy?!, Odio gli indifferenti si fa tesa e aggressiva, mentre Ci credi ancora? si avvale della collaborazione della voce dell’ex Timoria Omar Pedrini. Vecchie abitudini propone un muro elettrico ferreo e potente, il flauto di Franco D’Aniello dei Modena City Ramblers ben si amalgama con la band in Zep, prima dell’oscura Un giro di vite e di Trentamila giorni, più vicina ad alcune pagini di Ligabue. Si riparte alla grande con l’energica Non avrai il mio scalpo, che anticipa la conclusiva Povero tempo nostro, omaggio al grande Gianmaria Testa, e resa in maniera delicata e profonda anche grazie alla partecipazione di Roberto Cipelli al pianoforte e al Fender Rhodes (conosciuto soprattutto per i lavori con Paolo Fresu), ottima chiusura di un disco vigoroso ma al contempo elegante. (Luigi Cattaneo)

Povero tempo nostro (Video)


  

lunedì 23 novembre 2020

SPEED STROKE, Scene of the crime (2020)

 

Per gli appassionati di hard rock con tendenze sleaze, Scene of the crime degli Speed Stroke, appena uscito per Street Symphonies, è un appuntamento assolutamente imperdibile, un terzo lavoro che certifica la grandezza del quintetto formato da Andrew (batteria), D.B. (chitarra), Jack (voce), Fungo (basso) e Michael (chitarra). I dieci pezzi di questo ritorno mostrano come la carica live sia ancora del tutto intatta a distanza di quattro anni da Fury, con brani energici e pieni di passione, accostabili a Crashdiet, Steel Panther, Backyard Babies e Hardcore Superstar. L’irruenza hard della band fa subito capolino in Heartbeat, la title track omaggia gli anni ’80 del genere con grande consapevolezza, mentre After dark rallenta ma non perde nulla in quanto a potenza e forza propulsiva. La battagliera Soul punx è tra i brani più aggressivi del disco, prima della suggestiva No love, che mostra l’anima meno inquieta del gruppo, una semi-ballad elettrica davvero notevole. La seconda parte del lavoro si apre con Red eyes, altro tributo agli ’80, decennio cult per il genere, e la frizzante verve di Out of money, a cui fa seguito la briosa allegria r’n’r di Who Fkd Who. Le conclusive One last day, inaspettatamente delicata e Hero No.1, che invece torna a spingere in direzione hard rock, chiudono un album spontaneo, fresco e convincente sotto tutti i punti di vista. (Luigi Cattaneo)  

Album Teaser



domenica 22 novembre 2020

TASSIELLO TRIO, Il sognatore (2020)

 

Primo album per Renato Tassiello, batterista che qui si fa accompagnare da Alberto Sempio alla chitarra e Gigi Andreone al basso, un trio che diviene spessissimo quartetto grazie alla presenza pressoché costante del clarinetto, suonato da Paolo Tomelleri e Mauro Negri, due raffinati interpreti del jazz nostrano. La componente jazz, prevalente, si sporca di rimandi fusion e piccole pulsioni rock, un equilibrio costante che fa di Il sognatore un debutto brillante, scritto in maniera curata e ottimamente suonato da musicisti esperti e preparati. L’iniziale Big event è l’unica suonata in trio, si denota una compattezza d’insieme da subito notevole, una vena jazz rock pulsante dettata da ritmiche piene di groove e da una chitarra che appare ben presente e tutt’altro che comprimaria. La title track e la seguente Mr. Herbie vedono la presenza del maestro Tomelleri, tra suggestioni da soundtrack, jazz club e omaggi, nemmeno tanto velati, a Sextant di Herbie Hancock, rivisitato però con grande temperamento ed eleganza dal quartetto. Negri, altro interprete di fama internazionale, si cala perfettamente nelle atmosfere di The splinter, vicina ad alcune cose di John Scofield, quindi un jazz solido in cui Sempio e l’ospite sfoggiano momenti solistici di valore, sempre sostenuti da un motore ritmico efficiente e coeso. Tomelleri torna in Notes from Senegal, uno sguardo sull’Africa condito proprio da uno straordinario lavoro del clarinetto, mentre la conclusiva Infernal Rhythms si avvale non solo di Tomelleri ma anche di Gabriele Comeglio al flauto, Luca Campioni al violino e Simone Rossetti Bazzaro alla viola, episodio finale che riassume in sé le varie anime del progetto di Tassiello. C’è anche una bonus track, Caravan, gradevole rivisitazione di un brano di Juan Tizol, scritto nel 1936 per Duke Ellington e qui suonata da Renato insieme al solo Tomelleri. (Luigi Cattaneo)

Big event (Official Video)



venerdì 20 novembre 2020

TUGO, Giorni (2020)

 

Ep d’esordio per i Tugo, band formata da Francesco Mazzini (batteria), Andrea Rossi (basso e voce) e Andrea Mordonini (chitarra e voce) nel 2018 e che ha lavorato con estrema calma ad un progetto che parte da lontano e arriva ai giorni nostri grazie ad un’autoproduzione corposa e certosina. Il trio ha prodotto i brani seguendo il proprio istinto, spesso ha creato da jam effettuate nel loro vecchio garage di campagna, una devozione alla causa che fa di Giorni un debutto sicuramente gradevole. La title track che apre il lavoro profuma di indie inglese, Mani  presenta qualche spunto pop rock, soprattutto per un chorus immediato e molto fruibile, mentre la vivace e divertente Nessuno vuole bene al bassista mi ha ricordato alcuni episodi r’n’r del periodo di Ligabue con i ClanDestino. Dottore è il brano maggiormente strutturato e mostra un approccio più ragionato alla materia (con coda strumentale in odore di Verdena), forse il pezzo più interessante di questi 15 minuti, un primo passo piacevole e molto scorrevole. Di seguito il link per ascoltare l'intero ep https://soundcloud.com/tugomusic/sets/giorni-ep (Luigi Cattaneo)  


giovedì 19 novembre 2020

THE MILLS, Cerise (2020)

 

Giovane band nata nel 2019, i The Mills sono formati da Morris (già con New Ivory e Muleta) alla chitarra, alla batteria e alla voce, Augusto Dalle Aste al basso e al contrabbasso e Giovanni Caruso alla chitarra (attualmente troviamo anche Pietro Pedrezzoli alla batteria, che non ha preso parte alle registrazioni del lavoro). Non trovo nella musica contemporanea la complessità e gli intrecci artistici che ho sempre trovato in musicisti o band del passato, la mia indole romantica è spinta ad un’attenzione al vecchio per concepire il nuovo. Così Morris spiega Cerise, 25 minuti circa dove si guarda al punk, al post punk e al brit pop, uno sguardo sugli scorsi decenni che ha portato alla creazione di brani attuali e assolutamente gradevoli, come nel caso dell’iniziale Invain o della successiva Kachina, che diviene maggiormente ragionata e figlia di un alternative rock di stampo tutto americano. I vicentini mostrano da subito di avere doti e intelligenza per dosare le varie anime del progetto, come si evince dalle aggressive dinamiche di Eyes, che sfociano nella più mite I barely exist, vicina ad alcuni momenti dei R.E.M. degli esordi. Panic Toll mette insieme garage e brit pop, tra The Strokes e Oasis, doppiata dalla title track, che rimarca l’attitudine punk del progetto. Elemento che trova ancora più forza nella conclusiva Camden Town, vicina ai Clash e divertente conclusione di un album fatto di vigore r’n’r, attitudine live e melodie penetranti. (Luigi Cattaneo)

Eyes (Official Video)



martedì 17 novembre 2020

RØSENKREÜTZ, Divide et Impera (2020)

 

Tornano i Røsenkreütz, progetto di Fabio Serra (chitarra, tastiere, voce) in bilico tra progressive rock britannico, new prog e A.O.R., che dopo il buonissimo Back to the stars del 2014 ha rinnovato la line up, che ora prevede Gianni Brunelli (batteria), Gianni Sabbioni (basso), Massimo Piubelli (ottima voce dei Methodica), Carlo Soliman (piano e tastiere) e Eva Impellizzeri (viola, tastiere). Divide et Impera, uscito qualche mese fa per Andromeda Relix, è un concept sul tema del controllo, una sorta di film a episodi in cui ciascuno fa riferimento all’argomento di base, con la partenza di Freefall che è già piuttosto esemplificativa della quantità di idee che andremo a trovare nello sviluppo delle sequenze narrative. Imaginary friend gode della presenza del violino, che ben si adagia sulle note dell’organo e su melodie vocali che a tratti ricordano i Queen, The candle in the glass è un episodio pieno di grazia, abbellito dalla presenza dell’Evequartett, mentre I know I know vira su un prog moderno e contaminato dal rap di Flamma. Aurelia mette insieme drammaticità e tensione lirica, un ottimo affresco prog che ben si sposa con parti jazzate, prima dell’ottantiana True lies e dell’emozionante Sorry and … L’album si chiude con The collector, grandiosa suite che supera i 15 minuti, sintesi del pensiero musicale di Serra e compagni, tra hard, cambi di tempo progressivi, anni ’70, enfasi strumentale e fantasiose melodie. Sono passati ben sei anni dal lavoro precedente, tempo in cui il progetto è maturato e ha preso ulteriore forma, quella attuale, fatta di un songwriting ispirato ed estremamente curato nel dettaglio, elemento non da poco per cercare di emergere nel ricchissimo panorama prog nostrano. (Luigi Cattaneo)

Official Teaser



lunedì 16 novembre 2020

SIMONE PIVA & I VIOLA VELLUTO, Fabbriche Polvere e un Campanile nel mezzo (2019)

 

Fabbriche polvere e un campanile nel mezzo è il quinto lavoro in studio per Simone Piva & i Viola Velluto (Simone Piva alla voce e alla chitarra, Federico Mansutti alla tromba, Luca Zuliani al contrabbasso, Alan Liberale alla batteria e Francesco Imbriaco al piano e alle tastiere) band che, pur muovendosi in un circuito underground, è riuscita negli anni a suonare di spalla a band importanti come The Zen Circus e Fast Animals and Slow Kids o ad Omar Pedrini, fondatore degli storici Timoria. Il folk rock di Simone continua il suo percorso fatto di racconti di strada e omaggi al western italiano, già a partire dall’iniziale verve di La battaglia infuria, a cui segue Da dove vengo, furia r’n’r e un groove inarrestabile. Sulla stessa falsariga si muove Cani sciolti, che non disdegna un’atmosfera da far west, mentre Imprevisti cambia registro e ci dona una ballata dalle splendide melodie ispirata a La Flaquita (Madonna venerata dai bandidos messicani), con Imbriaco che accompagna delicatamente la voce di Piva. Si torna a parlare il linguaggio del folk rock in Oggi si uccide domani si muore, con Mansutti che da forza e vigore ad un brano molto riuscito, prima dell’omaggio di Sergio Leone rivolto al grande regista italiano, dove ovviamente troviamo le influenze western e morriconiane del gruppo in bella evidenza. Chiudono il breve lavoro (27 minuti circa) il gradevole pop rock cantautorale di Questa estate e Il destino di un uomo, piacevole finale di un ritorno che mette insieme ironia, divertimento ma anche frangenti di sana riflessione. (Luigi Cattaneo)

Imprevisti (Video)



venerdì 13 novembre 2020

FUKJO, La musica, il mare e la deriva occidentale (2019)

 

Dopo 2 ep e anni spesi a suonare live in compagnia di personaggi del calibro di Paolo Benvegnù, Pierpaolo Capovilla e Emidio Clementi, i Fukjo tornano ora in duo (Giuseppe Dagostino alla voce, alla chitarra e ai synth e Gianluca Salvemini al basso, alla batteria e ai synth) e lo fanno con un lavoro, La musica, il mare e la deriva occidentale, uscito nel 2019 per Overdub. La maturità del gruppo si palesa in brani come Martini Dry o A casa tutto bene, dove alternative e shoegaze si inseguono, si toccano, danno vita a sonorità aspre ma ricche di spunti melodici, aspetto peculiare nella scrittura dei pugliesi, come si evince anche dalle particolari sfumature di Isole (primo singolo dell’album) e dall’affascinante carica di Pianure alture. La rabbia di Fate fuoco può ricordare qualche episodio dei Marlene Kuntz, Triplo Kaionen, con la sua vena ironica, è il secondo singolo scelto per il lancio del disco, mentre un certo flusso psichedelico lambisce Vorticare, prima della malinconia soffusa di Prototipi e di Lo show di Gaz, che chiude un ritorno curioso ed estremamente interessante. (Luigi Cattaneo)

Isole (Official Video)



martedì 10 novembre 2020

MONOLITH GROWS!, Interregnum (2020)

 

Interregnum è il nuovo ep dei Monolith Grows!, band di cui ci eravamo occupati in occasione dell’ultimo e valido Black and Supersonic. Il quartetto formato da Andrea Marzoli (voce e chitarra), Massimo Codeluppi (chitarra), Enrico Busi (basso) e Riccardo Cocetti (batteria) si ripresenta in grande forma, con tre brani (che diventano due nella versione 45 giri) tirati e potentissimi, riproponendo la consueta miscela di stoner, heavy e grunge dei primordi, una strada accattivante che gli amanti di certi suoni non potranno che apprezzare. 15 minuti trascinanti, aggressivi, in cui i modenesi si rivelano più acidi che in passato, senza dimenticare di citare Unida, Yawning Man, Soundgarden e Kyuss, che ritroviamo tra le pieghe di Nicolas Cage e Shade and sleep (i due brani del 45), nonché nell’ottima Nicolas Kim Coppola (che completa l’ep digitale). La band continua a viaggiare su territori che conosce benissimo e lo fa con spirito e cura, propone idee magari non originalissime ma le attua con consapevolezza ed estro. In attesa di un nuovo disco Interregnum è sicuramente un appetitoso lavoro ponte verso qualcosa di più corposo. (Luigi Cattaneo)

Shade and sleep (Video)



lunedì 9 novembre 2020

ME VS MYSELF, Mictlàn (2019)

 

Dietro il monicker Me vs Myself si cela Giorgio Pinardi, sperimentatore vocale che porta avanti da anni una propria ricerca sulle possibilità dello strumento voce, proprio come quel Demetrio Stratos ancora oggi celebrato da chi studia e analizza i meccanismi infiniti che regolano questo linguaggio espressivo. Mictlàn è il suo secondo lavoro (dopo Yggdrasill del 2015) e parte subito in maniera interessante con Khnum, sovrapporsi magnetico di voci che mette immediatamente in luce il talento di Giorgio, solitario cantore che utilizza la voce come unico strumento, mentre si struttura maggiormente Tin Hinan, viaggio etnico affascinante in cui ritmo, armonia e melodia sono costruite da Pinardi in maniera assolutamente congeniale, andando a creare una babele di suoni che sono figlie della sua curiosità, della sua voglia di esplorare. Giorgio esamina culture, richiama suoni ancestrali lontani, che imbeve di variabili ritmiche come nel caso di Gurfa, scandaglia suoni e timbri, fraseggi che guardano al continente africano e che si palesano nell’ottima Mbuki-Mvuki. Sygyzy diviene più livida, soprattutto per l’uso di suoni inquieti, mentre Tingo si avvicina alle atmosfere brasiliane della Samba, prima della lunga Ohrwurm, sospesa tra sperimentazione, sovrastrutture, spiritualità e melodie ricercate. Chiude il disco l’atmosferica Eostre, finale di un album nobile, fatto di suggestioni, di percezioni, di stupori che colpiscono e stordiscono l’ascoltatore e che rimandano a visioni di mondi distanti, che possiamo sentire a noi affini anche grazie ad opere come queste. (Luigi Cattaneo)

Official Teaser


 

  

domenica 8 novembre 2020

QUADRI PROGRESSIVI, Chris Cornell


Omaggio pittorico a Chris Cornell, scomparso nel 2017 e ricordato per i suoi trascorsi in Soundgarden, Temple of the Dog e Audioslave. 

L'artista milanese Lorena Trapani, che da anni cura la rubrica Quadri Progressivi del blog, ha tributato il cantante americano utilizzando una tecnica mista fatta di carboncino e grafite. 

Trovate tutte le opere di Lorena sul sito nella sezione Quadri.  

venerdì 6 novembre 2020

BARBARA RUBIN, The shadows playground (2020)

 

Terzo lavoro in studio per Barbara Rubin dopo Under the ice del 2010 e l’ep del 2017 Luna nuova. Barbara non ha una band di supporto e si destreggia magnificamente tra voce, violino, viola, piano, synth, chitarra, basso e batteria, facendosi aiutare nel nuovo The shadows playground (registrato quest’anno ai Neraluce Studio) dal solo Andrea Giolo, con cui condivide diverse parti vocali lungo tutto l’album. Endless hope apre il disco, voce e piano si sposano perfettamente, l’artista si mette a nudo e colpisce per il livello di emotività che riesce a trasmettere, un pathos che trova il suo culmine quando le note del violino punteggiano, vibrano, caricando di malinconia un racconto a cui partecipa anche il già citato Giolo. Seven suggerisce immagini, una delle grandi doti della Rubin, che riesce a coinvolgere l’ascoltatore con la sua grande sensibilità, cosa che avviene anche nella successiva e meravigliosa Maddalena, tra cantautorato colto e progressive. Dopo la breve Clouds è la volta di Sunrise promenade, stupendo strumentale dove piano e archi si intersecano in maniera davvero suggestiva, prima della toccante title track, uno dei momenti più riusciti dell’intero lavoro. Il tris finale omaggia Heresy di Hais Timur, una sorta di suite di quasi venti minuti che inizia con la malinconia strumentale e classicheggiante di Sleeping violin, per poi proseguire con La ballata degli angeli e Helen’s word, tra fraseggi che rimandano al Concerto grosso dei New Trolls e musica da camera contemporanea (complice anche l’intervento vocale di Veronica Fasanelli). Per intensità e trasporto The shadows playground è uno dei dischi più interessanti e raffinati che ho ascoltato negli ultimi mesi, un crossover di cantautorato, classica e prog esteticamente elegante e pieno di grazia, in cui Barbara ha espresso tutta sé stessa in piena liberta creativa e concettuale. Potete acquistare l'album al seguente indirizzo https://barbararubin.bandcamp.com/album/the-shadows-playground (Luigi Cattaneo)

Seven (Video)



martedì 3 novembre 2020

DANIELE SOLLO, Order and Disorder (2020)

 

Il titolo dell'album mette in evidenza il concetto di ordine e disordine, temi cari a diverse scuole filosofiche e alle teorie di Wilhelm Reich. L’ordine e il disordine sono profondamente legati, inoltre caratterizzano la composizione dell’album: elementi diversissimi fra loro – “caotici” – che generano un qualcosa di armonico, omogeneo, e viceversa. Così Daniele Sollo presenta Order and Disorder, esordio solista del bassista napoletano ma corale, visti i tanti ospiti presenti lungo le sei tracce che lo compongono, figlie delle sue esperienze con Hostsonaten, VisionAir e Stefano Agnini. L’iniziale 11-IX-1683 ha una matrice hard prog a cui partecipano Marco Dogliotti (cantante che abbiamo avuto modo di conoscere negli Hostsonaten), il bravissimo Domenico Cataldo alla chitarra, Samuele Dotti dei Mogador alle tastiere e Maurizio Berti alla batteria, una formazione notevole che apre davvero ottimamente il lavoro. Nella strumentale Turn left Sollo ci delizia con fraseggi ragguardevoli, sostenuto dalle tastiere e dalle sagge programmazioni di Jason Rubenstein dei The Hypersonic Factor (ma ha alle spalle anche una lunga carriera solista), mentre A journey, con i suoi 11 minuti, mostra tutto il lato progressive del progetto, complici anche le prove di Alessandro Corvaglia (voce di La Maschera di Cera), Stefano Agnini (tastierista dei La Coscienza di Zeno) e Valerio Lucantoni (batterista dei The Wormhole Experience). In my arms è il brano più curioso del disco, con Sollo che si muove elegante sull’arrangiamento d’archi creato da Luca Scherani (La Coscienza di Zeno, Hostsonaten, Periplo, Trama), oltre che sullo spoken di Fabio Zuffanti. Anytime anyplace è un altro momento molto strutturato, ma Daniele è bravissimo nel costruire partiture complesse eppure profondamente melodiche, aiutato dalle sapienti tastiere di Scherani e dall’interpretazione sentita di Corvaglia. La conclusiva Pavane in F# Minor mostra tutto il talento di Sollo, che si destreggia tra il suo basso e le tastiere, validissimo finale di un album suggestivo e profondo. (Luigi Cattaneo)

Album Teaser