mercoledì 28 dicembre 2016

FABRIZIO TAVERNELLI, Fantacoscienza (2016)


Fantacoscienza è il nuovo album di Fabrizio Tavernelli, eclettico artista emiliano con alle spalle esperienze interessanti con Acid Folk Alleanza (chi non li ha mai ascoltati li recuperi), Duozero, Groove Safari e Babel (giusto per citarne alcune). Il suo terzo disco solista è forse il momento più ambizioso della carriera, un lavoro che esplora i parallelismi tra il cosmo e la coscienza umana in maniera intensa e intelligente, rifacendosi anche a realtà culturali significative quali l’ideatore del neologismo Fantacoscienza, il critico cinematografico Callisto Cosulich che lo coniò per Solaris di Tarkovsij ma anche a 2001 Odissea nello spazio di Kubrick e le opere letterarie di Dick, Ballard e Vonnegut. Visioni che hanno influenzato Tavernelli, curioso esploratore diviso tra macrocosmo e microcosmo e che segue idealmente Nomade psichico degli Acid Folk Alleanza e il precedente solista Volare basso. Il suo spirito crossover anima anche questo come back, una contaminazione equilibrata tra indie, rock, alternative, folk, psichedelia e pop cantautorale. Tavernelli omaggia in partenza Kolosimo (Peter, un fantarcheologo paleo-ufologo), racconta Il raggio della morte dell’appuntato Franco Marconi con impeto rock e un saggio uso del clavicembalo, lo stesso mood che ritroviamo in Fauni, dove però è presente l’ipnotico moog. Distorta Gestalt è il tormento della percezione, potente e dal piglio elettro-rock, Hollow Baobab fa rivivere con una piccola sinfonia di wurlitzer, hammond e mellotron le leggende del Deserto del Kalahari, mentre la title track è una delicata ballata con tanto di rhodes e tromba. Sentita e più minimale è Il tradimento, piuttosto immediate e con un certo fascino pop Infinite combinazioni e I miei amici. Tavernelli con Fantacoscienza dimostra di avere ancora da dire dopo decenni di attività, condensando in un unico platter alcuni dei momenti fondamentali della sua avventura musicale. (Luigi Cattaneo)

Distorta Gestalt (Video)

domenica 25 dicembre 2016

JUNKFOOD & ENRICO GABRIELLI, Italian Masters (2016)


Prende definitiva forma il progetto dei Junkfood, sviluppato insieme ad Enrico Gabrielli, di omaggiare tre maestri come Ennio Morricone, Piero Umiliani e Armando Trovaioli. Ci eravamo già occupati dell’ep dedicato ad Umiliani, qui posto integralmente a metà album, e l’ensemble ha deciso nel frattempo di dedicarsi anima e corpo a questo nuovo lavoro, riuscendo a riunire sotto lo stesso cielo la loro personale visione di colonne sonore immortali. Paolo Raineri (tromba), Michelangelo Vanni (chitarre e tastiere), Simone Calderoni (basso e tastiere) e Simone Cavina (batteria) hanno portato avanti certe idee di nuovo con Gabrielli (sax, clarinetto e flauto), instancabile anfitrione diviso sempre tra mille situazioni differenti (Calibro 35, Afterhours, Muse, PJ Harvey). Italian Masters è una piccola chicca per quanti hanno amato quel primo ep, nove strumentali fantasiosi (ad eccezione di C’eravamo tanto amati che vede la partecipazione di Edda Dall’orso alla voce) che nascono dalla passione verso compositori italiani di fama mondiale, con il gruppo (allargato) capace di trattare con rispetto ma senza paura pagine fondamentali del cinema, consapevole di come si possa partire da uno spartito per equilibrarlo con quanto di meglio possa esprimere la propria personalità. Il fascino  vintage di certe soluzioni viene “trattato” da musicisti attrezzati per esporsi a tali rischi, capaci di giocare con elementi filmici che già hanno al loro interno quanto basta per emanare suspance e immagini. Storie e racconti filtrati con la sensibilità rock dei coinvolti, con passaggi jazz che spingono il piede sull’acceleratore e si tingono di progressive, quasi come una jam che parte da un punto fermo per toccare apici creativi elettrici e schizofrenici. Momenti cupi, carichi di tensione, con i fiati del duo Gabrielli-Raineri volti a creare una trazione nervosa che esplode nei brevi risvolti di Silenzio nel caos e Per un pugno di dollari o ancora il suono inquieto e profondo tipico del gruppo in  Gassman  Blues e Conflitti. Già ottimi nei loro primi due album (Transience del 2011 e The cold summer of the dead del 2014), i Junkfood dimostrano abilità anche nel rendere ancora più attuali personaggi indimenticabili del nostro cinema, una triade di eccelsi compositori che la band ha codificato in maniera illuminata e che lascia aperte altre vie in futuro visti i tanti autori italici che hanno lasciato un marchio indelebile nella storia delle soundtrack. (Luigi Cattaneo)

Italian Masters

sabato 24 dicembre 2016

ATOM MADE EARTH, Morning glory (2016)


Morning glory è il secondo album degli Atom Made Earth (dopo l’esordio Border of human sunset), band formata da Daniele Polverini (chitarra e synth), Nicolò Belfiore (tastiere), Lorenzo Gianpieri (basso) e Thomas Testa (batteria). Giusto per comprendere le linee guida che animano il progetto, è giusto citare due figure che hanno contribuito al risultato finale, ossia Gianni Manariti (personaggio importante quando si parla di stoner e affini) e James Plotkin, che nel suo catalogo di produzioni e realizzazioni (queste come chitarrista) si è contraddistinto per il suo approccio al drone, al metal e all’industrial di matrice sperimentale. I due hanno rispettivamente mixato e realizzato il mastering e la potenza a tratti claustrofobica che sprigionano i cinque pezzi presenti (più una sorta di intro ed un outro) rappresentano perfettamente le idee del quartetto marchigiano. Che poche non sono e sprigionano con sapienza il giusto crossover di post rock, psichedelia e progressive, un assalto strumentale dai contorni space che li pone in continuità con quanto fatto più di quarant’anni fa da Pink Floyd e Hakwind, una piccola revisione in prospettiva moderna già definita da realtà piuttosto trasversali come Morkobot e Ornaments. Il tocco ambient di Noil funge da introduzione per Thin, sette minuti a cavallo tra doom e psych, con varianti post che creano suggestioni cupe e opprimenti. Non che October pale sia da meno. Infatti il brano è segnato da un sottile tormento che si stempera in parti atmosferiche dettate dalla mano sicura di Belfiore, in opposizione alle tipiche chitarre del genere e ad una sezione ritmica vibrante e inquieta. Reed lascia il posto a stilemi maggiormente prog, sfociando in parte nell’heavy, soprattutto per una certa muscolarità della composizione, con i riff di Polverini a marchiare a fuoco il pezzo. Molto diversa Baby blue honey, decisamente più immediata e carica di groove, con le ritmiche che permettono a Polverini e Belfiore di creare un interplay davvero riuscito. Finale affidato alla lunga e a tratti sorprendente Stac, dieci minuti variegati, con soluzioni multiformi che racchiudono le tante influenze del gruppo, capace di passare con efficacia dalla psichedelia allo stoner, per toccare apici space e progressive. L’outro Lamps like an African sun è il commiato per un come back significativo e coinvolgente. (Luigi Cattaneo)

Thin (Video)

VUOTI A RENDERE, Baciati dall'inganno (2015)


Ci sono ancora piccole realtà, che con sacrifici e dedizione, cercano di emergere e farsi ascoltare pur proponendo una musica anticonvenzionale e lontana dai gusti predominanti. Ne sono esempio i Vuoti a Rendere, che esordiscono nel 2015 con questo Baciati dall’inganno, un album interessante e che mi ha da subito incuriosito, già dall’oscuro artwork, biglietto da visita imprescindibile e spesso importantissimo per chi si cimenta col progressive. Anche se è bene sottolineare che il quartetto (Filippo Lazzarin alla chitarra e alla voce, Enrico Mingardo alle tastiere e alla voce, Marco Sartorati alla batteria e Annalisa Agostini al sax) propone una miscela di dark e jazz rock in cui oltre ad alcuni stilemi tipici del genere si possono riscontrare la rabbia e la malinconia che attraversano le produzioni dei Massimo Volume, lo struggimento dei Macelleria Mobile di Mezzanotte e le oscure visioni dei Prodottoinproprio. La band ha scelto infatti per questo esordio un autoproduzione cupa, che non fa altro che risaltare il mood imposto, dove passaggi strumentali si alternano al cantato che vira sul recitato. I momenti più convincenti sono quelli dove i padovani costruiscono affreschi che esaltano le loro caratteristiche, come nel caso delle lunghe e sofferte Osservati dalla minaccia dei pensieri e L’abbandono. Le trame sottili ideate da Mingardo incontrano per tutto il disco i fraseggi di Lazzarin e della Agostini, per un risultato complessivo dai tratti dolenti e inquieti, in bilico tra dark e psichedelia. Pur mancando il momento memorabile, Baciati dall’inganno mostra una band che con alcuni punti di riferimento insiti nel sound sta cercando una propria via all’insegna dell’estro e della libera immaginazione. Oltre ai due brani citati, i Vuoti a Rendere hanno svolto un discreto lavoro anche sui pezzi restanti, sempre improntati sull’agire come una squadra, un interplay funzionale al risultato finale e senza far prevalere barocchismi o soluzioni solistiche esasperate che probabilmente non avrebbero giovato all’insieme. Le atmosfere, volutamente oscure e fosche, circondano questa opera prima curiosa e singolare, imperfetta ma affascinante, un punto di partenza stimolante che ha trovato naturale prosecuzione in Ruggine, disco da poco pubblicato tramite Vivamusic/Areasonica Records. (Luigi Cattaneo)

Di seguito il link per ascoltare e acquistare l'album

venerdì 16 dicembre 2016

TIZIANO BIANCHI, Now and then (2016)


Io credo che la musica di Tiziano ci trasporti in un luogo calmo della nostra mente. I brani di questo disco contengono tutti gli elementi presenti nelle nostre ricche vite come i sorrisi, le lacrime, le emozioni, la meraviglia, le paure, la luce e l’oscurità piena di speranza. Le parole di Tiger Okoshi, produttore di Now and then e docente di tromba di Bianchi al Berklee College of Music di Boston, sintetizzano al meglio la proposta del quartetto (completato da Claudio Vignali al piano, Enrico Ferri al violoncello e Andres Marquez alla batteria) capitanato dal leader dei Portfolio. L’album sembra la prosecuzione della suite che concludeva proprio l’ultimo disco degli emiliani (Due del 2014), soprattutto per il lirismo delle composizioni e lo sviluppo strumentale, perfetto per suggerire un susseguirsi di immagini in cui la narrazione viene lasciata allo spirito di chi ascolta. Un’intensità, anche emotiva, che parte con Memories, opening track nostalgica e delineata dal tocco delicato di Vignali che fraseggia con Bianchi, un brano accostabile alla produzione di Mirko Signorile. La title track prevede il recitato intimo di Giovanni Lindo Ferretti, parole sentite su cui Bianchi tratteggia suoni in prevalenza di matrice jazz, così come Grease, un grande momento segnato dal solo di tromba proprio di Okoshi e dal tocco al bandoneon di Oscar Palmieri. La malinconia si impossessa dell’ottima Horses, copione che si rispetta in Artic dust, ancora sorretta dal notevole interplay tra Vignali e Bianchi. Particolare The sleep of sorrow, through the ages, con suoni in penombra e un incedere indolente su cui si fa graduale la presenza di Marquez. Knives out omaggia i Radiohead in modo originale e ricco d’animo, mentre Just a love affair torna su sentieri jazz confermando come la scelta di avvalersi di Ferri invece di un contrabbasso classico sia stata vincente. Finale affidato alla breve ma affascinante Gymnopedie # 1 di Erik Satie, una piccola chicca che chiude un esordio solista raffinato e passionale. (Luigi Cattaneo)

Now and then (Official Video)

giovedì 15 dicembre 2016

CELEB CAR CRASH, People are the best show (2016)


Il progetto Celeb Car Crash nasce quattro anni fa dall’incontro tra Nicola Briganti (voce e chitarra), Carlo Alberto Morini (chitarra), Simone Benati (basso) e Michelangelo Naldini (batteria), personalità affini e con diverse esperienze in ambito rock alle spalle. Dopo Ambush! del 2013, che li ha portati ad aprire per Gotthard e Coheed and Cambria e la vittoria nel concorso Red Bull Tourbus chiavi in mano, che prevedeva tre date con i Lacuna Coil, la band pubblica nel 2015 l’ep ;Mucha Lucha!. È ora la volta di People are the best show, 12 brani che miscelano grunge, piglio rock e alternative, ben suonato e molto diretto, figlio di quella stagione in cui band come Pearl Jam e Stone Temple Pilots erano all’apice della forma. Let me in, coesa e potente, mostra il groove giusto per aprire l’album, così come Because I’m sad dopo un inizio soft si dimostra ideale proseguimento in territorio grunge. Si continua con l’ottima Whereabouts e la tirata Outdone, prima della gradevole Hello morning e della vibrante carica di Murder party posta sapientemente a metà disco. January ed Enemy’s desire mostrano come il gruppo riesca a condensare idee melodiche e furia rock all’interno di brani immediati e coinvolgenti, proprio come Stereo, uno dei pezzi forse maggiormente riconducibili al movimento di Seattle di fine 80 inizio 90. Hanging on a rope e la seguente Nothing new under the sun si dimostrano interessanti nel creare belle soluzioni ritmiche e fraseggi chitarristici suadenti ma essenziali. Chiude Nearly in bloom, una splendida ballata, emotivamente enfatica e lucido esempio delle variabili in possesso del quartetto. I Celeb Car Crash in soli 4 anni hanno raggiunto piena consapevolezza dei propri mezzi, sfruttando a dovere il loro potenziale, che si manifesta in un album di spessore, molto dinamico e con alcune variazioni sul tema grunge che non dispiacciono affatto e su cui il quartetto potrà lavorare ulteriormente in futuro. (Luigi Cattaneo)

Let me in (Official Video)

sabato 10 dicembre 2016

PROMENADE, Noi al dir di noi (2016)


Ecco arrivare anche il primo album dei liguri Promenade, un promettente quartetto in giro da qualche anno che riesce ora ad esordire grazie alla lungimirante AltrOck con Noi al dir di noi, un disco equilibrato, molto curato nelle sue parti e sapientemente suonato da ragazzi giovani ma di grandi capacità. Le finezze esecutive dettate dall’utilizzo influente di un quartetto d’archi, un flauto e un fagotto hanno inciso sull’aumentare ancora di più la sensazione di trovarsi dinnanzi ad un lavoro elegante e raffinato. Il prog sinfonico settantiano si sposa perfettamente con passaggi in odore di fusion e ciò si evince già con l’iniziale Athletics, 10 minuti strumentali che rimarranno un unicum all’interno del platter, che prevede il cantato di Matteo Barisone (impegnato anche alle tastiere) in tutti gli altri pezzi. Si prosegue con Il secondo passo, ottimo episodio ad alto tasso tecnico e L’albero magico, due brani ispirati e di grande classe dove sfumano contorni jazz su cui si inerpicano Gianluca Barisone alla chitarra, Stefano Scarella al basso e al sax e Simone Scala alla batteria. Un po’ di Premiata Forneria Marconi e un pizzico di Gentle Giant sono la colonna portante della fantasiosa Roccocò, mentre l’anima jazz prevale in Kernel e sa essere molto convincente. In direzione fusion si muove invece la complessa Pantera, prima del pirotecnico e lungo finale di Crisantemo, otto minuti sinfonici come migliore tradizione vuole. Noi al dir di noi è un disco sfaccettato, molto solido e suggestivo nell’unire il prog italiano con la fusion e i suoni di Canterbury, pregno di strutture strumentali ricche che non hanno però intaccato la cura per la composizione e che fa dei Promenade uno dei gruppi italiani più interessanti dell’etichetta milanese. (Luigi Cattaneo)

Athletics (Video)

lunedì 5 dicembre 2016

MOTORFINGERS, Goldfish Motel (2016)


Dopo ben quattro anni di assenza tornano in pista i Motorfingers (Abba alla voce, Max e Spezza alle chitarre, Faust al basso e Alex alla batteria) e lo fanno con un album estremamente piacevole e di grande impatto. Ritmiche essenziali e dirette, riff chitarristi taglienti e un cantato coinvolgente sono alla base di questo Goldfish Motel, edito dalla logic(il)logic e saldamente proiettato verso l’hard a stelle e strisce che non disdegna di strizzare l’occhio verso melodie di facile presa (Creed, Nichelback, Alter Bridge). Qualche frangente è collocabile anche nel new metal, più una tentazione che una reale direzione a dire il vero e forse ciò è dettato anche da alcuni momenti più pesanti (vedi l’ottima Eat your gun). Una durezza sempre stemperata e che culmina in pezzi come Behind this fire e Walk on your face, fino a raggiungere un ideale pathos nell’accattivante XXXIII (che mi ha ricordato i Disturbed di Believe) e nella sentita ballata Nothing but a man (con il violino di Lucio Stefani che impreziosisce e rende l’atmosfera ancora più drammatica). I modenesi appaiono per tutto l’album decisi a portare avanti un suono smaccatamente americano e lo fanno con competenza e passione, pur senza generare sorprese sul copione sanno essere sicuri ed efficaci in virtù di una certa conoscenza della materia. Goldfish Motel è un come back brillante, aggressivo ma sempre ragionato, in costante bilico tra hard rock ed heavy, merito di riff tirati e chorus dai contorni epici (a volte addirittura in odore di street rock) che segnano un ritorno assolutamente interessante di una band da seguire anche nel futuro. (Luigi Cattaneo)

Walk on your face (Video)

venerdì 2 dicembre 2016

IL BABAU & I MALEDETTI CRETINI, Il cuore rivelatore (2016)


Tornano Il Babau & i Maledetti Cretini, un progetto sospeso tra musica, teatro e letteratura formato da Damiano Casanova (chitarra), Franz Casanova (voce e tastiere) e Andrea Dicò (batteria e cori). Il trio continua ad ispirarsi al suono di fine 60 inizio 70, utilizzando anche per questa parte seconda della cosiddetta Trilogia del Mistero e del Terrore che già aveva avuto una sua consacrazione in La maschera della morte rossa del 2013.  Il cuore rivelatore (tratto nuovamente da un racconto di Edgar Allan Poe) è quindi un fonodramma, peculiare esempio di traduzione musicale e sonora di un’opera letteraria, che qui attinge nel macabro e nel bizzarro (per i dettagli i milanesi hanno allegato al disco un bel libro con i testi e l’artwork affidato a Gianni Zara, autore delle illustrazioni e a Francesca Canzi che ha curato grafica e impaginazione). La novella è indubbiamente celebre e la band non ha fatto altro che accentuarne i tratti psicotici attraverso una sapiente miscela di narrazione psichedelica e sfumature prog, degna dei Pholas Dactylus di Il concerto delle menti, oscuro disco del 1973. I quasi 30 minuti dell’opera ci conducono nelle spire folli del protagonista e delle sue ossessioni, con alcuni must narrativi come Lanterna cieca, la calma apparente di Chi è là o la geniale Il cuore, dove alcuni versi rimandano a Cuore matto di Little Tony! Tutta la storia è molto claustrofobica, ideale per gli spunti dei due Casanova e il pathos vocale di Franz, interprete enfatico di un personaggio misterioso e intenso, ansiogeno nella surreale cattura di quell’occhio, l’occhio di un avvoltoio, un occhio pallido, azzurro, coperto di una pellicola (L’occhio). Ovviamente il ruolo recitativo di Franz diviene essenziale per comprendere il fonodramma, coadiuvato dalle sue tastiere, dal lavoro efficace di Damiano e dal tocco dinamico di Dicò, tesi in direzione di un sound che guarda al prog ma non ci finisce imbrigliato e rimane per mood accostabile ai già citati Pholas ma anche agli storici progetti Antonius Rex/Jacula di Antonio Bartoccetti. L’album non ha cali, anzi, la storia ha un crescendo che ci conduce all’esplosione finale, quando i nervi del protagonista cedono sotto i rintocchi del cuore rivelatore (Sempre più forte) e pongono fine alla sua improvvisa disperazione. Il Babau continua ad esplorare in modo fantasioso certe opere cariche di fascinazione e l’attenzione che il trio pone per questi racconti è davvero encomiabile e fa del gruppo una delle realtà underground più curiose della scena indipendente italiana. (Luigi Cattaneo)

Il rumore (Video)

giovedì 1 dicembre 2016

QUADRI PROGRESSIVI, Il tempo della gioia


Per la rubrica quadri progressivi Lorena Trapani ha deciso di tornare a dedicarsi ad un artwork di Quella vecchia locanda, andando ad omaggiare Il tempo della gioia, il secondo e ultimo disco dei romani.

Il disegno, molto particolare, è stato eseguito con watercolours e crete e successivamente trasferito su tavoletta di legno 30x30 (tecnica transfer per l’appunto) e infine rifinita con colori acrilici, per un risultato davvero notevole e curioso.

Per visionare il catalogo di Lorena o per ricevere un dipinto del periodo progressive potete inviare una mail all’indirizzo del blog.



CONCERTI DEL MESE, Dicembre 2016

Giovedì 1
·Massimo Giuntoli “Pie Glue” a Lecco
·Gnu Quartet a Genova
·Monkey3 a Torino

Venerdì 2
·Goblin+GC Project+Echotime a Ferrara
·Syndone a Genova
·Napoli Centrale a Cervignano d. F. (UD)
·Meshuggah a Bologna
·Festival Prog a S. Donà di Piave (VE)
·Barock Project a Roma
·Rock in Frac Ensemble a Forlì
·Monkey3 a Pisa
·Egoband a Crevalcore (BO)

Sabato 3
·Meshuggah a Milano
·Rikard Sjöblom+Gibox Mobile a Milano
·Le Orme a S. Stino di Livenza (VE)
·Five Friends a Lugagnano (VR)
·Osanna+NCCP a Bari
·Anyway+Stereotomy a Torino
·Claudio Simonetti's Goblin a Padova
·Vittorio e Gianni Nocenzi a Valenza (AL)
·Glincolti a Giavera del Montello (TV)
·Solchi Sperimentali Fest a Milano
·VIII Strada a Milano
·Basta! a Terranuova Bracciolini (AR)
·Arturo Stàlteri a Ravenna
·Napoli Centrale a Perugia
·Monkey3 a Parma
·Il Babau & i Maledetti Cretini a Mezzago (MB)
·Psicosuono a Paderno Dugnano (MI)

Domenica 4
·Monkey3 a Erba (CO)
·Ego a Paderno Dugnano ore 18 (MI)

Lunedì 5
·Monkey3 a Trieste

Martedì 6
·Osanna+NCCP a Roma
·So Does Your Mother a Roma
·Monkey3 a Zero Branco (TV)

Mercoledì 7
·Osanna+NCCP a Firenze
·Monkey3 a Roma
·Napoli Centrale a Trecase (NA)
·The Coastliners a Fiumicino (Roma)
·Corrado Rustici Trio ad Aversa (CE)

Giovedì 8
·Marble House a Padova
·Corrado Rustici Trio a Roccaforzata (TA)

Venerdì 9
·Sycamore Age a Foligno (PG)
·Corde Oblique a Roma
·Marble House a Calderara di Reno (BO)
·Corrado Rustici Trio a Roma
·Monkey3 a Cagliari
·Napoli Centrale a Foggia

Sabato 10
·Alex Carpani a Bologna
·New Trolls a La Spezia
·Napoli Centrale a Gessopalena (CH)
·Il Rumore Bianco a Tregnago (VR)
·Monkey3 a Sassari
·Corrado Rustici Trio ad Ascoli Piceno

Domenica 11
·The Winstons a Milano
·Corrado Rustici Trio a S.Giovanni alla Vena (PI)

Lunedì 12
·Massimo Giuntoli “Pie Glue” a Milano
·Corrado Rustici Trio a Udine

Martedì 13
·Corrado Rustici Trio a Milano
·M. Giuntoli “Piano poetry” a Carugate(MI)

Giovedì 15
·Balletto di Bronzo a Savignano s/R. (FC)
·Osanna+NCCP ad Aosta



Venerdì 16
·Osanna+NCCP a Torino
·Balletto di Bronzo a Scorzè (VE)
·Corde Oblique a Napoli
·Aldo Tagliapietra & Tolo Marton a Dolo(VE)
·Trewa ad Erba (CO)
·Heretic’s Dream a Roma
·Glincolti ad Abbazia Pisani (PD)
·Mechanical Butterfly ad Acireale (CT)
·The Winstons a Roma

Sabato 17
·Universal Totem Orchestra alla Casa di Alex di Milano
·Childhood's Dream a Lugagnano (VR)
·Lingalad a Medolago (BG)
·Balletto di Bronzo al Bloom di Mezzago (MB)
·Old Rock City Orchestra a Porano (TR)
·Feat. Esserelà+Antilabé a Zero Branco (TV)
·The Winstons a Frattamaggiore (NA)
·Senza Nome a Marino (Roma)

Domenica 18
·The Winstons a Milano

Martedì 20
·Höstsonaten a Chiavari (GE)

Mercoledì 21
·Malibran a Belpasso (CT)

Giovedì 22
·A. Tagliapietra+A. Bassato a Lugagnano (VR)
·Osanna+NCCP a Napoli
·Napoli Centrale a Marigliano (NA)

Venerdì 23
·FixForb a Treviglio (BG)
·Quasar H7 a Campobasso

Lunedì 26
·Conqueror a Lamezia Terme (CZ)

Martedì 27
·Junkfood a Faenza (RA)
·Faust & The Malchut Orchestra a Crotone

Mercoledì 28
·The Watch a Lugagnano (VR)
·Junkfood a Roma

Giovedì 29
·Napoli Centrale a Olevano s/Tusciano(SA)
·Junkfood a Latina

Venerdì 30
·Napoli Centrale ad Albanella (SA)
·Junkfood a Frattamaggiore (NA)