lunedì 31 luglio 2017

VUOTI A RENDERE, Supplicium (2017)


Terzo lavoro per i padovani Vuoti a Rendere, seppure molto breve con i suoi 17 minuti ma ad ora, anche se potrebbe sembrare strano, quello più interessante e compiuto! Difatti il trio (Filippo Lazzarin alla chitarra, alla voce e ai samples, Enrico Mingardo all’organo e al piano e Marco Sartorati alla batteria e alle percussioni), insieme a Marina Miola al violino e Luca Santoro al flauto, ha deciso di dare libero sfogo ai propri istinti creando due lunghe tracce praticamente strumentali, Cloroformio ed Effetto collaterale, che sono quanto di meglio prodotto dai ragazzi nel loro percorso. La band vira verso un progressive d’annata, vintage, quello imparentato col pop psichedelico che prediligeva l’utilizzo dell’organo sul finire dei ’60, richiamando due oscure realtà solo da poco riscoperte come Underground Set e Psycheground Group, unendo tali trame con un suono che sembra provenire direttamente da qualche dimenticata soundtrack da spy movie del periodo. In tal senso vanno letti gli omaggi a due storiche pellicole del genere western, Per un pugno di dollari e Il buono, il brutto e il cattivo, nonché a due maestri come Sergio Leone ed Ennio Morricone. Supplicium è un piccolo lampo ma può segnare sicuramente il passo verso qualcosa di più concreto e corposo, perché mai come questa volta il gruppo ha dimostrato di avere idee chiare e una giusta strada da sviluppare. (Luigi Cattaneo)
 
Risultati immagini per supplicium vuoti a rendere
 

domenica 30 luglio 2017

OTHER VIEW, When daylight is gone (2017)


Gli Other View sono una band power prog anglo italiana fondata nel 2003 e che dopo una serie di cambi di line up e di stile (dall’heavy al power sino all’attuale progressive metal) ha trovato la quadratura del cerchio con questo come back interessante e piuttosto ben riuscito. Della formazione originale è rimasto solo il vocalist Lon Hawk, qui insieme a Francesco Cammarata, Stefano Candi e Francesco Tuscano alle chitarre, Matteo Cidda alle tastiere, Antonio La Selva al basso e Giacomo Bizzarrini alla batteria. Dopo Going Nowhere del 2013 è ora la volta di When daylight is gone, un ode alla notte in tutte le sue forme in cui la band ha accentuato il lato prog della proposta, rendendola più sfumata e variegata. La ricerca di sonorità più cupe e oscure ha dato i suoi frutti, con parti strumentali serrate, cura per l’aspetto melodico e chorus aperti di facile lettura, elementi che troviamo sin dall’iniziale Vantage, un substrato powerprog su cui l’ensemble ha instillato le esperienze maturate in questi anni e che rendono il pezzo davvero brillante. Carnivore è forse la traccia più pesante e greve del disco, con dei bei riff, heavy e complessi al punto giusto, un progressive metal aggressivo e tirato che conferma la direzione su cui si muove il platter. Anche Dead non scherza affatto come carica hard, pur avendo spunti melodici raffinati e pregevoli, prima dell’ottima Lightyears, composizione in cui il classic metal si fonde con influenze moderne ed elettroniche. That burgundy book è un omaggio alla buona narrativa e si contraddistingue per alcuni passaggi davvero delicati ed ispirati, aspetto che ho trovato meno nella doppietta formata da The city of Amber e Moonchaser, piacevoli ma più legate agli esordi, anche se la seconda ha certamente delle marcate influenze progressive. Chiude l’album When the night comes, un pezzo ispirato, con un bel chorus aperto e una struttura fondata su cori e pianoforte. Buon ritorno per gli Other View, band in crescita e con margini di sviluppo evidenti, resi ancora più accentuati dalla loro voglia di allargare certi orizzonti sonori, una mossa assolutamente apprezzabile e che può portare ad un ulteriore progresso della loro proposta. (Luigi Cattaneo)
 
Carnivore (Video)
 

sabato 29 luglio 2017

VIANA, Viana (2017)


Lo sguardo e la mente guardano ancora lì, ai gloriosi ’80 di act come Whitesnake, Def Leppard e primi Bon Jovi, influenze ben impresse in Stefano Viana e nell’entourage Street Symphonies, etichetta che ha spesso omaggiato un periodo splendido per l’AOR mondiale e l’hard rock melodico. Questo esordio arriva da lontano, parte addirittura dal 2009, quando Viana, impegnato alla chitarra, inizia un meticoloso lavoro in compagnia di Alessandro Del Vecchio (cantante tra gli altri di Edge of forever e Moonstone Project), Anna Portalupi (bassista per Ut, Handline e Tarja Turunen), Alessandro Mori (batterista dei Forgotten Tears) e Pasquale India (tastiere). A causa di vicissitudini personali l’album viene però pubblicato solo ora, con l’aggiunta di Francesco Marras, bravissimo chitarrista e fondatore degli Screaming Shadows. Viana ha lavorato con molta cura su un disco estremamente immediato, impregnato di pomp rock e AOR, generi che Stefano conosce alla perfezione e che qui finisce per esaltare, soprattutto per via di dettagli melodici che mostrano la grande professionalità di chi ha lavorato sul prodotto. Il sound è quindi ben radicato negli anni ’80, non si sposta di una virgola, mantenendo quella grammatica musicale così congeniale 30 anni fa e che ancora appassiona il novarese e la sua brigata. Questo debut è quindi un premio e una soddisfazione per un percorso lungo e tortuoso e si lascia apprezzare per tutta la sua durata, soprattutto per la capacità del chitarrista di creare brani catchy e con il consueto appeal richiesto dal genere, segno della profonda conoscenza della materia. Scorrono veloci pezzi classici come l’opening ideale Straight between our hearts, Follow the dawn o Bad signs, tutte dotate di chorus che si stampano subito in testa, un elemento su cui Viana ha probabilmente lavorato con una certa enfasi. I suoni ricalcano quelli dell’hard ottantiano (croce e delizia di questo stile), così come il songwriting è ovviamente canonico, stabile nel suo essere fedele a certi aspetti conservatori. Le buone doti tecniche dei sei coinvolti si lasciano apprezzare e appaiono evidenti e se in futuro Stefano riuscirà a stabilizzare la formazione e magari a portarla on stage è probabile che tutto il progetto avrà di che beneficiarne. Difatti, pur se le composizioni sono mediamente buone, è palese come le qualità di cui sono in possesso possono portare a risultati ancora maggiori, pur senza modificare certe sonorità che sono alla base della personalità di Stefano. (Luigi Cattaneo)
 
Bad signs (Video)
 

venerdì 28 luglio 2017

MӦBIUS STRIP, Möbius Strip (2017)


Arrivano da Sora i giovanissimi Möbius Strip, un sorprendente quartetto dedito ad un jazz rock notevolmente maturo, soprattutto in relazione all’età dei musicisti. In soli tre anni di vita la band ha dato vita ad un progetto radicato nel jazz, con influenze importanti come John Coltrane o Gerry Mulligan ma che ha lo spirito tipico di gruppi settantiani che rispondono al nome di Arti & Mestieri, Kaleidon e Baracca & Burattini. Lorenzo Cellupica (piano, organo e tastiere), Nico Fabrizi (sax e flauto), Eros Capoccitti (basso) e Davide Rufo (batteria) sono riusciti egregiamente ad unire le influenze di entrambi i generi grazie ad un sound sempre frizzante e scattante in cui appare palese l’ottima tecnica di base in loro possesso. I sei pezzi sono tutti molto dinamici e sapientemente costruiti, vigorosamente rock pur all’interno di strutture marcatamente jazz, caratteristiche presenti sin dall’iniziale e buonissima Bloo, in cui emerge l’estro di Fabrizi, il brio di Cellupica e l’esuberanza ritmica della coppia Capoccitti-Ruffo, un brano tanto canterburyano quanto legato all’italica e fiorente tradizione jazz rock (Perigeo, Bella Band). Cellupica è grande protagonista anche nella seguente e fantasiosa Deja Vu, dove comunque risulta fondamentale anche il lavoro di Fabrizi, con gli intarsi ritmici che permettono ai due solisti escursioni vibranti e ricche di verve. First impressions ha la voglia di unire l’hard bop dei cinquanta con sfumature che rimandano a Nucleus ed Egg, mentre Call it a day è una breve ballata in cui troviamo solo Cellupica e Capoccitti. Si torna a spingere nell’ottima Andalusia, in direzione Spagna, con influenze iberiche vibranti e intense che colorano una composizione vivace e vitale. Il finale di Möbius Strip non fa altro che confermare il talento dei sorani, eredi di quella tradizione di jazz rock progressivo che ancora così tanti estimatori ha sia in Italia che all’estero. (Luigi Cattaneo)
 
Bloo (Video)
 

sabato 22 luglio 2017

MOGADOR, Chaptersend (2017)


Quarto disco in studio per gli ottimi Mogador, band capitanata da Luca Briccola (chitarra, flauto e basso) e Richard Allen (batteria e voce), insieme a Samuele Dotti (tastiere), Salvatore Battello (basso) e Marco Terzaghi (voce). Chaptersend è un lavoro particolare, in quanto la prima parte nasce ex novo con pezzi inediti, mentre la seconda va a riprendere episodi del disco d’esordio, rivisti con la sensibilità attuale del gruppo. Una scelta che probabilmente andrà ad incuriosire soprattutto chi non segue la band dagli inizi e che magari vuole scoprire un act che sinora ha ricevuto meno feedback di quanto a mio avviso ne meritasse. Difatti i lavori sinora pubblicati, tutti di buon livello, rimangono nella cerchia degli appassionati più attenti (per intenderci, non quelli ancora a caccia dell’ennesima ristampa dei Genesis o degli Yes ma quelli sempre con l’orecchio teso verso le piccole novità dell’underground) ed è un vero peccato perché i comaschi di buone idee ne hanno parecchie. L’iniziale Summer sun ha tutte le caratteristiche del sound Mogador, con tracciati hard prog a cui si aggiungono delicate sezioni classicheggianti, qui disegnate con cura dall’inventivo violino di Ida Di Vita. Briccola d’altronde non disdegna riff heavy e le tastiere di Dotti, dal piglio settantiano, completano un quadro iniziale estremamente interessante. Non dissimile, sia per stile che per l’alta qualità, The escapologist, con la sezione ritmica decisamente compatta e Terzaghi che conferma di essere voce sicura e precisa. Un momento cadenzato è la buona Deep blue steps, abbellita dagli interventi flautistici di Elisa Salvaterra e dal piano di Dotti, mentre Still alone torna in ambiti maggiormente progressivi con una certa autorevolezza. Nella piacevolissima Josephine’s regrets troviamo un altro gradito ospite, Jon Davison, voce degli attuali Yes, uno dei pezzi più suggestivi del platter, prima della grandeur prog di Gentleman John, dieci minuti in cui si avverte l’urgenza da parte del gruppo di costruire qualcosa di qualitativamente alto, in cui fondere melodia, classicità e rock romantico nella migliore tradizione italica. La ballata Tell me smiling child è apripista per la conclusiva Fundamental Elements Suite, vera sintesi del percorso sin qui intrapreso dal complesso, pregna di soluzioni fiabesche, epiche, con spunti hard prog raffinati vicini agli Shadow Gallery, trame sinfoniche e parti strumentali molto valide. I Mogador confermano di essere anello di congiunzione tra quei gruppi di matrice heavy come i già citati Shadow Gallery ma anche Opeth e Dream Theater e quelli storici del prog inglese che rispondono al nome di Yes, Gentle Giant e Genesis, un connubio di certo non originale ma ancora carico di suggestioni. (Luigi Cattaneo)
 
Gentleman John (Video)
 

giovedì 20 luglio 2017

BRIDGEND, Rebis (2017)


Bridgend è il nome del progetto post rock di Andrea Zacchia (chitarre e synth), completato da Gabriele Petrillo (basso) e Daniele Naticchioni (batteria), trio che ha inglobato influenze prog e psichedeliche piuttosto consistenti. Rebis è un concept con tre voci narranti in cui i dialoghi, a volte un po’ ridondanti, esprimono riflessioni sull’esistenza e sui dubbi che ci accompagnano, una ricerca di risposte concrete che causano anche una certa paura verso l’ignoto e l’inesplorato. I tre atti del racconto narrano del viaggio di Rajas verso l’isola di Rebis, con trame musicali che non disdegnano il piglio prog dei Marillion e la psichedelia sognante dei Pink Floyd, una storia in cui il protagonista sarà accompagnato dal mentore Sattva e dall’amico Tamas, personaggi ai quali chiederà aiuto per sciogliere i legami che lo trattengono a Ys (e qui la mente corre al mitico disco del 1972 del Balletto di Bronzo). Oltre a tali riferimenti Zacchia ha instillato nel disco tratti tipici di band seminali come i Mogwai e i Caspian di Waking season, andando ad utilizzare macchine analogiche e microfoni ambientali per donare ampio respiro alle composizioni (espediente curioso e interessante). Il platter è quindi un susseguirsi di elementi emozionali che mirano a descrivere i pensieri di Rajas, con lievi spunti elettronici che completano un quadro in cui progressive e post rock ambientale vanno a braccetto. Il viaggio come sinonimo di scoperta (in questo sono comunque esemplificativi i testi di Lorenzo Polonio recitati da Roberto Bonfantini, Lodovico Zago e Gioele Barone, tutti impegnati in attività teatrali), come momento in cui trovare sé stessi e porsi quesiti, il tutto con una musicalità che riesce a sottolineare ad hoc i vari momenti del percorso. I ragazzi sono riusciti a sviluppare con cura idee già mature, che a volte si perdono un po’ perché soffocate dall’aspetto narrativo, sovente preponderante, ma i concetti espressi sono sicuramente avvincenti e mettono in mostra qualità che possono essere sviluppate per alimentare un tragitto versatile e proficuo. (Luigi Cattaneo)
 
Zain (Video)
 

lunedì 10 luglio 2017

STEFANO GIANNOTTI & SALVO LAZZARA, La vostra ansia di orizzonte (2017)


Accoppiata molto particolare e stimolante questa formata da Stefano Giannotti (polistrumentista leader dell’ensemble Oteme) e Salvo Lazzara (conosciuto per i suoi trascorsi nei Germinale, importante band dei ‘90 e ora autore del progetto Pensiero Nomade). Giannotti qui si divide tra voce, violino, ukulele, banjo, armonica, piano ed elettronica, mentre Lazzara si cimenta alla chitarra, alla chiviola, al basso e al didjeridoo, accompagnati nel percorso da Luca Pietropaoli alla tromba, Marco Fagioli al trombone e Lucia Pera alla voce. Chi conosce i due musicisti sa che la proposta non può che essere ostica e anticonvenzionale, un tracciato in cui troviamo musica da camera, il Battiato sperimentale del primo periodo, atmosferici passaggi alla Eno, vagiti avanguardistici e tocchi di classica contemporanea. I due hanno la giusta esperienza per cimentarsi con una musica così piena di umori, in cui la ricerca diviene elemento focalizzante e finisce per radicalizzare i concetti di La vostra ansia di orizzonte. L’alba di una rosa è un introduzione per chitarra acustica e va ad anticipare Onde di terra, un recitativo di Giannotti accompagnato da un percussivismo di fondo a cui si associano pericolosamente violino e armonica, il tutto amalgamato dalla presenza della Sinfonia Music School di Lucca (dove insegna lo stesso Giannotti). La strumentale Rosalba rievoca il mood settantiano, quando certi sperimentalismi echeggiavano nei dischi tipici del periodo e in questo caso Giannotti al piano si muove con una base ritmica minimal che finisce per profumare di provocatrice avanguardia. L’unico brano realmente cantato, anche se in modo molto personale, è Celeste laguna (dalla Pera), a cui viene abbinata una pungente dose di elettronica. Buonissima la title track in spoken words, così come è di sicuro interesse L’aria d’oro, variopinta traccia segnata dall’ottimo lavoro di Lazzara. Le due parti di Dune d’acqua vanno a formare una composizione gestita oculatamente con ukulele e chiviola (chitarra freetless ibridata con violoncello e viola), prima della conclusiva suite Ma tu dov’eri?, venti minuti forse eccessivi in cui trovano spazio R.I.O., cellule ritmiche ethno, nonsense, rumorismi e fiati jazz (che vanno a segnare i momenti migliori). L’album è sicuramente interessante ma mi sento di consigliarlo solo a chi già mastica certe sonorità, perché il rischio di non capirlo o di rimanere freddi dinnanzi a certe trovate sonore è sicuramente dietro l’angolo … (Luigi Cattaneo)
 
Dune d'acqua (Video)
 

sabato 8 luglio 2017

UNIMOTHER 27, Fiore spietato (2017)


Torna Piero Ranalli, già bassista degli ottimi Areknames, con il suo progetto solista, gli Unimother 27 e lo fa con un lavoro fieramente settantiano, intriso di space e psichedelia figlia di Hawkwind e Ozric Tentacles. Ranalli qui si destreggia molto bene tra basso, chitarra e synth, accompagnato da Mr. Fist alla batteria (ma forse si tratta di una drum machine ben calibrata), per un risultato strumentale efficace e coinvolgente. Fiore spietato è un disco che meriterebbe di essere rappresentato anche live, dove potrebbe addirittura trovare risvolti inediti, forte di costruzioni armonicamente interessanti e una naturale predisposizione per elementi dai contorni sfumati. Il crossover su cui si costruisce l’album è una forte base psych intrisa di progressive e spore elettroniche, un trip formato da cinque lunghi brani (il più corto dura quasi otto minuti) in cui Ranalli si diverte a mettere in riga tutto il background musicale che lo contraddistingue e che già era emerso con i precedenti platter. L’aurea da jam band si esplica in pezzi senza difetti come Hierophantes, una trascinante elucubrazione psichedelica e progressiva che riporta al periodo fecondo di fine ’60 inizio ’70. Le strutture space rock e kraut vengono dettate dai fantasiosi fraseggi tra synth e chitarra, un mondo in cui emergono anche certi sperimentalismi crimsoniani (There is no trip for cats). Ranalli conosce la materia, alterna sapientemente passaggi più fragorosi al limite dell’hard con altri maggiormente atmosferici e sperimentali (la poco fluida Something about the clouds). Restano da citare The wheels of memory con i suoi memorabili assalti psichedelici e la title track finale che fonde elementi prog con i consueti rimandi ad un mondo lontano ma ancora di grande fascino per molti, come dimostra questo disco curioso e trasversale, che può essere un buon punto di partenza per scoprire la carriera di un musicista ancora troppo relegato nelle retrovie del genere. (Luigi Cattaneo)
 
There is no trip for cats (Video)
 

giovedì 6 luglio 2017

WENDY?!, Idols & Gods (2017)


I Wendy?! nascono nel 2008 grazie alla passione di Lorenzo Canevacci (voce e chitarra), già conosciuto per la sua militanza durante gli anni ’80 con l’hardcore band Bloody Riot. Dopo due album in crescendo (Eleven del 2012 e Notebook del 2014) è ora la volta di Idols & Gods, il disco più maturo sinora pubblicato e pieno di energia live, caratteristica che da sempre ha contraddistinto il sound del quartetto (oltre a Canevacci troviamo Alessandro Ressa alla chitarra e alle tastiere, Fabio Valerio al basso, Luca Calabrò alla batteria e la partecipazione speciale di David Petrosino dei Sailor Free alle tastiere in quattro brani). Energia a fiumi, riff di matrice hard, attitudine punk, mood wave e fraseggi classic rock si alternano e delineano nove pezzi immediati ma non banali. Per quanto riguarda i testi, se il precedente risultava essere una raccolta di istantanee, questo come back è più introspettivo, già dall’iniziale The gold rush, traccia d’apertura di stampo alternative rock ma che già mostra la volontà di non fermarsi solo su un ambito. La title track ha dei vagiti new wave, mentre Hate for free si sposta su un versante che rimanda ai Velvet Underground, prima di Attitude, una composizione che mi ha ricordato anche qualcosa dei Pearl Jam. Fear in the western world omaggia gli Ultravox, No values esalta il lato classic rock della band, mentre il tono da ballata irrompe in Drunken prayer. Feed the doubt riporta tutto su binari più rock e lo stesso discorso vale per l’ottima conclusione di 63 SG. Questo come back è sicuramente la conferma del potenziale del gruppo e mette in fila una serie di killer song in cui i romani si divertono a citare i Rolling Stones e il rock anni 90, i Devo e il post punk più irruento, risultando essenziali e convincenti per buona parte del platter. (Luigi Cattaneo)
 
Idols & Gods (Video)
 

sabato 1 luglio 2017

DISEQUAZIONE, Progressiva Desolazione Urbana (2016)


I Disequazione affondano le loro radici progressive nei primi anni ’80, momento storico del new prog in cui iniziavano ad affiorare act come Twelfth Night e Marillion. Geograficamente ci troviamo a Trieste, terra di confine che non ha molto partecipato alla costruzione della storica scena prog italica (possiamo citare il cantautore Gianni D’Eliso con Il mare del 1976 e i Revolver, anche se questi ultimi erano parecchio più vicini alla new wave, mentre in tempi più recenti sono emersi i bravi Proteo). Qui avviene l’incontro tra Giorgio Radi (basso) e Vinicio Marcelli (chitarra), musicisti affascinati dal progressive britannico e da tutto ciò che aveva riguardato quel tipo di suono nel decennio precedente, prima del rapido decadimento del movimento. L’arrivo di Dario Degrassi (tastiere) risulta importante per i primi passaggi live, momenti che cementificano il rapporto con gli appassionati del genere, che non aspettavano altro che un rinascimento di certe sonorità. Bisogna però attendere il 2016 per l’esordio ufficiale del gruppo (con i nuovi Fiodor Cicogna alla batteria e Luca Sparagna al canto), Progressiva Desolazione Urbana, album in cui i triestini scelgono di mantenere le stesse atmosfere degli esordi, sia per le timbriche che nella scelta della strumentazione. Cinque brani classici, tra cui una lunga e sontuosa suite strumentale, che rimandano inevitabilmente a band immortali come Le Orme e Banco del Mutuo Soccorso, con l’iniziale Inutile bel biglietto da visita per aprire il platter. Sulla stessa falsariga Il vaso di Pandora, con i consueti tempi dispari e le tastiere di Degrassi ottimo collante dell’interplay del quintetto. Più leggera ma comunque riuscita È giorno ormai (unica intorno ai 4 minuti), prima di Nel giardino del piccolo Gik, che conferma una certa cura per l’aspetto melodico e per l’arrangiamento. La chiusura è affidata alla già citata title track divisa in tre parti, ed è il momento più riuscito e a tratti esaltante del lavoro, vera sintesi di una band deliziosamente vintage e imbevuta di progressive, con Radi (bravo anche nella composizione) e Cicogna vero motore ritmico di una ventina di minuti scarsi in cui il crescendo, anche emotivo, è palpabile. Bravi i Disequazione, che dopo oltre trent’anni ancora propongono il loro prog rock con la giusta e immutata passione di sempre. (Luigi Cattaneo)
 
Teaser Album
 

CONCERTI DEL MESE, Luglio 2017

Sabato 1
·New Trolls a Mendrisio (Svizzera)
·feat. Esserelà a Ivrea (TO)
·Tributo Alle Orme a Sabbioneta (MN)

Domenica 2
·So Does Your Mother a Formello (Roma)
·Arturo Stàlteri a Roma
·The Lamb & B. Lanzetti a Sabbioneta (MN)
·Malus Antler a Breganze (VI)
·Antilabé a Talmassons (UD)

Martedì 4
·Steve Hackett a Vigevano (PV)

Mercoledì 5
·Steve Hackett a Lignano Sabbiadoro (UD)

Giovedì 6
·Reverie a Milano

Venerdì 7
·Steve Hackett a Pescara
·Estro a Roma
·Kraftwerk a Perugia
·Arturo Stàlteri a Fasano (BR)
·The Winstons a Milano
·Panther & c.+Real Dream a Montemoro (GE)

Sabato 8
·Steve Hackett a Sogliano al Rubicone (FC)
·Sintonia Distorta a Lodi
·Mad Fellaz a Mussolente (VI)
·Avalon Legend a Cherasco (CN)

Domenica 9
·God Is An Astronaut a Segrate (MI)
·Saint Just a Spilimbergo (PN)

Lunedì 10
·God Is An Astronaut a Roma
·Fairport Convention a Spilimbergo (PN)

Martedì 11
·Ray Wilson a Spilimbergo (PN)

Mercoledì 12
·Archive a Roma
·Vincent & Daniel Cavanagh a Roma

Giovedì 13
·UT New Trolls+Delta a Ternate (VA)
·Oregon a Corropoli (TE)

Venerdì 14
·Porto Antico Prog Fest a Genova
·Dusk e-B@nd a Poggio Berni (RN)
·Acoustic Strawbs a Bobbio (PC)
·Diraxy a Milano
·Enten Hitti a Cotignola (RA)
·Oregon a Piombino (LI)

Sabato 15
·Porto Antico Prog Fest a Genova
·UT New Trolls a Savona


Domenica 16
·Steve Winwood a Gardone Riviera (BS)
·Philip Glass a Roma
·Roger Hodgson a Locate Triulzi (MI)
·Arturo Stàlteri a Pratovecchio-Stia (AR)
·Le Orme a Tolfa (Roma)
·Möbius Strip a Balsorano Vecchio (AQ)
·InChanto Trio a Montalcino (SI)

Lunedì 17
·Einstürzende Neubauten a Roma
·PFM a Varallo Sesia (VC)
·Yes fest. ARW a Roma
·Oregon a Roma
·Acoustic Strawbs a Isola del Liri (FR)
·Il Giardino Onirico a Civita C.na (VT)
·Napoli Centrale a Roma
·GnuQuartet a Rossiglione (GE)

Martedì 18
·Einstürzende Neubauten a Collegno (TO)
·Oregon a Empoli (FI)

Mercoledì 19
·Yes feat. ARW a Schio (VI)
·Oregon a Stresa (VB)
·Claudio Simonetti's Goblin a Roma

Venerdì 21
·Locanda Delle Fate a Lu Monferrato (AL)
·Le Orme a Villamagna (CH)
·Sophya Baccini's Aradia a Cardito (NA)

·Prog Metal Night al Legend di Milano

Sabato 22
·Napoli Centrale a Palestrina (Roma)
·Yes feat. ARW ad Arbatax (NU)
·Oregon a Rovigo
·Möbius Strip a Isola Del Liri (FR)
·Cyrax a Milano
·GnuQuartet a Camogli (GE)
·Syncage a Roana (VI)
·Le Orme a Roma

Domenica 23
·The Cage a Piacenza
·Ypnos a Cento (FE)
·GnuQuartet a Borgio Verezzi (SV)
·A Rainy Day In Bergen a Baronissi (SA)

Lunedì 24
·C. Simonetti's Goblin a Roma
·Air a Ostia Antica (RM)
·Napoli Centrale a Ischia (NA)

Mercoledì 26
·In Progress... One Festival a Sestu (CA)
·Neverland a Roma
·GnuQuartet a Treviso

Giovedì 27
·In Progress... One Festival a Sestu (CA)

Venerdì 28
·In Progress... One Festival a Sestu (CA)
·Phoenix Again a Sulzano (BS)
·Sintonia Distorta a Lodi
·FixForb a Maracalagonis (CA)
·Nosound a Roma
·Claudio Simonetti's Goblin a Fiuggi (FR)
·Zu a Osio Sopra

Sabato 29
·In Progress... One Festival a Sestu (CA)
·Arcturus a Genova
·Napoli Centrale a Treviso
·PFM a Lodè (NU)
·Genesis Day a Nocera Umbra
·Mito New Trolls a Minusio (Svizzera)
·GnuQuartet a Savona
·Malibran a Nicolosi (CT)
·Claudio Simonetti's Goblin a Matera
·L'Ira Del Baccano a Foglianise (BN)
·FixForb a Capoterra (CA)

Domenica 30
·In Progress... One Festival a Sestu (CA)
·Nosound a Serravalle Pistoiese (PT)
·FixForb a Cagliari
·Ossi Duri a Venaus (TO)

Lunedì 31
·Napoli Centrale a Carpi (MO)
·PFM a S. Galgano (SI)