giovedì 29 dicembre 2022

IVORY, A social desease (2022)

 

È sempre un piacere ritrovare una band come gli Ivory, che avevamo lasciato nel 2016 con A moment, a place and a reason, ben sei anni che hanno portato il gruppo a partorire A social desease, un ep di cinque brani utile a presentare Davide Dell’Orto, nuovo cantante conosciuto per i suoi lavori con i Drakkar (completano la formazione Salvo Vecchio alla chitarra, Luca Bernazzi al basso e Claudio Rostagno alla batteria). The hard trail ci ripresenta una band in forma, un heavy rock melodico e tecnico, marchio di fabbrica del quartetto, che ripropone certe caratteristiche anche nella successiva On the wrong side, elegante e potente. Posta a metà ep la ballata The answer is love, che serve a smorzare l’elettricità sin qui presente e a fare da ponte per una seconda parte hard rock, formata dall’ottima Our kingdom e dalla conclusiva Burning passion, che chiude un lavoro breve ma intenso, perfetto per chi ama le sonorità tipiche di Mr. Big, Extreme e The Winery Dogs. (Luigi Cattaneo)

SPHERICAL AGENDA, Arcane wisdom (2021)

 

Incredibile debut per questo quartetto americano formato da Matt Wiles (basso), Devon Leigh (batteria), Ben Tweedt (tastiere) e Brandon Scott Coleman (chitarra), un lavoro a base di jazz progressivo, fusion e funky, suonato in maniera ineccepibile e curato sotto ogni punto di vista. Si sente l’influenza dei maestri Return to Forever e Mahavishnu Orchestra, ma gli Spherical Agenda si muovono con consapevolezza e spirito all’interno di un genere che maneggiano con innata abilità e con grande gusto, accostabili anche ad artisti contemporanei come Dewa Budjana, The Red Zen, Möbius Strip e Accordo dei Contrari. L’iniziale Guts è un adrenalinico concentrato di fusion progressiva e jazz rock ad alto tasso di difficoltà esecutiva, High stakes è un treno prog lanciato a tutta velocità, con rimandi bluesy in cui l’interplay tra Tweedt, col il suo organo, e Coleman, è assolutamente strabiliante, mentre Rad Dads, dopo tanta furia, inizia soffusa e jazzy, dimostrazione di come tecnica, melodia e calore possano andare a braccetto e anche quando Coleman si muove in solitaria l’architettura del pezzo tiene, sostenuto da una sezione ritmica a dir poco perfetta. Steak jazz vede la partecipazione di Walfredo Reyes Jr. alle percussioni, a suo agio in un brano fortemente settantiano, creativamente elaborato e sviluppato tra cambi di tempo e parti in solo piuttosto complesse. La seconda parte del disco si apre con Blooze, episodio dove il lavoro d’insieme del quartetto è la base su cui muoversi per sviluppare trame articolate dal forte sapore fusion, prima dell’inarrestabile carica di Spherical funk, un concentrato di groove e tempi irregolari. Il finale ci riserva un altro grande momento di fusion prog con Coleman’s question, che vede la partecipazione ancora di Reyes, e Arcane wisdom, ottima chiusura di un esordio notevole e curato nei minimi dettagli. (Luigi Cattaneo)

Spherical funk (Video)



martedì 27 dicembre 2022

WARA, El Inca (1973)

 


Band boliviana di cui si conosce poco e che esordì nel 1973 con questo El Inca, un lavoro che metteva insieme tutte le influenze del periodo, dal folk al blues, passando per progressive rock e hard. Poco più di 30 minuti in cui il quintetto formato da Nataniel Gonzalez (voce), Pedro Sanjines (organo e piano), Omar Leòn (basso), George Cronembold (batteria) e Carlos Daza (chitarra), lasciava intravedere buone doti di scrittura e interessanti capacità tecniche, inserendo all’interno della loro musica anche strumenti come flauto, violino, violoncello, fagotto e oboe. L’ambizione non mancava alla band, che negli anni ha proposto parecchi album di matrice puramente folk (l’ultimo lavoro risale al 2001), allontanandosi da quanto proposto in questo esordio. La title track iniziale ci presenta un gruppo che guarda al folk progressivo di fine ’60 inizio ’70, con tanto di archi a creare la giusta atmosfera classicheggiante, Realidad ha invece un attacco maggiormente rock blues, mentre Canciòn de una nina triste è una ballata che chiude in maniera soffusa e malinconica il lato A del disco. La seconda parte si apre con l’ottima Wara, il brano più aggressivo dei 5, un hard blues ben calibrato e con vibranti parti strumentali, prima di Kenko, finale che conferma l’amore per certe strutture care a Deep Purple e Uriah Heep. (Luigi Cattaneo)

domenica 25 dicembre 2022

GIANLUCA D'ALESSIO, Oceans of time (2022)

 

Avevamo lasciato Gianluca D’Alessio nel 2018 con l’ottimo Sunsire markets ed è un piacere ritrovare il chitarrista con questo ep autoprodotto da poco uscito sul mercato. Forte di esperienze con l’orchestra della Rai e con artisti come Cristicchi, Zarrillo e Baglioni, Gianluca anche nel nuovo lavoro si fa accompagnare da una serie di musicisti di altissimo livello come Fabio Fraschini e Fabio Crespiatico (che si dividono le parti di basso), Mimmo Sessa e Massimo Idà (alle tastiere), Emanuele Carradori e Luca Fareri (alla batteria). 20 minuti che partono fortissimo, con la title track che conferma l’amore per il progressive del musicista, che qui non disdegna incursioni nell’hard prog e firma il brano di punta dell’intera release. Eternal curse viene impreziosita dalla sempre straordinaria voce di Roberto Tiranti, Empire of the dragon è un intermezzo che ci porta a Blood along the Danube, altro suggestivo episodio caratterizzato dal violino di Leonardo Spinedi. Le ultime due tracce, Song of Virgins e Endless hug, si riempiono di groove, anche grazie ai fiati di Franco Marinacci (sax tenore) e Giancarlo Ciminelli (tromba e flugelhorn), ideale chiusura di un disco tanto breve quanto appassionato. (Luigi Cattaneo)


venerdì 23 dicembre 2022

MICHAEL KRATZ, Tafkatno (2021)

 

Uscito nel 2021, Tafkatno seguiva Live your life del 2018, album che Michael Kratz (voce e songwriting), ex batterista dei Kandis, aveva pubblicato per la nostrana Art of Melodic Music. La proficua collaborazione segna il passo anche dell’ultima fatica del danese, ancora una volta intrisa di AOR, hard e West Coast, un risultato brillante registrato insieme ad una serie di musicisti di spessore, intriso di melodie pop calate in un contesto rock dal sapore radiofonico. La cura per l’arrangiamento e un certo gusto compositivo emergono in brani come Without your love e You’re the one, ma è nel suo complesso che emerge il talento di Kratz nel donare un certo pathos alle sue composizioni, anche grazie alle varie line up che si susseguono lungo i 50 minuti dell’album, suonato meravigliosamente bene da elementi perfettamente calati nel contesto in cui si muove Michael. Le trame impeccabili di questo Tafkatno ammaliano sin dal primo ascolto per il mood suggestivo di cui sono intrise, confermando la bontà di un progetto davvero convincente. (Luigi Cattaneo)

Without your love (Video)



giovedì 22 dicembre 2022

NIGHTBREEDER, Sons of the mountain's witch (2022)

 

Dietro la sigla Nightbreeder si cela Simone Giorgini (tastierista dei black metallers Darkend), compositore che munito di una serie di strumenti a tastiera (tra cui piano, synth e organo), ha dato vita alla colonna sonora di The mysteries of Gordon Pym island, primo capitolo di una saga la cui soundtrack è questo Sons of the mountain’s witch. Le idee che sviluppa Giorgini hanno una natura naturalmente filmica e immaginifica, sia quando propone un tessuto più heavy (con lui diversi compagni della band madre), sia quando si caratterizza per enfasi epica, senza tralasciare sviluppi in odore di Goblin, soprattutto quando l’autore calca la mano sul versante maggiormente progressive della validissima proposta. Ad aiutarlo nella riuscita del prodotto una serie di ospiti, tra cui spiccano Giorgia Marra (Winter Haze) e Nadia Reverberi alla voce (entrambe soprano), Montero Patxi alla viola e al violone e Marina Meinero al violino, che caratterizzano capitoli come A new age of witchcraft, Il pianto degli angeli o The dawn of the dark age, ottimi episodi di un lavoro atmosferico, gotico e fortemente narrativo. (Luigi Cattaneo)

A new age of witchcraft (Video)



martedì 20 dicembre 2022

OSSI, Ossi (2022)

 

Ossi, storytellers della psichedelia italiana, dietro cui si celano Vittorio Nistri (tastiere, elettronica, già conosciuto per i suoi Deadburger, poi Deadburger Factory) e Simone Tilli (voce, di cui abbiamo parlato da queste pagine per i suoi progetti a nome Le Jardin Des Bruits e Gualty), accompagnati da Andrea Appino (Zen Circus) e Dome La Muerte (degli storici Not Moving), che si dividono le parti di chitarra, e da Bruno Dorella (Bachi da Pietra, Ovo, Ronin) alla batteria. Una line up formata da alcuni dei nomi tutelari della scena indipendente italiana, che ha sviluppato un credibile racconto fatto di rock, psichedelia e garage, un connubio tra spirito visionario e brevi schegge di menefreghismo, condensato in un LP dall’artwork curatissimo e dalle idee decisamente chiare. 


Il lato A si apre con Ventriloquist Rock, un brano volutamente scarno e punkeggiante, che condensa vent’anni di politica italiana, con i suoi scempi e gli squallidi personaggi che ci affliggono, un collage di 50 samples in cui riconosciamo Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Ricariche continua a toccare punte di sarcasmo con una consapevolezza disarmante, prima di Hasta la sconfitta siempre, che ritorna a guardare lo scenario politico nostrano, questa volta prendendo di mira l’illuminante Matteo Renzi, attraverso un bluesy distorto e godereccio, che vive di percussioni elettroniche e di sagge intrusioni da parte dell’armonica di Roberto Pieralli (Mojo Blues Band). Segue Toy Boy, pennellate pop d’autore e malinconica ironia, mentre Out demons out è la lunga e surreale suite divisa in sette parti che chiude la prima metà del lavoro, 9 minuti che balzano tra follie complottistiche, omelie splatter e un altro riferimento ai nostri governanti (questa volta tocca al genio visionario di Giulio Gallera), forse la traccia più interessante del disco, con le tastiere che sviluppano idee a getto continuo, la chitarra di Dome La Muerte che si lancia in solitaria per sottolineare l’astrattismo in musica inseguito dal quartetto e la bella prova di Silvio Brambilla alla batteria (già con Carnera e Deadburger). Il lato B inizia con un altro campionamento, questa volta di Don Piero C. (perché al peggio non c’è mai fine), che tinge la sessantiana Monk Time. La danza di Naturalmente non possiamo pagarti e l’irrealismo tra il pop e il blues di Miss tendopoli, scandito dalle note di Pieralli, ci portano a Lei è grunge, lui urban cowboy, altro episodio brillantemente nonsense, dove stavolta il bersaglio sono gli influencer, esseri che vivono tra noi e dominano una fetta di popolazione votante, soggetti raccontati a base di loop e fuzz travolgenti. L’impetuosa O’ pisciaturu pare una coda di Monk Time, ma questa volta nel mirino c’è Domenico, assessore lombardo dal sorriso smagliante intercettato per i suoi rapporti con la ‘ndrangheta locale (insomma, ce n’è per tutti i gusti). Il finale ci riserva Per sollevare il morale del capo, dall’aurea di fine ’60 inizio ’70, e Navarre, bellissima storia narrata con gusto wave e inflessioni cantautorali. All’interno di Ossi troviamo i già citati Zen Circus di fine ’90 inizio 2000 e i Not Moving, ma anche gli anni ’80 dei Violent Femmes, con i loro ritmi folk e punk, i contemporanei King Gizzard & The Lizard Wizard e gli storici Monks (Black Monk Time è del 1966), ma oltre ai doverosi omaggi c’è tanta personalità in Nistri e Tilli, la cui ricerca di un’italica via (anche per l’uso della nostra lingua e l’immaginario legato alla realtà del Belpaese) allo psych rock ha dato un primo frutto estremamente curioso e pieno di spirito, tra rimandi alla storia del genere e pulsioni elettroniche saggiamente inserite all’interno di un contesto propriamente garage. Per acquistare l'album potete visitare la pagina https://snowdonia.bandcamp.com/album/ossi-album-su-lp (Luigi Cattaneo)

domenica 18 dicembre 2022

LUCA FALOMI, ALESSANDRO TURCHET, MAX TRABUCCO FEAT. DANIELE DI BONAVENTURA, Naviganti e sognatori (2021)

 

Affascinante lavoro questo del trio formato da Luca Falomi (chitarra), Alessandro Turchet (contrabbasso) e Max Trabucco (batteria, percussioni), a cui si aggiunge Daniele Di Bonaventura (bandoneon), un disco uscito nel 2021 per Abeat Records. Naviganti e sognatori è un delicato ritratto, che ci conduce in luoghi lontani attraverso una sapienza compositiva notevole, che fa di questo concept sul viaggio un disco da ascoltare con la necessaria cura. Ne vengono fuori brani come Le vie del mondo o la malinconica La tredicesima ora, dove il jazz si contamina di bossa, sudamerica e Africa, ma sono esempio di tanta bellezza anche la title track e Rotte mediterranee. Questo crossover di suoni e sensazioni continua con La nova gelosia, Lanterna de Zena e Nina d’amor me consumo, un trittico dove l’interplay tra le parti è assolutamente magistrale e mostra una certa poliedricità esecutiva. Tra narrazioni originali e uno sguardo alla tradizione popolare, Naviganti e sognatori sa essere lirico e intenso, sia quando si immerge in atmosfere soffuse, sia quando vira su scenari maggiormente sostenuti, facendo dell’ibrido e dell’incrocio tra stati d’animo il punto focale di un’opera ponte di culture, come una mappa da decifrare per seguire la rotta, che qui si manifesta attraverso rimandi culturali ed espressioni musicali colorate e sfaccettate. (Luigi Cattaneo)

Naviganti e sognatori (Video)



sabato 17 dicembre 2022

MANDRAGORA SCREAM, Nothing but the best (2021)

 

Arrivano al greatest hits i Mandragora Scream, che probabilmente avranno sentito la necessità di offrire un sunto della loro carriera a quanti non ne conoscano le gesta. La band formata 20 anni fa da Morgan Lacroix (voce) e Terry Horn (voce, chitarra, tastiere) con Nothing but the best passa in rassegna due decadi di gothic metal, ma punta anche al futuro prossimo, con qualche inedito che lascia presagire un imminente release per il duo il cui primo promo risale al lontano 1999 e il debutto, Fairy tales from hell’s caves, al 2001. La lunga raccolta, pubblicata da Music for the Masses, presenta un gruppo vicino alle sonorità di The 69 Eyes, Poisonblack e The Systers of Mercy, il tutto suonato e prodotto con un certo appeal, un’attenzione verso la forma canzone evidente, anche quando si tinge di industrial, elemento tenuto sotto traccia ma nel suo insieme importante per lo sviluppo e la costruzione di certe sonorità. Nothing but the best risulta quindi perfetto per presentare un act significativo nel panorama italiano di fine anni ‘90 ma, visti gli inediti presenti, può incuriosire anche chi conosce e ha apprezzato in passato la band. (Luigi Cattaneo)

Nightwish (Video)



martedì 13 dicembre 2022

NIK TURNER & THE TRANCE DIMENSIONALS, Syncronicity (2022)

 

Il testamento espressivo di Nik Turner, scomparso lo scorso 11 novembre, è un lavoro per l’italiana Black Widow Records registrato insieme alla The Trance Dimensionals di Steve Hillman, fondata dall’inglese nel 2016, sulla scia di quanto fatto da Tangerine Dream, Hawkwind e Gong. Proprio l’incontro con il membro fondatore di questi ultimi, è la molla per presentare del nuovo materiale con Turner, instancabile ricercatore di suoni, sempre a cavallo tra space, prog e jazz rock, e non fa eccezione questo Synchronicity, dove oltre a Turner (voce, sax, flauto), troviamo Clog (basso), Dai Rees (batteria) e appunto Hillman (chitarra, tastiere, synth). Psichedelia, space rock e una generale atmosfera settantiana sono la base di partenza di un disco magnetico, che vive di passaggi davvero evocativi, come Thunder rider invocation (scritta apposta per Nik), Sekhmet, ispirata da Xitintoday, album del 1978 di Turner o Night of the jewelled eye. Tra i diversi ospiti presenti troviamo il basso di Dave Anderson (Hawkwind, Amon Düül, Groundhogs) nel tributo Children of the sun, tratto da In search of space proprio degli Hawkwind, arricchito dalla voce di Eleanor Rees, una versione cosmica che ho amato sin dal primo ascolto. La voce di Linda Hillman, nonché il suo flauto, colorano la brillante The enchantress, mentre un altro ex Hawkwind, Mr.Dibs, è presente al microfono in Taken to the limit, prima di Angels of the light, dove invece troviamo Richard Benjamin. Per chi ha sempre amato le variegate forme espressive di Nik Turner disco assolutamente da avere. (Luigi Cattaneo) 

Children of the sun (Video) 



 

domenica 11 dicembre 2022

ALESSANDRO PACINI, Pausa siderale (2021)

 

Secondo lavoro per Alessandro Pacini, che torna con Pausa siderale (Seahorse Records 2021) dopo Cremisi (2019), debutto che già aveva mostrato il valore del cantautore. Il nuovo album prosegue sulla stessa falsariga introspettiva, fatta di storie concrete, personali, che non lasciano indifferenti, con Pacini (voce, chitarra, basso) che si fa accompagnare da Paolo Messere (synth, batteria, arrangiamento orchestrale) e Gianluca Pacini (chitarra). Folk cantautorale e pop si incontrano, tra ricami raffinati alla Niccolò Fabi, trame che ricordano Mango e un tocco delle Vibrazioni più morbide, il tutto arricchito da soluzioni testuali piene di garbo. Gli arrangiamenti piuttosto curati e gli ottimi musicisti coinvolti completano il quadro di un disco fatto di ballate e momenti struggenti, sensibile e intimo, capace di toccare con eleganza le corde dell’anima. (Luigi Cattaneo)

Full Album



venerdì 2 dicembre 2022

FEARYTALES, MMXXII (2022)

 

Primo full per i FearyTales, quartetto formato da Costantino Perin (batteria), Marco Chiariglione (voce), Paolo Tabacchetti (chitarra) e Marco Vicenza (basso), che guarda al metal di Nevermore e Iced Earth introducendo elementi thrash ed estremi che completano un quadro ricco di sfaccettature e contrasti. L’atmosfera spesso cupa o malinconica si addice alle tematiche trattate dalla band in MMXXII, come avviene in Spire o La bestia del cuore, brani ottimamente costruiti e dall’incedere drammatico e teatrale, ma anche Otis, una legnata che non disdegna spruzzate death, e Culto della morte, una nera poesia, sono lì a sottolineare la duttilità del gruppo, che in alcuni momenti, soprattutto per le doti vocali di Chiariglione, mi ha ricordato i Lamanaif, oscuro act veneto scomparso troppo presto nel nulla. Ascension, nelle sue due parti, si muove agile tra muscolare heavy e thrash metal, senza tralasciare trame strumentali di ottima fattura, mentre Supernova è una mazzata buia e tormentata, ma è nel suo complesso che l’album convince, sia per una certa personalità esibita, sia per la capacità di dosare con cura elementi decisamente pesanti e grevi con una ricerca melodica non indifferente, che fanno di questo MMXXII un disco a tratti entusiasmante. (Luigi Cattaneo)

La bestia del cuore (Video)



martedì 29 novembre 2022

CARMELO CALTAGIRONE, Gemini Man (2015)

 


Mi ero già occupato di Carmelo Caltagirone parlando del suo esordio The Iron Man e di Cosa loro, please, terzo disco del chitarrista siciliano. In mezzo questo Gemini Man, che confermava l’attitudine del musicista e la sua voglia di creare in piena solitudine, elementi che finiscono per rendere anche questo lavoro un po' statico e, al netto di qualche attimo più meritorio, poco brillante. Difatti le ritmiche piuttosto piatte e l’assenza di arrangiamenti rifiniti affossano le cose discrete che sovente emergono, anche perché portare avanti un discorso in piena autonomia non è affatto semplice. Si comprende da un attento ascolto come l’autore voglia mantenere una propria libertà individuale, ma questa rischia di divenire un macigno, mentre probabilmente trovare feeling con altri musicisti e far nascere il giusto interplay potrebbe giovare alle idee del siculo. (Luigi Cattaneo)

venerdì 25 novembre 2022

PAOLO VOLPATO, Contro (2020)

 

Uscito nel 2020 per Lizard Records, Contro è l’esordio di Paolo Volpato, abile chitarrista che con questa sua opera prima ha messo insieme fusion, avant prog e jazz rock, un lavoro registrato in compagnia di Roberto Scala (synth), Adrian de Pascale (batteria), Luca Vedova (basso), Michele Gava (contrabbasso), Michele Uliana (clarinetto e sax) e Giacomo Li Volsi (piano), un parterre ricco e che ha costruito un album molto interessante. Prevalentemente strumentale come da tradizione del genere, il disco espone temi affascinanti e molto curati, con la chitarra di Volpato ovviamente protagonista ma ben calata in un contesto complessivo dove il lavoro collettivo pare più importante del singolo, aspetto non di poco conto e su cui verte questo debutto. Appare evidente l’influenza di Allan Holdsworth, soprattutto la sua carriera da solista, ma anche le esperienze con Gong e Soft Machine devono aver segnato lo sviluppo chitarristico di Volpato, un linguaggio che maneggia con grazia e una certa raffinatezza, accostabile anche ad alcuni funamboli di casa Moonjune Records come Tohpati, Mark Wingfield e Dusan Jevtovic. Nelle tensioni vede coinvolto Alessandro Seravalle (Garden Wall, Genoma, Officina Seravalle), che con la sua voce marchia il brano più sperimentale tra i presenti, in Preludio/Contro invece Volpato introduce il primo dei chitarristi ospiti sul lavoro, Frank Pilato, perfetto in questo episodio apripista. Marcello Contu firma un bel solo nell’ottima Ossigeno, mentre troviamo Alessandro Giglioli in GLV, altro momento strutturato sapientemente e decisamente godibile. In definitiva è lecito parlare di un valido esordio, chi ama queste sonorità rimarrà sicuramente soddisfatto dalle doti tecniche e di scrittura di Volpato. (Luigi Cattaneo)

Nelle tensioni (Video)



mercoledì 23 novembre 2022

Gasparotti at Villa Albrizzi Marini

La piccola chiesa all'interno di villa Albrizzi Marini è tutt'ora consacrata e all'interno ci viene svolta la funzione cristiana secondo il rito armeno. 

Il video contiene tre brani (Scorrevole, Pie Jesu Anabasis) intervallati da momenti improvvisativi e documenta parte del concerto per Buchla Music Easel.

Voce, metalli, liquidi, minerali e live electronics che Gabriele Gasparotti ha portato per l'Italia dallo scorso Maggio, in più di trenta date accompagnato dal violoncello di Benedetta Dazzi. Le riprese ed il montaggio sono ad opera del collettivo trevigiano Cordial Massacre.

Dopo essere stato a suonare in un cimitero e avere incontrato lo stato di profondissima quiete, ho capito che avrei dovuto realizzare un’intera serie di composizioni su questi luoghi. Penso la musica possa essere una forma di esicasmo che permette di immergersi nei livelli più sottili della realtà. Gabriele Gasparotti.

Gabriele Gasparotti at Villa Albrizzi Marini (Video)



TENEBRA, Moongazer (2022)

 

Nati a Bologna nel 2017, i Tenebra sono un quartetto formato da Claudio Troise (basso), Emilio Torregiani (chitarra, synth), Claudio Mesca Collina (batteria) e Silvia Feninno (voce, tamburello), che in questi 5 anni ha proposto un heavy doom settantiano di ottima fattura, a partire dall’autoprodotto Gen Nero, passando per l’ep What we do is sacred fino all’attuale Moongazer.  Graveyard, Witchcraft e Kadaver, ma anche i nostrani Messa e Di’aul, queste alcune delle band accostabili alla proposta degli emiliani, che guardano al genere sì citando anche gruppi seminali (Black Sabbath su tutti) ma con una discreta dose di personalità. Il lavoro è pregno d’atmosfera anni ‘70, con gli elementi occulti che ben si sposano con l’anima psichedelica ed heavy dei Tenebra, che hanno dalla loro tutto per piacere agli appassionati del genere, ossia idee, scrittura fluida e una voce davvero molto interessante, sostenuta da una band che appare sempre più rodata. Moon maiden vede l’influenza diretta invece degli Screaming Trees, indimenticabile gruppo del compianto Mark Lanegan, complice anche la presenza, tutt’altro che scontata, di Gary Lee Conner, chitarrista e fondatore proprio dell’act di Seattle. In Space child troviamo l’ipnotico sax di Giorgio Trombino, mentre il mellotron e la slide di Bruno Germano rendono molto evocativa Dark and distant sky, ma è nel suo complesso che Moongazer funziona in toto, mostrando un percorso di crescita non indifferente e la sensazione concreta che la band abbia un potenziale davvero importante per sviluppi futuri. (Luigi Cattaneo)

Full album 



sabato 19 novembre 2022

CORPO, III (2020)

 


Uscito nel 2020, III è l’ultimo lavoro dei Corpo, seguito di I e II, usciti in simultanea nel 2016 (ma registrati nel 1979) grazie all’interessamento della Lizard Records. I fratelli Calignano, Francesco alla chitarra e all’effettistica, Biagio al piano, ai synth, al basso e alla batteria (più una nutrita schiera di ospiti), tornano quindi con un disco tanto breve quanto interessante, prevalentemente strumentale e parecchio influenzato dai ’70, anni in cui i salentini assorbivano l’aria che si respirava in tutta Italia, seppure quella zona in quel periodo non ha lasciato molte tracce di sé in quest’ambito musicale. In poco più di 30 minuti si dipanano brani come Rue bourbon a New Orleans, Lecce o Il tempo è solo illusione, che mettono insieme jazz, sinfonismo, folk psichedelico ed elettronica, mostrando una discreta personalità e idee che si rapportano con il passare degli anni, senza rimanere del tutto ancorate ad una stagione storica ma molto lontana dall’attualità. Canterbury, jazz rock, echi kraut e stravaganze in odore di Picchio dal pozzo, un crogiuolo di sensazioni e umori molto descrittivi, che fanno di III un album molto più maturo rispetto ai precedenti, confermando quanto sia sempre attivo e foriero di novità il nostro underground. (Luigi Cattaneo)


BRAND NEW HEROES, Let it out (2022)

 

Primo album per i Brand New Heroes (in precedenza vi era stato l’omonimo ep), quintetto toscano che ci riporta indietro alla fine dei ’90, quando diverse band che si muovevano tra rock, alternative, emo e punk trovarono successo su scala mondiale, grazie ad un sound frizzante e trascinante. Non fa affatto eccezione questo Let it out, edito dalla sempre più interessante Overdub Recordings, etichetta che sta guardando al mondo del rock/metal italiano a 360 gradi e con risultati spesso molto validi. Melodie pop dal sapore malinconico, chorus cantabili, rock radiofonico e punk robusto si inseguono e si uniscono lungo le 10 trame di questo lavoro, che vede nella title track, in Eleanor e Glass for two alcuni dei momenti migliori della proposta. Per chi ha nostalgia del periodo in cui Blink 182, Offspring e Green Day andavano in heavy rotation su MTV e radio nazionali, i Brand New Heroes risulteranno perfetti e di sicuro interesse. (Luigi Cattaneo)

Shrill Whisper (Video)



venerdì 18 novembre 2022

MARK WINGFIELD & GARY HUSBAND, Tor & Vale (2020)

 

Incontro di anime, di intenti e di sogni quello tra Mark Wingfield (chitarra, soundscapes) e Gary Husband (acoustic piano), musicisti spesso impegnati in produzioni Moonjune Records di cui abbiamo parlato tante volte dalle pagine del blog in questi 10 anni di attività del sito. Chi conosce Wingfield sa cosa aspettarsi, un musicista che sfida sempre se stesso e spinge oltre le potenzialità dello strumento, trovando in Husband un partner perfetto per guardare con consapevolezza ad una ricerca ardita sull’improvvisazione, frutto di sessions piene di entusiasmo e di feeling. Registrato in Spagna, a La Casa Murada, Tor & Vale è formato da 5 evocative tracce composte da Wingfield e altre tre totalmente free, come la sontuosa title track di 16 minuti, vero manifesto di un album dove il duo ha dato libero sfogo creativo, senza badare a porsi steccati e paletti, esplorando in piena autonomia un approccio non convenzionale, come sovente è capitato ai due brillanti interpreti. Un percorso fatto di intuizioni, anche estemporanee e del tutto istintive, figlie tanto della fusion quanto della psichedelia, elementi che vanno a sviluppare un disco misterioso e ipnotico. (Luigi Cattaneo)

Tryfan (Video)



venerdì 11 novembre 2022

500 HORSE POWER, Cluster (2022)

 

Secondo disco per i Five Hundred Horse Power, band vicentina formata da 5 amici appassionati di heavy metal da sempre, che hanno riversato in Cluster tutto il loro amore per questo genere così ampio e variegato. Si passa così in meno di mezz’ora dalla gradevole ballata elettrica Burning memories, alla potente e aggressiva Absolute power, che non disdegna parabole thrash metal (con l’ottimo lavoro della coppia di chitarristi, Diego e Enrico), prima di Rage ’22, che ha un contorno moderno e d’impatto. Il crescendo drammatico di Sweet death vede protagonista la voce di Giordano, Fake as shit guarda invece a quanto succedeva nel crossover americano di fine ’90 inizio 2000, mentre Burn your soul e Look me and fuck me sono composizioni in cui emerge ancora di più la compattezza della sezione ritmica formata da Eppe alla batteria e Damiano al basso. La band si diverte a citare Death SS, Marilyn Manson, Judas Priest e Motorhead, un calderone magari non sempre del tutto a fuoco ma assolutamente genuino e godibile. (Luigi Cattaneo)

Teaser Album 



giovedì 10 novembre 2022

HUNKA MUNKA, Foreste interstellari (2021)

 

È sempre bello ritrovare personaggi che hanno contraddistinto la stagione d’oro del progressive italiano, anche dalle retrovie come Roberto Carlotto, in arte Hunka Munka, tastierista che nel 1972 pubblicò Dedicato a Giovanna G., album riscoperto negli anni dai tanti appassionati del genere. Il sapiente uso delle tastiere, di cui Carlotto era un grande esponente, colorava un disco dai forti accenti di pop orchestrale, accostabile agli Aphrodite’s Child di Demis Roussos e Vangelis, un lavoro molto ancorato alla decade di uscita ma che mantiene un proprio fascino anche a distanza di tempo. Dopo le collaborazioni con DiK Dik nei ’70 e Analogy dal 2011 al 2016, il musicista varesino torna ora con Foreste interstellari, uscito nel 2021 per Black Widow Records e registrato insieme a Joey Mauro (tastiere), Gianluca Quinto (chitarra), Andrea Arcangeli (basso), Andreas Eckert (basso), Marcantonio Quinto (batteria), Alice Castagnoli (voce) e Tony Minerba (voce), un’ottima line up per un come back davvero molto gradevole. Il progressive rock sinfonico incontra sì il pop come 50 anni fa (Amanti come noi, vicinissima ai Procol Harum) ma anche qualche soffio hard (Brucerai), sviluppa trame strumentali interessanti (I cancelli di Andromeda), rimanda a canoni consueti ma esemplari (Idee maledette) e motivi per synth (L’uomo dei trenini), facendo emerge una buona coesione d’insieme e la voglia di riprendere un discorso interrotto purtroppo troppi anni fa. (Luigi Cattaneo)

Foreste interstellari (Video)



mercoledì 9 novembre 2022

MELANIE MAU & MARTIN SCHNELLA, Invoke the ghosts (2022)

 


Secondo album per Melanie Mau (voce) e Martin Schnella (chitarra e voce), coadiuvati per questo Invoke the ghosts da Mathias Ruck (voce), Lars Lehmann (basso) e Simon Schröder (percussioni, bodhràn, batteria, voce). Poco conosciuti qui in Italia, il duo unisce spunti folk, strutture progressive e dettami hard, denotando una grossa capacità di scrittura, abbinata alla cura certosina di arrangiamenti perfetti, con le parti acustiche ben amalgamate nel contesto complessivo del racconto sviluppato. Storie e leggende evocate con una certa perizia tecnica, che non fa a pugni con il lato emozionale della proposta, ricca di pathos in diversi frangenti (Where’s my name e Of witches and a pure heart tra le mie prefertite). I riff di Schnella e le compatte ritmiche percussive sostengono le armonie vocali della Mau, che si muove agile sia quando la band costruisce trame prog, sia quando colora di folk celtico le composizioni, come nel caso di Soulmate, che si contraddistingue anche per un’ottima sezione strumentale e la presenza al violino di Steve Unruh (Unitopia, The Samurai of prog). Per acquistare o ascoltare il disco potete visitare la pagina https://melaniemaumartinschnella.bandcamp.com/album/invoke-the-ghosts (Luigi Cattaneo)

martedì 8 novembre 2022

HYNDACO, Starship Tubbies (2022)

 

Nati nel 2017, gli Hyndaco (Lorenzo Vitali alla voce, Francesco Lucchi alla chitarra, Andrea Ugolini ai synth e alle tastiere, Lorenzo Ricci al basso e Beppe Gravina alla batteria) partono dallo psych di fine ’60 per sviluppare un progetto infarcito di dream pop e indie. Il risultato è un sound multiforme e sfumato, che ritroviamo ora in Starship Tubbies, ep che si fa carico di rileggere certe atmosfere vintage con il contemporaneo alternative, a partire da Rosalipstick, singolo apripista del lavoro. Si prosegue con Atlantika e Lubber, variopinti momenti in cui si percepisce il bel lavoro d’insieme del gruppo di Cesena, tra synth sognanti, pulsante rock e fraseggi strumentali. La brillante title track e la conclusiva Foxtrot, con il suo crescendo epico, suggellano un disco tanto breve (nemmeno 20 minuti) quanto affascinante. (Luigi Cattaneo)

Starship Tubbies (Video)



sabato 5 novembre 2022

AGAPE, Mind pollution (2022)

 

Nati nel 2017 sui banchi di un liceo fiorentino, gli Agape sono un quintetto formato da Alice Taddei alla voce, Elia Giorgi e Gabriele Coppola alle chitarre, Alessia Lodde al basso e Filippo Di Martino alla batteria, che con questo Mind pollution (Red Cat Records) abbracciano l’hard di AC/DC e The Runaways, e più in generale lo sguardo sembra volgere agli anni ’70, pur non sottraendosi nel cercare qualche soluzione maggiormente accostabile all’alternative rock moderno. Nulla di nuovo sotto il sole, ma sentire i riff pesanti e grevi delle due chitarre, le atmosfere cupe e sature che si alternano con altre decisamente più positive, lascia trasparire tutta la passione dei toscani per il rock, riversata in 30 minuti che si lasciano ascoltare con una certa naturalezza, pur senza cercare la facile melodia e il chorus da canticchiare per forza. La rabbia e la giusta grinta non mancano agli Agape, basti ascoltare brani come Mind the gap o Gaia and Theia, dirette e senza particolari orpelli, pezzi simbolo di un lavoro gradevolissimo e che mostra un gruppo con tutte le carte in regola per sviluppare ulteriormente il proprio sound. (Luigi Cattaneo)

Gaia and Theia (Video)



venerdì 4 novembre 2022

YESTERDAY WILL BE GREAT, The weather is fantastic (2022)

 

Nati da un’idea di Simone Ricci (chitarrista già dei Kisses from Mars), gli Yesterday Will be Great raggiungono la line up definitiva con l’arrivo di Daniele Mambelli (batteria) e Giuseppe De Domenico (basso), new entry di questo album. Da sempre affascinati dal post rock di Mogwai e Sigur Ròs, arrivano con questo Weather is fantastic al primo full della carriera, un lavoro strumentale registrato con la supervisione di Nicola Manzan (Bologna Violenta, Ronin) dove la parte immaginifica risulta preponderante, una caratteristica che era già emersa nell’ep del 2019 Y e che trova una dimensione concreta nella compatta Points, oltre che nella successiva Overblues, suggestivo episodio che mostra le varie anime dei romagnoli. L’idea delle registrazioni in presa diretta ci è stata fornita da Manzan ed è stata illuminante: ci siamo liberati dell’eventuale freddezza in favore di una maggiore umanità. L’idea ci ha convinto a tal punto che abbiamo in seguito deciso di fare pochissima post-produzione dei brani, per lasciare lo “sporco” del suonato. Nascono così le atmosfere di Little blue flower e Trees/Giant, contraddistinte da melodie ipnotiche e oscuri fraseggi, prima di The diamond’s issue e The moon song, che chiudono il disco calcando la mano su strutture tipiche della wave, a cui la band abbina interessanti sviluppi psichedelici e showgaze, tutt’altro che secondari e da ben considerare per le future produzioni. (Luigi Cattaneo)

The diamond's issue (Video)



mercoledì 2 novembre 2022

FRANCESCO LURGO, Sleep together folded like origami (2022)

 

Esordio da solista per Francesco Lurgo (ex FLeUR), che con Sleep together folded like origami si cimenta in un album elettronico imparentato con il post e l’ambient, un disco fortemente immaginifico, tanto da far pensare ad una vera e propria soundtrack. Un’opera fatta di atmosfere sospese, oniriche, che nasce durante l’isolamento da lockdown rimanendone influenzato, ma in cui troviamo anche l’amore per gli Stars of the Lid di Adam Wiltzie e per Ben Frost (autore della colonna sonora di Dark). Il lavoro in solitaria ha portato Lurgo a creare senza condizionamenti, seguendo solo il suo libero flusso di idee, con lo sviluppo elettronico che incontra le chitarre e le tastiere da lui suonate, oltre che la viola di Erika Giansanti, elementi costituenti di un sound etereo e dai tratti minimal. Un approccio sintetico è inevitabile per lavorare ad un certo tipo di sonorità: nella mia testa ogni suono si associa sempre a colori e rappresentazioni visive che influenzano le successive scelte compositive e di sound design. Penso che la mia attività di musicista e il mio lavoro di montatore e film maker siano in sinergia. Con queste parole l’autore spiega in sintesi la genesi di un disco che oscilla tra delicate suggestioni e pulsioni distorte, aperture melodiche e timbriche sporche. (Luigi Cattaneo)

One moment after the shipwreck (Official Video)



martedì 1 novembre 2022

FANKAZ, In Hindsight (2021)

 

Quarto album per i Fankaz, band oramai sulla scena da diversi anni e alfieri di un suono che si muove con disinvoltura tra emocore, punk rock e hardcore. Anche In hindsight non fa eccezione, una colata sparatissima che abbina velocità e linee melodiche tipiche di certe band di fine ’90 inizio 2000, come Thrice, Dead Poetic e The Black Maria. La tecnica non manca ai ferraresi formati da Ricki (chitarra, voce), Mora (basso, voce), Pole (batteria) e Ambro (chitarra,voce), così come le idee, molto legate all’estetica del genere, un campo in cui il quartetto si muove con passione e professionalità. Manca probabilmente l’effetto sorpresa, quel qualcosa che ti fa emergere realmente rispetto ad altre band, ma ciò non toglie che pezzi come Solace o Scars siano assolutamente indicativi della qualità del gruppo. Nota finale per le ottime Modern days, con Alessandro Gavazzi dei Thousand Oaks, e Watch me fail, registrata in compagnia di Etienne Dionne dei Mute. (Luigi Cattaneo)

Modern days (Video)



domenica 30 ottobre 2022

NONNON, L'inganno di un mondo ideale (2019)

 

Uscito nel 2019, L’inganno di un mondo ideale segnava l’esordio dei Nonnon (in Invito a una decapitazione di Nabokov i nonnon sono piccole pietre, corpi orrendi che riflessi in giusti specchi mostrano bellezza e felicità), band formata da Domenico Peluchetti (voce, chitarra), Luigi Viani (voce, pianoforte, tastiera, fender rhodes), Dario Gubbiotti (tastiera, synth, fender rhodes), Paolo Ghirardelli (chitarra, basso), Alec Gardini (basso) e Roberto Pittet (batteria, percussioni, ukulele). Attivi dal 2006, i bresciani si presentano con un lavoro intriso di folk cantautorale, un piccolo gioiellino della scena indipendente italiana, che al netto del menefreghismo generale, riesce a sfornare lavori brillanti e meritevoli di una certa attenzione. Le storie narrate dal gruppo sanno emozionare anche attraverso un’attenzione testuale non indifferente, che sembra guardare alla scuola dei grandi cantautori italiani, racconti per immagini suggestive ed evocative, merito pure di arrangiamenti raffinati ed estremamente curati. Le melodie struggenti di Nina, il crudo realismo folk di Abdouka e il crescendo di Le buone maniere sono solo alcuni degli episodi di un disco ispirato e di grande valore artistico e sociale. (Luigi Cattaneo)

Nina (Official Video)



mercoledì 26 ottobre 2022

JANUS, Al maestrale (1978)

 

Caso raro di band nata all’interno dei movimenti politici di destra, gli Janus di Mario Ladich (oltre al batterista non si conoscono i nomi dei musicisti che hanno partecipato alla registrazione di Al maestrale) soffrirono parecchio per emergere nel panorama progressivo dei ’70, cosa che effettivamente non fecero mai, salvo poi essere riscoperti decenni dopo con la rivalutazione di quel periodo storico. Materia per completisti insomma, o per curiosi che vogliono capire se la colpa fu tutta dei giovani della sinistra italiana, che organizzavano festival e concerti, o se la qualità complessiva degli Janus era pochina. 



Noi come Janus eravamo un gruppo progressive rock, sia per i testi, sia per le musiche, sia per le grafiche. Unico nostro difetto, che ci portò a una completa emarginazione, era quello di essere chiaramente orientati politicamente a destra. Praticamente non c’era differenza d’ascolto tra noi e qualche altro gruppo non etichettato o etichettato a sinistra, ma la nostra appartenenza a una determinata area politica ci portò ad essere completamente emarginati nel mercato italiano, mentre invece in Giappone il disco uscì normalmente nei negozi (Fonte Mario Ladich a Eventi Pop. Anni ’70: quelli della contestazione. Rai 2 maggio 2004. Rock Map di Riccardo Storti, Aereostella 2009). 

An Adro è la gradevole introduzione di folk celtico giocata sull’interplay tra piano e flauto, mentre Al maestrale mostra una spinta più hard, dominata dal ruolo della chitarra, seppure permangono parti di flauto a sostegno di una voce a dir poco aspra e mai del tutto convincente. Trotto è una breve traccia strumentale per flauto e percussioni, che confluisce in Il ritorno del cavaliere nero, distorta e greve, prima di Il fuoco e la spada, che posta a metà del disco mostra l’intenzione di Ladich di confrontarsi anche con qualcosa di maggiormente strutturato, seppure il risultato non è eccelso. La brevissima Neapolis anticipa Manifestazione non autorizzata, che si muove sul confine con il punk, e King of the fairies, un piacevole strumentale che nelle intenzioni compositive cerca di avvicinarsi a band enormi come Balletto di Bronzo e Biglietto per l’inferno. Tempo di vittoria è l’inno che chiude il lavoro, purtroppo inficiato da una registrazione davvero poco professionale, aspetto che emerge sovente tra le trame del disco. In conclusione si può affermare che l’idea di fondere hard, progressive e folk nel 1978 era già prassi e gli Janus non emersero da quella scena probabilmente anche per questo (e non solo per motivi ideologici, che a dirla tutta sembrano decisamente meno significativi di quanto affermi Ladich). L’essere arrivati in ritardo rispetto alla grande esplosione del genere non diede la notorietà pure ad altre realtà dell’epoca, basti pensare alla Locande delle Fate e al loro bellissimo e decisamente più meritevole Forse le lucciole non si amano più del 1977. 



La prima stampa dell’album, uscita in mille copie, è praticamente introvabile, anche perché buona parte bruciarono nell’incendio di una libreria dove si trovavano, e negli anni è stato ristampato alcune volte su formati diversi (Mc, Cd, Lp), di cui l’ultima in vinile nel 2012 da Extremocidente e Rupe Tarpea. Quest’ultima ha addirittura pubblicato un tributo agli Janus (comprensivo di due inediti del 1981) e un ep 33 giri, Lo nero metallo nostro, che presenta tre brani suonati live al Campo Hobbit del 1977 (manifestazioni del MSI di cui si tennero 4 edizioni tra il 77 e il 1981). (Luigi Cattaneo)



MEMENTO WALTZ, Antithesis of time (2010)

 

Ci sono e ci sono state realtà italiane che hanno raccolto molto meno di quanto effettivamente meritassero, e i Memento Waltz sono una di queste. Tendenzialmente le recensioni che appaiono sul blog guardano all’attualità ma sporadicamente lo sguardo volge al passato, recente o remoto che sia, per riscoprire album o rivalutare band dimenticate negli anni. Ci ha pensato la Jolly Roger Records nel 2015 a presentare ad un pubblico un po' più ampio i sardi, andando a ristampare Antithesis of time del 2010 e Division by Zero del 2013. Il gruppo formato da Gabriele Maciocco (batteria), Marco Piu (voce), Livio Poier (chitarra) e Giuseppe Deiana (basso), esordì ufficialmente con un ep, Overcoming del 2004, per poi pubblicare questo Antithesis of time, che diede loro l’opportunità di suonare con Symphony X, Redemption e Mekong Delta al Prog Power Europe del 2011. Progressive, psichedelia, variazioni jazz, metal, il tutto combinato in un misterioso calderone dai toni oscuri, dove incontriamo gli Abstrakt Algebra di Leif Edling, gli Spiral Architect e i mai troppo tributati Watchtower, fondamentali per lo sviluppo del genere (il loro primo disco, Energetic disassembly, è del lontano 1985). La classe del quartetto non è legata solo al virtuosismo, quanto alla capacità di creare strutture intricate e affascinanti, un susseguirsi di immagini che si solidificano attraverso tempi dispari, pause e sospensioni. Una band di cui si sono perse le tracce ma che avrebbe dovuto conquistare davvero maggiori riconoscimenti. (Luigi Cattaneo)

Through the spiral rise (Video)



sabato 22 ottobre 2022

MARK YSAYE, Back to Avalon (2021)

 

Mark Ysaye è il primo artista internazionale a firmare con la nostrana Vrec, label da sempre attentissima a quanto succede sul territorio nazionale, ed è una novità non banale, vista la caratura del personaggio, membro degli storici Machiavel, prog band del Belgio il cui esordio risale al 1976. Back to Avalon si allontana dalle sonorità del gruppo madre e guarda al folk e al rock classico, senza dimenticare genuine reminiscenze bluesy, ben amalgamate da una formazione completata da Marcus Weymare (Alain Pire Experience, Fish on Friday) alla batteria, Christophe Pons alla chitarra (anche lui nei Machiavel) e Loris Tils al basso. La voce di Mark si erge a protagonista di un lavoro dinamico e suggestivo, che passa dalla trascinante What I deserve alla cover degli Eagles di Bitter creek, per poi toccare vette di eleganza in Sing for everything e Back to Avalon, impreziosite dal piano di Hervè Borbè. Completa l’album un episodio che risale al 1982, Song for A, uno strumentale in linea con i gusti e i suoni del periodo. (Luigi Cattaneo)

Back to Avalon (Video)



venerdì 21 ottobre 2022

SIYLIT, Disinformation paradox (2021)

Secondo full per i Siylit (al suo interno membri di Arthemis e di Sickbed, due ottime realtà del nostro underground), che firmano con questo Disinformation Paradox (uscito nel 2021 per Volcano Records) un disco che unisce thrash, crossover e core, tra Machine Head, Sepultura, Pantera e Korn. Un calderone potente e ricco di groove, arricchito da un suono praticamente perfetto, molto curato e professionale, figlio anche del lavoro svolto ai Rogue Studios di Londra. L’impianto generale è assolutamente intrigante, con i riff serrati dei chitarristi Matteo Ballottari e Andrea Franzoni e le ritmiche solide del duo formato da Matteo Galbier al basso e Paolo Perazzani alla batteria, che sostengono la prova di Christian Ambrosi, vocalist capace di passare da momenti di furia ad altri maggiormente ponderati. L’alternanza di fraseggi brutali e oscuri, con altri decisamente melodici, risulta efficace, elementi che si snodano in brani cardine dell’album come Who’s to blame, Hold back time, Right here, right now e la title track, che trattano anche temi tutt’altro che banali. Disinformation paradox conferma la capacità dei veneti di costruire trame convincenti e di tenere alta la tensione per tutto il disco, cosa non da poco visto il genere proposto. (Luigi Cattaneo)

Prophets of hate (Video)



sabato 15 ottobre 2022

NOISE IN MYSELF, Noise in Myself (2022)

 

È sempre piacevole imbattersi in un gruppo giovane e pieno di passione, in questo caso addirittura giovanissimo (diversi membri sono minorenni!) come gli italo-svizzeri Noise in Myself, quintetto formato da Martina Pedrotti (voce e flauto traverso), Enea Maina (chitarra), Leon Sürder (chitarra), Gabriele Palmeri (basso) e Damiano Palmeri (batteria). Hard & Heavy, progressive e alternative rock si intersecano lodevolmente, con uno sguardo a nomi storici come Iron Maiden, Tool ed Alice in Chains, in un insieme d’intenti magari non sempre a fuoco ma decisamente curioso. La band dimostra già di avere idee strutturate e di sostenere con forza la Pedrotti, che cattura con il suo timbro particolare e la contrapposizione tra parlato e cantato, che finisce per acuire il senso di straniamento dei brani più oscuri. Si sviluppano così le atmosfere grevi ed essenzialmente grungy di Spirit of my hand, il crossover di Rise to the occasion dipinge invece un’inquietudine di fondo palpabile, mentre epica e dark è The crying of humanity. Debutto assolutamente interessante e gruppo da tenere d’occhio con attenzione. (Luigi Cattaneo)

Rise to the occasion (Video)



giovedì 13 ottobre 2022

GARY HUSBAND & MARKUS REUTER, Music of our times (2020)

 

Uscito nel 2020, Music of our times, è un lavoro del duo formato da Gary Husband (pianoforte) e Markus Reuter (Live eletronics e Touch guitars), due tra i musicisti più curiosi ed eclettici degli ultimi anni, spesso sostenuti dalla Moonjune Records, etichetta che chi segue il blog sa essere foriera di novità e intraprendenza. Avanguardia e improvvisazione vanno a braccetto e danno vita ad uno sperimentale viaggio ambient, affascinante e fitto di intuizioni, a tratti notevolissimo (Illuminated heart e Across the Azure Blue su tutte), spesso ricco di struggente creatività (Music of our times) e lontanissimo da qualunque forma di music business. Ideato da Leonardo Pavkovic (factotum dell’etichetta) a causa di un tour asiatico rimandato (causa covid) dei due musicisti con gli Stick Men di Tony Levin, l’album venne registrato a Tokyo in piena libertà, un fluire di idee a loro modo uniche, con Reuter perfetto nell’appoggiare con classe e garbo le note eleganti del Fazioli di Husband (Colour of sorrow ne è esempio lampante). L’interplay che emerge è lungimirante, un risultato persino più roseo di quanto ci si potesse attendere viste le premesse, un piccolo gioiello, etereo e delicato, ennesimo disco di valore di interpreti che sono garanzia di qualità e spessore. (Luigi Cattaneo)

Across the Azure Blue (Video)


 

mercoledì 12 ottobre 2022

rOMA, 1982 (2021)

 


Attivo da circa vent’anni, Vincenzo Romano, in arte rOMA (voce e chitarra), ha esordito nel 2017 con Solo posti in piedi in paradiso, un album che mostrava il carattere del progetto, intriso di alternative e indie. Non cambiano le coordinate con questo 1982, dove la musica di Romano guarda ai Rossofuoco di Giorgio Canali, ad alcune soluzioni in odore di Marta sui Tubi e al rock cantautorale di Omar Pedrini, influenze che emergono nei 30 minuti scarsi del disco, tirato e viscerale per quasi tutta la sua durata, con derive punk wave tutt’altro che disprezzabili. La formazione in trio (completata da Nicola Toro alla batteria e Damiano Corrado al basso) ha impresso strutture immediate ma solide, che si adagiano su testi interessanti e sentiti, una miscela che produce ottimi momenti come Spine, Zanzare o la melodica Splendere, tra i migliori episodi di un ritorno brillante e godibile. (Luigi Cattaneo).


domenica 9 ottobre 2022

ERNEST LO, Io so essere macchina (2021)

 

Uscito nel 2021, Io so essere macchina è il primo lavoro di Ernest Lo, pseudonimo di Remo Santilli, artista abruzzese che ha infarcito questo suo esordio di ironia e sarcasmo, elementi che gli sono serviti anche per analizzare la società contemporanea. Potremmo parlare di pop demenziale ma con spunti tutt’altro che farseschi, che si muove sì all’interno della forma canzone pur senza rimanerne schiacciato, con la capacità di guardare sia all’elettronica (il groove di Numeri e l’oscura Errore 404, che vede la partecipazione di Micromega), sia al folk (la sbilenca Talpe ubriache e la gradevole I gatti del borgo), senza dimenticare di essere bonariamente costruito per accattivare (Ssialaè ma anche la ruffiana Ti piace?). Un debutto piacevole, forse non ancora del tutto a fuoco in alcuni passaggi ma sicuramente curioso ed eclettico. (Luigi Cattaneo)

Errore 404 (Video)



martedì 4 ottobre 2022

NEX FERETRUM, Hymns to the black cathedral (2022)

 


Misteriosa e oscura formazione black metal italo-finlandese (con membri di Funeral Oration, Aegrus e … And Oceans) quella dei Nex Feretrum, che debutta senza compromessi con Hymns to the black cathedral, 30 minuti ferali e che non lasciano tregua all’ascoltatore. Un inno oscuro e impenetrabile, schizzato, forgiato dentro riff impazziti e ritmiche velocissime, estremo ma plasmato da attente parti malsanamente melodiche, che rendono l’atmosfera ancora più funesta. Impious bringer of plague, Triumphant light of Lucifer o The cursed soul of night sono episodi che non lasciano spazio all’interpretazione, e chi ha apprezzato in ambito italiano gli ultimi lavori di Stormcrow e XII Arcana non deve lasciarsi sfuggire questa piccola perla nera del nostro underground. (Luigi Cattaneo)

mercoledì 28 settembre 2022

LVTVM, Irrational Numbers (2022)

 

Fresco di stampa il nuovo lavoro targato LVTVM (fango in latino), un ep che segue Adam, disco di cui avevamo parlato ben 7 anni fa e che conferma l’attitudine post metal di un sound tanto pesante quanto oscuro e psichedelico, creato ancora da due bassi, quelli di Carlo Bellucci e Isacco Bellini, dalla solidissima batteria di Alessandro Marchionni e dai sinistri synth gestiti da Matteo Borselli. Irrational numbers è un album tirato e perennemente teso e dalle parole della band emergono tutte le difficoltà di gestire un gruppo in questi anni di pandemia e lockdown. La composizione di Irrational Numbers è stata complicata dalla pandemia e dalle oggettive difficoltà di poterci incontrare e suonare, ha reso la gestazione di questo disco particolarmente lunga e difficoltosa ma ci ha permesso di produrre un’opera meno viscerale ma maggiormente analitica e complessa rispetto al precedente Adam. 



Un percorso di crescita ma anche di continuità con il passato, seppure ci troviamo dinnanzi ad un ep di 25 minuti circa e non ad un full come ci si poteva aspettare dopo tutto questo tempo, che non è passato invano e ci ripresenta una formazione in evoluzione, che non si accontenta ma appare costantemente alla ricerca di mondi da esplorare. (Luigi Cattaneo)




lunedì 26 settembre 2022

THE LOYAL CHEATERS, Long run ... all dead (2022)

 

È sempre un piacere per me ascoltare band come i The Loyal Cheaters (Lena McFrison voce e chitarra, Max Colliva chitarra, Tommy Manni basso e Richie Raggini batteria), gruppo che si è formato solo due anni fa, ispirato da AC/DC, Hanoi Rocks, Cheap Trick (di cui coverizzano Surrender) e Slade, quindi un hard rock/glam energico, diretto e vitale, elementi che ritroviamo nel debutto Long run … all dead.  Il disco è ovviamente molto scorrevole, mostra il giusto vigore r’n’r abbinato a melodie azzeccate, quelle che si impongono in brani come No Saturday nites, Drama queen o Me myself and I, dove si palesano anche doti di scrittura innegabili. Esordio brillante e consigliato soprattutto a chi ancora cerca dal rock suoni veri e crudi, senza compromessi e sovrastrutture altisonanti. (Luigi Cattaneo)

Me myself and I (Video)



sabato 24 settembre 2022

THE ROOTWORKERS, Attack, Blues, Release (2022)

 

Nati nel 2019, i The Rootworkers (Enrico Palazzesi voce e chitarra, Lorenzo Cespi basso, Enrico Bordoni batteria e piano elettrico, Andrea Ballante chitarra) guardano al rock blues in maniera spontanea e diretta, e senza troppi fronzoli firmano un ep di debutto pieno di buone vibrazioni. Attack, Blues, Release è un concentrato di anni ’70, tra ritmiche swing e boogie, duelli di chitarra memorabili e un piano elettrico che si affaccia sinuoso tra le pieghe di un album che batte forte sin dall’iniziale Work all day, prima delle travolgenti Lonesome boy e To leave nobody. Nota a parte per Dirty ceiling, che ospita l’armonica di Enrico Ballante, per quello che è un brano vicino alla nostrana Treves Blues Band. Dopo aver incoronato ultimamente i lavori di Rainbow Bridge, Mountain’s Foot e Rusty Groove, è un piacere scoprire un’altra giovane realtà blues del panorama italiano, un sottobosco underground che fatica ad emergere ma che è vivo e in grande forma. (Luigi Cattaneo)

Dirty ceiling (Video)



giovedì 22 settembre 2022

CLOV, Every love story is a death story (2022)

 

Terzo disco per Piero Prudenzano e il suo progetto Clov, che con Every love story is a death story si cala all’interno di un concept sull’evoluzione dei sentimenti e il senso di perdita causato dalla fine di una relazione. Interamente registrato in casa, il disco si caratterizza per un evidente approccio lo-fi, con chitarre che sanno essere ora distorte, ora più pulite e synth che fanno da tappeto alle evoluzioni pop e folk di un racconto che diviene progressivamente claustrofobico e oscuro. La voce di Ramona Ruggeri apre The sound of our first meeting, momento idilliaco che prosegue con We have everything/nothing, che vede la presenza di Marianna Calabrese (voce) e di Luciano Pirulli (batteria). Un inizio corposo che prosegue con Cats (stavolta alla batteria c’è Jacopo Fiore) e Short story about love, ben interpretata ancora dalla Calabrese. Appare evidente come Prudenzano abbia scelto la via della collaborazione per creare un percorso dove l’unità dell’insieme finisce per fare la differenza, perché ogni ospite ha apportato un contributo significativo seppur sotto la guida di Piero, curioso generatore di suoni sin dall’esordio del 2009. Ne sono ulteriore esempio il sax di Chiara Archetti, che fa bella mostra in All through the house e i violini di Silvia Natali e Justin Viorel in Short story about dead, mentre The sound of our last meeting è il finale che celebra l’inevitabile dolore del distacco. (Luigi Cattaneo)

Short story about dead (Video)




mercoledì 21 settembre 2022

BOSCHIVO, Bardo dell'autodistruzione (2019)

 


Questo disco è la sublimazione di una vita intera, l’addio ad un passato pieno di ossessioni e tormenti, un addio senza rancore, anzi, colmo di gratitudine per le lezioni impartite. È un processo di purificazione alchemica, dalla notte buia dell’anima al suicidio rituale, dalla morte ad una rinascita luminosa sotto una nuova, grandissima consapevolezza. Ma prima di ogni altra cosa, questo disco è una coraggiosa presa di posizione sulla realtà, un totem eretto con fierezza tra le lapidi di un mondo che sta soffocando sotto i suoi stessi miasmi sepolcrali, esalati dalle illusioni dogmatiche della logica e della razionalità, un totem che reca una breve incisione: “La magia esiste”. E non in senso metaforico.

Con queste parole Boschivo presenta Bardo dell’autodistruzione, un lavoro uscito nel 2019 dal taglio sperimentale che si apre con Pozzoscuro, introduzione che rimarca l’atmosfera esoterica che permea l’intera opera. Le venature neofolk sono evidenti e si dipanano in quasi tutto il percorso, che si fa oscuro nella decadente La danza perversa delle falene e nella cupa Quando la morte verrà. Menzione a parte per la title track di 18 minuti, un viaggio drone e ritual che fonde buia psichedelia e ambient, epitaffio di un album arcano e tenebroso. (Luigi Cattaneo)