mercoledì 29 dicembre 2021

UBBA BOND, Mangiasabbia (2020)

 


Un viaggio, quello degli Ubba Bond, surreale e dai tratti nonsense, cabarettistico nel suo incedere sfrontato, spaesante ma concreto, quasi felliniano nel suo giocare sui contrasti tra immagini, narrativo in una forma pura, libera da compressioni e limitanti cancelli. Nella testa di Andrea Bondi (chitarre, basso, batteria e tastiere) e Guglielmo Ubaldi (voce, pianoforte, chitarre e tastiere) Mangiasabbia è l’ideale capitolo di un progetto pensato come duo ma che ha finito per essere spesso collettivo, proprio come accaduto per questa autoproduzione del 2020, quasi un’ora di musica immaginifica, espressione di un sound malinconico, che naviga tra Rino Gaetano, Marta sui tubi e Tricarico, arricchito dalla forza dei fiati di Daniel Cau (sax) e Salvatore Vaccaro (trombone). Non sono gli unici ospiti di un lavoro estremamente interessante e curioso, basti ascoltare la stralunata Sushi, ammantata dagli effetti elettronici di Gabriele Tazzari, dal Rhodes di Manuel Bedetti e sospinta dalle voci di Max Guidetti e Patrizia Urbani. L’elettronica è ben presente anche in Temporeale, Guidetti con il suo spoken articola la splendida Su milioni di auto, mentre il pianoforte ricama note in Filo interrotto, prima di Aprile e Piove il mondo, che chiudono ottimamente un lavoro intenso e variegato. (Luigi Cattaneo)


domenica 26 dicembre 2021

ONEIRIC CELEPHAïS, The Obscure Sibyl (2020)

 


Ep di debutto per gli Oneiric Celephaïs, quartetto toscano di Technical Death Metal formato da Federico Giusti (voce e chitarra), Emilio Lucchesi (chitarra), Francesco Mazzino Pietro Fambrini (basso) e Emiliano Burchi (batteria), influenzato da band come Necrophagist, Obscura e Spawn of Possession. The obscure sibyl (uscito per la Gore House Productions di Los Angeles) si muove nei suoi 25 minuti tra strutture intricate, old school e virtuosismi e, seppure ci si trova dinnanzi ad un prodotto non originalissimo, le qualità di songwriting della band sono palesi e convincono in toto. Dopo un breve intro The aeon of death apre le danze in maniera molto convincente, tra stacchi arditi, ritmiche furiose e cura melodica, mentre From Beyond si lega maggiormente al più puro death metal. La conclusiva Voluspà, che vede la presenza di Vanezza Grazzini alla voce, coi suoi 12 minuti mette in luce lo spirito progressivo del gruppo, un viaggio diviso in quattro parti dove troviamo gli Opeth e i maestri Death, tra velocità sostenuta e sprazzi di nera poesia. In attesa di qualcosa di più sostanzioso The obscure sibyl è un ottimo biglietto da visita per conoscere questa giovane band. (Luigi Cattaneo)

The aeon of death (Video)


  

sabato 25 dicembre 2021

KOTIOMKIN, Maciste nell'inferno dei morti viventi (2014)

 


Dopo aver parlato di Squartami tutta – Black Emanuelle goes to hell (2016) e Lo albicocco al Curaro – Decameron 666 (2018) oggi faccio un passo indietro e recupero il primo lavoro della band abruzzese, Maciste nell’inferno dei morti viventi (2014), che apriva la saga dei Kotiomkin, qui ancora in trio (Enzo P. Zeder al basso, Davide Di Biagio alla chitarra e Gianni Narcisi alla batteria). Anche in questo caso l’espediente è la soundtrack di film inesistenti, immaginati nella testa di Zeder e descritti da un sound che abbraccia lo stoner, l’heavy doom dei Black Sabbath, la psichedelia e il progressive, un trip che questa volta ci porta a seguire le gesta di Maciste, assoldato dall’impero romano per sconfiggere Aderbale, centurione romano convertito al vudù e dedito alla resurrezione dei morti! Un connubio di zombi, pirati, cannibali e antiche mitologie dove il peplum incontra l’horror, all’interno di una narrazione strumentale dissacrante, fatta di passione e consapevolezza, aggressività hard e libertà compositiva. 



Jungla cannibale apre lo scenario, fatto di cinema di genere e stoner, tra riff taglienti e ritmiche ossessive, un dinamismo che esplode nella seguente Maciste, con le note che accompagnano la figura mitologica nell’Isola degli Antropofagi, luogo di battaglia, sangue e budella, location perfetta nell’immaginario di chi ama pellicole non convenzionali. L’ampolloso gigione ha un’insana atmosfera doom, a cui abbina potenza e velocità, Peplum holocaust trascina in un nero abisso l’eroe mitologico protagonista della narrazione, mentre Petrus il filibustiere satura l’aria con fraseggi di natura heavy. Aderbale e Airavata concludono con forza e violenza lo script dedicato a Bruno Mattei (Vincent Dawn), regista che probabilmente avrebbe apprezzato il lavoro dei Kotiomkin e, perché no, pensato anche di rendere concrete le immagini evocate dal folle trio abruzzese. (Luigi Cattaneo)

Maciste (Video)



giovedì 23 dicembre 2021

BARO PROG-JETS, Utopie (2021)

 


Ci eravamo già occupati di Alberto Molesini e del suo Baro prog-jets ai tempi della doppia uscita Lucillo & Giada / Topic Wurlenio, dischi scritti negli anni ’80 (ma mai pubblicati) per il gruppo La Sintesi e che mostravano tutto l’amore del veneto per il grande progressive rock settantiano (entrambi editi dall’Andromeda Relix nel 2019). Polistrumentista in forza anche a Hydra, Elam e Marygold, Molesini (impegnato al canto ma anche al basso, alla chitarra e alle tastiere) si fa accompagnare in questo nuovo capitolo discografico da Gigi Murari (batteria), Paolo Zanella (pianoforte), Nicola Rotta (chitarra), Massimo Basaglia (chitarra) e Titta Donato (basso). Non sento!, unico brano cantato in italiano e vicino ad alcune cose di Il Castello di Atlante apre il disco, che poi prosegue con i 15 minuti a tutto prog di Utopia e Phase I e II, che formano una suite in odore di Yes e P.F.M. Le tante idee messe sul piatto da Alberto culminano nella lunga Runaways, altro momento che farà la felicità di chi dal progressive cerca suoni vintage e melodie aggraziate.  Per ascoltare e acquistare l'album potete visitare la pagina https://maracashrecords.bandcamp.com/album/utopie (Luigi Cattaneo) 

mercoledì 22 dicembre 2021

ALDO PINELLI, Suite Italiana (2013)

 

Uscito nel 2013, Suite italiana è un omaggio alla nostra penisola da parte di Aldo Pinelli, musicista conosciuto soprattutto per i suoi lavori con gli Habitat, band argentina con cui ha pubblicato dischi davvero interessanti. Il tributo all’Italia e ai luoghi da lui visitati si evince anche da un sound con dei rimandi al Banco del Mutuo Soccorso di Garofano Rosso e Di terra e Le Orme più acustiche, capace di descrivere e ammaliare con grazia e raffinatezza. L’immaginifico racconto di Pinelli si sviluppa attraverso i diversi strumenti a corda da lui suonati, che vanno ad incontrare il violoncello di Paula Dolcera, le percussioni di Silvia Pratolongo e la batteria di Roberto Sambrizzi. Un certo tocco introspettivo permea l’album, con le parti strumentali, atmosferiche e delicate, che convincono più di quelle cantate (ad opera dello stesso Pinelli), il tutto però è sempre molto intimo, quasi cameristico. Da citare assolutamente Encuentro posible entre Piazzola y Fripp, dove il sudamericano si diverte a unire il tango con escursioni crimsoniane, e la conclusiva title track di oltre 15 minuti, dove Aldo mostra tutto il suo background, in un percorso fatto di curiosità e voglia di esprimersi senza vincoli. (Luigi Cattaneo)

Full Album



giovedì 16 dicembre 2021

ZAAL, Homo Habilis (2020)

 

Uscito nel 2020 (ben dieci anni dopo Onda quadra), Homo Habilis è il terzo disco degli Zaal, creatura di Agostino Macor (tastierista di La Maschera di Cera, Rohmer, Finisterre, giusto per citare qualche band) dedita ad un jazz rock dal sapore cameristico, arricchito qui da atmosfere world, contaminazioni ambient e visioni progressive. Un concept strumentale che racconta il rapporto uomo/macchina con fantasia ed estro, sin dalle iniziali note di Meccanica naturale, episodio pilota in cui il fender e l’organo di Agostino incontrano la ricchezza e il colore dei fiati (il sax di Francesco Mascardi, la tromba di Roberto Nappi Calcagno e il flauto di Andrea Monetti), ma anche il sitar di Emanuele Ysmail Milletti e il violino di Sergio Caputo. Le lunghe e cinematografiche Revèil (Post Big Bang) e Presences formano una doppietta suggestiva ed elegante, in cui si cita l’imprescindibile Miles Davis di Bitches Brew, ma anche i mai troppo citati Nucleus. La title track non fa altro che confermare la bontà dei tanti musicisti presenti sul lavoro (davvero troppi per nominarli tutti), fondendo psichedelia onirica e trame jazz, mentre Jaime S*mmers vede il solo Macor destreggiarsi tra il fender e l’amplificatore Davoli. Instruments è un altro brano dallo sviluppo interessantissimo, tra etnica e musica da camera, Revèil (Together project) si riallaccia nuovamente al Davis elettrico, prima del finale di Android void, un immaginifico racconto ambient fatto di pianoforte acustico e Cassini Arp Machine, che chiude perfettamente questa chicca del panorama underground nostrano, registrato in presa diretta durante sessioni collettive libere da schemi e da costrizioni di ogni natura. (Luigi Cattaneo)

Revèil (Post Big Bang) (Video)



martedì 14 dicembre 2021

OJM, Live at Rocket Club (2021)

 

Tra le prime band di stoner italiano, i trevigiavi OJM (David Martin alla voce, Max Ear alla batteria, Andrew Pozzy alla chitarra e Stefano Paski al piano bass) mancavano all’appello discografico dal lontano 2010 di Volcano, un letargo rotto da qualche estemporaneo concerto dal vivo, rappresentato da questo Live at Rocket Club, registrato proprio ai tempi di quel lavoro nel locale di Landshut, in Baviera. Welcome è l’introduzione al mondo Ojm, Venus aggredisce l’ascoltatore con furia garage, un assalto che non ci risparmia neanche nella successiva I’ll be long e che conferma la forza dirompente delle esibizioni sul palco del quartetto, un magma elettrico violento e con rimandi seventies. Si prosegue con la sanguigna Wolf, mentre Oceans Hearts predilige un approccio più atmosferico e psych, perché la band aveva la capacità di passare dallo stoner di Eagles of Death Metal e Queens of the Stone Age al garage punk di The Hellacopters, senza dimenticare la psichedelia dei The Doors e l’utilizzo personale dell’organo da parte del gruppo. Sixties è una dichiarazione d’intenti, bissata dalla sguaiata Give me your money, prima della lunga Desert, meraviglioso trip di natura psichedelica. La più ragionata 2012 e la conclusiva Hush, brano di Billy Joe Royal (coverizzata nel lontano 1968 dai Deep Purple), chiudono un documento prezioso per il rock italiano. (Luigi Cattaneo)

Full Album Video


 
 

domenica 12 dicembre 2021

NICOLAS MEIER, Stories (2020)

 

Uscito quest’anno all’interno di un regale cofanetto di 3 album (gli altri due sono Magnificent, titolo anche della raccolta, e Live), Stories è un lavoro che Nicolas Meier ha registrato in solitaria nel 2020, senza il suo World Group che aveva esordito nel 2019 con Peaceful. Ho deciso di parlare di ogni singolo disco e di dedicare loro un articolo per la diversa natura delle produzioni presenti e di partire con quella più minimale, con Meier armato di sola chitarra ed ottimo interprete sia di brani propri che altrui. Quindi si passa con estrema naturalezza dalla sua Stories from the garden all’immortale tema di The Godfather, passando per la storica La Vie en Rose e il tributo ai Metallica di Nothing else matters, tutti momenti levigati di jazz, ricchi di gusto e decisamente brillanti. (Luigi Cattaneo)

Nothing else matters (Video)



giovedì 9 dicembre 2021

VODA, Onerare (2015)

 

Dopo aver parlato del doppio live Parallaxis e del secondo Amphibia, oggi faccio un passo indietro per raccontare l’esordio dei Voda, Onerare, disco del 2015 dove il trio di Cracovia formato da Radek Kopeć (chitarra, voce, tastiere e sitar), Michal Marzec (basso) e Piotr Skrzyński mostrava già tutto il proprio background fatto di rock, blues e progressive. L’iniziale Tame the time emana subito il groove che contraddistingue la band, il rock blues incendia S.O.S., complice l’armonica di Marcin Dyjak, mentre Like venus to Mars si avvale del raffinato violino di Ada Kwaśniewicz e della voce di Magda Bózyk, per quello che è uno dei brani più completi di questa release. Nota a parte per la lunga Trojan, influenzata dal rock blues progressivo del John Mayall di Bare wires e Blues from Laurel Canyon e dai seminali Bakerloo, ottima dimostrazione della maturità che i polacchi avevano già raggiunto ai tempi di questo piacevolissimo debutto. (Luigi Cattaneo)

Tame the time (Video)



mercoledì 8 dicembre 2021

PLATENS, Of poetry and silent mastery (2021)

 

I Platens sono un progetto di Dario Grillo (ex Thy Majestie qui impegnato a voce, chitarra, basso, tastiere e orchestrazioni), assenti dalle scene da ben 7 anni e finalmente di nuovo in pista con l’ottimo Of poetry and silent mastery, terzo capitolo della band registrato insieme al fratello Alex (batteria) e ad una serie di ospiti che hanno arricchito il già succulento piatto. Il risultato finale è un corposo disco di AOR, power metal, hard & heavy e qualche sfumatura progressiva, con strutture più immediate rispetto al passato e una certa attenzione per l’aspetto chitarristico della proposta, cosa che emerge in episodi come la gradevolissima Open arms, che si avvale della collaborazione di Mirko Turchetta, End of the world, in cui la chitarra di Dario incontra quella di Dan Logoluso, oltre che i synth di Gabriels, e Close but far, dove troviamo le sei corde di Orazio Fontes ma anche la voce della brava Katia Miceli. Bisogna poi citare Paralyzed, con Davide Peruzza (chitarrista già con Metaphysics e No Gravity) che ben si cala nel contesto hard del brano, mentre in Conspiracy ritroviamo le tastiere di Gabriels, sempre ben incastonate in passaggi vigorosi e robusti. Ultima citazione per Winter, ballata che arriva al suo culmine con l’entrata sul finale della Miceli, conferma di quanto bene abbia lavorato Grillo nel costruire un disco davvero pregevole e tra le uscite più interessanti in casa Burning Minds/Atomic Stuff di questo 2021 che volge al termine. (Luigi Cattaneo)

Album Trailer



venerdì 3 dicembre 2021

CLAUDIO FASOLI, Next (2021)

 

Ennesimo grande disco per Claudio Fasoli, sassofonista tra i più intelligenti e colti del panorama italiano, che si ripresenta con l’ennesima incarnazione di una carriera lunga 50 anni e iniziata con lo storico Live Suite di Guido Manusardi e proseguita di lì a poco con i Perigeo. Abbiamo spesso parlato dei suoi lavori da solista su Progressivamente, un tragitto che lo ha visto esprimersi con musicisti di varia estrazione e con formazioni mutevoli, caratteristica anche di questo Next, registrato insieme a Simone Massaron (chitarra), Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso) e Stefano Grasso (batteria). L’album è ancora una volta ottimo, e oltre la classe dei singoli vi è la conferma (ma non vi erano dubbi) della capacità di Fasoli di architettare soluzioni intrise di pathos ma anche di scelte coraggiose, un ponte tra la scena jazz attuale e il suo essere decano, un riferimento per i giovani che ha ancora la forza e la volontà di scrivere movimenti fantasiosi e creativi. Ne sono esempio tre episodi che mi hanno particolarmente colpito, l’iniziale Russell Square, la successiva 99 Ryerson St. e la magnetica Arcana, anche se è l’intero Next a mostrare un’artista che non ha intenzione di crogiolarsi sul suo enorme passato, quanto di continuare un percorso fatto di nuove esperienze e rinnovata curiosità artistica. (Luigi Cattaneo)

Arcana (Video)



martedì 30 novembre 2021

CRISTIANA VERARDO, Maledetti ritornelli (2021)

 

Nuovo album per Cristiana Verardo, cantante e compositrice salentina che negli anni ha collaborato con Moni Ovadia, Redi Hasa, Mino De Santis, Carolina Bubbico e Enza Pagliara, tutti personaggi legati al mondo della pugliese e che in parte ritroviamo nella musica del nuovo Maledetti ritornelli. Il pop cantautorale portato in dote dalla Verardo si fa maturo anche grazie ai tanti musicisti coinvolti (ben 25!), sin dall’iniziale Ti ho portato il mare, abbellita dal sax di Emanuele Coluccia, pezzo ben scritto e ottimamente arrangiato, nonché valido apripista di un lavoro che prosegue con la gradevole title track (cantata insieme a Gnut) e con La vita in un istante, vivace episodio dove la tromba di Cesare Dell’Anna e l’ensemble Girodibanda divengono centrali per le dinamiche folk di cui è intriso. 3000 anni è un altro brano legato al pop cantautorale dal taglio radiofonico, modulata sul tocco delicato del pianoforte di Daniele Vitali, Chiance invece sposta l’attenzione sul folk salentino, con testo in dialetto interpretato da Rachele Andrioli (impegnata anche al tamburo), Maria Mazzotta e Enza Pagliara e l’organetto di Alessandro D’Alessandro protagonista. Menzione a parte merita Non potevo saperlo, episodio maggiormente legato al cantautorato tout court e impreziosito dal violoncello di Redi Hasa, che carica di drammaticità uno dei momenti clou di questo piacevolissimo secondo disco dell’autrice salentina. (Luigi Cattaneo)

Ti ho portato il mare (Video)



lunedì 29 novembre 2021

ELISA MONTALDO, Fistful of planets part II (2021)

 

Fondatrice e tastierista di Il Tempio delle Clessidre, Elisa Montaldo ha nel tempo costruito una propria carriera anche fuori dal gruppo, sia con i Vly che in veste solista. E proprio a quest’ultima incarnazione della sua arte va ascritto Fistful of planets part II, disco pieno di pathos e poesia, dove Elisa (impegnata alle tastiere e alla voce) ha riversato mesi di lavoro attraverso una cura maniacale del dettaglio, aiutata da una serie di grandi musicisti scelti per definire al meglio i vari momenti del disco (con il solo Mattias Olson presente in quasi tutti i pezzi). E cosi nella delicata e atmosferica Floating/Wasting life troviamo l’apporto sostanzioso di Hampus Nordgren Hemlin, diviso tra tastiere, basso, chitarra, vibrafono e tubular bells, mentre nella struggente Earth’s call il flauto di Steve Unruh (strumentista sopraffino dalla carriera tutta da scoprire) crea passaggi di grande effetto, prima di un altro momento suggestivo, We are magic, diviso tra pop ed elettronica. Il doppio recitativo di Yuko Tomiyama e Maitè Castrillo segna Haiku, densa di esotico fascino e con trame classicheggianti (perfette le intuizioni di Ignazio Serventi alla chitarra classica e David Keller al violoncello), la lunga Feeling/Nothing/Into the black hole presenta le varie sfumature del percorso della ligure, tra sperimentazione progressiva, psichedelia e oscuro folk, merito anche dei fiati di Unruh (qui anche al violino) e Stefano Guazzo (sax). Meraviglioso il crescendo emotivo sognante e malinconico di Washing the clouds, brillante esempio di come le note abbiano ancora la capacità di trasportarci altrove, suggestionandoci e facendoci vivere come sospesi dalle brutture del contemporaneo. Elisa ha sempre avuto questa forza, questa capacità di rimandare ad immagini, a fotografie che rimangono sullo sfondo ma in maniera nitida e indelebile. Come la sua musica. (Luigi Cattaneo)

Floating/Wasting life (Video)



domenica 28 novembre 2021

IKITAN, Darzava y Brinicle (2021)

Gli Ikitan, trio heavy post-rock (https://linktr.ee/ikitan) , sono orgogliosi di presentare due nuovi singoli, Darvaza y Brinicle, pubblicati da Taxi Driver Records in cassetta e in edizione limitata.

Darvaza y Brinicle verrà pubblicato il 3 dicembre 2021 e le due nuove canzoni, intitolate Darvaza e Brinicle, saranno disponibili sulla pagina Bandcamp di Taxi Driver Records e anche su tutti gli store digitali della band.

La cassetta contiene i due nuovi singoli sul lato A e Twenty-Twenty Live at Forte Geremia sul lato B, già disponibile in formato digitale e video, pubblicato nel giugno 2021.

Solo 30 copie della cassetta saranno disponibili, e ciascuna comprenderà un download digitale dei due singoli… e una penna BIC.

Le canzoni saranno trasmesse in premiere sul canale YouTube 666MRDoom il 2 dicembre 2021.


Dopo aver creato un mare di nuovi riff dalla pubblicazione di Twenty-Twenty in poi, e avendo avuto la possibilità di registrare e diffondere Live at Forte Geremia, i tempi erano finalmente maturi per pubblicare nuova musica.

Abbiamo suonato tantissimo in sala prove, considerato che in Italia lo stato di emergenza è proseguito per parecchio tempo, e Darvaza e Brinicle sono i primi prodotti di questo periodo di grande produttività musicale in casa Ikitan, dice la band.


I fenomeni naturali strani e i fatti bizzarri hanno sempre affascinato gli Ikitan: il nome stesso della band è quello del presunto dio del suono delle pietre per gli Aztechi, così come rappresentato nella copertina di Twenty-Twenty.

Darvaza si trova in Turkmenistan mentre Brinicle è un fenomeno che accade nell’Oceano Antartico.


Darvaza (“La porta dell’inferno”, un cratere creato artificialmente e che non ha smesso di bruciare dagli anni ‘70) e Brinicle (una stalattite ghiacciata che uccide tutto quanto incontra sulla sua strada, chiamato anche “il dito della morte”) rappresentano due facce della nostra essenza, diverse e complementari allo stesso tempo. Ikitan può essere devastante e potente ma anche etereo e onirico, dichiara la band.


L’idea di pubblicare i due singoli in una cassetta viene da Massimo Perasso, proprietario di Taxi Driver Records, etichetta musicale indipendente nata a Genova nel 2009.


Siamo felicissimi di collaborare con Maso, una vera leggenda genovese in fatto di musica heavy, stoner e progetti interessanti in generale, e con la sua etichetta Taxi Driver Records. Da sempre fan degli album che ha pubblicato, il fatto di essere in compagnia di alcune delle migliori band di Genova (e non solo) ci riempie di orgoglio, concludono gli Ikitan.


Gli Ikitan si sono formati a Genova nel 2019. La musica della band viene concepita nel corso di lunghe jam session. Il debutto arriva il 20 novembre 2020 con un EP strumentale autoprodotto contenente una sola canzone, Twenty-Twenty, della durata di 20 minuti e 20 secondi, accolto in maniera positiva da stampa e fan a livello mondiale.

Impossibilitati a suonare dal vivo a causa della pandemia, gli Ikitan registrano Twenty-Twenty Live at Forte Geremia nel marzo 2021: si tratta del primo concerto della band, registrato in cima a un vecchio forte militare (819m slm) e senza pubblico, il cui video, un tributo ai generator parties, è disponibile su YouTube.

Le copertine di Twenty-Twenty e di Darvaza y Brinicle sono opera di Luca Marcenaro.


Save the date! Darvaza y Brinicle sarà pubblicato il 3 dicembre 2021 in una cassetta in edizione limitata (30 copie) da Taxi Driver Records e sarà disponibile sul Bandcamp dell’etichetta.




venerdì 26 novembre 2021

ASAF SIRKIS, Solar Flash (2021)

 


Solar flash è il nuovo disco di Asaf Sirkis, batterista di notevole esperienza (e che spesso abbiamo incontrato negli anni) qui accompagnato da Kevin Glasgow (basso) e Gary Husband (tastiere e piano), oltre che da due special come Sylwia Bialas (voce) e Mark Wingfield (chitarra). L’album è la classica uscita Moonjune Records, con un range espressivo che va dalla fusion al progressive, passando per il jazz rock e l’improvvisazione, una combinazione di elementi come spesso risultano le produzioni dell’etichetta di New York. Le trame architettate da Sirkis risultano profonde e complesse, esplorano soluzioni che trovano vita nell’iniziale grandezza di Kinship, per poi proseguire nell’omaggio a Eric Kamau Gravatt (Weather Report, McCoy Tyner, Joe Henderson) di For Eric, in cui troviamo la voce dell’eterno Sun Ra, e culminano nella lunga Polish Suite divisa in tre parti, dove la struttura si fa libera di esplorare una via personale alla jazz fusion. Il percorso intrapreso da Asaf è figlio di passione e studio, tecnica e pathos, una sensibilità che bilancia con maestria le parti del quadro, segno di una creatività che si fa tangibile e che conferma lo straordinario lavoro di ricerca della Moonjune Records. (Luigi Cattaneo)


mercoledì 24 novembre 2021

SAVELLI-ZANOTTI, Italian Kidd (2021)

 

Questo album è diventato un festival, uno di quei momenti di aggregazione e condivisione a cui purtroppo non siamo più abituati. Un festival con un filo conduttore rappresentato dalla scrittura e dalla produzione, che ha lasciato spazio ai cantanti di esprimersi e raccontare storie molto diverse, non da divi ma semplicemente da interpreti dei brani e soprattutto dell'epoca che stiamo vivendo. C'è una foto nel libretto che raffigura questo periodo storico: barchette ormeggiate al tramonto. Crediamo che si sentano così molti artisti e musicisti che aspettano di poter riprendere il largo. Con queste parole, il duo formato da Alex Savelli (chitarra, basso e tastiere ex Pelican Milk e collaboratore negli anni di Francesco Guccini, Paul Chain, Ares Tavolazzi, tra gli altri) e Ivano Zanotti (batterista impegnato con Ligabue, Vasco Rossi, Brian Auger, Eugenio Bennato), sintetizza il lavoro dietro Italian Kidd, un disco dove la creatività emerge netta, senza pressioni e barriere, con l’idea di collettività che trova sostanza nella scelta di utilizzare un cospicuo numero di cantanti, scelti di pezzo in pezzo per narrare con forza gli anni quantomeno particolari che tutti stiamo affrontando. Un album pieno di sostanza e forza, con Savelli che spiega come i brani siano stati quasi tutti scritti dopo avere conosciuto Ivano e pensando di suonarli insieme a lui. Per questo ho voluto coinvolgerlo nella produzione e nei mixaggi, e proprio per questo abbiamo deciso di dividere i diritti dei brani con gli ospiti in parti uguali; il lavoro di ognuno è stato assolutamente determinante per la riuscita del disco. In fondo chi ha scritto cosa, soprattutto per chi ascolta, ha un valore molto relativo e credo che se musicisti e interpreti fanno proprio un brano poi quel brano diventa più del pubblico che di chi lo ha scritto.  Tra le cose migliori abbiamo Dogman, con la voce piena di pathos di Massimo Danieli, Dead end che vede la versatile Jeanine Heirani protagonista (già con Savelli nei Nostress), The stranger, episodio carico e vibrante di energia dove Frederick Livi marchia a fuoco il pezzo, Spears con Lorenzo Giovagnoli dei progsters Odessa e la lunga The shepherd, vibrante viaggio per Valentina Gerometta dell’interessante progetto Zois. Menzione a parte per Non siamo soli, unico momento in italiano con Luciano Luisi convincente interprete di un momento che si stacca dai restanti ma rimane impresso nella memoria, concludendo ottimamente un esordio tra i più meritevoli di questo 2021 in ambito rock. (Luigi Cattaneo)

The stranger (Video)



lunedì 22 novembre 2021

INSTANT CURTAIN, Let tear us apart (2020)

 


Bell’esordio per gli Instant Curtain, quartetto composto da Giuseppe Petrucci (chitarra, hammond, piano, mellotron e synth), Fabrizio Poggi (basso, tastiere e batteria), Carlo Maria Marchionni (batteria) e Massimo Gerini (voce), che arriva a questo Let tear us apart consapevole dei propri mezzi e con una passione innata per il progressive rock. Inutile dire della bravura tecnica degli interpreti, abbinata ad una buona capacità di scrittura, che fa dell’album un bel viaggio all’interno di un mondo sonoro composito e suggestivo, dove troviamo le origini inglesi di un genere immortale ma anche i suoni di band nostrane come Court e Anèma. Reverse in the sand mostra da subito una band attenta alla rifinitura melodica, capace di porre uno sguardo sul passato storico ma anche sul contemporaneo, Tell the tales, may I cita i Genesis ed è un episodio dalle tipiche atmosfere vintage, mentre The beginning mostra come il lavoro d’insieme per la band sia fondamentale. Briosa e complessa All white, tesa e coinvolgente The ship battle down, tra i momenti migliori del disco, prima di And the rest divide us, altro brano notevole, con l’hammond che si fa protagonista con il passare dei minuti. I Genesis sembrano tra i modelli anche in Safe as the world, Petrucci gioca con la chitarra in Stay, il finale di April, con le intricate ritmiche della coppia Marchionni/Poggi è l’epitaffio di un lavoro interessante e molto gradevole. (Luigi Cattaneo)


giovedì 18 novembre 2021

ZUMTRIO, Radioscapes (2020)



Francesco Canavese (chitarra), Francesco Giomi (synth e radio) e Stefano Rapicavoli (batteria) sono i musicisti dietro lo Zumtrio, un progetto che si muove libero e senza confini, dove l’improvvisazione si fa regina e portatrice del seme dell’accoglienza. La produzione Tempo reale, centro fondato da Luciano Berio a Firenze nel 1987 e oggi punto di riferimento per la ricerca, la produzione e la formazione nel campo delle nuove tecnologie musicali, ci dirige come per i Minus (di cui avevamo parlato qualche mese fa) verso l’avanguardia sperimentale, fatta di elettronica, jazz di ricerca e moduli elettrici. La radio analogica che diviene strumento è simbolo dell’indagine sui suoni e le loro possibilità portate avanti da Tempo Reale, un’esigenza di studio che diviene corpo con questo Radioscapes, 50 minuti circa dove il trio interagisce senza vincoli, un percorso free dissonante che non manca di citazioni post articolate, frangenti darkeggianti e derive noisy taglienti. Il disturbante uso della radio analogica nel contesto creato è impulso ulteriore nel percorso delle trame del lavoro, perlustrazione delle possibilità improvvisative di un terzetto cosciente delle proprie possibilità e libero di creare musica senza compromessi. (Luigi Cattaneo)  


sabato 13 novembre 2021

GIUSEPPE CALINI, Polvere, strada e rock'n'roll (2021)

 

Nuovo lavoro per Giuseppe Calini, rocker di Legnano che con Polvere, strada e rock’n’roll arriva al suo diciottesimo disco, ancora edito da Music Force e nuovamente carico di rock italiano, quello di Ligabue e Vasco Rossi, sporcato in diversi momenti da giri blues e rimandi alla musica made in USA. Calini sa indubbiamente scrivere brani immediati e d’impatto, punta su tematiche care ad un certo stile e non cerca di stupire con trovate ad effetto, rimanendo nell’ottica di costruzioni consuete, tra riff semplici ed essenziali e strutture lineari. Il lavoro si lascia indubbiamente ascoltare, soprattutto se non si cerca l’effetto sorpresa o la novità, anche se forse mi sarei aspettato maggiore groove dal disco, aspetto che emerge qua e là ma manca in alcuni momenti dell’album. Giuseppe dalla sua ha però la palese volontà di guardare al rock senza artifizi, con testi che arrivano al cuore del racconto (Spara, spara ancora ma anche Take me home e Good bye Route 66), una narrazione forse imperfetta ma che non sporca il messaggio finale del milanese, con la sua passione per un’epoca lontana, per un suono immortale, che l’autore riversa da più di 30 anni nei suoi dischi, fatti di viaggi lontani, polvere, strada e r’n’r. (Luigi Cattaneo)

Biglietto per la vita (Video)



MOUNTAIN'S FOOT, Mountain's foot (2020)

 

Uscito l’anno scorso per Delta Promotion, Mountain’s foot è l’esordio omonimo del quartetto formato da Matteo Scaringelli (voce e chitarra), Mauro Ramozzi (chitarra), Simone Facchi (batteria e percussioni) e Fabio Bonomi (basso), un debutto davvero molto valido di southern rock contaminato di blues. I piemontesi ci riportano indietro nel tempo, tra la quadrilogia dei Led Zeppelin, l’inizio dei ’70 della The Allman Brothers Band e il revival di Shake your money maker e The southern harmony and musical companion targato The Black Crowes, fino ad arrivare ai contemporanei Blackberry Smoke, creando così un consapevole ponte fra epoche ma sempre all’insegna di un r’n’r verace e brillante. Background che ritroviamo tra le note di pezzi come la vibrante Angry bear, nel rock blues di Admirable vision, ingentilito dal piano di Michele Guaglio e nella variegata On a beat of a gun. Non sono da meno la Rock and Roll dose, con la sua carica divertente e sfrontata, l’ottima Always sick and tired e la conclusiva Libra, finale sessantiano di un lavoro denso e passionale sotto tutti i punti di vista. (Luigi Cattaneo)

Angry bear (Video)



mercoledì 10 novembre 2021

SCHERZOO, 05 (2020)

 

Fondati a Lione nel 2005 da Francois Thollot, polistrumentista innamorato del progressive settantiano, gli Scherzoo arrivano oggi al quinto disco, pubblicato dalla nostrana Lizard Records, album che conferma la propensione strumentale dei francesi, che continuano a citare Canterbury, il jazz rock, il prog sinfonico e la classica. Oltre a Thollot (basso), troviamo Clèment Curaudeau alla batteria e due tastieristi, Anthony Pontet (paino, organo e synth) e Grègoire Plancher (piano e mellotron), con la logica conseguenza che siano proprio questi ultimi due elementi citati a sospingere la formula introdotta nell’album precedente. Proprio l’interplay dato da una certa solidità di line up ha portato ad un risultato complessivo brillante, con le tastiere che dominano in lungo e in largo un album raffinato e vintage. Sunday therapy mostra subito lo stile del quartetto, una sorta di introduzione a quello che è il sound di 05, prima della lunga Le Rèveile, che si muove tra ritmi dispari, stacchi arditi e cambi di tempo alla Gentle Giant e della seguente Plastic lizard, un bel tuffo nei ’70, contraddistinto da più elementi e con un mood cinematografico piuttosto azzeccato, sia nelle parti jazzate che in quelle atmosferiche e vagamente gobliniane, elaborazione di un suono che si stratifica con intelligenza. La lunghissima XZ/02 sviluppa una serie di temi e di idee piuttosto articolate, tra passaggi classicheggianti e spirali di puro progressive, Tourmente des nombres presenta trame vivaci e godibili, mentre Bachannales Bucoliques non fa altro che confermare come i transalpini guardino con gusto e passione ad una stagione ormai parecchio lontana nel tempo. Le Baron perché ha un inizio misterioso, per poi sviluppare fraseggi curati e dinamici, la conclusiva Tsunami è anima e sintesi del background degli Scherzoo, quasi 15 minuti che faranno la felicità di tutti gli amanti del prog tastieristico più sfrenato ed ottimo finale di un ritorno godibile ed elegante. (Luigi Cattaneo)

Bachannales Bucoliques (Video)



martedì 9 novembre 2021

OUT IN STYLE, Letter never sent (2020)

 


Nati nel 2016 dalla penna di Joao Xavier (voce e basso), gli Out in style trovano nel batterista Ricardo Niemicz il giusto contraltare ritmico nella lavorazione di Coffee, beer and a movie (ep del 2016) e successivamente arrivano a definitiva line up con l’ingresso del chitarrista Marlos Andrews, stabilità che li porta ad aprire per Satanic Surfers e Antillectual (act con cui condividono anche una certa attitudine). La firma con l’italiana Too Loud Records coincide con la pubblicazione di Broken dreams (2018) e dell’attuale Letter never sent (2020), un concentrato di punk rock melodico e hardcore che gli amanti del genere apprezzeranno sicuramente, vista l’indole accomunabile a band come Millencolin, No fun at all e Pennywise. Mid tempo e velocità segnano il lavoro del trio, che instilla piccole dosi di malinconia ai brani, regalando alcune tracce davvero ben riuscite, come When night falls fast, Today is the past o Time is passing by, dove l’hardcore punk si fa emozionale e vibrante, foriero di energia e chorus cantabili. Le brillanti idee messe sul piatto fanno di Letter never sent l’uscita migliore del gruppo, un giusto crossover di melodie pop, fraseggi catchy e strutture rock, e un plauso va anche alla nostrana label, che si dimostra ancora una volta attenta nello scandagliare il mercato estero alla ricerca di band di valore. (Luigi Cattaneo)

lunedì 8 novembre 2021

MARKUS REUTER, Sun trance (2020)

 

Insieme alla Mannheimer Schlagwerk e a Dennis Kuhn, Markus Reuter, chitarrista di cui abbiamo spesso parlato da queste pagine, si è imbarcato nel 2017 in un progetto molto ambizioso, registrato live a Mannheim, cittadina tedesca del distretto di Karlsrule. Grazie alla Moonjune Records Sun trance vede ora la luce, un ibrido di avant, psichedelia e ambient, una suite che è profondo viaggio tra intricate melodie orchestrali, arrangiamenti sofisticati, passaggi ipnotici e un crescendo emotivo che diviene palpabile con il passare dei minuti. La direzione di Kuhn, vibrafonista e produttore, porta ad un lavoro articolato e che ha bisogno di essere assimilato con attenzione, con Reuter che, da grande musicista qual è, si inserisce perfettamente con grazia e la consueta curiosità. Il suono del chitarrista tedesco si amalgama con quello dell’ensemble, mostrando la solita dose di immaginazione che lo caratterizza, studioso delle possibilità armoniche dello strumento, foriero di intuizioni free ed esploratore di suoni sempre più variegati. (Luigi Cattaneo)

Sun trance (Video)



venerdì 5 novembre 2021

EL ROJO, El Diablo Rojo (2020)

 


Ci siamo occupati dei calabresi El Rojo (Evo Borruso alla voce, Fabrizio Miceli e Fabrizio Vuerre alle chitarre, Pasquale Carapella al basso e Antonio Rimolo alla batteria) in occasione dello split Southern Crossroads con i Teverts ed è un piacere ritrovarli con il loro primo full, El Diablo Rojo, pubblicato dalla Karma Conspiracy Records, etichetta sempre attenta quando sul piatto c’è da mettere qualche ottimo gruppo stoner. Sound che ritroviamo con forza tra le note dell’iniziale South e della seguente El camino, mentre in Cactus bloom il deserto incontra il grunge, influenza che appare più volte tra le pieghe di un lavoro dove è facile sentire l’amore per Kyuss, Soundgarden e Black Sabbath. Gli El Rojo non si perdono in inutili orpelli e preferiscono inondare di riff densi e ritmiche hard la proposta, in un tumultuoso viaggio che parte dagli anni ’70 e arriva all’inizio dei ’90. Maturità e songwriting fanno del disco un lavoro solido e ricco di ottimi spunti, oscuro e potente, mostra come si possa suonare un genere oramai codificato in maniera credibile e passionale. Album molto consigliato agli amanti di certe sonorità. (Luigi Cattaneo)  

mercoledì 3 novembre 2021

DEATH SS, X (2021)

 


Presentato in anteprima al Legend Club di Milano il 23 ottobre, X è l’ultimo disco targato Death SS, band che dal ritorno sulle scene con Resurrection del 2013 ha trovato una certa continuità, che ha giovato probabilmente a Steve Sylvester, personaggio che non ha bisogno di presentazioni e che continua a confermare la sua centralità nella scena metal nazionale. L’ormai leggendaria formazione (in giro dal lontano 1977) è ancora maestra nel narrare l’oscuro, il buio, e Steve si muove con consapevolezza e studio nei meandri dell’occulto, tra esoterismo e uno sguardo sempre peculiare sull’orrore e le contraddizioni del genere umano, accompagnato da Al De Noble (chitarra), Freddy Delirio (tastiere), Glenn Strange (basso) e Mark Lazarus (batteria). L’album è un concentrato di melodie sinistre, racconti cupi e nera teatralità, concept che parte dall’iniziale tenebra di The black plague, con Andrea DeVenezia (già con i Sine Macula) che offre il suo contributo alla chitarra. La gradevole Zora, primo singolo scelto per il lancio dell’album, omaggia l’eroina del fumetto erotico/horror italiano anni ’70, con la significativa presenza di Andy Panigada degli storici Bulldozer, che dona ancora maggiore fisicità al suono dei Death SS, chitarrista che troveremo anche nell’inquietante Suspiria (dove vi è anche Ghiulz Borroni alla chitarra, pure lui dei Bulldozer e membro dei blackster Ancient) e nello speed heavy di Ride the dragon. Under Satan’s Sun prende le mosse dall’industrial gotico che aveva caratterizzato la produzione di inizio anni 2000 (che personalmente adoro), Rebel God con le sue melodie ruffiane si fissa in testa sin dai primi ascolti, cosa che accade anche nella seguente Temple of the rain, dove il vampiro è accompagnato dalla voce della bravissima Romina Malagoli. Minimale e affascinante la malinconica ballad Heretics, prima di The world is doomed, atmosferica e ottimamente suonata e della conclusiva Lucifer, bel finale di un lavoro che mostra Steve Sylvester e la sua band ancora una volta ispirati, cosa sorprendente dopo oltre 40 anni di attività. (Luigi Cattaneo)

Suspiria (Video)



domenica 31 ottobre 2021

L'UNIVERSO, Atema Ndanaxeo (2021)

 




Collettivo free capitanato dal bassista Adriano Barbiero (già con Macigno Mobile e Nema Niko), guida di un suono spaziale, rituale, che si muove senza punti di riferimento, un’attitudine che può ricordare i corrieri cosmici della Kraut e che fa della lunga suite un’esperienza da vivere senza preconcetti e limiti. Ovviamente se si cerca la forma canzone, spunti melodici memorabili, composizione e uno spazio definito che sia accogliente e gradevole Atema Ndanaxeo non è il lavoro che fa per voi. Chi invece cerca un trip verso l’ignoto, una musica senza recinti, pura psichedelia free, space rock, etnica e una generale libertà senza confini, troverà nel lavoro di Barbiero un’espressività scevra di orpelli, accostabile alle ultime produzioni di Minus, Il Muro del Suono e Maurizio Curadi. Sei movimenti tutti improvvisati dove la formazione è aperta e ogni musicista ha portato il proprio contributo (cosa che accade anche nei live del collettivo), perché L’universo, la totalità di tutto ciò che esiste, tutto volto in un’unica direzione dove il destino di tutto è comune e l’essere incastonati in un unico cielo significa essere incastonati in una stessa sorte, di cui per parte siamo responsabili. (Luigi Cattaneo)

giovedì 28 ottobre 2021

MOONSHINE BOOZE, Pandemonio (2021)

 

Nati nel 2014, i Moonshine Booze sono un trio formato da Andrea Capuano (voce), Emiliano D’Ignazio (chitarra) e Fabio Mancini (batteria), che ha sviluppato negli anni un interessante miscela di alternative e tendenze bluesy, frutto dell’influenza di mostri sacri come Rolling Stones, The Who, The Clash e Muddy Waters. Dopo Desert road del 2017 eccoli tornare con Pandemonio, accattivante sin dall’artwork che dalle iniziali note di The hole, che mostra la scelta di guardare al passato per restare con un piede nell’attualità. Classicità vintage che viene ben bilanciata con sonorità più moderne in Crazy again e Ponderosa, pezzi dove si denota come la band si sia mossa con attenzione lungo una via di demarcazione tra atmosfere retrò e rock contemporaneo, creando così un filo conduttore che si snoda attraverso sonorità ruvide e taglienti ma sempre accompagnate da una certa attenzione per melodie che sanno essere intense ma anche di facile presa. (Luigi Cattaneo)

The tide (Video)



FILIPPO VILLA, Storielle dispari (2019)

 

Uscito nel 2019, Storielle dispari è il primo album di Filippo Villa, cantautore veronese che negli undici pezzi presenti nel disco si muove tra il serio e l’ironico, citando la migliore tradizione della canzone d’autore italiana. Piccole storie quelle espresse da Villa, che sceglie di volta in volta musicisti consoni alla sua scrittura, in un percorso partito nel 2012 e che ha trovato il suo culmine proprio in questa raccolta di emozioni. Tra le cose migliori di questo gradevole esordio abbiamo Blu scuro, con il contrabbasso di Giulio Corini e la viola di Maddalena Fasoli, che creano le giuste armonie per i pensieri di Filippo, la delicata Profumo, marchiata dall’ottimo lavoro di Verona Marchi al pianoforte e al wurlitzer e la conclusiva Sardine, bellissimo finale di un disco che deve incoraggiare il veneto a continuare a scrivere e pubblicare la sua musica. (Luigi Cattaneo)

Profumo (Video)



venerdì 22 ottobre 2021

CANNIBALI COMMESTIBILI, Cannibali Commestibili (2019)

 

Con enorme ritardo ho scoperto questa band trentina che ha esordito nel 2019 per Overdub Recordings, sinonimo di garanzia quando si parla di alternative italiano. I dubbi su un monicker non propriamente invogliante (e mi scuso perché ho peccato stavolta di superficialità), vengono spazzati via dalla forza dirompente di questo trio formato da Maurizio Togn (voce e batteria), Daniele Nardon (chitarra) e Paolo Tiago Murari (basso) e che si caratterizza per una elettrizzante mistura di indie, grunge e stoner, elementi che si condensano sin dall’iniziale Gordon Pym, inquieta quanto basta per convincermi sin da subito di trovarmi al cospetto di un gruppo da non snobbare. Il greve impatto di Goditi il silenzio e le atmosfere torbide e fangose di Qualche corpo e L.A. sono solo i primi passi di un disco che oscilla tra foga hard e amare melodie, mostrando un piglio maturo e consapevole spesso inconsueto quando si parla di album di debutto. (Luigi Cattaneo)

Gordon Pym (Video)



mercoledì 20 ottobre 2021

EMANUELE SARTORIS & DANIELE DI BONAVENTURA, Notturni (2021)

 


Uscito per la Caligola Records, Notturni è il nuovo lavoro di Emanuele Sartoris (piano) e Daniele di Bonaventura (bandoneon), un disco dalle grandi atmosfere, che parte dal celebre Op. 9 di Frèdèric Chopin ma che sviluppa un discorso originale figlio della forte personalità dei due interpreti. Un album che si muove tra classica e improvvisazione, raffinato esempio di come ci si possa incontrare a cavallo di generi, guardando all’ottocento per poi addentrarsi in territori contemporanei, con l’interplay tra i due musicisti che è figlio di un perfetto equilibrio di note. Senza preconcetti ci si muove lungo una linea immaginaria che unisce Satie e Debussy con le dinamiche del jazz, Chopin con l’idea che certe free form possano coesistere, formando un diverso modo di pensare il Notturno stesso. Scrittura e libertà finiscono per bilanciarsi, si incontrano nel percorso, fatto di spunti e comunicazione, dove le immagini scorrono come in un film ed elaborano una soundtrack che evoca e descrive momenti di pura suggestione (da citare almeno Le terre oniriche, L’aurora ma anche La fine dei tempi). Lavoro di ricerca sui contenuti, elegante e delicato. (Luigi Cattaneo)


martedì 19 ottobre 2021

NADDEI, Mostri (2020)

 

Musicista, produttore e arrangiatore (conosciuto come Francobeat), Franco Naddei si cimenta ora con un lavoro particolare, Mostri, raccolta di cover di autori italiani pubblicata nel 2020. L’omaggio di Naddei ad alcuni protagonisti della scena nazionale mostra il piglio elettronico del progetto, una rivisitazione curiosa di un repertorio discretamente ampio che viene stravolto da ritmiche wave e suoni spesso cupi. La divertita definizione di cantautorave trova significato nell’introspezione di Io sono uno di Luigi Tenco, nelle inflessioni vicine al miglior Andrea Chimenti di Più di così no, brano di Piero Ciampi reso perfettamente dall’uso di una doppia voce, quella di Sabrina Rocchi, che ben si amalgama con il vestito sonoro scelto da Naddei. Sono buono degli Skiantos si tinge pesantemente di elettronica, inquietante la resa di Verranno a chiederti del nostro amore di Fabrizio De Andrè, mentre il Paolo Conte di Un vecchio errore chiude con consapevolezza un album personale e intelligente. (Luigi Cattaneo)

Verranno a chiederti del nostro amore (Video)



domenica 17 ottobre 2021

ANANDA MIDA, Karnak (2021)

 



A due anni di distanza dal brillante Cathodnatius, tornano gli Ananda Mida (Davide Bressan al basso, Max Ear alla batteria, Conny Ochs alla voce, Alessandro Tedesco alla chitarra e Matteo Scolaro alla chitarra) con un interessante ep live, Karnak, registrato nelle estati 2018 e 2019. L’apertura è affidata ad un’ottima versione strumentale di Anulios (tratta dal loro esordio), che sfocia in Jam with Mario, dove Scolaro cede il posto a Mario Lalli, chitarrista degli storici Yawning Man e Fatso Jetson. La chiusura è affidata a The pilot, unico brano cantato e finale di un disco che ha il pregio, pur nella sua brevità, di mostrare l’attitudine psichedelica e stoneriana dei veneti, un’idea di collettivo che ricerca collaborazioni e non si pone steccati o barriere. In attesa del nuovo Reconciler (ultimo capitolo della trilogia) questo ep è un gustoso intermezzo per scoprire una band di grande valore. (Luigi Cattaneo)

giovedì 14 ottobre 2021

VANEXA, The last in black (2021)

 

Quando si parla di heavy metal in Italia è impossibile non fare i conti con i Vanexa, band ligure il cui primo disco risale al lontano 1983 e che negli anni è diventata un’autentica formazione di culto, non solo nella nostra penisola. Della line up originale fanno parte ancora Sergio Pagnacco (basso) e Silvano Bottari (batteria), accompagnati dagli ottimi Andrea Ranfagni (voce anche degli storici The trip e dei Secret Alliance), Artan Selishta (chitarra) e Pier Gonella (chitarrista già con Necrodeath, Labyrinth, Mastercastle e Odyssea), tutti musicisti di grande esperienza che rappresentano al meglio il marchio Vanexa nel 2021, e la pubblicazione di The last in black (Black Widow Records) è qui a testimoniarlo. Il nuovo corso intrapreso (dopo Too heavy to fly del 2016) è ancora all’insegna di un hard & heavy a tutto tondo, compatto, epico e perfettamente suonato, incastonato in un songwriting solido che brilla nella title track d’apertura, nella vena melodica di Like a mirage e nella settantiana Dr. Strange, cavalli di battaglia di un lavoro che si chiude con il ripescaggio di Hiroshima, tratto da Back from the ruins del 1988 (proposta sia in inglese che in italiano). (Luigi Cattaneo)

Full Album (Video)






mercoledì 13 ottobre 2021

LUNAR DUMP, Lipo (2021)

 

Già attivi negli anni ’90, i fratelli Paolo e Zeno Camponogara nel tempo hanno maturato esperienze significative, tra cui i Murmur, band che arrivò a suonare nel mitico Cavern Club di Liverpool. La nuova vita, o evoluzione, di quel gruppo, è il progetto Lunar Dump, in cui Paolo suona synth, chitarra e drum machine e Zeno si divide tra batteria, percussioni, sampling e loop station, e Lipo è il nuovo ep fresco di stampa. I 4 brani, fondamentalmente strumentali (ad eccezione di alcuni parti con il vocoder di Paolo), oscillano tra elettronica, psichedelia e new wave, richiamando ensemble come Air, Die Verboten e Froth. Psicositar è l’inizio del trip, trainato da un loop synth proprio di sitar, una partenza suggestiva che ci porta alla pulsante Rhythmic tape e al crescendo pieno di groove di Smoker’s bridge. La conclusiva Waterfall (singolo promozionale) mostra il lato più onirico della proposta e chiude un lavoro breve ma carico di significato. (Luigi Cattaneo)

Waterfall (Video)



IL TUSCO, Abbandonare la città (2020)

 

Abbiamo registrato Abbandonare la città a giugno 2020, in tre giorni pazzeschi, di un’intensità magica e inquietante: uscivamo dal lockdown dovuto al Covid 19 e non ci vedevamo da 4 mesi. Il titolo dell’album, la scelta di registrare su nastro, le tematiche di assurda e allucinata resilienza quotidiana, la sensazione fisica che ci sia davvero qualcosa di rotto in noi e nel mondo, la convinzione che la musica possa ancora aggiustarlo, tutto collimava. È il nostro quarto lavoro in studio dal 2015, il terzo con la fantastica etichetta Andromeda Relix: otto canzoni scritte in italiano e pensate in rock, senza mollare mai. Basterebbero queste parole di Diego Tuscano, in arte Il Tusco, per spiegare perfettamente il mood del disco del cantante ex SanniDei, on the road da 25 anni ma concentrato sulla sua carriera da solista dal 2015, culminata l’anno scorso con Abbandonare la città, disco in cui viene accompagnato da Erik Noro (chitarra), AleAlle (basso) e Gianluca Chamonal (batteria). L’autore imbeve la sua musica di sarcasmo e ironia (L’ultimo film porno, Mostro), con richiami a Ivan Graziani e Eugenio Finardi, mostra influenze bluesy (Dosi omeopatiche) e guarda al prog dandone una sua lettura (Animaccia mia e Il trionfo di Hobbes), per un risultato complessivo gradevole e sicuramente interessante. (Luigi Cattaneo)

Album Teaser


 

martedì 12 ottobre 2021

INTERVISTE PROGRESSIVE, Emanuele Sartoris e Daniele Di Bonaventura presentano Notturni (Caligola Records)

In occasione dell'uscita dell'album Notturni, abbiamo incontrato il duo formato da Emanuele Sartoris e Daniele Di Bonaventura per farci raccontare cosa si nasconde dietro l'album da poco pubblicato. 



Si può definire Notturni come un viaggio che parte dall’ottocento romantico e arriva ai giorni nostri? È la vostra personale rivisitazione in chiave moderna?

Sartoris: Sicuramente si può parlare, in parte, di un viaggio che rende attuale e vivo ciò che è già stato scritto nell’ottocento romantico, ma non solo. A livello compositivo si arriva ai giorni nostri attraverso la penna mia e di Daniele, si è scritta infatti musica senza preconcetti melodici ed armonici, sicuramente ispirati dalle grandi composizioni già presentate dai grandi, ma prendendo come spunto tutto ciò che poteva essere necessario per raccontare le storie che volevamo sottoporre all’ascoltatore. Nel mio personale traggo spunto da Satie ed i suoi Notturni, da Scrjabin e Debussy, così armonicamente personali ed espressivi, dal jazz contemporaneo, dal blues e da tutto ciò che realmente può asservire la dinamica dei miei racconti. L’opera di Chopin con i suoi Notturni Op.9 Nr 1 e 2 sono non solo un omaggio al genio assoluto e la sensibilità del compositore polacco ma un rendere attuale e da tutti fruibile ciò che è stato scritto quasi duecento anni fa, basta pensare che i 3 Notturni dell’opera 9 sono stati scritti proprio nel 1832, 189 anni fa, ma che sono ancora incredibilmente attuali ed immortali. L’idea è quella di mostrare che l’improvvisazione all’epoca era viva esattamente come nel jazz oggi e che queste forme possono essere utilizzate con lo stesso sistema che al giorno d’oggi i jazzisti adottano con gli standard. Tutto questo rende meno sacro l’utilizzo di melodie immortali riportandole all’improvvisazione, qualcosa che ad oggi sembra sbagliato in quell’ambiente, ma che nell’800 nella musica classica era di uso comune e non destava clamore alcuno.

Di Bonaventura: Io lo penserei in maniera più romantica ancora, e cioè che il notturno è una forma musicale che nasce nel XVIII secolo formata da vari movimenti e poi divenuta più diffusa nell’800. La cosa interessante è che le composizioni di Emanuele sono proprio composizioni molto strutturate e articolate, interessanti proprio per la loro varietà formale, cosa che manca nel mondo del jazz attuale. Quindi non si tratta di una rivisitazione secondo me ma di un vero e nuovo approccio creativo compositivo al quale scaturisce un diverso approccio improvvisativo.

Pianoforte e Bandoneon si sostengono e si amalgamano in maniera mirabile, come avete lavorato per raggiungere tale equilibrato bilanciamento?

Di Bonaventura: Per me è stato molto semplice perché Emanuele aveva già pensato a delle linee melodiche e delle piccole parti contrappuntistiche, il lavoro è stato bene studiato e ponderato. Emanuele conoscendomi come bandoneonista ha saputo sfruttare alla perfezione il mio tocco e il suono del bandoneon come se fosse una voce, un canto che si staccasse dalla parte pianistica quasi come rendere il notturno simile ad un Lied.

Sartoris: Sicuramente pensare in fase di scrittura al suono del mio compagno di viaggio è stato molto utile, possiamo dire che non si è quasi cambiato nulla di ciò che idealmente si era prestabilito a livello teorico prima dell’incisione. Dall’altra la mirabile esperienza di Daniele che non è nuovo a questo genere di formazione ha fatto si che le cose volgessero al meglio. Il suo orecchio, la sua predisposizione e sensibilità a comprendere dove sta andando la musica hanno fatto si che tutto andasse a buon fine praticamente sempre al primo colpo. Ciò che abbiamo registrato non voleva essere statico, ci sono momenti di grande libertà alternati ad altri di scrittura serrata, l’obiettivo era essere a nostro agio per far si che potesse emergere il nostro suono e la nostra personalità. Dal mio canto poter lavorare con Daniele è stato un sogno perché il suo suono rappresenta al meglio la sua personalità: sensibile disponibile ed accogliente. E lui ed il suo strumento, citando Voltaire, sono davvero la migliore delle collaborazioni possibili. 

Come si mettono insieme l’amore per la classica e la spinta free che si avverte pulsante tra le note del disco?

Sartoris: Questa collaborazione nasce da diverse chiacchierate che con Daniele ho avuto la fortuna di intraprendere prima di ritrovarci in studio di registrazione. Sia io che Daniele abbiamo una sincera passione per la musica classica, Daniele per altro, tra le tante cose, è diplomato in conservatorio proprio in composizione classica ed è subito stato spontaneo condividere i nostri interessi per artisti immortali che ne hanno fatto la storia. Condividendo le nostre avventure musicali ho confessato a Daniele il mio essere reduce dalla registrazione della nostra versione del Totentanz di Franz Liszt insieme al pianista classico Massimiliano Gènot mentre, tra i tantissimi lavori che ha intrapreso in questo senso, Daniele mi aveva parlato a lungo del suo lavoro sulla Petite messe solennelle di Rossini. Sia io che Daniele divoriamo libri e dischi analoghi riguardanti il mondo della musica cosiddetta colta e abbiamo comuni passioni per alcuni esponenti della musica classica, tutto questo unito al fatto che non abbiamo alcun tipo di remore nell’osare ed irrompere nel mondo classico con la nostra personalità e verve improvvisativa, che ci ha spinti a creare qualcosa che fosse nostro e che ben rappresentasse i nostri ideali. Nel mio personale ritengo che l’improvvisazione sia l’elemento più sincero a disposizione dell’esecutore. Che sia basata su una griglia di accordi, o che sia totalmente libera, l’improvvisazione descrive con genuina realtà e senza intermediari ciò che si vuole esprimere. Forse oggi ritengo che l’improvvisazione totale e libera da ogni vincolo sia il miglior rappresentante possibile della sincerità ed è forse quella che più cercherò di adottare nel futuro.

Di Bonaventura: Io credo nella musica totale, ma per praticare improvvisazione e scrittura nello stesso tempo bisogna avere un comun denominatore. Con certi musicisti lo puoi fare, con altri no. Bisogna aver attraversato varie esperienze musicali per praticare sia l’interpretazione di un tema in maniera classica e poi una improvvisazione radicale oppure una improvvisazione su una griglia di accordi. Quando ci ritroviamo con Emanuele parliamo soprattutto di musica classica e di Bill Evans, questo è il segreto J

In diversi passaggi sembra di trovarsi dinnanzi ad una soundtrack, probabilmente l’alta carica evocativa delle tracce spinge verso quella direzione fatta di immagini e ricordi …

Sartoris/Di Bonaventura: Riteniamo che la musica in qualche modo debba essere necessariamente descrittiva, in grado di condurre l’ascoltatore da qualche parte, alle volte è ancora meglio se lo stesso esecutore scopre insieme al pubblico i nuovi paesaggi sonori intrapresi, non solo per lo stupore, ma per essere sincero interprete di se stesso, un tramite reale tra immagine evocata ed emozione. Tutto questo porta necessariamente, e se si riesce si è colto un obiettivo non da poco, a far si che l’ascoltatore possa emozionarsi ed entrare nel racconto. Si tratta forse davvero di una soundtrack ma è la quint’essenza della stessa perché può vivere da sé, senza che ci sia una pellicola. La pellicola, le immagini, i ricordi, sono quelli legati all’ascoltatore stesso, è molto soggettivo e credo che sia il miglior obiettivo che la musica possa prefissarsi, comunicare in maniera profonda ed emozionare con sincerità. Speriamo davvero di esserci riusciti perché non solo è molto importante, ma forse è la cosa più importante in assoluto.

State pensando di lavorare su nuovo materiale?

Di Bonaventura: Per ora il materiale che abbiamo è già tanto, e la cosa bella è che ancora dobbiamo sfruttarlo bene anche perché abbiamo fatto pochi concerti ed io ho ancora voglia di suonare questa musica per un pò, c’è ancora tanto da scavare e magari lavorandoci su ci verranno sicuramente altre idee per il futuro.

Sartoris: Presi dalla recente uscita del disco stiamo ancora lavorando a programmare i concerti per promuoverlo, quindi non abbiamo ancora avuto modo di parlarne. Ma in tutta sincerità sicuramente vorrei continuare ad avere il privilegio di poter ancora lavorare con il suono e l’animo profondo ed onesto di Daniele. Di solito prima che termini un lavoro la mia fantasia ha la presunzione di fantasticare già su qualcos’altro e, se Daniele lo vorrà, sto immaginando già qualcosa di nuovo da poter condividere con lui.

Ci sono possibilità di portare il progetto dal vivo?

Sartoris: Per fortuna si, abbiamo recentemente presentato i nostri Notturni presso l’Open Papyrus Jazz Festival organizzato dal direttore artistico e percussionista Massimo Barbiero. Ad oggi stiamo lavorando per la presentazione che faremo a Torino il 21 dicembre presso il salone del Conservatorio, unica data scelta per la mia città. Si tratta di un concerto organizzato per noi dalla storica associazione che opera sul territorio, “ErreMusica” diretta da Marisa Riviera, che non ringrazierò mai abbastanza, perché si è prodigata con tutta se stessa per averci ospiti presso la splendida sala del Conservatorio in cui ho studiato. Si tratterà per me di un concerto davvero molto emozionante! Alcune presentazioni sono saltate perché sarebbero dovute avvenire durante il secondo lockdown ma speriamo di recuperare presto e di poter portare dal vivo il più possibile il nostro progetto!

Di Bonaventura: È naturale! Il progetto si presta per essere presentato non solo nei festival jazz ma anche nelle sale da concerto di musica classica. Sarebbe un peccato non portarlo in giro in rassegne e contesti differenti. La musica oggi ha bisogno di queste sperimentazioni e di questi nuovi progetti così rischiosi ma altrettanto affascinanti.