Enio Nicolini si
cimenta in questa sua nuova avventura dopo le importanti esperienze con The
Black, Unreal Terror, Akron e Sloe Gin, gruppi che sin dagli anni ’80 hanno
portato l’abruzzese ha esplorare le varie coordinate del metal, senza
dimenticare incursioni nel doom e nel dark prog. L’anno passato è uscito per
Buil2kill/Nadir questo Cyberstorm,
sotto la sigla Enio Nicolini and The Otron, che vede il leader, impegnato al
basso, accompagnato da una formazione di tutto rispetto composta da Ben
Spinazzola alla voce, Sergio Ciccoli (Scala Mercalli) alla batteria e Former
Lee Warner all’elettronica. L’assenza di una chitarra non è una novità nella
carriera di Nicolini, che qui predilige sonorità heavy calate in un contesto
moderno, con i testi, di ispirazione sci-fi, che diventano un collante
fondamentale per la buona riuscita del lavoro, che pare quasi un compendio del
background artistico del bassista. Le varie anime musicali del curioso
musicista lasciano traccia nelle trame sofisticate di Iss Armada, che vede la partecipazione di Tiziana Radis dei Secret
Tales, così come nell’oscura Anthios e
nella martellante Nanoids in my head.
Voivod, Rammstein, Killing Joke, Blaze Bayley, sembrano alcune delle influenze
dietro pezzi come Night of the hunt o
Timeless love, ma Nicolini ha una
tale personalità che il tutto viene centrifugato in maniera originale e
consapevole. Ovviamente il basso è elemento preponderante e caratterizzante del
suono, sostenuto dall’impeccabile prova di Ciccoli, un duo che segna a fuoco
l’iniziale title track, ma anche le aggressive pulsioni di Ramses W 45 e Planet X.
Nicolini continua il suo percorso creativo dopo Heavy sharing, importante preludio dell’attuale Cyberstorm e dimostrazione di come Enio
non abbia nessuna intenzione di guardare solo al suo passato, ma preferisca
divertirsi nel creare situazioni sempre nuove e personali. (Luigi Cattaneo)
Progressive Rock&Metal ma anche una panoramica su Jazz, Blues, Folk, Hard&Heavy, Psichedelia, Avanguardia, Alternative, Post Punk, Dark Rock. Un blog sulle sfumature della Musica.
mercoledì 29 aprile 2020
domenica 26 aprile 2020
NORTH OF SOUTH, New Latitudes (2018)
Sotto il monicker North
of South si cela Chechu Gomez, musicista spagnolo che si è occupato di scrivere
e registrare per intero questo New
Latitudes, album che abbraccia il progressive metal senza rimanere
soffocato da esasperati tecnicismi, complice una certa attenzione compositiva
per la forma canzone, imbevuta di melodie di facile lettura. Non un difetto,
soprattutto perché Gomez (impegnato alla chitarra, al basso, alle tastiere e
alla voce) ha un valido songwriting, che ben si bilancia tra momenti più vivaci
(Nobody Knows) e altri maggiormente
raffinati (la strumentale Cristal waters).
L’utilizzo della drum machine in alcuni passaggi non dona la giusta fluidità al
prodotto, così come la voce, che deve acquisire maggiori sfumature per
innalzare la qualità complessiva di pezzi comunque validi come The human equation e Time will tell. Le idee sicuramente ci
sono e pure discretamente sviluppate, in un crossover stilistico che abbraccia
anche elementi latini e spagnoleggianti, segno della volontà dello spagnolo di
includere più atmosfere all’interno dei suoi pezzi, leitmotiv interessante e
che potrebbe essere preso maggiormente in considerazione in futuro. (Luigi
Cattaneo)
The Human Equation (Video)
venerdì 24 aprile 2020
COSIMO BIANCIARDI & INTIMA PSICOTENSIONE, I.P.T. (2019)
Cosimo Bianciardi
inizia nel lontano 1992 ad occuparsi di musica, dapprima con gli Idra, e poi
con i Kaostributo e i Le Mòn. Tra ep, live e qualche problema personale, la
carriera di Bianciardi arriva fino ai giorni nostri, quando insieme agli
Intima PsicoTensione pubblica per Red Cat I.P.T.,
un lavoro dove il toscano ha messo tutto sé stesso, ha affrontato i propri
demoni, declinandoli sotto forma di un
rock cantautorale curato e rifinito, con alcuni elementi jazz e prog che
potrebbero essere maggiormente sviluppati in un prossimo futuro. L’album è
davvero molto interessante, sia nelle trame jazzate di Carnefice, che negli sviluppi introspettivi di Tutti i miei demoni e Bersaglio,
con Cosimo (voce e chitarra), ben supportato da Fabrizio Orrigo (pianoforte,
tastiere e chitarra), Leondardo Carbone (basso) e Umberto Bartolini (batteria).
I testi si amalgamano perfettamente al tessuto sonoro, basti ascoltare La grande ipnosi (in cui troviamo Giulia
Nuti alla viola e al violino) o Deserta (che
mi ha ricordato i Litfiba di inizio anni ’90), racconti in cui vengono
analizzate situazioni emotive, amori sbilanciati e sentimenti sofferti. Mi sento un meccanismo complicato e la
delicata Il candore vengono nuovamente
arricchite negli arrangiamenti dalla viola della bravissima Giulia Nuti, mentre
in L’uomo obliquo fa la sua parte
Massimo Fantoni alla chitarra overdrive, effetto che si sposa perfettamente con
lo sviluppo della traccia. Esordio raffinato ed equilibrato, un ottimo punto di
partenza per scenari prossimi che lasciano aperte più strade da seguire, con la
complicità di un’etichetta sempre molto attenta ai talenti di casa nostra.
(Luigi Cattaneo)
Il candore (Video)
domenica 19 aprile 2020
FAUSTO FERRAIUOLO TRIO, Il dono (2019)
Settimo lavoro in
studio per Fausto Ferraiuolo, nato dall’incontro del pianista napoletano con
Jeff Ballard (Ray Charles, Mike Stern, Chick Corea), batterista dalla classe
immensa e protagonista nel trio di Brad Meldhau e nell’Elastic Band di Joshua
Redman, oltre che essere uno dei session più richiesti al mondo. La stabile
relazione musicale con Aldo Vigorito, contrabbassista virtuoso ed elegante
(musicista che ha collaborato anche con Daniele Sepe, Baba Sissoko e Enrico
Pieranunzi), completa un trio dove l’interplay ricorda alcuni episodi di Cedar
Walton e Bud Powell, ma anche i contemporanei Luca Poletti e Dario Yassa. Dalle
undici tracce di questo Il dono si
denota una notevole scorrevolezza esecutiva d’insieme, caratteristica che si
palesa durante tutto il disco, scritto quasi interamente da Ferraiuolo, ad
esclusione dell’omaggio a Gershwin di Somebody
loves me e l’accenno di O sole mio in
O impro mio. Tradizione e
improvvisazione vanno a braccetto, accompagnano delicatamente l’ascoltatore in
episodi suggestivi e intensi, come Fire
Island o Even the score, si
nutrono di raffinatezze compositive, che si celebrano in Rue De La Vega e Three,
si aprono allo swing coinvolgente di Astavo
blues e al ritmo trascinante di Baires.
Il lavoro, uscito per Abeat Record, è disponibile sia in formato fisico che in
streaming sulle principali piattaforme digitali. (Luigi Cattaneo)
C'est Tout (Video)
giovedì 16 aprile 2020
KERYGMATIC PROJECT, Greek Stars Gallery (2012)
Attivi nel circuito underground da più di vent'anni, i Kerygmatic Project non sono degli
esordienti e il nucleo base del gruppo di Stresa ha i propri natali già nel
1998 quando Samuele Tadini (basso e voce), Danilo Nobili (batteria) e Marco
Campagnolo (tastiere), si ritrovano uniti dalla stessa passione per le
atmosfere evocative del progressive inglese anni ’70. Formazione a trio e ampio
uso delle tastiere rimandano ovviamente alla tradizione degli Emerson Lake
& Palmer (loro grande fonte d’ispirazione), ma in questo loro Greek Stars Gallery del 2012 ritroviamo anche
fortissimi legami con i Genesis e gli Yes, che potrebbero davvero solleticare
quanti hanno amato quella dorata stagione del rock progressivo. L’assenza di un
chitarrista non è un limite quando si ha un tastierista come Campagnolo,
gigantesco nel creare suoni e sprigionare feeling dalle sue tastiere, piano o
sintetizzatore che sia, e The tiger
paper’s great parade ne è esempio lampante. Indubbiamente la band si ispira
ai mostri sacri del genere, (sentite la title-track o Where the bell tolls again per farvi un’idea) ma lo fa in maniera
convincente e sentita. Il sound che ne deriva è un contenitore di umori e suoni,
che pur non risultando particolarmente innovativo, mantiene freschezza e
vivacità lungo l’arco di tutto il disco, e se è vero che i punti di riferimento
inglesi rimangono pressoché costanti è pur palese che le doti dei tre
Kerygmatic costituiscono una base solida e compatta. La sensazione è proprio
quella di trovarsi dinnanzi ad una band salda e coesa nel creare qualcosa di
credibile e brani come Beautiful you
Tonight o Starlight sono lì a
testimoniarlo. Greek Stars Gallery è
un lavoro intenso, costituito da composizioni che hanno il pregio di mostrare
il talento di un’altra interessante realtà tricolore. (Luigi Cattaneo)
lunedì 13 aprile 2020
SERENA SPEDICATO - NICOLA ANDRIOLI, The Shining of Things. Dedicated to David Sylvian (2019)
Ennesimo lavoro di pregio per l’etichetta Dodicilune, tra le migliori del panorama jazz nostrano, che qui mette insieme un quartetto straordinario formato da Serena Spedicato (voce), Nicola Andrioli (piano), Kalevi Louhivuori (tromba, elettronica) e Michele Rabbia (batteria, elettronica). The shining of Things, uscito nel 2019, è un omaggio al songwriting di David Sylvian, autore poetico e poliedrico, capace di passare dai Japan all’ambient, qui reso magnificamente dalla voce calibrata di Serena, dal pianismo delicato di Andrioli, dai soli del bravissimo Louhivuori e dall’enorme lavoro ritmico di Rabbia. La figura di Sylvian è emblematicamente complessa nel suo toccare più stili, ma la Spedicato ha già omaggiato nel 2013 uno scrittore come Tom Waits e affronta la sfida con consapevolezza, facendo proprie le composizioni, che risultano distinte dalla classe sopraffina dei suoi compagni di avventura. Lo sviluppo acustico del disco deve molto al tocco elegante di Andrioli, già apprezzato nel suo ultimo disco, Les Montgolfières, sostenuto dalla solidità di Rabbia e dal suono dello scandinavo Louhivuori, che raccoglie l’eredità di Kenny Wheeler e Arve Enriksen. Elementi che emergono con prepotenza nella lunga Orpheus, tra i brani migliori, in cui Serena diviene cantore di un viaggio introspettivo in cui tutto funziona perfettamente, in una coralità che è sacralità pura. Weathered wall vede la Spedicato muoversi agile tra le note, con Louhivuori che sottolinea le trame vocali di Serena, mentre in Heartbeat vi è una spiccata componente di overdubbing che non dispiace. Brillant trees, con lo splendido lavoro di Andrioli e Laughter and forgetting, con il notevole solo di Kalevi, sono altri esempi del raffinato sviluppo creativo portato avanti dal quartetto. Da citare anche le melodie sofisticate di September, la malinconia sottile di Forbidden colours e la tenue title track, posta in chiusura di un album che è omaggio e in contemporanea intelligente rivisitazione di un repertorio non così semplice da maneggiare. (Luigi Cattaneo)
Orpheus (Video)
domenica 12 aprile 2020
IVANO FOSSATI - OSCAR PRUDENTE, Poco prima dell'aurora (1974)
Dopo l’esordio da
solista avvenuto solo un anno prima, Ivano Fossati tornò subito in studio di
registrazione con l’amico Oscar Prudente, per lavorare a quello che sarebbe
stato l’unico disco in condivisione con il cantautore ligure. Poco prima dell’aurora vide la luce nel
1974 e uscì sotto la supervisione sia della Fonit, al quale era legato Fossati,
sia sotto quella della Numero Uno, che invece gestiva il lavoro di Prudente. È
un album che presenta ancora qualche trama progressiva ma si apre verso un pop
a volte un po’ di maniera, anche se gli arrangiamenti, spesso eleganti e
raffinati, portano le composizioni in direzione di una canzone d’autore affine
a quella di Lucio Battisti e Flora Fauna e Cemento. Anche in questo caso
notevoli gli ottimi musicisti presenti alle session, tra cui spiccano Claudio
Pascoli al sax, sempre preciso nei suoi interventi mirati, l’ex Ribelli Gianni
Dall’Aglio alla batteria e Guido Guglielminetti al basso, una bella coppia
ritmica che avrà modo di mettersi in luce durante il passare dei pezzi. Il
disco scorre via piacevole ma senza momenti davvero memorabili, le strutture
rimangono imbevute di folk e pop, soprattutto nei cori femminili che troviamo
in Apri le braccia e 10 Km dalla città, due episodi che
denotano la voglia di avvicinarsi ulteriormente alla forma canzone. È l’aurora, con la sua verve malinconica e capace di ricordare in parte il
periodo Delirium, raccoglie i più ampi consensi, così come L’Africa (insieme formarono il 45 giri promozionale), l’unica
cantata da Prudente. Indubbiamente attraente è Lo stregone, brano in cui emerge tutto il talento di Pascoli. Le
melodie risultano più semplici e ruffiane e questo è un aspetto ancor più
marcato se confrontato con il debut, come se Fossati cercasse una linea di
confine tra semplicità e ricerca. In quest’ottica possiamo leggere brani leggeri
come Ehi Amico e Prendi fiato e poi vai, che
si contrappongono alle derive prog di Gil
e Tema del lupo, i due
strumentali presenti e forse i momenti più interessanti, con quest’ultima
vicina ai temi brasiliani che avevamo trovato con più assiduità nell’esordio e
che qui purtroppo non vengono riproposti. Poco
prima dell’aurora è un album che si lascia ascoltare ma che non segna un
cambio di passo deciso, mostra le stesse pecche che avevano contraddistinto Il grande mare che avremmo traversato.
Anche l’apporto di Prudente, cantautore sottostimato ma pieno di talento, non
cambia le carte in tavola a questa fase iniziale della carriera di Fossati, che
oscilla tra nuove sensazioni pop e la voglia di accostarsi ancora un po’ a
sonorità più complesse. Il sodalizio artistico con Prudente in realtà non si
esaurì immediatamente, in quanto Fossati collaborò nella realizzazione di Infinite Fortune, edito lo stesso anno.
(Luigi Cattaneo)
È l’aurora (Video)
venerdì 10 aprile 2020
TOLIMAN, Abstraction (2019)
Abstraction
è
l’ep d’esordio dei Toliman, quintetto formato da Paola Urso (voce), Riccardo
Roggero (chitarra), Giacomo Irrequieto (chitarra), Luca Melina (basso) e
Francesco Ottone (batteria), che mettono insieme quasi trenta minuti di
progressive metal, aggressivo ma sempre attento all’aspetto melodico. La title
track iniziale, potente e goticheggiante, ha il merito di presentare alcune
caratteristiche dei Toliman, tra tecnicismi mai banali e la voce della Urso,
che finisce per caratterizzare l’intero impianto costruito. Anche Tyrannus ha una vena dark, incanalata in
passaggi robusti e decisamente heavy, mentre l’interplay corale della band
segna Alkaline, brano vigoroso che
denota una certa oscurità di fondo. Once è
il brano più prog rock del disco, lascia da parte le sfumature hard a favore di
una scrittura che esalta il fattore atmosferico, Alpha – Ori è l’ottimo finale di un primo passo assolutamente
gradevole, punto di partenza di un percorso che può portare più di una
soddisfazione ai piemontesi. (Luigi Cattaneo)
Tyrannus (Official Video)
mercoledì 8 aprile 2020
THE MOONSHINE BRAND, On the waves of time (2018)
I The Moonshine Brand
sono un trio tedesco formato da Tim Mitchell (batteria), Martin Petersson
(chitarra) e Ian Andrews (basso e voce) che mette insieme stoner, psichedelia
acida settantiana, hard sabbathiano e blues hendrixiano e On the waves of time è il loro primo album del 2018. Gli omaggi si
sentono tutti, filtrati dalla personalità di una band coesa che riesce a
spaziare dall’heavy rock di Menace to
society alle melodie soavi di Acquainted
Blues, per divincolarsi poi nella psichedelia della lunga Surfing through space, il momento più
alto del lavoro. Tra momenti strumentali intensi e la capacità di toccare più
stili, l’album appare fluido per tutta la sua durata, con l’inevitabile fuzz di
pezzi come Delusion che faranno la
gioia degli amanti dello stoner. Altro lucido esempio del loro suono vintage è
l’ottima Free your mind, con tanto di
organo suonato da Till Lorenz, ma è il disco nella sua totalità a essere
brillante e decisamente coinvolgente. (Luigi Cattaneo)
Surfing through space (Live)
ECHO ATOM, Waves (2020)
Avevamo già parlato dell progetto Echo Atom (Walter Santu alla chitarra, Giuseppe Voltarella al basso e Alessandro Fazio alla batteria) in occasione dell'uscita di Redemption, raffinato esordio del 2018 di cui scrivemmo proprio da queste pagine.
Ora è la volta di un ep, Waves, da poco pubblicato, seguito di Mushin del 2019.
Tutta la musica degli Echo Atom è disponibile alla pagina https://echoatom.bandcamp.com/
domenica 5 aprile 2020
ARCADELT, Arc8 (2019)
Quando si parla di
Arcadelt si torna indietro nel tempo, a quando il nascente new prog sfornava
band seminali come Marillion e Iq, gruppi che per estetica si rifacevano
ovviamente al passato ma con una propria visione personale. Sulla scia di
questo momento magico si formarono gli Arcadelt, era il 1992 e il quartetto
strumentale solo con l’arrivo di Pierfrancesco Drago alla voce trova la sua
stabilità e la produzione, tre anni dopo, di Enjoy, album ben accolto che consente loro di suonare nei festival
nazionali. Dopo lo scioglimento del 1997 e la reunion del 2009, che porta alla
pubblicazione del mini EnjoyPan per
il mercato giapponese, ecco ritrovare in piena forma i romani (oltre a Drago
abbiamo la line up originale formata da Fabrizio Verzaschi alla chitarra, Fabio
Cifani al basso, Giacomo Vitullo alle tastiere e Sandro Piras alla batteria)
con il nuovo Arc8, una piccola perla
dell’attuale panorama, distribuito e promosso dalla Lizard Records e dalla GDC
Rock Promotion. Si passa con esperienza
dall’hard prog di Blood on alle
lunghe escursioni di The blue side,
tipicamente new prog, capace di conservare l’aurea poetica di un genere ormai
ben radicato da decenni di omaggi. Behind
the curtain si muove ottimamente lungo il binario del sinfonico genesisiano,
The heartbeat è una gemma di melodie
raffinate, romanticismo e malinconia, uno dei brani migliori mai scritti dal
gruppo, mentre Dogs in chains è
decisamente più dura e inquieta. I toni fiabeschi di Caledonia si sposano con le atmosfere classiche che la band
maneggia alla perfezione, nota di merito invece per Assenze, soave composizione impreziosita da un quartetto d’archi.
Per gli amanti del new prog Arc8 è la
giusta occasione per riscoprire uno dei tanti gruppi che in Italia hanno
raccolto meno di quanto probabilmente avrebbero meritato negli anni ’90. (Luigi
Cattaneo)
Caledonia (Video)
venerdì 3 aprile 2020
CARAVAGGIO, Joyful Graveyard (single)
Gli ex Adramelch Vittorio Ballerio (voce) e Fabio Troiani (chitarra) hanno dato vita ad una nuova band chiamata Caravaggio.
Lo stile può essere descritto come progressive hard rock mediterraneo.
La formazione vede al basso Marco Melloni (ex Pino Scotto) e Alessio “Einsamkeit” Del Ben (già con i Wotan per alcuni concerti, attualmente batterista anche dei proggers Quel Che Disse Il Tuono).
Vittorio Ballerio - voce
Fabio Troiani - chitarre, mandolino
Marco Melloni - basso
Alessio Del Ben - batteria
Mauro Poeda - fisarmonica
Alex La Bua - percussioni
Per contattare o seguire Caravaggio:
Joyful Graveyard, secondo singolo dei Caravaggio dopo Before my eyes, è una intensa ballad, una struggente storia d’amore tra due fantasmi. La canzone è accompagnata del primo videoclip della band.
mercoledì 1 aprile 2020
RANDOM CLOCKWORK, Wires (2019)
Esordio per i Random
Clockwork, quartetto formato da Danila Monfreda (voce), Valerio D’Anna (synth),
Marco Mizzoni (chitarra) e Andrea Paesano (sequencer), che mette insieme
attitudine alternative rock, elettronica marziale e trip hop con naturalezza e
fluidità. Tra le influenze maggiormente ravvisabili troviamo Depeche Mode,
Prodigy, Bjork e la nostrana Beatrice Antolini, riscontrabili in pezzi come Macula, dove i sintetizzatori assaltano
l’ascoltatore, e Felina, che si muove
agile tra impatto e cura melodica di stampo pop, ricordando anche i Moseek e i
Landlord. Seduce l’elegante title track, mostra trame industrial e dance Faster transmission, mentre Event horizon è un elettropop davvero
ben riuscito. The hopscotch accelera
notevolmente, tra ritmiche dancefloor micidiali, trip hop e pura elettronica, Memento invece conferma la capacità
della band di creare soggetti che sarebbero adatti anche al grande pubblico, ma
è tutto l’album a essere una riuscita miscela di suoni solidi e granitici.
(Luigi Cattaneo)
The hopscotch (Video)
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