mercoledì 29 aprile 2020

ENIO NICOLINI AND THE OTRON, Cyberstorm (2019)




Enio Nicolini si cimenta in questa sua nuova avventura dopo le importanti esperienze con The Black, Unreal Terror, Akron e Sloe Gin, gruppi che sin dagli anni ’80 hanno portato l’abruzzese ha esplorare le varie coordinate del metal, senza dimenticare incursioni nel doom e nel dark prog. L’anno passato è uscito per Buil2kill/Nadir questo Cyberstorm, sotto la sigla Enio Nicolini and The Otron, che vede il leader, impegnato al basso, accompagnato da una formazione di tutto rispetto composta da Ben Spinazzola alla voce, Sergio Ciccoli (Scala Mercalli) alla batteria e Former Lee Warner all’elettronica. L’assenza di una chitarra non è una novità nella carriera di Nicolini, che qui predilige sonorità heavy calate in un contesto moderno, con i testi, di ispirazione sci-fi, che diventano un collante fondamentale per la buona riuscita del lavoro, che pare quasi un compendio del background artistico del bassista. Le varie anime musicali del curioso musicista lasciano traccia nelle trame sofisticate di Iss Armada, che vede la partecipazione di Tiziana Radis dei Secret Tales, così come nell’oscura Anthios e nella martellante Nanoids in my head. Voivod, Rammstein, Killing Joke, Blaze Bayley, sembrano alcune delle influenze dietro pezzi come Night of the hunt o Timeless love, ma Nicolini ha una tale personalità che il tutto viene centrifugato in maniera originale e consapevole. Ovviamente il basso è elemento preponderante e caratterizzante del suono, sostenuto dall’impeccabile prova di Ciccoli, un duo che segna a fuoco l’iniziale title track, ma anche le aggressive pulsioni di Ramses W 45 e Planet X. Nicolini continua il suo percorso creativo dopo Heavy sharing, importante preludio dell’attuale Cyberstorm e dimostrazione di come Enio non abbia nessuna intenzione di guardare solo al suo passato, ma preferisca divertirsi nel creare situazioni sempre nuove e personali. (Luigi Cattaneo)



  





domenica 26 aprile 2020

NORTH OF SOUTH, New Latitudes (2018)



Sotto il monicker North of South si cela Chechu Gomez, musicista spagnolo che si è occupato di scrivere e registrare per intero questo New Latitudes, album che abbraccia il progressive metal senza rimanere soffocato da esasperati tecnicismi, complice una certa attenzione compositiva per la forma canzone, imbevuta di melodie di facile lettura. Non un difetto, soprattutto perché Gomez (impegnato alla chitarra, al basso, alle tastiere e alla voce) ha un valido songwriting, che ben si bilancia tra momenti più vivaci (Nobody Knows) e altri maggiormente raffinati (la strumentale Cristal waters). L’utilizzo della drum machine in alcuni passaggi non dona la giusta fluidità al prodotto, così come la voce, che deve acquisire maggiori sfumature per innalzare la qualità complessiva di pezzi comunque validi come The human equation e Time will tell. Le idee sicuramente ci sono e pure discretamente sviluppate, in un crossover stilistico che abbraccia anche elementi latini e spagnoleggianti, segno della volontà dello spagnolo di includere più atmosfere all’interno dei suoi pezzi, leitmotiv interessante e che potrebbe essere preso maggiormente in considerazione in futuro. (Luigi Cattaneo)

The Human Equation (Video)



venerdì 24 aprile 2020

COSIMO BIANCIARDI & INTIMA PSICOTENSIONE, I.P.T. (2019)



Cosimo Bianciardi inizia nel lontano 1992 ad occuparsi di musica, dapprima con gli Idra, e poi con i Kaostributo e i Le Mòn. Tra ep, live e qualche problema personale, la carriera di Bianciardi arriva fino ai giorni nostri, quando insieme agli Intima PsicoTensione pubblica per Red Cat I.P.T., un lavoro dove il toscano ha messo tutto sé stesso, ha affrontato i propri demoni, declinandoli  sotto forma di un rock cantautorale curato e rifinito, con alcuni elementi jazz e prog che potrebbero essere maggiormente sviluppati in un prossimo futuro. L’album è davvero molto interessante, sia nelle trame jazzate di Carnefice, che negli sviluppi introspettivi di Tutti i miei demoni e Bersaglio, con Cosimo (voce e chitarra), ben supportato da Fabrizio Orrigo (pianoforte, tastiere e chitarra), Leondardo Carbone (basso) e Umberto Bartolini (batteria). I testi si amalgamano perfettamente al tessuto sonoro, basti ascoltare La grande ipnosi (in cui troviamo Giulia Nuti alla viola e al violino) o Deserta (che mi ha ricordato i Litfiba di inizio anni ’90), racconti in cui vengono analizzate situazioni emotive, amori sbilanciati e sentimenti sofferti. Mi sento un meccanismo complicato e la delicata Il candore vengono nuovamente arricchite negli arrangiamenti dalla viola della bravissima Giulia Nuti, mentre in L’uomo obliquo fa la sua parte Massimo Fantoni alla chitarra overdrive, effetto che si sposa perfettamente con lo sviluppo della traccia. Esordio raffinato ed equilibrato, un ottimo punto di partenza per scenari prossimi che lasciano aperte più strade da seguire, con la complicità di un’etichetta sempre molto attenta ai talenti di casa nostra. (Luigi Cattaneo)

Il candore (Video)



domenica 19 aprile 2020

FAUSTO FERRAIUOLO TRIO, Il dono (2019)



Settimo lavoro in studio per Fausto Ferraiuolo, nato dall’incontro del pianista napoletano con Jeff Ballard (Ray Charles, Mike Stern, Chick Corea), batterista dalla classe immensa e protagonista nel trio di Brad Meldhau e nell’Elastic Band di Joshua Redman, oltre che essere uno dei session più richiesti al mondo. La stabile relazione musicale con Aldo Vigorito, contrabbassista virtuoso ed elegante (musicista che ha collaborato anche con Daniele Sepe, Baba Sissoko e Enrico Pieranunzi), completa un trio dove l’interplay ricorda alcuni episodi di Cedar Walton e Bud Powell, ma anche i contemporanei Luca Poletti e Dario Yassa. Dalle undici tracce di questo Il dono si denota una notevole scorrevolezza esecutiva d’insieme, caratteristica che si palesa durante tutto il disco, scritto quasi interamente da Ferraiuolo, ad esclusione dell’omaggio a Gershwin di Somebody loves me e l’accenno di O sole mio in O impro mio. Tradizione e improvvisazione vanno a braccetto, accompagnano delicatamente l’ascoltatore in episodi suggestivi e intensi, come Fire Island o Even the score, si nutrono di raffinatezze compositive, che si celebrano in Rue De La Vega e Three, si aprono allo swing coinvolgente di Astavo blues e al ritmo trascinante di Baires. Il lavoro, uscito per Abeat Record, è disponibile sia in formato fisico che in streaming sulle principali piattaforme digitali. (Luigi Cattaneo)

C'est Tout (Video)

 
  



giovedì 16 aprile 2020

KERYGMATIC PROJECT, Greek Stars Gallery (2012)



Attivi nel circuito underground da più di vent'anni, i Kerygmatic Project non sono degli esordienti e il nucleo base del gruppo di Stresa ha i propri natali già nel 1998 quando Samuele Tadini (basso e voce), Danilo Nobili (batteria) e Marco Campagnolo (tastiere), si ritrovano uniti dalla stessa passione per le atmosfere evocative del progressive inglese anni ’70. Formazione a trio e ampio uso delle tastiere rimandano ovviamente alla tradizione degli Emerson Lake & Palmer (loro grande fonte d’ispirazione), ma in questo loro Greek Stars Gallery del 2012 ritroviamo anche fortissimi legami con i Genesis e gli Yes, che potrebbero davvero solleticare quanti hanno amato quella dorata stagione del rock progressivo. L’assenza di un chitarrista non è un limite quando si ha un tastierista come Campagnolo, gigantesco nel creare suoni e sprigionare feeling dalle sue tastiere, piano o sintetizzatore che sia, e The tiger paper’s great parade ne è esempio lampante. Indubbiamente la band si ispira ai mostri sacri del genere, (sentite la title-track o Where the bell tolls again per farvi un’idea) ma lo fa in maniera convincente e sentita. Il sound che ne deriva è un contenitore di umori e suoni, che pur non risultando particolarmente innovativo, mantiene freschezza e vivacità lungo l’arco di tutto il disco, e se è vero che i punti di riferimento inglesi rimangono pressoché costanti è pur palese che le doti dei tre Kerygmatic costituiscono una base solida e compatta. La sensazione è proprio quella di trovarsi dinnanzi ad una band salda e coesa nel creare qualcosa di credibile e brani come Beautiful you Tonight o Starlight sono lì a testimoniarlo. Greek Stars Gallery è un lavoro intenso, costituito da composizioni che hanno il pregio di mostrare il talento di un’altra interessante realtà tricolore. (Luigi Cattaneo)



lunedì 13 aprile 2020

SERENA SPEDICATO - NICOLA ANDRIOLI, The Shining of Things. Dedicated to David Sylvian (2019)

Ennesimo lavoro di pregio per l’etichetta Dodicilune, tra le migliori del panorama jazz nostrano, che qui mette insieme un quartetto straordinario formato da Serena Spedicato (voce), Nicola Andrioli (piano), Kalevi Louhivuori (tromba, elettronica) e Michele Rabbia (batteria, elettronica). The shining of Things, uscito nel 2019, è un omaggio al songwriting di David Sylvian, autore poetico e poliedrico, capace di passare dai Japan all’ambient, qui reso magnificamente dalla voce calibrata di Serena, dal pianismo delicato di Andrioli, dai soli del bravissimo Louhivuori e dall’enorme lavoro ritmico di Rabbia. La figura di Sylvian è emblematicamente complessa nel suo toccare più stili, ma la Spedicato ha già omaggiato nel 2013 uno scrittore come Tom Waits e affronta la sfida con consapevolezza, facendo proprie le composizioni, che risultano distinte dalla classe sopraffina dei suoi compagni di avventura. Lo sviluppo acustico del disco deve molto al tocco elegante di Andrioli, già apprezzato nel suo ultimo disco, Les Montgolfières, sostenuto dalla solidità di Rabbia e dal suono dello scandinavo Louhivuori, che raccoglie l’eredità di Kenny Wheeler e Arve Enriksen. Elementi che emergono con prepotenza nella lunga Orpheus, tra i brani migliori, in cui Serena diviene cantore di un viaggio introspettivo in cui tutto funziona perfettamente, in una coralità che è sacralità pura. Weathered wall vede la Spedicato muoversi agile tra le note, con Louhivuori che sottolinea le trame vocali di Serena, mentre in Heartbeat vi è una spiccata componente di overdubbing che non dispiace. Brillant trees, con lo splendido lavoro di Andrioli e Laughter and forgetting, con il notevole solo di Kalevi, sono altri esempi del raffinato sviluppo creativo portato avanti dal quartetto. Da citare anche le melodie sofisticate di September, la malinconia sottile di Forbidden colours e la tenue title track, posta in chiusura di un album che è omaggio e in contemporanea intelligente rivisitazione di un repertorio non così semplice da maneggiare. (Luigi Cattaneo)

Orpheus (Video)



domenica 12 aprile 2020

IVANO FOSSATI - OSCAR PRUDENTE, Poco prima dell'aurora (1974)


Dopo l’esordio da solista avvenuto solo un anno prima, Ivano Fossati tornò subito in studio di registrazione con l’amico Oscar Prudente, per lavorare a quello che sarebbe stato l’unico disco in condivisione con il cantautore ligure. Poco prima dell’aurora vide la luce nel 1974 e uscì sotto la supervisione sia della Fonit, al quale era legato Fossati, sia sotto quella della Numero Uno, che invece gestiva il lavoro di Prudente. È un album che presenta ancora qualche trama progressiva ma si apre verso un pop a volte un po’ di maniera, anche se gli arrangiamenti, spesso eleganti e raffinati, portano le composizioni in direzione di una canzone d’autore affine a quella di Lucio Battisti e Flora Fauna e Cemento. Anche in questo caso notevoli gli ottimi musicisti presenti alle session, tra cui spiccano Claudio Pascoli al sax, sempre preciso nei suoi interventi mirati, l’ex Ribelli Gianni Dall’Aglio alla batteria e Guido Guglielminetti al basso, una bella coppia ritmica che avrà modo di mettersi in luce durante il passare dei pezzi. Il disco scorre via piacevole ma senza momenti davvero memorabili, le strutture rimangono imbevute di folk e pop, soprattutto nei cori femminili che troviamo in Apri le braccia e 10 Km dalla città, due episodi che denotano la voglia di avvicinarsi ulteriormente alla forma canzone. È l’aurora, con la sua verve malinconica e capace di ricordare in parte il periodo Delirium, raccoglie i più ampi consensi, così come L’Africa (insieme formarono il 45 giri promozionale), l’unica cantata da Prudente. Indubbiamente attraente è Lo stregone, brano in cui emerge tutto il talento di Pascoli. Le melodie risultano più semplici e ruffiane e questo è un aspetto ancor più marcato se confrontato con il debut, come se Fossati cercasse una linea di confine tra semplicità e ricerca. In quest’ottica possiamo leggere brani leggeri come Ehi Amico e Prendi fiato e poi vai, che si contrappongono alle derive prog di Gil e Tema del lupo, i due strumentali presenti e forse i momenti più interessanti, con quest’ultima vicina ai temi brasiliani che avevamo trovato con più assiduità nell’esordio e che qui purtroppo non vengono riproposti. Poco prima dell’aurora è un album che si lascia ascoltare ma che non segna un cambio di passo deciso, mostra le stesse pecche che avevano contraddistinto Il grande mare che avremmo traversato. Anche l’apporto di Prudente, cantautore sottostimato ma pieno di talento, non cambia le carte in tavola a questa fase iniziale della carriera di Fossati, che oscilla tra nuove sensazioni pop e la voglia di accostarsi ancora un po’ a sonorità più complesse. Il sodalizio artistico con Prudente in realtà non si esaurì immediatamente, in quanto Fossati collaborò nella realizzazione di Infinite Fortune, edito lo stesso anno. (Luigi Cattaneo)

È l’aurora (Video)



venerdì 10 aprile 2020

TOLIMAN, Abstraction (2019)



Abstraction è l’ep d’esordio dei Toliman, quintetto formato da Paola Urso (voce), Riccardo Roggero (chitarra), Giacomo Irrequieto (chitarra), Luca Melina (basso) e Francesco Ottone (batteria), che mettono insieme quasi trenta minuti di progressive metal, aggressivo ma sempre attento all’aspetto melodico. La title track iniziale, potente e goticheggiante, ha il merito di presentare alcune caratteristiche dei Toliman, tra tecnicismi mai banali e la voce della Urso, che finisce per caratterizzare l’intero impianto costruito. Anche Tyrannus ha una vena dark, incanalata in passaggi robusti e decisamente heavy, mentre l’interplay corale della band segna Alkaline, brano vigoroso che denota una certa oscurità di fondo. Once è il brano più prog rock del disco, lascia da parte le sfumature hard a favore di una scrittura che esalta il fattore atmosferico, Alpha – Ori è l’ottimo finale di un primo passo assolutamente gradevole, punto di partenza di un percorso che può portare più di una soddisfazione ai piemontesi. (Luigi Cattaneo)

Tyrannus (Official Video)



mercoledì 8 aprile 2020

THE MOONSHINE BRAND, On the waves of time (2018)



I The Moonshine Brand sono un trio tedesco formato da Tim Mitchell (batteria), Martin Petersson (chitarra) e Ian Andrews (basso e voce) che mette insieme stoner, psichedelia acida settantiana, hard sabbathiano e blues hendrixiano e On the waves of time è il loro primo album del 2018. Gli omaggi si sentono tutti, filtrati dalla personalità di una band coesa che riesce a spaziare dall’heavy rock di Menace to society alle melodie soavi di Acquainted Blues, per divincolarsi poi nella psichedelia della lunga Surfing through space, il momento più alto del lavoro. Tra momenti strumentali intensi e la capacità di toccare più stili, l’album appare fluido per tutta la sua durata, con l’inevitabile fuzz di pezzi come Delusion che faranno la gioia degli amanti dello stoner. Altro lucido esempio del loro suono vintage è l’ottima Free your mind, con tanto di organo suonato da Till Lorenz, ma è il disco nella sua totalità a essere brillante e decisamente coinvolgente. (Luigi Cattaneo)

Surfing through space (Live)



ECHO ATOM, Waves (2020)

Avevamo già parlato dell progetto Echo Atom (Walter Santu alla chitarra, Giuseppe Voltarella al basso e Alessandro Fazio alla batteria) in occasione dell'uscita di Redemption, raffinato esordio del 2018 di cui scrivemmo proprio da queste pagine.
Ora è la volta di un ep, Waves, da poco pubblicato, seguito di Mushin del 2019.
Tutta la musica degli Echo Atom è disponibile alla pagina https://echoatom.bandcamp.com/

domenica 5 aprile 2020

ARCADELT, Arc8 (2019)



Quando si parla di Arcadelt si torna indietro nel tempo, a quando il nascente new prog sfornava band seminali come Marillion e Iq, gruppi che per estetica si rifacevano ovviamente al passato ma con una propria visione personale. Sulla scia di questo momento magico si formarono gli Arcadelt, era il 1992 e il quartetto strumentale solo con l’arrivo di Pierfrancesco Drago alla voce trova la sua stabilità e la produzione, tre anni dopo, di Enjoy, album ben accolto che consente loro di suonare nei festival nazionali. Dopo lo scioglimento del 1997 e la reunion del 2009, che porta alla pubblicazione del mini EnjoyPan per il mercato giapponese, ecco ritrovare in piena forma i romani (oltre a Drago abbiamo la line up originale formata da Fabrizio Verzaschi alla chitarra, Fabio Cifani al basso, Giacomo Vitullo alle tastiere e Sandro Piras alla batteria) con il nuovo Arc8, una piccola perla dell’attuale panorama, distribuito e promosso dalla Lizard Records e dalla GDC Rock Promotion.  Si passa con esperienza dall’hard prog di Blood on alle lunghe escursioni di The blue side, tipicamente new prog, capace di conservare l’aurea poetica di un genere ormai ben radicato da decenni di omaggi. Behind the curtain si muove ottimamente lungo il binario del sinfonico genesisiano, The heartbeat è una gemma di melodie raffinate, romanticismo e malinconia, uno dei brani migliori mai scritti dal gruppo, mentre Dogs in chains è decisamente più dura e inquieta. I toni fiabeschi di Caledonia si sposano con le atmosfere classiche che la band maneggia alla perfezione, nota di merito invece per Assenze, soave composizione impreziosita da un quartetto d’archi. Per gli amanti del new prog Arc8 è la giusta occasione per riscoprire uno dei tanti gruppi che in Italia hanno raccolto meno di quanto probabilmente avrebbero meritato negli anni ’90. (Luigi Cattaneo)

Caledonia (Video)



venerdì 3 aprile 2020

CARAVAGGIO, Joyful Graveyard (single)

Gli ex Adramelch Vittorio Ballerio (voce) e Fabio Troiani (chitarra) hanno dato vita ad una nuova band chiamata Caravaggio. 
Lo stile può essere descritto come progressive hard rock mediterraneo. 
La formazione vede al basso Marco Melloni (ex Pino Scotto) e Alessio “Einsamkeit” Del Ben (già con i Wotan per alcuni concerti, attualmente batterista anche dei proggers Quel Che Disse Il Tuono). 
Vittorio Ballerio - voce
Fabio Troiani - chitarre, mandolino
Marco Melloni - basso
Alessio Del Ben - batteria
Mauro Poeda - fisarmonica
Alex La Bua - percussioni

Per contattare o seguire Caravaggio:

Joyful Graveyard, secondo singolo dei Caravaggio dopo Before my eyes, è una intensa ballad, una struggente storia d’amore tra due fantasmi. La canzone è accompagnata del primo videoclip della band. 



mercoledì 1 aprile 2020

RANDOM CLOCKWORK, Wires (2019)



Esordio per i Random Clockwork, quartetto formato da Danila Monfreda (voce), Valerio D’Anna (synth), Marco Mizzoni (chitarra) e Andrea Paesano (sequencer), che mette insieme attitudine alternative rock, elettronica marziale e trip hop con naturalezza e fluidità. Tra le influenze maggiormente ravvisabili troviamo Depeche Mode, Prodigy, Bjork e la nostrana Beatrice Antolini, riscontrabili in pezzi come Macula, dove i sintetizzatori assaltano l’ascoltatore, e Felina, che si muove agile tra impatto e cura melodica di stampo pop, ricordando anche i Moseek e i Landlord. Seduce l’elegante title track, mostra trame industrial e dance Faster transmission, mentre Event horizon è un elettropop davvero ben riuscito. The hopscotch accelera notevolmente, tra ritmiche dancefloor micidiali, trip hop e pura elettronica, Memento invece conferma la capacità della band di creare soggetti che sarebbero adatti anche al grande pubblico, ma è tutto l’album a essere una riuscita miscela di suoni solidi e granitici. (Luigi Cattaneo)

The hopscotch (Video)  



CONCERTI DEL MESE, Aprile 2020

Attualmente non sono previsti concerti causa pandemia da Covid 19