mercoledì 28 settembre 2022

LVTVM, Irrational Numbers (2022)

 

Fresco di stampa il nuovo lavoro targato LVTVM (fango in latino), un ep che segue Adam, disco di cui avevamo parlato ben 7 anni fa e che conferma l’attitudine post metal di un sound tanto pesante quanto oscuro e psichedelico, creato ancora da due bassi, quelli di Carlo Bellucci e Isacco Bellini, dalla solidissima batteria di Alessandro Marchionni e dai sinistri synth gestiti da Matteo Borselli. Irrational numbers è un album tirato e perennemente teso e dalle parole della band emergono tutte le difficoltà di gestire un gruppo in questi anni di pandemia e lockdown. La composizione di Irrational Numbers è stata complicata dalla pandemia e dalle oggettive difficoltà di poterci incontrare e suonare, ha reso la gestazione di questo disco particolarmente lunga e difficoltosa ma ci ha permesso di produrre un’opera meno viscerale ma maggiormente analitica e complessa rispetto al precedente Adam. 



Un percorso di crescita ma anche di continuità con il passato, seppure ci troviamo dinnanzi ad un ep di 25 minuti circa e non ad un full come ci si poteva aspettare dopo tutto questo tempo, che non è passato invano e ci ripresenta una formazione in evoluzione, che non si accontenta ma appare costantemente alla ricerca di mondi da esplorare. (Luigi Cattaneo)




lunedì 26 settembre 2022

THE LOYAL CHEATERS, Long run ... all dead (2022)

 

È sempre un piacere per me ascoltare band come i The Loyal Cheaters (Lena McFrison voce e chitarra, Max Colliva chitarra, Tommy Manni basso e Richie Raggini batteria), gruppo che si è formato solo due anni fa, ispirato da AC/DC, Hanoi Rocks, Cheap Trick (di cui coverizzano Surrender) e Slade, quindi un hard rock/glam energico, diretto e vitale, elementi che ritroviamo nel debutto Long run … all dead.  Il disco è ovviamente molto scorrevole, mostra il giusto vigore r’n’r abbinato a melodie azzeccate, quelle che si impongono in brani come No Saturday nites, Drama queen o Me myself and I, dove si palesano anche doti di scrittura innegabili. Esordio brillante e consigliato soprattutto a chi ancora cerca dal rock suoni veri e crudi, senza compromessi e sovrastrutture altisonanti. (Luigi Cattaneo)

Me myself and I (Video)



sabato 24 settembre 2022

THE ROOTWORKERS, Attack, Blues, Release (2022)

 

Nati nel 2019, i The Rootworkers (Enrico Palazzesi voce e chitarra, Lorenzo Cespi basso, Enrico Bordoni batteria e piano elettrico, Andrea Ballante chitarra) guardano al rock blues in maniera spontanea e diretta, e senza troppi fronzoli firmano un ep di debutto pieno di buone vibrazioni. Attack, Blues, Release è un concentrato di anni ’70, tra ritmiche swing e boogie, duelli di chitarra memorabili e un piano elettrico che si affaccia sinuoso tra le pieghe di un album che batte forte sin dall’iniziale Work all day, prima delle travolgenti Lonesome boy e To leave nobody. Nota a parte per Dirty ceiling, che ospita l’armonica di Enrico Ballante, per quello che è un brano vicino alla nostrana Treves Blues Band. Dopo aver incoronato ultimamente i lavori di Rainbow Bridge, Mountain’s Foot e Rusty Groove, è un piacere scoprire un’altra giovane realtà blues del panorama italiano, un sottobosco underground che fatica ad emergere ma che è vivo e in grande forma. (Luigi Cattaneo)

Dirty ceiling (Video)



giovedì 22 settembre 2022

CLOV, Every love story is a death story (2022)

 

Terzo disco per Piero Prudenzano e il suo progetto Clov, che con Every love story is a death story si cala all’interno di un concept sull’evoluzione dei sentimenti e il senso di perdita causato dalla fine di una relazione. Interamente registrato in casa, il disco si caratterizza per un evidente approccio lo-fi, con chitarre che sanno essere ora distorte, ora più pulite e synth che fanno da tappeto alle evoluzioni pop e folk di un racconto che diviene progressivamente claustrofobico e oscuro. La voce di Ramona Ruggeri apre The sound of our first meeting, momento idilliaco che prosegue con We have everything/nothing, che vede la presenza di Marianna Calabrese (voce) e di Luciano Pirulli (batteria). Un inizio corposo che prosegue con Cats (stavolta alla batteria c’è Jacopo Fiore) e Short story about love, ben interpretata ancora dalla Calabrese. Appare evidente come Prudenzano abbia scelto la via della collaborazione per creare un percorso dove l’unità dell’insieme finisce per fare la differenza, perché ogni ospite ha apportato un contributo significativo seppur sotto la guida di Piero, curioso generatore di suoni sin dall’esordio del 2009. Ne sono ulteriore esempio il sax di Chiara Archetti, che fa bella mostra in All through the house e i violini di Silvia Natali e Justin Viorel in Short story about dead, mentre The sound of our last meeting è il finale che celebra l’inevitabile dolore del distacco. (Luigi Cattaneo)

Short story about dead (Video)




mercoledì 21 settembre 2022

BOSCHIVO, Bardo dell'autodistruzione (2019)

 


Questo disco è la sublimazione di una vita intera, l’addio ad un passato pieno di ossessioni e tormenti, un addio senza rancore, anzi, colmo di gratitudine per le lezioni impartite. È un processo di purificazione alchemica, dalla notte buia dell’anima al suicidio rituale, dalla morte ad una rinascita luminosa sotto una nuova, grandissima consapevolezza. Ma prima di ogni altra cosa, questo disco è una coraggiosa presa di posizione sulla realtà, un totem eretto con fierezza tra le lapidi di un mondo che sta soffocando sotto i suoi stessi miasmi sepolcrali, esalati dalle illusioni dogmatiche della logica e della razionalità, un totem che reca una breve incisione: “La magia esiste”. E non in senso metaforico.

Con queste parole Boschivo presenta Bardo dell’autodistruzione, un lavoro uscito nel 2019 dal taglio sperimentale che si apre con Pozzoscuro, introduzione che rimarca l’atmosfera esoterica che permea l’intera opera. Le venature neofolk sono evidenti e si dipanano in quasi tutto il percorso, che si fa oscuro nella decadente La danza perversa delle falene e nella cupa Quando la morte verrà. Menzione a parte per la title track di 18 minuti, un viaggio drone e ritual che fonde buia psichedelia e ambient, epitaffio di un album arcano e tenebroso. (Luigi Cattaneo)

sabato 17 settembre 2022

GRUPPO AUTONOMO SUONATORI, Omnia Sunt Communia (2021)

 

Nati nel lontano 1997 da un’idea di Claudio Barone (voce, basso e mandolino), il Gruppo Autonomo Suonatori (G.A.S.) arriva solo ora ad esordire, tramite la storica Black Widow Records, con Omia Sunt Communia, album in cui, oltre al leader, troviamo Andrea Imparato (sax e flauto), Simone Galleni (chitarra e basso), Valter Bono (batteria), Thomas Cozzani (synth) e Andrea Foce (piano e flauto). L’inizio strumentale di Alice spring ci introduce in maniera elegante nel mondo sonoro e anche un po' nostalgico della band, che non disdegna trame jazz rock. Le due parti di La regina sono sviluppate attraverso strutture e atmosfere tipicamente settantiane, ricamate su un tessuto che abbina melodie aggraziate e cura per gli arrangiamenti, mentre le sezioni che vanno a formare Preludio creano un unico brano fortemente evocativo. Il sacco di Bisanzio e la suite Beatrice sono momenti ben costruiti, dove le parti strumentali sono sapientemente miscelate a tematiche storiche e letterarie, legate insieme con gusto e alchimia. La capacità di rifinire con estro e attenzione le suggestioni di cui è permeato Omnia sunt communia trovano libero sfogo nella strumentale Il richiamo della sirena e nella conclusiva title track, che suggella un esordio che ci riporta a band leggendarie come P.F.M., Le Orme, Museo Rosenbach e Osage Tribe. (Luigi Cattaneo)

Il sacco di Bisanzio (Video)



venerdì 16 settembre 2022

BEHIND THE SUN, Obsidian Rogues (2021)

 


A tratti sorprendente questo Obsidian Rogues dei Behind the Sun, oscuro duo tedesco formato da Robert Mallett (basso, gong, voce) e Nico Wèry (chitarre, tubular bells, synth, voce), che ha fatto dell’essenzialità il motore di un progetto che si muove solido tra psichedelia, dark, neo folk e ambient. A trance of orbs, colorata dalle tubular bells di Nico, apre il disco, una traccia introduttiva esemplificativa del lavoro, che poi si sviluppa ulteriormente con le seguenti Lost storms e Ruine, in cui compaiono anche suoni elettronici, adeguatamente adagiati su un tappeto acustico affascinante, creato dalle note di Mallett e dagli arpeggi di Wèry. L’assenza di sovrastrutture e di arrangiamenti complessi non frena la creatività dei tedeschi, che chiudono la prima parte del disco con l’aggraziato folk di Wrong turn. Delicatissima anche Outside the mirror, che sconta forse un’eccessiva prolissità, la strumentale The shadow of a day si sviluppa mite e con tenui fraseggi, blueseggiante è invece la lunga e interessante The morrow, unica traccia in cui compare la batteria (suonata da Wèary e da Thilo). La conclusiva Asylum vede il solo Nico destreggiarsi alla chitarra, finale suggestivo di un album oscuro ma con una flebile luce all’interno, proprio come quella fiammella che campeggia in bella mostra al centro dell’artwork. (Luigi Cattaneo)   


sabato 10 settembre 2022

RAINBOW BRIDGE, Live at La Cittadella degli artisti (2022)

 

Dopo una serie di dischi davvero ottimi ( https://therainbowbridge.bandcamp.com/music ), i Rainbow Bridge (Giuseppe JimiRay Piazzolla alla chitarra e alla voce, Fabio Chiarazzo al basso e Paolo Ormas alla batteria) festeggiano questi 16 anni di carriera pubblicando Live at La Cittadella degli artisti, un resoconto di una serata svoltasi a Molfetta il 29 gennaio 2022. Chi conosce la band sa cosa deve aspettarsi dal trio, un concentrato adrenalinico di rock blues, psichedelia e desert, che inneggia tanto ad Hendrix quanto a Rory Gallagher e Stevie Ray Vaughan, ancora più esplosivo nella dimensione dal vivo, che pare essere quella dove la band si trova maggiormente a suo agio. L’iniziale The storm is over ci catapulta nell’atmosfera settantiana della loro musica, prima della distorta Lama, che profuma dei Cream più aggressivi, e di Words, purissimo diamante rock blues. Echi dei mai abbastanza celebrati Taste fanno capolino in Marley, scoppiettante la versione di I’m just a man, mentre Dirty Sunday è la solita jam impazzita che celebra la stagione di fine ’60 con gusto e innata passione. No more I’ll be back è una colata lavica di 12 minuti, la conclusiva accoppiata Rainbow Bridge/Dusty, unite insieme in un vortice di desert rock, blues hendrixiano e hard, è l’ideale celebrazione finale di una serata memorabile di un gruppo che meriterebbe sicuramente riconoscimenti maggiori. (Luigi Cattaneo)

Full album



mercoledì 7 settembre 2022

SOUL LEAKAGE, Syzygy (2022)

 

Nati nel 2020 per volontà di Francesco Lenzi (chitarra e mandolino) e Davide Lucioli (synth e basso), i Soul Leakage si completano con l’arrivo di Jacopo Bucciantini (batteria e percussioni), ed è con questa formazione che arrivano ora a pubblicare per Radici Music Records Syzygy. La title track iniziale ci cala nel mondo intimo dei Soul Leakage, un avvio da soundtrack che tradisce velati rimandi space e che fa il paio con Mars blows, attimi di profondità mistica in cui perdersi e assaporare una musica che ha radici e connessioni recondite, quasi ancestrali. D’altronde non mancano riferimenti psych, che emergono pure nelle successive Soap bubble, breve e delicata, e Sunday demise, più strutturata e capace di unire ambient, jazz e prog. L’elemento psichedelico risalta l’ottima Noah’s dream, tra i pezzi più riusciti dell’album, e la lunga Buddha’s temple, 10 minuti spirituali e mistici, mentre Sweet angel ha una natura immaginifica e filmica. La conclusiva Disclosure non fa altro che sigillare un esordio pieno di grazia e idee. (Luigi Cattaneo)

Disclosure (Video)



domenica 4 settembre 2022

STERBUS, Let your garden sleep in (2021)

 

Sono lontani i tempi in cui Sterbus (alias Emanuele Sterbini), si divertiva a pubblicare dischi come Eva Anger e Smash the sun alight, schegge impazzite in cui l’autore metteva insieme le più disparate influenze, dall’alternative al prog, passando per il folk, la psichedelia e il grunge, infischiandosene bellamente di etichette e stereotipi. Dopo il ricco doppio del 2018, Real estate/Fake inverno, decisamente più proggy ma con tutte le caratteristiche crossover del progetto, ecco ora una nuova incarnazione di Sterbus, Let your garden sleep in, imbevuto di power pop, folk e indie rock, dove oltre ad Emanuele (voce, chitarra, basso e synth), troviamo nuovamente Dominique D’Avanzo (voce, clarinetto e flauto), coadiuvati da Riccardo Piergiovanni (piano, synth, organo e clavicembalo), Francesco Grammatico (violoncello, tromba, trombone e organo), Brenda Gagarina (shaker, tamburello, gong e campanaccio) e Pablo Tarli (batteria), a cui vanno aggiunti una serie di ospiti che hanno reso ricchissimo il prodotto. Difatti, le strutture sono mascherate per risultare più semplici rispetto al passato, con brani maggiormente pop ma che si dimostrano da subito molto rifiniti nell’arrangiamento e curati nel dettaglio. Ogni virgola è lì perché ci deve stare e i 40 minuti scarsi del lavoro non fanno altro che portare in dote l’esperienza accumulata negli anni da Sterbini, che continua il suo percorso libero da convenzioni e schemi precostruiti. (Luigi Cattaneo)

Murmurations (2021)



giovedì 1 settembre 2022

NOT MOVING, Live in the Eighties (2021)

 


Uscito originariamente nel 2005 (ma in un cofanetto CD/DVD), Live in the Eighties dei seminali Not Moving è un documento importantissimo che onora la sfrenata band italiana, sempre sulla linea di confine tra garage, new wave e post punk. I brani, tutti registrati tra il 1985 e il 1988 in Italia e Germania, hanno un suono sporco e conforme all’attitudine del gruppo, sia quando si tratta di pezzi originali, sia quando vengono omaggiati Rolling Stones, Elvis, The Doors e Willie Dixon. La vocalità sempre affascinante di Lilith, la chitarra sfrontata di Dome La Muerte, le ritmiche punk di Tony Bacciocchi (batteria) e Dany Dellagiovanna (basso), mitigate dalle tastiere di Mariella Severine Rocchetta, sono elementi di un puzzle inquieto e cupo, scarno ma dai tratti mistici, una sorta di rito collettivo dove esplodono Suicide temple e No friend of mine. La scelta di mantenere solo 13 tracce rende questa nuova edizione ancora più schizzata e vitale, e la produzione, volutamente grezza e maleducata, non fa altro che accentuare le caratteristiche della band, che si esprime al top nel rock senza compromessi di I know your feelings e nella darkeggiante Sweet Beat Angel, ma non sono da meno la potente Lookin' for a vision e il post punk di Spider, momenti elettrizzanti di un tributo all’arte di uno dei gruppi da riscoprire dei nostri anni ’80. (Luigi Cattaneo)