martedì 29 giugno 2021

NORTHWAY, The Hovering (2020)

 

Uscito nel 2020 per I Dischi del Minollo, The hovering è il secondo disco dei Northway, un lavoro che a detta della band ha permesso loro di rimanere sospesi a mezz’aria, pervasi da un senso di profonda armonia. E in effetti la musica dei bergamaschi, che abbraccia il post rock di Mogwai, Godspeed You! Black Emperor e This will destroy you, è un concentrato di sensazioni, atmosfere e visioni cinematografiche, con crescendo tipici del genere che funzionano perfettamente e si incastrano all’interno di un album che non disdegna venature psichedeliche. L’interplay tra le chitarre di Antonio Tolomeo e Luca Laboccetta è il trademark del disco, con la sezione ritmica formata da Matteo Locatelli (basso) e Andrea Rodari (batteria) che compie un lavoro egregio, già a partire dall’intensa Point Nemo, ottima apertura dell’opera. Kraken, con il suo alone oscuro, si muove sinuosa sottopelle, tra sparate elettriche e quiete sommessa, Hope in the storm è un momento ricco di pathos molto suggestivo, mentre Edinburgh of the seven seas è raffinata e malinconica. Il finale di Deep blue è un concentrato delle emozioni espresse sin qui, esempio della capacità della band di trasportare l’ascoltatore in luoghi lontani, un mood solenne ed epico che conferma le doti dei bergamaschi già emerse nel precedente Small things, True love ma che qui trova maggior compimento e maturità. (Luigi Cattaneo)

Full Album (Video)



lunedì 28 giugno 2021

THE ROME PRO(G)JECT, IV BEATEN PATHS DIFFERENT WAYS (2020)

 


Quarta uscita per Vincenzo Ricca e il suo progetto The Rome Pro(g)ject, ensemble allargato che si muove lungo le coordinate tracciate dal tastierista, che riesce ogni volta a coinvolgere personaggi significativi del progressive mondiale. Chi non conosce la musica di Ricca deve assolutamente recuperare i tre dischi precedenti, tutti validissimi esempi di prog sinfonico debitore dei nomi storici del genere, album che vengono omaggiati nel nuovo IV Beaten Paths Different Ways, dove Vincenzo rivisita alcuni brani già editi (i nuovi sono solo 3). All’interno dei pezzi la sezione ritmica spesso muta (quella formata da Roberto Vitelli degli Ellesmere al basso e Daniele Pomo dei RanestRane alla batteria è la più presente), così come la formazione, adeguata al mood che si sviluppa traccia dopo traccia. È così che troviamo la chitarra sempre elegante di Steve Hackett in All roads lead to Rome o Vertical illusion, Bernardo Lanzetti alla voce nella bellissima Beaten paths e il compianto Francesco Di Giacomo nella narrazione di April 21st 753 B.C., dove il basso è affidato all’ottimo Frank Carducci. Caracalla’s dream è un sognante momento che si sviluppa sull’interplay tra il basso di Richard Sinclair e il flauto di Jerry Cutillo degli O.A.K., mentre Reflections vede impegnati John Hackett al flauto e Mauro Montobbio dei Narrow Pass alla chitarra, prima dell’apparizione di David Jackson in A mankind heritage e del basso di uno straordinario Billy Sherwood (anche alla batteria) in S.P.Q.R. Non contento di tanta grazia, il calabrese coinvolge David Cross al violino in The oracle e 476 A.C. (song for Wetton), oltre che Nick Magnus al piano e alle tastiere nel breve sinfonismo di Proemium, chiusura che ci consegna l’ennesimo lavoro carico di pathos e suggestioni. (Luigi Cattaneo)

sabato 26 giugno 2021

DANNY TREJO, Distorted reality (2021)

 


Fresco di pubblicazione per Indelirium Records, Distorted reality è il nuovo lavoro dei veneti Danny Trejo (Samall al basso, Ferra alla batteria, Lippo e Dema alle chitarre, Scrutinio alla voce e alla chitarra e Netti alla voce), monicker mutuato dall’attore cult celebre per alcune chicche di genere come Grindhouse o Machete. Attivi ormai da una decina d’anni (l’omonimo esordio è del 2012), il sestetto è fiero promotore di una musica senza compromessi, una miscela distruttiva di hardcore e thrash che chiama in causa Get the shot, Hatebreed, Slander e The Grip, una furia che attraversa questo ritorno, sempre all’insegna di brani piuttosto corti e sparati con furia in faccia all’ascoltatore. Brani come Money slaves o The earth is round sono lame affilate, Nuclear Holocaust II: Lord Petri strikes back e Brainwashed army mostrano l’attitudine punk core dei veneti, che non disdegnano qua e là di inserire spunti heavy metal, ne è esempio la conclusiva Sick and tired. Le tre chitarre presenti creano un wall of sound pazzesco, con la sezione ritmica che si muove precisa e compatta, un treno in corsa su cui si erge la grande prova di Netti (Discomfort, Undisputed Attitude), vocalist esperto e dotato di carisma. Per acquistare gli album della band potete visitare la pagina https://dannytrejohc.bandcamp.com/ (Luigi Cattaneo)

NICOLA CIPRIANI/BRAD MYRICK, Reflections (2020)

 

Uscito nel corso del 2020, Reflections è l’ultimo lavoro del duo di chitarristi formato da Nicola Cipriani e Brad Myrick, un album maturo, che risente dei tanti live che negli anni li hanno visti protagonisti, dall’America all’Italia. L’album è davvero molto evocativo ed emozionale, un folk bluegrass suggestivo e intimo, in cui le due acustiche raccontano e dipanano atmosfere immaginifiche dai tratti filmici. Il clima da soundtrack si percepisce sin dalle iniziali Borders e Apapacho, ottime per introdurci nel mood del disco, che sa essere molto comunicativo pur muovendosi in territori strumentali virtuosi, aspetto che ovviamente emerge ma non appesantisce le composizioni, perché è forte la capacità del duo di creare momenti di assoluto pathos. Ne sono esempio lampante Libre e soprattutto Bodorgan, due capolavori che narrano, commuovono con gentilezza e grazia, aspetti che diventano però forza dirompente, capace di scavare nell’anima e di lasciare un solco, un ricordo, un’emozione. (Luigi Cattaneo)

Bodorgan (Windwood Session)



mercoledì 23 giugno 2021

MATA/MORALJETLAG, DGF (2020)

 

Mi ero occupato dei Mata nel 2019, ai tempi di Archipel{o}gos, disco che mi aveva fatto conoscere un ensemble dai contorni oscuri, alfieri di un’elettronica viscerale e disturbante. Il qui presente DGF è un ep che vede il trio collaborare con Moraljetlag (al secolo Manuel Kopf Coccia) durante il lockdown del 2020, un modo senz’altro intelligente per far fruttare al meglio il tempo a disposizione. Il quarto d’ora del lavoro risulta piuttosto ostico e cupo, una sorta di tagliente suite che si fa carico di nevrosi e tensioni figlie di questo periodo dove le certezze si sono sempre più affievolite. Le viscere pulsanti del quartetto nato per l’occasione sottolineano uno stato d’animo inquieto, accompagnando l’ascoltatore in un trip rumoristico nero pece, tra effetti distorti e un generale climax da soundtrack. L’uscita, essendo solo in digitale, è acquistabile al seguente indirizzo https://onlyfuckingnoise.bandcamp.com/album/dgf . (Luigi Cattaneo)

DGF (Video)



domenica 20 giugno 2021

ZEDR, Futuro nostalgico (2020)

 

Sotto lo pseudonimo Zedr si cela Luca Fivizzani, cantautore già sul mercato con l’ep Superstiti nel 2014. Il ritorno di Futuro nostalgico lo vede accompagnato da Giulio Peretti (chitarra, ukulele ma anche composizione), Tommaso Giuliani (batteria) e Samuele Cangi (in veste di produttore ma anche al basso, alle tastiere e alle percussioni), un’uscita promossa grazia alla sempre fertile Overdub Recordings. Il pop dai tratti psych di Zedr funziona, complice anche una durata limitata, 25 minuti circa, che risultano snelli e gradevoli, a partire dalle iniziali melodie di Il grande dittatore e Polvere, singolo ideale per il lancio promozionale del disco. Lo straniero è una provocatoria dedica a Milano, Teoria del disordine abbraccia echi folk, mentre Quello che non luccica si muove agile su uno straniante tappeto creato da Cangi. Le conclusive Nictofobia e Ogni parte di me si muovono sicure tra echi western e raffinato pop, lucidi esempi di come si possa essere fruibili senza scadere nel banale. In attesa di un lavoro più corposo il come back di Luca merita un sincero applauso per la dedizione e la cura con cui ha trattato la propria musica, cosa non scontata in un’epoca dove l’arte sembra essere sempre meno necessaria. (Luigi Cattaneo)

Quello che non luccica (Official Video)



sabato 19 giugno 2021

ANANDAMMIDE, Earthly paradise (2020)

 


È un vero piacere ritrovare Michele Moschini, che i più attenti ricorderanno per l’esperienza Floating State, band di Bari che si ispirava ai mostri sacri del prog inglese e che nel 2003 pubblicò l’interessantissimo Thirteen tolls at noon. Dopo ben 17 anni è proprio Michele ad informarmi di questo nuovo capitolo della sua vita musicale, gli Anandammide, gruppo dove Moschini, oltre a cantare, si divide tra chitarra, synth, organo, flauto, tin whistle, batteria e percussioni. Quasi una one man band verrebbe da pensare, se non che risultano fondamentali per la riuscita di Earthly paradise il violoncello di Adrien Legendre, il flauto di Audrey Moreau, il basso di Pascal Vernin e il violino di Stella Ramsden, tutti elementi che hanno dato grande corposità al folk progressivo che emerge dai solchi di questo notevole esordio. Una gemma dove rivivono gli anni ’70 di Mellow Candle, Harmonium e Caravan, ma anche lo spirito dei contemporanei Ancient Veil ed Eris Pluvia, tutti elementi che si spiegano subito dinnanzi a noi, tra un intro folk, una title track atmosferica e la perla Lady of the canyon, momenti che indirizzano l’album verso una qualità complessiva davvero alta. Si prosegue con Porsmork, altra suadente ballata medievaleggiante, prima della psichedelia di fine ’60 che segna Anandi e la canterburiana Electric troubadour, ennesimo passaggio molto significativo dell’opera. Anche Pilgrims of hope è da segnalare come brano elegante e raffinato, mentre con Satori in Paris (dove troviamo Yohav Oremiatzki alla space guitar) e Syd la band sembra guardare maggiormente alla psichedelia sessantiana. La conclusione è affidata a Iktsuarpok e soprattutto Colette the witch, immaginifico finale di un lavoro corale di grandissimo fascino, capace di portare per mano in luoghi da fiaba, remoti e pieni di arcaico fascino. (Luigi Cattaneo)

giovedì 17 giugno 2021

SOMMOSSA, Autentica (2019)

 


Risale al 2019 l’esordio dei Sommossa, trio trevisano formato da Diego Bizzaro (voce e chitarra), Paolo Martini (basso) e Marco Tirenna (batteria), che con Autentica ha voluto dar voce ad un’esigenza, quella di portare avanti dei valori che stiamo progressivamente perdendo. La riflessione come spinta per migliorare, attraverso un rock di matrice alternativa imparentato con Ritmo Tribale, Estra e Malfunk, che trova nella voce graffiante di Bizzaro (che mi ha ricordato in alcuni momenti, per timbrica, Ligabue) e nelle compatte ritmiche elementi su cui concepire tredici tracce poderose e dai contorni oscuri. La lunghezza un po' eccessiva dell’album è forse l’unica nota fuori posto, con la tensione drammatica che in alcuni momenti cala fisiologicamente, ma è solo un appunto all’interno di un quadro complessivo pregevole, con picchi come Se un Dio esistesse, Parto decisamente sfiancante o Un pettirosso da combattimento, pezzi ottimamente scritti e suonati. Le sonorità cupe di diversi passaggi toccano anche il grunge e la wave, caricando di pathos La danza del titubante e Assecondalo, altri frangenti in cui emerge la qualità dei veneti. In attesa di un ritorno, anche live vista la forza della proposta, un esordio solido e incisivo che può trovare più di un estimatore nel fitto underground nostrano. (Luigi Cattaneo)


lunedì 14 giugno 2021

GRAN TORINO, The delphic prophecy (2020)

 

Pubblicato da Musea Records sul finire del 2020, The delphic prophecy è il terzo lavoro dei Gran Torino, band composta da David Cremoni alla chitarra (Moongarden, Submarine Silence), Alessio Pieri alle tastiere (compositore di tutti i pezzi presenti), Gian Maria Roveda alla batteria e Fabrizio Visentini Visas al basso. La classe dei veronesi è intatta e rimarca un progressive con radici settantiane accentuate, raffinato e tecnicamente ineccepibile e chi conosce la storia della band sa che dentro la musica dei Gran Torino convivono decani come King Crimson e Kansas, il prog italiano di P.F.M. e Goblin, ma anche gruppi con riferimenti hard come Spock’s Beard e Dream Theater, influenze ancora presenti e virate color seppia, visti i diversi passaggi più oscuri presenti in questo nuovo lavoro. Il clima da soundtrack rispecchia la volontà del quartetto di narrare un viaggio immaginifico nella mitologia greca antica, con il suo fascino e i suoi misteri, intento che si manifesta già nell’attacco di Ondine, brano fantasioso ed evocativo, che confluisce nelle enigmatiche e cupe Faint dimness e The sibylline oracle. Si prosegue con l’elegante From lust to shame, prima della delicata A gentle soul e del dark prog After the Cure (che sembra quasi citare la band di Robert Smith). La notturna Faded elation anticipa una title track totalmente calata nel fascino dei ’70, mentre Ancient labyrinth appare vibrante e carica di suggestioni. La conclusiva Ethereal noise chiude un ottimo ritorno, per una band forse tenuta poco in considerazione dagli appassionati di progressive ma capace di sfornare sempre dischi di assoluta qualità. (Luigi Cattaneo)

Ancient labyrinth (Video) 


 

domenica 13 giugno 2021

Wendy?!, In uscita In the temple of feedback

I Wendy?! nascono nel 2008 intorno al chitarrista e cantante Lorenzo Canevacci, già chitarrista dei Bloody Riot, tra le più note Hardcore band italiane degli anni ’80.

Nel 2012 esce il primo album “Eleven”, seguito da “Notebook” nel 2014 e “Idols & gods” nel 2017, entrambi per la Tide Records, albums con i quali i Wendy?! ottengono un ottimo riscontro di pubblico e critica nazionale ed internazionale.

In the temple of feedback

“Per parlare del nuovo lavoro dei Wendy?! “In the temple of feedback” vorrei partire da un flashback e tornare indietro ai tempi in cui, con un manipolo di altri adolescenti incazzati a causa della repressione che prendeva forza da motivazioni “Antiterroristiche”, abbiamo iniziato ad imbracciare gli strumenti per cercare di incanalare la nostra rabbia in maniera creativa. Erano gli anni degli scontri per le strade, gli anni del ministro dell’interno Cossiga e delle leggi speciali, e la nostra voglia di esprimersi in musica era legata al nostro desiderio di rivalsa e di rivolta. Sono passati 4 decenni, tutto sembra essere cambiato, il mondo non è più quello di un tempo; ma, se riportiamo tutto all’essenza, ai valori primari, tutto è rimasto uguale. Non siamo più adolescenti, certo, ma l’urgenza, la voglia di usare il rock n’ roll per comunicare le storture di questa società ed esprimere il nostro pensiero attraverso la musica è rimasta la stessa. Per il Lorenzo 58enne di oggi, i Wendy?! sono esattamente quello che furono i Bloody Riot per il Lorenzo adolescente: il mezzo per esprimere il proprio essere alternativo a un sistema che cerca di ingabbiarci, e comunicare i propri pensieri e i propri valori attraverso la musica che ha amato da sempre: il rock n’ roll, quello vero, sincero ed istintivo, senza nessuna concessione alle mode del momento o alle richieste del mercato. Esprimere al cento per cento quello che sento e cercare di realizzare un lavoro che rispecchi quello che cerco quando mi approccio ad un album da ascoltatore. Era così quando suonavo furioso hardcore punk, ed è così per queste nuove 10 tracce. Ai giorni nostri il mondo sembra essere cambiato, ma una nuova forma di repressione sta facendo crescere l’urgenza di tutti coloro che come noi usano la musica come forma d’espressione. Da più di un anno tutto il mondo della live music è stato imbavagliato ed è fermo, questa volta con motivazioni che non sono legate al terrorismo bensì (pseudo) sanitarie. La cosiddetta lotta al Covid 19 ha fermato i palchi e azzerato concerti, le esibizioni e chiuso tutti gli spazi prima esistenti. Non potevamo accettare passivamente tutto questo, l’impossibilità di salire su un palco per comunicare con tutti voi è una ferita molto difficile da cauterizzare. Abbiamo così deciso di utilizzare il tempo che non potevamo dedicare all’attività LIVE per scrivere ed arrangiare nuovi brani. E in seguito registrarli per pubblicare un nuovo album nonostante tutto quello che stava accadendo intorno. Quando abbiamo pubblicato “Idols and Gods”, il nostro ultimo lavoro nel 2017, pensavamo di aver realizzato “il disco” definitivo dei Wendy?!. Confortati anche dalle reazioni e dalle ottime recensioni credevamo di esserci superati, e che sarebbe stato difficile fare di meglio. “In the temple of feedback”, giorno dopo giorno, brano dopo brano, ci ha dimostrato che è sempre possibile progredire. Personalmente credo che sia un ulteriore passo avanti, sia nella scrittura dei brani e nell’esecuzione, sia nella produzione. Lo stile delle composizioni, nello stile dei Wendy?!, è molto vario, ma il sound è compatto ed omogeneo nel suo essere molto rock n’ roll e particolarmente bluesy come scrittura. La produzione, come in precedenza curata da David Petrosino e realizzata interamente nei nuovi studi della TIDE Records, esalta la compattezza della band. La nuova sezione ritmica, con Paola Croft al basso insieme al fedele Luca Calabrò, motore inesauribile dietro i tamburi, sempre più trascinante in studio e dal vivo, permette alle mie melodie e alle mie chitarre, coadiuvate dalla ritmica di Alessandro Ressa, di trovare una struttura energica e a tratti punkeggiante su cui appoggiarsi. Una sintesi a mio parere perfetta dei miei mondi e delle mie aspirazioni musicali. I testi spaziano dalle tematiche personali e più intime a quelle più sociali. Il brano più “politico” in questo senso è forse “T.N.M.A.” che sta per Tecnological New Middle Age. Preciso che il mio profetizzare l’arrivo di un nuovo medioevo (tecnologico) risale a prima dell’emergenza attuale, avendo scritto il brano un paio di anni fa. L’arrivo del Covid e di tutto quello che ne è conseguito non ha fatto altro che rafforzarmi nelle mie convinzioni.”

(Lorenzo Canevacci)

Track List:

01 - Intro

02 - TNMA

03 - The king of mud

04 - Rock these ancient ruins

05 - 27th dream

06 - Welcome to the temple

07 - Because of you

08 - Spider girl

09 - What did you get

10 - A song for Johnny

Musicians:

Lorenzo Canevacci: vocals, electric and acoustic guitars, harmonica

Alessandro Ressa: rhythm guitar, back vocals

Paola “Croft” Altobelli: bass, back vocals

Luca Calabrò: drums

Produced by David Petrosino

Recorded, mixed and mastered by

David Petrosino and Raimondo Mosci

at Tide Records' Studios

Cover design and artwork by Terrence Briscoe


sabato 12 giugno 2021

VIOLENT SILENCE, Twilight furies (2020)

 

Twilight furies è il quarto disco per i Violent Silence (edito da Open Mind Records), creatura di Johan Hedman (tastiere, batteria, percussioni e basso, già con i Sarcasm) qui accompagnato dalla voce di Erik Forsberg (apprezzato nei Blazon Stone), dal basso di Simon Svensson e dalle tastiere di Hannes Ljunghall. Il progressive rock degli svedesi non prevede la chitarra, elemento che riconduce a diverse band dei ’70 che davano alle tastiere un ruolo predominante, e si fa forte di brani strutturati e complessi, che manderanno in estasi quanti dal genere vogliono tecnica e strutture intricate. L’interplay tra Hedman e Svensson è la linea guida delle tracce, su cui erge la voce dal particolare timbro di Forsberg, che dopo un iniziale perplessità ho trovato consona alla proposta della band e soprattutto identitaria. Le lunghe Tectonic plates e Scorched earth pass hanno bisogno della giusta attenzione per essere colte, ma non sono da meno le caratterizzanti Lunar sunrise e Twilight furies, i quattro momenti che compongono la parte del leone di un lavoro che sviluppa temi e concetti senza sosta. L’approccio fantasioso di Hedman è la conferma della grande personalità dello svedese, già emersa nelle precedenti release, dote che mette a servizio di un disco ostico ma brillante, cupo ed estroverso, dove ogni singola parte è perfettamente incastonata nel complessivo, per un risultato affascinante e di grande spessore. (Luigi Cattaneo)

Album Trailer



mercoledì 9 giugno 2021

BJ JAZZ GAG, Somestring else! (2020)

 

I BJ Jazz Gag sono un trio nato nel 2018 e composto da Biagio Marino alla chitarra, Luca Bernard al contrabbasso e Massimiliano Furia alla batteria, musicisti molto attivi nel panorama jazz italiano e della musica di ricerca. Questo Somestring else!, uscito per Fonterossa Records, vede la band esplorare quella linea di confine tra jazz, rock e improvvisazione, con Marino attento cesellatore di trame inusuali, all’interno di un songwriting che mette insieme costruzione certosina e impazzite variabili free. Una creazione libera ed estemporanea che agisce su strutture minuziose e su un’interplay effervescente, lungo 5 brani complessi e sfaccettati. Un flusso quello di Somestring else! che ci accompagna sin dall’iniziale Emblemata, dove l’aspetto sperimentale si lascia portar via da un groove trascinante, prima di Alghero, cinematografica e immaginifica, riesce a trasmettere i colori della città decantata. Qualche sequenza progressiva avvolge Fino all’ultimo respiro, l’omaggio di Abbia Masella alla cruenta storia della donna campana convince e nobilita la figura, mentre Native American Painting appare come l’episodio più legato alla free form tout court. Pur in trio la creazione di sovrastrutture appare congeniale al lavoro interpretativo dell’ensemble, che seduce con soluzioni intricate e una ricetta che sa essere stimolante e gravida di curiose soluzioni. Per chi ama il jazz borderline disco da non perdere. (Luigi Cattaneo)

Emblemata (Video)



domenica 6 giugno 2021

NERUMIA, Fatal delirium (2021)

 

Nuovo disco per i Nerumia, duo formato da Scual (voce, chitarra, basso e synth, già con Disaster, Unborned e Demorium) e Bornyhake (batteria), che i più attenti ricorderanno per il lontano Land of the black del 2002 e I don’t understand del 2018. Questa volta la band di Losanna non ha fatto passare molto tempo ed è tornata subito in studio per produrre questo Fatal delirium, lavoro in bilico tra black e death metal, marchio di fabbrica degli svizzeri. Si parte subito forte con Apocalyptic blast, oscuro black metal figlio dei ’90, così come la furia di Silent lies sembra guardare ad alcuni episodi dei seminali Venom, con Bornyhake grande motore ritmico del duo e la comparsata alla chitarra di Fab Abyss. Apprezzabile il lato death della title track, Un jour viendra sconta una prolissità un po' eccessiva, all’interno di un brano nero e furioso, mentre New era rimane borderline tra black e death, risultando però piuttosto anonima. Un bel riff circolare marchia a fuoco Rotten decades, che sembra strizzare l’occhio al suono svedese, Fallen in a dead pass è tra i momenti più convincenti, vicino ad alcune cose dei Dark Tranquillity, genere che gli svizzeri maneggiano con attenzione, complice anche il discreto solo di Abyss. Wings of smoking soul e Painful obscurity si muovono tra assalti estremi e spunti melodici, confermando la bontà di un progetto underground fatto di passione e sacrifici. (Luigi Cattaneo)

New era (Video)






sabato 5 giugno 2021

STORMCROW, Face the giant (2019)

 

Face the giant, uscito nel 2019, è il secondo lavoro degli Stormcrow, quartetto formato da Zedar al basso (membro dei curiosi Koza Noztra), Goraath alla batteria, Vastis alla voce e Astaroth alla chitarra. La band è dedita ad un black metal oscuro e senza compromessi, 40 minuti d’assalto, brutali, tra riff distruttivi costanti e una sezione ritmica impeccabile. Il concept descrive il fascino e la crudeltà della montagna, con atmosfere nordiche che rimandano alla scuola svedese (Marduk, Dark Funeral) e uno sguardo complessivo sul black metal di inizio anni ’90. L’impeto old school del gruppo si sposa con la ricerca di cambi repentini di tempo e una produzione che esalta la malignità della proposta, tra sezioni di impressionante violenza e linee melodiche lievi ma efficaci, talvolta definite maggiormente rispetto agli standard del genere. L’oscura title track, l’inquietante Black mother, la variante death metal di Relentless o il nero gioiello Empty eyes sono piccole gemme per chi ancora è alla ricerca delle emozioni primigenie legate ad un sound ormai lontano nel tempo. (Luigi Cattaneo)

Face the giant (Video)