mercoledì 30 luglio 2014

LOGOS, L'enigma della Vita (2014)


Giungono al terzo album dopo dodici anni di assenza i veronesi Logos, band nata nel lontano 1996 come cover band dei grandi classici del progressive e conosciuta dagli appassionati per due interessanti lavori (Logos del 1999 e Àsrava del 2001). Sono ancora della partita due membri fondatori come Luca Zerman (tastiere e voce) e Massimo Maoli (chitarra) a cui si affiancano per questo come back Fabio Gaspari (batteria e basso) e Claudio Antolini (tastiere). La band aveva già dato segnali di ripresa qualche anno fa aprendo i live di Biglietto per l’inferno.Folk e The Watch e il nuovo L’enigma della Vita, registrato tra il 2006 e il 2012, è segno tangibile di come il gruppo abbia ancora tanto da dire. Particolari novità in termini di suono non sono presenti e l’album si riallaccia alla grande tradizione sinfonica di Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme ma anche Castello di Atlante e Consorzio Acqua Potabile, il tutto suonato e interpretato con pathos e vigore. Antifona è il classico intro strumentale apripista che ci conduce alla validissima Venivo da un lungo sonno, traccia evocativa con attacchi di mellotron e un bel gioco di squadra tra Maoli e lo special guest Simone Bistaffa, un interplay tra chitarristi dotati di sensibilità e tecnica. Grande interesse suscitano le parti ritmiche di Gaspari, la buona prova di Zerman alla voce e un testo curato e affascinante, componente quest’ultima che ritroviamo un po’ in tutto l’album a dire il vero. In Fuga è quanto di più vintage prog si possa desiderare. Notevoli cambi di tempo, tastiere a profusione, melodia finissima, tocchi psichedelici che completano il quadro. Alla fine dell’ultimo capitolo, pur toccando i quasi 10 minuti di durata, risulta fresca e scorrevole, con la piacevole apparizione di Alessandro Perbellini alla batteria e un lavoro d’equipe raffinato e suadente. Qualche suggestione crimsoniana è ascoltabile nella strumentale e notevole N.A.S., prima della title track sospinta da qualche reminiscenza hard prog. In Principio lascia aperti momenti di riflessione attraverso spunti melodici di grande impatto, complice anche Simone Chiampan alla batteria, mentre Completamente estranei fonde Genesis e Yes con frangenti solidi e viscerali. In quale luogo si fermo il mio tempo introduce al pianoforte Pioggia in campagna, malinconica song molto settantiana. Gianbattista Bodei è la voce narrante che chiude l’album con Il rumore dell’aria e noi non possiamo fare altro che celebrare il ritorno dei Logos e attendere qualche nuova uscita live del complesso, per tastare dal vivo un disco che può diventare un piccolo classico del progressive italiano odierno. (Luigi Cattaneo)

Qui di seguito il link dove ascoltare per intero L'enigma della Vita

lunedì 28 luglio 2014

RANESTRANE, A Space Odissey Part One-Monolith (2013)


Ancora una volta i romani RanestRane scelgono la strada dell’evocazione personale di una pellicola fondamentale per lo sviluppo del cinema e dopo gli straordinari omaggi fatti a Shining e Nosferatu ora tocca all’ipnotico 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. È bene dire che il gruppo ha sempre dato una visione personale di questi cine-concerto proposti, inserendo nei dischi stralci dei film tributati e nei live collage di immagini che fanno delle loro esibizioni dei piccoli eventi. Questo A Space Odissey: part I Monolith è il primo tempo di un progetto ad ampio raggio e che parte coinvolgendo due ospiti d’eccezione, Steve Hogarth e Steve Rothery, ossia la voce e la chitarra dei Marillion. Il primo presente in Mementoes e Cenotaph è sempre un piacere ascoltarlo, il secondo si presta a suo modo nei soli di Materna Luna e nella strumentale Monolith (part two). La scrittura dei quattro è sempre ricchissima di particolari e di sfumature che amplificano ancor di più l’immaginario esposto, descrizioni finissime rese con maestria e sonorità che sanno pescare a piene mani dagli anni ’70 senza farne il verso. Difatti A Space Odissey richiama sì alla mente band seminali (Genesis, Marillion, Premiata Forneria Marconi) ma non appare passatista o pensato solo per i nostalgici e pur non presentando soluzioni innovative ha il merito di risultare brillante e figlio del proprio tempo. I RanestRane hanno dalla loro la voglia di restare attaccati al filone cinematografico e visti i risultati così profondi e coinvolgenti appare difficile pensare a dischi differenti da quelli sinora prodotti. Il lavoro svolto da Maurizio Meo (basso), Riccardo Romano (tastiere), Daniele Pomo (voce, batteria e flauto) e Massimo Pomo (chitarra) è straordinariamente visionario, con passaggi davvero da brividi (Dolore cosmico, Clavius) e una continuità di momenti esemplari che ci accompagnano lungo tutto l’arco del racconto. La forza della band è anche quella di riuscire a creare in chi ascolta pensieri e immagini pur se si ha poca memoria del film e la lunghissima e intricata suite iniziale, Semi, è l’esempio più fulgido da cui partire. La coppia Pomo-Meo appare salda e sicura di sé (con il primo anche convincente vocalist), Romano si esibisce in soluzioni sinfoniche di grande classe ed effetto, mentre Massimo Pomo è un chitarrista mai sopra le righe e sempre attento al dettaglio. Ma tutto l’album è un susseguirsi di frangenti splendidi, di ricami raffinati ed evocativi che fanno di questo A Space Odissey: part I Monolith uno dei dischi più riusciti di progressive italiano degli ultimi anni. (Luigi Cattaneo)

Materna Luna (Video)

mercoledì 23 luglio 2014

ARTEMISIA ABSYNTHIUM, I Tre Volti della Paura (2014)


L’esordio di un gruppo, per di più autoprodotto, è sempre un bel traguardo. Ci sono dentro aspettative, sogni, magari incubi e un mondo che probabilmente ti accompagna da sempre. Ci sono riferimenti più o meno velati che vanno a comporre il quadro finale e la dedica al maestro di vita Francesco Di Giacomo, posta nel debut degli Artemisia Absynthium potrebbe far pensare all’ennesimo gruppo ispirato dai classici del prog. Non è così. Difatti la band di Alfredo Lavorato (voce, chitarra, basso, synth) si inserisce perfettamente nel filone dark folk con qualche rimando al progressive più esoterico ma non cade in prostrazione verso quella scena settantiana. Ammirazione ma non devozione per riassumere. Certo un pezzo come Golem può far tornare alla mente maestri come i Black Widow e il dark prog in generale ma le atmosfere malsane e inquiete proposte non sfigurerebbero in un lavoro di Steve Sylvester (Rest). L’elemento preponderante è quello folk, sopraffatto da forze oscure e tenebrose e il cantato tedesco di alcuni passaggi non fa che aumentare la tensione (Das Ende, Der Zauberer). Non mancano spore psichedeliche Jacula style, visioni oscure (La Cavia), dove la luce fatica a filtrare, ci si perde nel buio (Fatal Enemies) per poi tornare su passi certi (l’omaggio Another Brick in the Wall dei Pink Floyd). Quando invece ci si inoltra in gotici sentieri ambient il pensiero corre ai seminali Elend, soprattutto nelle suggestioni pregne di terrore e spettralità che danno vita ad un ideale colonna sonora di qualche lontana pellicola targata Hammer. I tre volti della Paura (titolo tratto da un film del 1963 di Mario Bava) è un lavoro decisamente interessante, pieno di spunti su cui soffermarsi e valido esempio di come si possano unire folk, dark e psichedelia in maniera fluida e calda. Disco che probabilmente avrebbe bisogno di una vera distribuzione e la Black Widow Record potrebbe essere l’etichetta giusta per una proposta di questo tipo… (Luigi Cattaneo)

Der Zauberer (Video)

martedì 22 luglio 2014

SPALTKLANG, In Between (2013)


Spaltklang In Between album coverGrande ritorno per gli Spaltklang di Markus Stauss (sax) e Remy Strauli (batteria) ed ennesimo centro per l’AltrOck, etichetta sempre più al centro del mercato progressive mondiale. Gli svizzeri, attivi da più di dieci anni, confezionano con In Between un lavoro sicuramente di non facile assimilazione ma notevole per impatto e dinamismo. Jazz rock, R.I.O., avanguardia, il tutto misurato dalla sensibilità di Strauss, dalla forza e dalla classe di Strauli e da una serie di musicisti di prim’ordine come Richard Koch (tromba), Francesco Zago (chitarra) e Christian Weber (contrabbasso). In Between è un disco dall’impianto jazz, soprattutto negli splendidi intrecci tra sax e tromba ma le incursioni di Zago e la dirompente sezione ritmica hanno il merito di colorare il sound della band e di donargli maggiore profondità e imprevedibilità. Le trame che si sviluppano sono molto fitte, anche per via di brani piuttosto lunghi (cinque in totale) e parecchio intricati, dove emergono doti tecniche straordinarie ma ciò che colpisce di più è un fine lavoro compositivo in cui vengono esposte tantissime idee. Anche i frangenti avant-jazz si inseriscono nel contesto e appaiono funzionali alla riuscita del progetto, richiamando Henry Cow, Soft Machine, King Crimson e Yugen (forse più per la presenza di Zago). La fusione tra le parti risulta mai forzata ed è un vero piacere sentire un interplay così fluido tra i vari strumenti, pur trattandosi di un gruppo nato proprio per registrare questo disco (solo i due leader sono membri originali). Difficile non pensare che In Between possa rappresentare un approdo sicuro per chi predilige sonorità jazz trattate con l’impeto del rock e imbevute di spezie progressive, per quello che risulta essere un come back suggestivo e contemporaneo. (Luigi Cattaneo)

   

giovedì 17 luglio 2014

CONFUSIONAL QUARTET, Confusional Quartet Play Demetrio Stratos (2014)


Ci voleva un gruppo traversale come il Confusional Quartet per omaggiare il genio di Demetrio Stratos, artista poliedrico venuto a mancare nel lontano 1979 e sperimentatore vocale tra i più stimati nel mondo. Cantante dei Ribelli prima e degli Area poi, Stratos ha lasciato nei suoi anni di attività un patrimonio culturale e di studio difficilmente raggiungibili, uno status di culto e devozione da parte sia della critica che dei fan. A riportare in vita la voce di Demetrio è un curioso quartetto bolognese sempre sul confine tra new wave, prog e jazz rock, attivo dal 1980. Cosa ha combinato qui il complesso formato da Lucio Ardito (basso), Marco Bertoni (tastiere), Enrico Serotti (chitarra) e Claudio Trotta (batteria)? Ha costruito brani attorno a registrazioni inedite delle sperimentazioni vocali degli anni ’70 fornite da Gianni Gitti (produttore del gruppo) che aveva lavorato con il cantante di origine greca nelle sue ultime performance live. Gianni aveva registrato alcune improvvisazioni per sola voce nell’ultima tourneè di Stratos e questa base di partenza è andata a formare l’ossatura di Confusional Quartet play Demetrio Stratos. Escludendo Cometa Rossa, che riprende uno dei pezzi più rappresentativi della potenza degli Area, il disco presenta brani totalmente inediti e parecchi sono i momenti interessanti in cui il gruppo sembra quasi jammare attorno ai passaggi di Demetrio, a partire da Manifest’o in cui il vocalist racconta la sua arte mentre il Confusional si lancia in un funky pieno di groove e molto coinvolgente. Non sempre c’è un vero interplay tra le parti ma il progetto è pensato anche per fungere da tramite per riscoprire un personaggio straordinario e alcune sue piccole creazioni che ancora non si conoscevano. Difficile non lasciarsi trasportare da song come Fazzarazza o Alessandria, episodi trascinanti e che mostrano ancora una buona dose di freschezza esecutiva. L’atteggiamento è sempre quello di una band sfrontata e vogliosa di confrontarsi con diversi generi e le improvvisazioni di Demetrio sono la base per riproporre il loro tipico sound, oramai maturato ma ancora affascinante. Confusional Quartet play Demetrio Stratos è l’ennesima conferma di come il personaggio abbia attraversato i decenni e conquistato un posto di rilievo nell’immaginario collettivo, di come abbia travalicato generi e concetti, di come la sua figura risulti punto di riferimento concreto per musicisti di estrazione anche diversa tra loro. (Luigi Cattaneo)

Cometa Rossa (Video)

lunedì 14 luglio 2014

PETRA, Live at Carroponte


Carroponte si segnala sempre più come uno degli approdi sicuri dell’estate live milanese. Lo spazio sito in via Granelli a Sesto San Giovanni propone musica di vario genere praticamente ogni sera e a prescindere dai gusti musicali questa è sicuramente una buona notizia (per informazioni www.carroponte.org). Carroponte ha sempre dato ampio risalto alla scena alternative italiana ed estera ma di tanto in tanto il programma ha virato verso il jazz e in minima parte il prog (ricordo I Giganti di Terra in Bocca qualche anno fa). Per la rassegna AperiJazz, che qualche settimana fa ha ospitato il trio di Gaetano Liguori, il giorno 13 luglio si sono esibiti i Petra, band composta da Massimiliano Milesi (sax), Vittorio Marinoni (batteria), Michele Tacchi (basso) e Valerio Scrignoli (chitarra). La band ha impressionato per la duttilità delle scelte e uno spirito crossover che non sempre si trova quando si parla di jazz, segno della curiosità che contraddistingue il quartetto. L’oretta a loro disposizione è stata ben sfruttata per presentare quelle che saranno le composizioni del debut che dovrebbe essere pubblicato già quest’anno (almeno stando a quello che ci ha detto il leader Milesi a fine live). I Petra ci guidano lungo il tragitto in un melting pot di suoni in cui le chiare ascendenze jazz vengono frullate con la forza del rock, in un richiamo a quello che era il sound di Perigeo ed Arti & Mestieri. L’effetto vintage rimane solo nell’aria, perché le parti più hard ricordano invece i lavori di Junkfood e Nohaybandatrio, soprattutto quando Milesi si cala in un interplay solido con Scrignoli e le sfuriate ritmiche della coppia Tacchi-Marinoni. I passaggi più ardimentosi invece mi han fatto avvicinare i Petra a quanto proposto da Markus Stauss con i suoi Spaltklang nel disco In Between dell’anno scorso. Ovviamente si tratta di percezioni istantanee di chi ha ascoltato per la prima volta con estremo piacere una giovane e promettente band. I Petra hanno idee e coraggio di sporcare dinamiche jazz con elementi presi in prestito da altri mondi sonori, risultando interessanti e freschi. Gruppo da tenere d’occhio! (Luigi Cattaneo)

     

sabato 12 luglio 2014

THE WATCH, Tracks from the Alps (2014)


Quando si parla dei The Watch gli appassionati di progressive subito associano il nome dei milanesi ai Genesis e al percorso pieno di cover e concerti tributo che spesso caratterizzano la proposta della band. Tutto vero, tutto giusto. Ma la carriera dei The Watch non è solo questo e difatti Tracks from the Alps è il sesto disco di inediti del gruppo (se si conta Ghost uscito quando si chiamavano The Night Watch) . Un lavoro che non si discosta da quanto sinora proposto e che ha comunque il dna del tanto amato gruppo inglese, senza lasciar intravedere nuove vie da seguire o situazioni da sperimentare. A conti fatti e vista la qualità degli album pubblicati, i lombardi rimangono nell’alveo di quelle band che portano avanti con dedizione il verbo prog settantiano, senza discostarsi da certi canoni ben collaudati. Gli amanti di certe sonorità prettamente vintage difficilmente resteranno delusi da questo come back, perché il quintetto di Simone Rossetti (voce, mellotron, synth e flauto) sforna un disco estremamente piacevole, pieno di linee melodiche convincenti e con sprazzi strumentali che denotano una certa solidità tecnica. Con lui Giorgio Gabriel (chitarra e basso), Valerio De Vittorio (tastiere, Hammond e synth), Marco Fabbri (batteria) e Mattia Rossetti (basso), bravi nel consolidare ulteriormente le idee messe in campo dal leader dell’ensemble. Attenzione al particolare, capacità compositive, art rock invecchiato di quarant’anni e oltre è il compendio che troviamo già dall’iniziale A.T.L.A.S., fascinosa trama sinfonica imperniata sull’uso sapiente dei synth. La seguente Devil’s Bridge è una deliziosa ballata preludio ad uno dei migliori episodi presenti, The Cheating Mountain, sunto che racchiude Genesis, Marillion e i nostrani Acqua Fragile. On Your Own è giocata sul classico interplay tra chitarra e synth, Going Out to get You è l’omaggio ad un raro brano di Peter Gabriel e soci, mentre Once in a Lifetime è uno dei passaggi maggiormente emotivi e carichi di pathos del disco. La conclusiva The Last Mile è probabilmente l’apice dell’album, momento articolato ma comunicativo, tempi dispari e mood da rock ballad, mellotron e hammond all’unisono, un piccolo gioiello senza tempo. Tracks from the Alps è una delle migliori produzioni dei The Watch e se siete legati in maniera indissolubile al periodo storico del progressive rock e non ricercate dal genere particolari innovazioni, questo è senza dubbio il disco che fa per voi! (Luigi Cattaneo)

A.T.L.A.S. (Video)

   

venerdì 11 luglio 2014

JUNKFOOD, The Cold Summer of the Dead (2014)


The Cold Summer of the Dead è il ritorno dei Junkfood, che con questo nuovo album non solo confermano le qualità già emerse con il debut Transcience del 2011 ma fanno probabilmente un ulteriore passo avanti in termini di compatezza e maturità artistica. Post, avanguardia, jazz, noise, tutto ben centrifugato e rigorosamente strumentale, un assalto in cui non mancano appigli melodici, magari non immediati ma di grande fascino e soprattutto molto riusciti. Il titolo vale più di mille parole. Difatti The Cold Summer of the Dead è la traduzione del verso conclusivo di Novembre, una poesia di Giovanni Pascoli e il clima riflette assolutamente quelle righe a cui fa riferimento. I 38 minuti dell’album appaiono pregni di oscurità, spettrali, grevi, ma con un’andatura poderosa, con tratti di pura angoscia rumoristica, quasi come se ci trovassimo dinnanzi ad una colonna sonora di qualche thriller movie settantiano. Le parti più dure si combaciano in maniera ideale con quelle maggiormente atmosferiche ma il mood minaccioso non viene mai a cadere. The Cold Summer of the Dead è un trip paranoico che conquista, un viaggio emozionante in cui la tromba di Paolo Raineri disegna prospettive Avant-Jazz, la sezione ritmica formata da Simone Calderoni (basso) e Simone Cavina (batteria) appare compatta e precisa anche nei tanti tempi dispari presenti e la chitarra di Michelangelo Vanni è capace di sfumare verso soluzioni psichedeliche di notevole intensità o di serrare l’ascoltatore con riff aggressivi e fulminanti. È un melting pot di suoni e situazioni ora più maestose (On Canvas), ora più vicine al math (Days are Numbered) ed è impossibile non rimanere colpiti dalle distorsioni avanguardistiche che si incontrano lungo il tragitto (Below the Belt) o dalla tensione che fuoriesce da alcuni splendidi episodi (The Quiet Sparkle). The Cold Summer of the Dead è un lavoro con un proprio carattere distintivo ed ha il merito di mostrare la grande personalità di uno dei gruppi strumentali più interessanti della scena alternativa italiana. (Luigi Cattaneo)

Full Album From Youtube

martedì 8 luglio 2014

Musicraiser per gli ANALOGY!!!

La storica band italo/tedesca ha in programma un vero e proprio tour italiano da tenersi fra fine ottobre e inizio novembre. Quattro/cinque date al Nord e (se possibile) qualche altra nel Centro-Sud.

A tale scopo, chiede l'aiuto dei fans vecchi e nuovi.

Pagina per contribuire:

http://www.musicraiser.com/projects/2346

Sito web della band:

http://www.analogy.it/Menu.html

Qui di seguito un estratto live della band al Bloom di Mezzago

https://www.youtube.com/watch?v=0V0riqJZTas


lunedì 7 luglio 2014

SPARKLE IN GREY, Thursday Evening (2013)


Ritorno di spessore per gli Sparkle in Grey, band nel giro indie da parecchi anni e sempre attenta nel creare dischi carichi di significato, molto curati nei minimi dettagli e zeppi di sviluppi sonori ammalianti. I lombardi, fautori di un post rock strumentale, con questo Thursday Evening raggiungono apici creativi di notevole impatto, specie nei passaggi più dilatati e venati di una sana dose di elettronica, sempre utilizzata in funzione della riuscita del pezzo. Brani costellati da incisivi tocchi di tromba, violino e violoncello, che diventano strumenti cardine all’interno dell’universo elettrico ed elettronico che si muove in concreta e affascinante simbiosi. Tra le nove tracce presenti tre sono cover di band poco conosciute come The God Machine (The Piano Song), Empirical Sleeping Consort (Of Swift Flight) e Bourbonese Qualk (Soft City), segno della grande curiosità che avvolge il percorso della band. Gli inediti mostrano un cammino fatto di suggestioni, di delicatezza e di un’attitudine dark che ben si fonde con la voglia di ricerca, sempre presente ma mai forzata, aspetto che determina una compattezza tra le varie anime assolutamente da non sottovalutare. Forse questo terzo album è quello della definitiva maturazione, del raggiungimento di un impeccabile equilibrio tra post, psichedelia, elettronica e prog. Ne sono esempio lampante le ottime Der Maurer o le orchestrazioni di Boiling Humiliations, tracce che mostrano uno spessore artistico di alto livello che conferma e celebra ulteriormente le doti di uno dei gruppi più interessanti e intelligenti della scena elettronica italiana. (Luigi Cattaneo)

Of Swift Flight (Video)

sabato 5 luglio 2014

RØSENKREÜTZ, Back to the Stars (2014)


Back to the Stars è un disco che parte da lontano. Da quegli anni ’90 che iniziarono a riportare piano piano a galla umori prog a dire il vero mai del tutto sopiti. Fabio Serra, polistrumentista e produttore, è il mastermind di un progetto pensato con Alex Brunori dei mai troppo celebrati Leviathan e naufragato in era pre-internet per la distanza tra i due (il primo veronese, il secondo romano). Ma il periodo positivo del progressive ha indotto qualche anno fa Serra a riportare a galla parte del materiale di vent’anni fa e a chiamare a sé Massimo Piubelli alla voce (cantante dei Methodica), Gianni Sabbioni al basso e Gianni Brunelli alla batteria. Fabio già in tempi non sospetti aveva avuto esperienze in ambito prog, dapprima con gli Arlequin, con cui incise un demo ad inizio anni ’80 e poi con gli Yellow Plastic Shoobedoo, una tribute band dei Genesis (in entrambe era presente Alberto Bonomi dei D.F.A.). Anche l’Andromeda Relix, non molto attiva in ambito progressive, inizia a dare spazio al genere e dopo il bel debut del Fauno di Marmo (recensito qualche mese fa su queste pagine), ecco questo ottimo esordio a nome Røsenkreütz. Serra recupera il tempo perduto passando in rassegna più di quarant’anni di prog, miscelato con una leggera dose di AOR, in un incontro virtuale tra Gentle Giant, Spock’s Beard, Shadow Gallery, Asia e Kansas, risultando credibile e soprattutto estremamente ispirato. C’è una bella dose di emotività e impatto tra le pieghe dell’album, già dall’iniziale Signals in the water, brano coinvolgente e dall’intenso finale, così come Sitting on the edge of heaven che presenta rimandi non solo al gigante gentile ma anche ai più attuali Haken, in cui spiccano Luca Nardon alle percussioni e soprattutto Gabriele Amadei al violino, veramente in linea con la carica del pezzo. È un inizio di grande valore, che evidenzia capacità tecniche e un feeling di notevole caratura, aspetto a volte meno rimarcato nei dischi prog e che qui invece appare essere punto di forza dell’intera proposta. Più vicina a canoni AOR è Conditioning, momento pieno di groove a cui partecipa al Chapman Stick una figura di spicco del progressive nostrano, Cristiano Roversi, membro di Moongarden e Mangala Vallis. Nothing More in You prevede uno splendido duetto tra Angela Merlin e Piubelli, in uno dei frangenti più sentiti tra quelli presenti, mentre Childish Reaction mostra nuovamente il lato Aor del gruppo, sempre suonato con grazia e vigore. I am the Walrus ripropone in chiave progressive un classico dei Beatles, prima della chiusura affidata alla lunga title track, una monumentale suite in cui ritroviamo tutti gli aspetti che contraddistinguono la musica della band, così vibrante e carica di pathos. Back to the Stars è un lavoro di grande livello e c’è solo da augurarsi che Serra possa avere l’opportunità di celebrarlo anche in sede live e di poter continuare questa nuova avventura, tenuta nel cassetto davvero troppi anni. (Luigi Cattaneo)

Al seguente link è possibile ascoltare Back to the Stars




   

mercoledì 2 luglio 2014

MOBIUS PROJECT, Ra Me Nivar (2014)


Bello quando ti capita tra le mani il disco di una giovane band italiana del tutto autoprodotta e piena di vigore e sana euforia. Una dimensione che ultimamente ho ritrovato nei debut di ensemble ancora poco conosciuti come i Camera Chiara o i Laviantica. E che è ben presente anche nell’esordio targato Möbius Project (August Ferdinand Möbius è stato un astronomo e matematico tedesco del 1800, noto per aver teorizzato il Nastro di Möbius, figura topologica non orientabile), gruppo di Sapri nato nel 2005 come Sphera. Le indubbie doti tecniche si sposano con una certa dose di buone intuizioni e una predisposizione naturale verso il progressive rock settantiano, imbevuto però di percezioni moderne e mai del tutto vintage. Cinque brani per poco più di trenta minuti caratterizzati da elementi estremamente interessanti e una certa cura per gli arrangiamenti. Ra Me Nivar (espressione tratta da un libro di Baricco e che significa uomo che vola) è un piccolo percorso fatto di sostanza e cuore, in cui Massimiliano Amato (chitarra e voce), Lucio Filizola (chitarra, voce, tastiere e sitar), Tony Guerrieri (basso) e Francesco Magaldi (batteria) fanno confluire tutte le influenze di band come Banco Del Mutuo Soccorso, King Crimson, Premiata Forneria Marconi e Porcupine Tree. La title track iniziale è un bel biglietto da visita. Attacco solido, dinamico groove dettato da un basso funky e una parte finale in odore di jazz, preludio a Scorci di vita sul nastro di Möbius, traccia dalle inflessioni world, acustica nella prima parte, con tanto di flauto suonato da Gino d’Ignazio e più elettrica nella seconda ma ugualmente incisiva e raffinata. Entanglementalistically Speaking viene cantata in inglese insieme a Brunella Gianni e il mood di certo art rock inglese dei ’70 si manifesta in pieno e in modo convincente, mentre la seguente In fuga dal destino è una bella ballata che potrebbe tranquillamente essere singolo per le radio. Chiusura affidata alla suite in tre parti L’equilibrista, il momento più affascinante dell’opera e punto in cui convergono tutte le caratteristiche dei Möbius. La sfida, Il Vuoto ed E-stasi presentano una serie di notevoli spunti che davvero lasciano presagire un futuro roseo e ricco di soddisfazioni. La strada è tracciata, ora sta a loro continuare su questo solco. (Luigi Cattaneo)

Album Trailer

martedì 1 luglio 2014

CONCERTI DEL MESE, Luglio 2014

Mercoledì 2
·Patrizio Fariselli Monticello Br. (LC)

Giovedì 3
·Sycamore Age Bologna
·Vibravoid Salsomaggiore T. (PR)
·Xanadu Civitanova Marche (MC)

Venerdì 4
·Slivovitz Roccamonfina (CE)

Sabato 5
·Vibravoid Pontinvrea (SV)

Domenica 6
·PFM Erba (CO)
·Trewa Como

Lunedì 7
·Crimson ProjeKCt Udine
·Mogwai Villa Arconati (Bollate)
·Vibravoid Zero Branco (TV)



Martedì 8
·Vibravoid Osio Sopra (BG)

Mercoledì 9
·Vibravoid Cuneo
·Roccaforte Genova

Giovedì 10
·Vibravoid Savignano s/Rubicone (FC)

Venerdì 11
·The Magical Box Ponte Taro (PR)
·Estro Maglie (LE)
·65Daysofstatic Milano
·Flower Flesh Savona
·Vibravoid Bologna
·Slivovitz Perugia
·Artchipel Orchestra Iseo (BS)

·A.Sorrenti Chioggia (VE)

Sabato 12
·Locanda Delle Fate Asti
·Il Maniscalco Maldestro Certaldo (FI)
·65Daysofstatic Terni
·Vibravoid Monzambano (MN)
·Ad Maiora Busto Garolfo (MI)

·A.Sorrenti Montalto Uffugo (CS)
·Court Casorate Primo (Varese)

Domenica 13
·Empirical Time Arzergrande (PD)

Lunedì 14
·Crimson ProjeKCt Grugliasco (TO)
·Junkfood Bologna



Mercoledì 16
·Festival Woodstock Again & Now Abano Terme (PD)
·Crimson ProjeKCt Cagliari
·Arctic Monkeys Villafranca (VR)
·Massimo Giuntoli ARTCHIPEL a Milano

Giovedì 17
·Festival Woodstock Again & Now Abano Terme (PD)
·The Watch Cascina (PI)
·Area Roma
·The Magical Box Vicomero (PR)
·Arctic Monkeys Pistoia
·Démodé Bologna
·Fabio Zuffanti Genova
·Alan Sorrenti Vallo della Lucania (SA)

Venerdì 18
·Festival Woodstock Again & Now a Abano Terme (PD)
·Phoenix Again Monzambano (MN)
·Osanna Capodistria (Slovenia)
·Il Fauno di Marmo Turriaco (GO)
·Slivovitz Alife (CE)
·Gnu Quartet Folignano (AP)
·Camelias Garden Roma

Sabato 19
·Festival Woodstock Again & Now Abano Terme (PD)
·The Lamb Ostia Antica
·The Watch Castelnuovo Garf. (LU)
·Unreal City Pavia
·Ian Anderson Brescia
·Sycamore Age Vaglio (PZ)
·Dusk e-B@nd Osoppo (UD)
·Alan Sorrenti Cosenza

Domenica 20
·Festival Woodstock Again & Now Abano Terme (PD)
·UT New Trolls Zibello (PR)
·Storia New Trolls S.Giovanni V.no (AR)
·Ian Anderson Azzano Decimo (PN)
·Osanna Agerola (NA)
·Démodé Gorizia
·Fungus Genova
·Museo Rosenbach Apricale (IM)
·Massimo Giuntoli Barolo (CN)

Lunedì 21
·Moongarden Nogara (VR)
·Dream Theater Brescia
·Junkfood Segrate (MI)

Martedì 22
·Dream Theater Grugliasco (TO)

Mercoledì 23
·Dream Theater Pescara

Venerdì 25
·Steve Hackett Grugliasco (TO)
·Mogwai Roma
·Nick Turner Rocca Sinibalda (RI)
·Sycamore Age Chianciano Terme (SI)
·Napoli Centrale Piombino (LI)
·Alan Sorrenti Barletta
·Junkfood Olevano Romano (Roma)
·Arturo Stàlteri Sassari

Sabato 26
·Alex Carpani Civitella Marittima (GR)
·Steve Hackett Villafranca (VR)
·Mogwai Vasto (CH)
·Balletto di Bronzo Rocca Sinibalda(RI)
·Sycamore Age Curtarolo (PD)
·PFM Salò (BS)
·Biglietto per l’Inferno a Bellinzona (Svizzera)
·Dark Ages Castellazzo Bormida (AL)
·Alan Sorrenti Ortona (CH)
·Camelias Garden Firenze
·Junkfood Ostuni (BR)

Domenica 27
·The Lamb Candelara di Pesaro (PU)
·Steve Hackett Cortona (AR)
·Zu+Void Generator Rocca Sinibalda (RI)
·Area Monte S. Angelo (FG)
·Sycamore Age Olevano Romano (Roma)

Lunedì 28
·Roberto Cacciapaglia Lerici (SP)
·Steve Hackett Pescara
·Sycamore Age Avellino
·Napoli Centrale S. Salvatore Tel. (BN)
·Gnu Quartet Firenze

Mercoledì 30
·Alan Sorrenti Faenza (RA)

Giovedì 31
·Alan Sorrenti Francavilla al Mare (CH)