mercoledì 24 febbraio 2016

RINUNCI A SATANA? Rinunci a Satana (2015)


Rinunci a Satana? è un power duo milanese nato 3 anni fa dall’unione tra il chitarrista Damiano Casanova (Il Babau e i maledetti cretini) e il batterista Marco Mazzoldi (ex Fuzz Orchestra e Bron Y Aur) e si cimentano in un rock blues strumentale dal fascino demodè. Non mancano tracce di hard e psichedelia lungo i sei brani di questo esordio, condito dalla presenza in alcuni di essi di Lorenzo Trentin all’armonica, figura non secondaria nella riuscita di questi ed elemento che potrebbe anche diventare costante vista la sua capacità di inserirsi nelle trame fitte dei due. Il blues, che parte da Robert Johnson, passa da Albert King e arriva a Jimi Hendrix, viene visto come tramite per un lavoro di forte impatto (iconografia compresa), dove le asperità del rock incrociano la musica del diavolo. Quaranta minuti vibranti, pieni di elettricità, spirito dei ‘70, groove ritmico e capacità di coinvolgere l’ascoltatore rapito da suoni vintage ma sempre e per sempre attuali. Mi preme citare la settantiana psichedelia di Le notti di Riccardo Neropiù, con Casanova grande protagonista e la title track di 10 minuti circa, apice creativo di un racconto magnetico e seducente, in cui lo spleen raggiunto dall’interplay tra i musicisti è davvero di buona fattura. I Rinunci a Satana? mostrano con questo esordio di avere verve, pathos e doti di intrattenimento, creando un opera prima estremamente gradevole e brillante. (Luigi Cattaneo) 

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OTEME, L'agguato, l'abbandono, il mutamento (2015)


Dopo Il giardino disincantato (di cui avevamo parlato qualche anno fa), torna Stefano Giannotti con il suo progetto Oteme e firma un disco, L’agguato, l’abbandono, il mutamento, che segna un passo avanti nel proprio percorso personale e una crescita compositiva che si evince sia da un songwriting più maturo, sia per i testi ancora più elaborati. Tocca diversi stili la musica di Giannotti, coadiuvato da un ensemble ricco di strumenti che favoriscono lo sviluppo di certe idee avanguardistiche e ben mescolate con spunti vicini al progressive. Uno sperimentalismo che l’autore riesce a rappresentare all’interno della forma canzone (la delicata Sarà il temporale con l’ottimo lavoro di armonizzazione tra i vari strumenti o il cantautorato colto di Camminavo) ma anche quando sposta il versante concettuale verso la musica da camera (La grande volta e L’agguato). Pregevole la fusione tra i molti fiati utilizzati e il conseguente modo di arrangiare i brani, che risultano sempre raffinati e molto curati, tenendo il suono in un limbo in cui la fisicità del rock incontra con decisione certe arie di estrazione classica. Rispetto al debut c’è forse un’anima più cantautorale e folkeggiante (ne è esempio la splendida Dopo la pioggia) ma non mancano parti maggiormente complesse e ostiche, su tutte la suite Tracce nel nulla di ben 25 minuti, il momento probabilmente più ardito di tutta la produzione Oteme ed espressione assoluta di quale indirizzo segua la musica di Giannotti, affascinante e consigliata in particolare ai seguaci dell’avant prog. (Luigi Cattaneo)

Sarà il temporale (Video)



sabato 20 febbraio 2016

BREZNEV FUN CLUB, Il misantropo felice (2015)


Secondo lavoro per il Breznev Fun Club, ensemble di cui avevamo già parlato in occasione dell’ottimo debut e che qui conferma quanto di buono ci aveva colpito qualche anno fa. Sotto la guida attenta di Rocco Lomonaco (chitarra e banjo) il progetto non ha mutato pelle e ripropone dettami stilistici affini a L’onda vertebrata del 2010, con strutture complicate, arrangiamenti sofisticati, una scrittura elaborata e la percezione di trovarsi dinnanzi ad una musica senza confini precisi. Soffia il vento di Canterbury sopra Il misantropo felice ma anche la grandezza dei Picchio dal Pozzo, senza dimenticare le atmosfere cameristiche e i rimandi ad un certo avant prog/R.I.O. di matrice colta che si allinea perfettamente con le uscite targate AltrOck. Divisa in otto sezioni, questa lunga suite quasi interamente strumentale (fa eccezione il mezzo soprano Giuliana Di Mitrio) narra il sogno di un individuo sino al suo risveglio, un percorso costellato da suoni provenienti dal mondo esterno che si alternano ai propri ricordi (quelli per l’appunto del misantropo felice). L’album non è per nulla di facile assimilazione ma assolutamente affascinante e pieno di belle intuizioni, accostabili solo in parte al progressive, quanto più certe soluzioni ricordano da vicino la classica contemporanea (davvero superlative le dinamiche che si creano in particolar modo tra i tantissimi strumenti a fiato utilizzati e il doppio violino). La musica, composta, orchestrata, diretta e prodotta da Lomonaco sembra a volte una sfida verso gli steccati tra generi, toccando anche il jazz orchestrale e un melange di suoni e colori che vengono ben amalgamati da un gruppo sensibile formato da musicisti di grandissimo spessore artistico. Difficile citare o estrapolate un singolo episodio perché tutti sono realmente importanti per capire lo sviluppo narrativo dell’opera, anche se la conclusiva e lunga After the last silence è forse il compendio di tutto il disco e racchiude le varie anime che distinguono la personale visione musicale di Lomonaco. (Luigi Cattaneo)

Putamen (Video)

venerdì 19 febbraio 2016

WATERGATE, Beginning (2015)

EP - BEGINNING cover art


I Watergate sono una giovane band svizzera di progressive metal nata a Mendrisio nel 2014 da un’idea di Jonathan Foffa (batteria), Flavio Traversa (chitarra) e Andrea Martella (voce). L’ep che ci presentano è Beginning, cinque brani (di cui due brevi e di natura elettronica) rappresentativi di questo percorso iniziale, quello di una band eclettica e consapevole dei propri mezzi tecnici e di avere idee interessanti. Una complessità di fondo che non diventa parossismo sonoro ma riesce attraverso un’adeguata ricerca melodica a risultare discretamente appetibile e accostabile al range espressivo di Abstrakt Algebra, Leprous e in parte Control Denied. Il forte substrato heavy concepisce le classiche ritmiche forsennate e riff potenti, gestiti all’interno di un contesto intricato ma accessibile, sull’onda lunga dell’evoluzione di ensemble come Haken o Between The Buried and Me. Questo primo passo è decisamente gustoso e chiunque fosse interessato può ascoltare e scaricare l’ep al seguente link https://watergateband.bandcamp.com/releases (Luigi Cattaneo) 




mercoledì 17 febbraio 2016

ELARMIR, Human wisdom (2015)


Nati nel 2010 gli Elarmir avevano già pubblicato un demo ed un ep e con Human wisdom arrivano al primo full lenght (anche se di breve durata, 32 minuti circa) per la Revalve Records, etichetta sempre attenta all’underground metal nostrano. L’album è formato da otto brani epici e melodici in cui il death metal viene influenzato dal progressive, pezzi dove riusciamo a scorgere i Therion ma anche la furia dei Lamb of God e in alcune parti del black sinfonico. Il quartetto (Eleonora Buono alla voce, Alex Tr8 alla chitarra, al basso e alla voce in growl, Daniele Amador alla chitarra e Luca Zamberti alla batteria) spinge molto in direzione di un heavy aggressivo con le due chitarre impegnate soprattutto sul versante ritmico, aspetto su cui emerge anche il lavoro di Zamberti, diviso tra cambi di tempo e i classici blast beats, croce e delizia degli appassionati del genere. Il lato melodico è affidato soprattutto alle capacità liriche della Buono, che con la sua voce arricchisce le pesanti strutture di cui si fa carico il gruppo, ricordando in parte anche gli Epica e gli Haggard e scontrandosi in modo lungimirante con le gutturali esplosioni growl di Alex. Gli Elarmir puntano molto sull’impatto generale delle composizioni, senza soffermarsi troppo su elucubrazioni strumentali e ne sono testimonianza brani come Inert insanity, uno dei maggiormente violenti e con dei riff chitarristici davvero taglienti o l’illuminante violenza ragionata di Thorns. Perversion ha un’aurea quasi doom, la potenza combacia con sospiri epici in Dish of pain, parti riconducibili ad un contesto prog toccano Ante thronum. Renaissance è un episodio che si discosta dagli altri perché dominato da delicati arpeggi acustici, mentre False myth mostra buoni spunti melodici e la title track completa il quadro con un crossover di epic e death metal. L’inizio di questo percorso è incoraggiante, ora sta agli Elarmir consolidarlo e confermarsi band da seguire. (Luigi Cattaneo)

Thorns (Official Video)

mercoledì 10 febbraio 2016

ANTONELLO GILIBERTO, Journey through my memory (2015)


Journey through my memory è il nuovo lavoro di Antonello Giliberto, chitarrista di Siracusa dalla grandi capacità e innamorato di guitar hero come Yngwie Malmsteen, Tony Macalpine, Michael Romeo e Ritchie Blackmore, senza dimenticare la passione per la classica di Bach, Corelli, Mozart e Vivaldi. Insegnante ed endorser, il curriculum di Antonello è piuttosto ricco e dopo Mansion of the lost soul del 2013 lo ritroviamo con questo come back pubblicato dalla Minotauro Records. Journey through my memory è interamente strumentale e vede la partecipazione di una sezione ritmica di grandissimo valore, con Dino Fiorenza (Mr. Pig) al basso e John Macaluso (già con Malmsteen) alla batteria, una line up affiatata e fantasiosa. L’iniziale e magniloquente Demeter mette subito le cose in chiaro. Potenza, precisione e feeling, aspetti che ritroviamo anche in Endless labyrinth, brano ancor più carico di suggestioni e con un Fiorenza davvero grande protagonista. La title track parte in modo lieve per poi esplodere nel classico fragore power prog, elemento che contrasta con l’ambientazione acustica della splendida ballata Enigma of eternal night, impreziosita anche dall’utilizzo delle tastiere da parte di Giliberto stesso. Il disco torna sulla via dell’hard con First day lights at the monastery, pezzo molto live, con la sezione ritmica che sostiene ottimamente il lavoro del siracusano, mentre Avalon darkness è ideale per riprendere fiato e abbandonarsi in un’atmosfera calda e rilassata. L’epic progressive metal colora And won their freedom, elettricità e leggera psichedelia condensano l’aria di Perfect dream, prima del gran finale neoclassico di Flying with the dragon. Suggestiva la breve chiusura arpeggiata da Giliberto di The art of ending. Journey through my memory è un album improntato non solo sul virtuosismo dei musicisti presenti ma anche e soprattutto sull’attenzione che è stata riversata all’aspetto melodico, elemento focalizzante che ha reso l’opera piuttosto scorrevole e di grande impatto emotivo. (Luigi Cattaneo)

Journey through my memory (Official trailer)

sabato 6 febbraio 2016

JUNKFOOD & ENRICO GABRIELLI, Italian Masters - Vol.1: Piero Umiliani (2015)


Le strade di Enrico Gabrielli e di alcuni membri dei Junkfood si sono incrociate varie volte in contesti e collaborazioni diverse (Calibro 35, Incident on south street, UPM) ma sinora un progetto comune, per quanto breve come questo ep, non si era mai verificato. L’occasione si presenta durante il festival HalloBigallo del 2014, anno in cui la rassegna è incentrata sulla figura di Piero Umiliani, uno dei più grandi autori di colonne sonore mai nato in Italia. È il momento giusto per rileggere in chiave assolutamente personale e libera alcune opere del repertorio dell’indimenticato maestro, tre brani in quintetto (Enrico Gabrielli al sassofono e al clarinetto basso, Michelangelo Vanni alla chitarra, Paolo Raineri alla tromba, Simone Calderoni al basso e Simone Cavina alla batteria) che vengono registrati a Bologna, al Vacuum Studio di Bruno Germano (di Iosonouncane) e che compongono Italian Masters – Vol.1: Piero Umiliani. L’intera operazione viene così incisa in un’unica session in presa diretta e in analogico, rendendo il suono caldo e vintage, un trittico di brani che stravolgono le musiche di Umiliani ma conservano l’identità dello scomparso autore. L’entusiasmo di un tale risultato fa sì che i cinque decidano di creare una vera e propria serie di omaggi ai grandi compositori di soundtrack, di cui questa rappresenta il primo volume. La collana, a frequenza variabile dati i molti impegni delle parti in causa, verrà ampliata da altri capitoli su altrettanti orgogli nazionali della musica per film. Un’iniziativa curiosa che fa bene al cuore e alle orecchie. (Luigi Cattaneo)

Italian Masters - Vol.1: Piero Umiliani (Full ep)




   
 

EMBRYO, Embryo (2015)


Terzo disco per gli Embryo, band tra le più interessanti del panorama death metal italiano, soprattutto quando il genere viene contaminato con esaltanti melodie e lievi sinfonismi che levigano l’aggressività e la potenza della proposta. Il gruppo non esagera in virtuosismi o eccessive strutturazioni e ha la capacità di condensare in 3-4 minuti una serie di idee micidiali in cui emergono i letali riff di Eugenio Sambasile (chitarra), i tappeti di Simone Solla (tastiere), le ritmiche della coppia Francesco Paoli (batterista dei Fleshgod Apocalypse che ha partecipato come ospite al disco, ruolo ricoperto da Enea Passarella) e Nicola Iazzi e il cantato in growl di Roberto Pasolini. I cremonesi con questo nuovo album compiono un bel salto in avanti sia per quanto riguarda il songwriting, sia per la capacità di risultare immediati pur muovendosi in un ambito ovviamente poco propenso ai compromessi e il ruolo di Solla appare in tal senso fondamentale, specialmente per il modo in cui sono state arrangiate certe parti melodiche. Molto buone comunque anche le soluzioni adottate da Sambasile e la prova di Paoli, che risultano gli elementi che imprimono maggiore vigore metal a tutto il lavoro. An ankward attempt è l’inizio esemplificativo, con Sambasile ideatore di pregevoli riff e Solla fine architetto dello strumento. The pursuit of silence ha un sound spettrale e demoniaco, Manipulate my consciousness colpisce per la sicurezza con cui si esprime il gruppo e ci si mantiene su livelli alti anche con il nichilismo di I am pure hate, l’atmosfera doom di The door to the abyss e la grazia maestosa di My pounding void. Melodic death metal, gothic, eleganza sinfonica, un melange prepotentemente riuscito che saprà conquistare chi cerca una certa raffinatezza anche nei progetti più estremi. (Luigi Cattaneo)

An ankward attempt (Official Video)

venerdì 5 febbraio 2016

DWIKI DHARMAWAN, So far so close (2015)


Ci arriva dalla Moonjune questa nuova produzione di uno dei musicisti più importanti dell’Indonesia, Dwiki Dharmawan (già leader dei Krakatau), eccellente tastierista e figura di grande personalità. L’enorme talento di Dwiki si riversa in un disco completo sotto tutti i punti di vista, un crossover di soluzioni gestite in modo lodevole da un manipolo di straordinari interpreti dello strumento. So far so close è un ottimo esempio di come fusion e progressive possano ancora andare di pari passo, all’interno di un percorso in cui Dharmawan è ben sostenuto dal basso di Jimmy Haslip e dalla batteria di Chad Wackerman, oltre che da alcuni giganti della scena indonesiana e della stessa etichetta discografica di New York come Dewa Budjana e Tohpati (entrambi chitarristi) e il leggendario violinista Jerry Goodman. Composizioni ampiamente strutturate ma mai prolisse, arrangiamenti sontuosi, resa live e feeling, elementi che caratterizzano la musica del pianista, incentrata sulla fusion progressiva che animava gli anni ’70. Tra i solchi di So far so close si respira una certa libertà esecutiva, quasi una sorta di jam in cui i protagonisti danno sfogo all’istinto e all’intuito, dando vita ad un lavoro qualitativamente alto e di indubbio fascino. Brani come l’iniziale Arafura, unico in cui è presente il violino di Goodman o la lunga ed esotica Jembrana’s fantasy (qui compare I Nyoman Windha con una serie di strumenti indonesiani) mostrano un’artista che ha ancora voglia di esplorare, curioso e proiettato verso orizzonti meno battuti. Questo spirito si riscontra in un album ambizioso e dai grandi spunti (da segnalare anche la frizzante The dark of the light o la conclusiva The return of Lamafa), immediato per freschezza ma estremamente virtuoso nei contenuti, capace di coniugare il rock progressivo con l’ethno jazz, il funk e la psichedelia. So far so close conferma l’etichetta di Leonardo Pavkovic come una delle più attente nel proporre e importare autori di grande classe ma ancora poco conosciuti in Europa. (Luigi Cattaneo)

Arafura (Video)

martedì 2 febbraio 2016

QUADRI PROGRESSIVI, Io uomo


Ecco un nuovo omaggio dell’artista milanese Lorena Trapani, che questa volta si è divertita a ricreare su vinile con pittura acrilica e china uno dei tanti dischi ricercati dai collezionisti di rarità progressive, l’unico album dei brianzoli Ricordi d’infanzia, Io uomo del 1972.
Per ricevere informazioni sui lavori di Lorena potete mandare una mail a progressivamenteblog@yahoo.it