Prende definitiva forma
il progetto dei Junkfood, sviluppato insieme ad Enrico Gabrielli, di omaggiare
tre maestri come Ennio Morricone, Piero Umiliani e Armando Trovaioli. Ci
eravamo già occupati dell’ep dedicato ad Umiliani, qui posto integralmente a
metà album, e l’ensemble ha deciso nel frattempo di dedicarsi anima e corpo a
questo nuovo lavoro, riuscendo a riunire sotto lo stesso cielo la loro
personale visione di colonne sonore immortali. Paolo Raineri (tromba),
Michelangelo Vanni (chitarre e tastiere), Simone Calderoni (basso e tastiere) e
Simone Cavina (batteria) hanno portato avanti certe idee di nuovo con Gabrielli
(sax, clarinetto e flauto), instancabile anfitrione diviso sempre tra mille
situazioni differenti (Calibro 35, Afterhours, Muse, PJ Harvey). Italian Masters è una piccola chicca per
quanti hanno amato quel primo ep, nove strumentali fantasiosi (ad eccezione di C’eravamo tanto amati che vede la
partecipazione di Edda Dall’orso alla voce) che nascono dalla passione verso
compositori italiani di fama mondiale, con il gruppo (allargato) capace di trattare
con rispetto ma senza paura pagine fondamentali del cinema, consapevole di come
si possa partire da uno spartito per equilibrarlo con quanto di meglio possa
esprimere la propria personalità. Il fascino vintage di certe soluzioni viene “trattato” da
musicisti attrezzati per esporsi a tali rischi, capaci di giocare con elementi
filmici che già hanno al loro interno quanto basta per emanare suspance e
immagini. Storie e racconti filtrati con la sensibilità rock dei coinvolti, con
passaggi jazz che spingono il piede sull’acceleratore e si tingono di
progressive, quasi come una jam che parte da un punto fermo per toccare apici
creativi elettrici e schizofrenici. Momenti cupi, carichi di tensione, con i
fiati del duo Gabrielli-Raineri volti a creare una trazione nervosa che esplode
nei brevi risvolti di Silenzio nel caos e
Per un pugno di dollari o ancora il
suono inquieto e profondo tipico del gruppo in Gassman Blues e Conflitti. Già ottimi nei loro primi due album (Transience del 2011 e The cold summer of the dead del 2014), i
Junkfood dimostrano abilità anche nel rendere ancora più attuali personaggi
indimenticabili del nostro cinema, una triade di eccelsi compositori che la
band ha codificato in maniera illuminata e che lascia aperte altre vie in
futuro visti i tanti autori italici che hanno lasciato un marchio indelebile
nella storia delle soundtrack. (Luigi Cattaneo)
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