Incredibile debut per
questo quartetto americano formato da Matt Wiles (basso), Devon Leigh
(batteria), Ben Tweedt (tastiere) e Brandon Scott Coleman (chitarra), un lavoro
a base di jazz progressivo, fusion e funky, suonato in maniera ineccepibile e
curato sotto ogni punto di vista. Si sente l’influenza dei maestri Return to
Forever e Mahavishnu Orchestra, ma gli Spherical Agenda si muovono con
consapevolezza e spirito all’interno di un genere che maneggiano con innata
abilità e con grande gusto, accostabili anche ad artisti contemporanei come
Dewa Budjana, The Red Zen, Möbius Strip e Accordo dei Contrari. L’iniziale Guts
è un adrenalinico concentrato di fusion progressiva e jazz rock ad alto
tasso di difficoltà esecutiva, High stakes è un treno prog lanciato a tutta
velocità, con rimandi bluesy in cui l’interplay tra Tweedt, col il suo organo, e
Coleman, è assolutamente strabiliante, mentre Rad Dads, dopo tanta
furia, inizia soffusa e jazzy, dimostrazione di come tecnica, melodia e calore
possano andare a braccetto e anche quando Coleman si muove in solitaria l’architettura
del pezzo tiene, sostenuto da una sezione ritmica a dir poco perfetta. Steak
jazz vede la partecipazione di Walfredo Reyes Jr. alle percussioni, a suo
agio in un brano fortemente settantiano, creativamente elaborato e sviluppato tra
cambi di tempo e parti in solo piuttosto complesse. La seconda parte del disco
si apre con Blooze, episodio dove il lavoro d’insieme del quartetto è la
base su cui muoversi per sviluppare trame articolate dal forte sapore fusion,
prima dell’inarrestabile carica di Spherical funk, un concentrato di
groove e tempi irregolari. Il finale ci riserva un altro grande momento di
fusion prog con Coleman’s question, che vede la partecipazione ancora di
Reyes, e Arcane wisdom, ottima chiusura di un esordio notevole e curato
nei minimi dettagli. (Luigi Cattaneo)
Spherical funk (Video)
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