È un vero piacere ritrovare
Michele Moschini, che i più attenti ricorderanno per l’esperienza Floating
State, band di Bari che si ispirava ai mostri sacri del prog inglese e che nel 2003
pubblicò l’interessantissimo Thirteen tolls at noon. Dopo ben 17 anni è
proprio Michele ad informarmi di questo nuovo capitolo della sua vita musicale,
gli Anandammide, gruppo dove Moschini, oltre a cantare, si divide tra chitarra,
synth, organo, flauto, tin whistle, batteria e percussioni. Quasi una one man
band verrebbe da pensare, se non che risultano fondamentali per la riuscita di Earthly
paradise il violoncello di Adrien Legendre, il flauto di Audrey Moreau, il basso di Pascal Vernin e il
violino di Stella Ramsden, tutti elementi che hanno dato grande corposità al
folk progressivo che emerge dai solchi di questo notevole esordio. Una gemma dove
rivivono gli anni ’70 di Mellow Candle, Harmonium e Caravan, ma anche lo spirito
dei contemporanei Ancient Veil ed Eris Pluvia, tutti elementi che si spiegano
subito dinnanzi a noi, tra un intro folk, una title track atmosferica e la
perla Lady of the canyon, momenti che indirizzano l’album verso una
qualità complessiva davvero alta. Si prosegue con Porsmork, altra
suadente ballata medievaleggiante, prima della psichedelia di fine ’60 che
segna Anandi e la canterburiana Electric troubadour, ennesimo passaggio
molto significativo dell’opera. Anche Pilgrims of hope è da segnalare
come brano elegante e raffinato, mentre con Satori in Paris (dove troviamo Yohav Oremiatzki alla space guitar) e Syd la
band sembra guardare maggiormente alla psichedelia sessantiana. La conclusione
è affidata a Iktsuarpok e soprattutto Colette the witch,
immaginifico finale di un lavoro corale di grandissimo fascino, capace di
portare per mano in luoghi da fiaba, remoti e pieni di arcaico fascino. (Luigi
Cattaneo)
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