sabato 19 giugno 2021

ANANDAMMIDE, Earthly paradise (2020)

 


È un vero piacere ritrovare Michele Moschini, che i più attenti ricorderanno per l’esperienza Floating State, band di Bari che si ispirava ai mostri sacri del prog inglese e che nel 2003 pubblicò l’interessantissimo Thirteen tolls at noon. Dopo ben 17 anni è proprio Michele ad informarmi di questo nuovo capitolo della sua vita musicale, gli Anandammide, gruppo dove Moschini, oltre a cantare, si divide tra chitarra, synth, organo, flauto, tin whistle, batteria e percussioni. Quasi una one man band verrebbe da pensare, se non che risultano fondamentali per la riuscita di Earthly paradise il violoncello di Adrien Legendre, il flauto di Audrey Moreau, il basso di Pascal Vernin e il violino di Stella Ramsden, tutti elementi che hanno dato grande corposità al folk progressivo che emerge dai solchi di questo notevole esordio. Una gemma dove rivivono gli anni ’70 di Mellow Candle, Harmonium e Caravan, ma anche lo spirito dei contemporanei Ancient Veil ed Eris Pluvia, tutti elementi che si spiegano subito dinnanzi a noi, tra un intro folk, una title track atmosferica e la perla Lady of the canyon, momenti che indirizzano l’album verso una qualità complessiva davvero alta. Si prosegue con Porsmork, altra suadente ballata medievaleggiante, prima della psichedelia di fine ’60 che segna Anandi e la canterburiana Electric troubadour, ennesimo passaggio molto significativo dell’opera. Anche Pilgrims of hope è da segnalare come brano elegante e raffinato, mentre con Satori in Paris (dove troviamo Yohav Oremiatzki alla space guitar) e Syd la band sembra guardare maggiormente alla psichedelia sessantiana. La conclusione è affidata a Iktsuarpok e soprattutto Colette the witch, immaginifico finale di un lavoro corale di grandissimo fascino, capace di portare per mano in luoghi da fiaba, remoti e pieni di arcaico fascino. (Luigi Cattaneo)

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