Ci sono tante
realtà in Italia che meriterebbero davvero uno spazio maggiore e che avrebbero,
visto anche il loro suono ricercato e particolare, l’opportunità di piacere all’estero.
Band che non si rifugiano in soluzioni già sentite ma cercano di mescolare
varie esperienze all’interno di un unico contenitore. Mi vengono in mente i
Corde Oblique con il loro progressive folk, i Sineterra con il loro jazz venato
di world music o gli Oteme, bravi nel fondere rock, canzone d’autore e musica
da camera. In questo caso, I Salici con il loro esordio dal titolo lunghissimo
(si tratta in realtà del loro secondo disco se si conta la colonna sonora di un
documentario del 2009 che era scaricabile dal loro sito), Nowhere better than this place Somewhere better than this place, ci
propongono una delicata ed efficace mistura di medievale, folk e rock
settantiano, con qualche spruzzata di psichedelia posta nei giusti momenti. Una
contaminazione leggera che soffia sopra le 11 tracce di questo album,
registrato con strumenti particolari che donano profondità ed emozionalità al
tutto. Marco Stafuzza si muove tra mandola, viella, crotta, viola da gamba e
ghironda, Marco Fumis si divide tra chitarra e batteria, Devid Strussiat è la
voce del progetto ma suona anche la slide, il basso e l’harmonium, Simone
Paulin offre il suo contributo alla tromba, al filicorno e alle percussioni e
infine troviamo Stefano Rusin al contrabbasso e al basso. Una piacevole
scoperta di un gruppo attento al più piccolo suono e complice anche la provenienza,
il Friuli, una naturale predisposizione per l’incontro con altre culture
musicali. Una proposta che spazia con agilità tra stilemi differenti, senza
farne scontro ma ricchezza. Come se Eddie Vedder di Into the wild trovasse nella Incredible String Band il gruppo di
supporto, senza per questo perdere in immediatezza e spirito. E allora i Salici
passano con disinvoltura da brani atmosferici come Wood jacked e XIII Century
Blues ad altri vicini alla psichedelia, Led
in modo particolare, una delle punte massime del lavoro, ad altri dal
sapore etnico come l’iniziale Feeding
Roots. A momenti sognanti e floydiani, Clouds
and Leather, sovrappongono altri di chiara matrice rock, Disco, risultando però sempre
estremamente credibili e comunque rimanendo fedeli al confine della forma
canzone. I Salici hanno trovato la giusta sintesi tra antico e moderno, una
lettura fascinosa di quello che potrebbe essere il folk del futuro. Non
lasciateveli scappare! (Luigi Cattaneo)
Om (Video)
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