giovedì 20 febbraio 2014

I SALICI, Nowhere better than this place. Somewhere better than this place (2013)


Ci sono tante realtà in Italia che meriterebbero davvero uno spazio maggiore e che avrebbero, visto anche il loro suono ricercato e particolare, l’opportunità di piacere all’estero. Band che non si rifugiano in soluzioni già sentite ma cercano di mescolare varie esperienze all’interno di un unico contenitore. Mi vengono in mente i Corde Oblique con il loro progressive folk, i Sineterra con il loro jazz venato di world music o gli Oteme, bravi nel fondere rock, canzone d’autore e musica da camera. In questo caso, I Salici con il loro esordio dal titolo lunghissimo (si tratta in realtà del loro secondo disco se si conta la colonna sonora di un documentario del 2009 che era scaricabile dal loro sito), Nowhere better than this place Somewhere better than this place, ci propongono una delicata ed efficace mistura di medievale, folk e rock settantiano, con qualche spruzzata di psichedelia posta nei giusti momenti. Una contaminazione leggera che soffia sopra le 11 tracce di questo album, registrato con strumenti particolari che donano profondità ed emozionalità al tutto. Marco Stafuzza si muove tra mandola, viella, crotta, viola da gamba e ghironda, Marco Fumis si divide tra chitarra e batteria, Devid Strussiat è la voce del progetto ma suona anche la slide, il basso e l’harmonium, Simone Paulin offre il suo contributo alla tromba, al filicorno e alle percussioni e infine troviamo Stefano Rusin al contrabbasso e al basso. Una piacevole scoperta di un gruppo attento al più piccolo suono e complice anche la provenienza, il Friuli, una naturale predisposizione per l’incontro con altre culture musicali. Una proposta che spazia con agilità tra stilemi differenti, senza farne scontro ma ricchezza. Come se Eddie Vedder di Into the wild trovasse nella Incredible String Band il gruppo di supporto, senza per questo perdere in immediatezza e spirito. E allora i Salici passano con disinvoltura da brani atmosferici come Wood jacked e XIII Century Blues ad altri vicini alla psichedelia, Led in modo particolare, una delle punte massime del lavoro, ad altri dal sapore etnico come l’iniziale Feeding Roots. A momenti sognanti e floydiani, Clouds and Leather, sovrappongono altri di chiara matrice rock, Disco, risultando però sempre estremamente credibili e comunque rimanendo fedeli al confine della forma canzone. I Salici hanno trovato la giusta sintesi tra antico e moderno, una lettura fascinosa di quello che potrebbe essere il folk del futuro. Non lasciateveli scappare! (Luigi Cattaneo)

Om (Video)

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