Lo sguardo e la mente
guardano ancora lì, ai gloriosi ’80 di act come Whitesnake, Def Leppard e primi
Bon Jovi, influenze ben impresse in Stefano Viana e nell’entourage Street
Symphonies, etichetta che ha spesso omaggiato un periodo splendido per l’AOR
mondiale e l’hard rock melodico. Questo esordio arriva da lontano, parte
addirittura dal 2009, quando Viana, impegnato alla chitarra, inizia un
meticoloso lavoro in compagnia di Alessandro Del Vecchio (cantante tra gli
altri di Edge of forever e Moonstone Project), Anna Portalupi (bassista per Ut,
Handline e Tarja Turunen), Alessandro Mori (batterista dei Forgotten Tears) e
Pasquale India (tastiere). A causa di vicissitudini personali l’album viene
però pubblicato solo ora, con l’aggiunta di Francesco Marras, bravissimo
chitarrista e fondatore degli Screaming Shadows. Viana ha lavorato con molta
cura su un disco estremamente immediato, impregnato di pomp rock e AOR, generi
che Stefano conosce alla perfezione e che qui finisce per esaltare, soprattutto
per via di dettagli melodici che mostrano la grande professionalità di chi ha
lavorato sul prodotto. Il sound è quindi ben radicato negli anni ’80, non si
sposta di una virgola, mantenendo quella grammatica musicale così congeniale 30
anni fa e che ancora appassiona il novarese e la sua brigata. Questo debut è
quindi un premio e una soddisfazione per un percorso lungo e tortuoso e si
lascia apprezzare per tutta la sua durata, soprattutto per la capacità del
chitarrista di creare brani catchy e con il consueto appeal richiesto dal
genere, segno della profonda conoscenza della materia. Scorrono veloci pezzi
classici come l’opening ideale Straight
between our hearts, Follow the dawn o
Bad signs, tutte dotate di chorus che
si stampano subito in testa, un elemento su cui Viana ha probabilmente lavorato
con una certa enfasi. I suoni ricalcano quelli dell’hard ottantiano (croce e
delizia di questo stile), così come il songwriting è ovviamente canonico,
stabile nel suo essere fedele a certi aspetti conservatori. Le buone doti
tecniche dei sei coinvolti si lasciano apprezzare e appaiono evidenti e se in
futuro Stefano riuscirà a stabilizzare la formazione e magari a portarla on
stage è probabile che tutto il progetto avrà di che beneficiarne. Difatti, pur
se le composizioni sono mediamente buone, è palese come le qualità di cui sono
in possesso possono portare a risultati ancora maggiori, pur senza modificare
certe sonorità che sono alla base della personalità di Stefano. (Luigi
Cattaneo)
Bad signs (Video)
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