sabato 29 luglio 2017

VIANA, Viana (2017)


Lo sguardo e la mente guardano ancora lì, ai gloriosi ’80 di act come Whitesnake, Def Leppard e primi Bon Jovi, influenze ben impresse in Stefano Viana e nell’entourage Street Symphonies, etichetta che ha spesso omaggiato un periodo splendido per l’AOR mondiale e l’hard rock melodico. Questo esordio arriva da lontano, parte addirittura dal 2009, quando Viana, impegnato alla chitarra, inizia un meticoloso lavoro in compagnia di Alessandro Del Vecchio (cantante tra gli altri di Edge of forever e Moonstone Project), Anna Portalupi (bassista per Ut, Handline e Tarja Turunen), Alessandro Mori (batterista dei Forgotten Tears) e Pasquale India (tastiere). A causa di vicissitudini personali l’album viene però pubblicato solo ora, con l’aggiunta di Francesco Marras, bravissimo chitarrista e fondatore degli Screaming Shadows. Viana ha lavorato con molta cura su un disco estremamente immediato, impregnato di pomp rock e AOR, generi che Stefano conosce alla perfezione e che qui finisce per esaltare, soprattutto per via di dettagli melodici che mostrano la grande professionalità di chi ha lavorato sul prodotto. Il sound è quindi ben radicato negli anni ’80, non si sposta di una virgola, mantenendo quella grammatica musicale così congeniale 30 anni fa e che ancora appassiona il novarese e la sua brigata. Questo debut è quindi un premio e una soddisfazione per un percorso lungo e tortuoso e si lascia apprezzare per tutta la sua durata, soprattutto per la capacità del chitarrista di creare brani catchy e con il consueto appeal richiesto dal genere, segno della profonda conoscenza della materia. Scorrono veloci pezzi classici come l’opening ideale Straight between our hearts, Follow the dawn o Bad signs, tutte dotate di chorus che si stampano subito in testa, un elemento su cui Viana ha probabilmente lavorato con una certa enfasi. I suoni ricalcano quelli dell’hard ottantiano (croce e delizia di questo stile), così come il songwriting è ovviamente canonico, stabile nel suo essere fedele a certi aspetti conservatori. Le buone doti tecniche dei sei coinvolti si lasciano apprezzare e appaiono evidenti e se in futuro Stefano riuscirà a stabilizzare la formazione e magari a portarla on stage è probabile che tutto il progetto avrà di che beneficiarne. Difatti, pur se le composizioni sono mediamente buone, è palese come le qualità di cui sono in possesso possono portare a risultati ancora maggiori, pur senza modificare certe sonorità che sono alla base della personalità di Stefano. (Luigi Cattaneo)
 
Bad signs (Video)
 

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