Quarto disco in studio
per gli ottimi Mogador, band capitanata da Luca Briccola (chitarra, flauto e
basso) e Richard Allen (batteria e voce), insieme a Samuele Dotti (tastiere),
Salvatore Battello (basso) e Marco Terzaghi (voce). Chaptersend è un lavoro particolare, in quanto la prima parte nasce
ex novo con pezzi inediti, mentre la seconda va a riprendere episodi del disco
d’esordio, rivisti con la sensibilità attuale del gruppo. Una scelta che
probabilmente andrà ad incuriosire soprattutto chi non segue la band dagli
inizi e che magari vuole scoprire un act che sinora ha ricevuto meno feedback
di quanto a mio avviso ne meritasse. Difatti i lavori sinora pubblicati, tutti
di buon livello, rimangono nella cerchia degli appassionati più attenti (per
intenderci, non quelli ancora a caccia dell’ennesima ristampa dei Genesis o degli
Yes ma quelli sempre con l’orecchio teso verso le piccole novità
dell’underground) ed è un vero peccato perché i comaschi di buone idee ne hanno
parecchie. L’iniziale Summer sun ha
tutte le caratteristiche del sound Mogador, con tracciati hard prog a cui si
aggiungono delicate sezioni classicheggianti, qui disegnate con cura
dall’inventivo violino di Ida Di Vita. Briccola d’altronde non disdegna riff
heavy e le tastiere di Dotti, dal piglio settantiano, completano un quadro
iniziale estremamente interessante. Non dissimile, sia per stile che per l’alta
qualità, The escapologist, con la
sezione ritmica decisamente compatta e Terzaghi che conferma di essere voce
sicura e precisa. Un momento cadenzato è la buona Deep blue steps, abbellita dagli interventi flautistici di Elisa
Salvaterra e dal piano di Dotti, mentre Still
alone torna in ambiti maggiormente progressivi con una certa autorevolezza.
Nella piacevolissima Josephine’s regrets troviamo
un altro gradito ospite, Jon Davison, voce degli attuali Yes, uno dei pezzi più
suggestivi del platter, prima della grandeur prog di Gentleman John, dieci minuti in cui si avverte l’urgenza da parte
del gruppo di costruire qualcosa di qualitativamente alto, in cui fondere
melodia, classicità e rock romantico nella migliore tradizione italica. La
ballata Tell me smiling child è
apripista per la conclusiva Fundamental
Elements Suite, vera sintesi del percorso sin qui intrapreso dal complesso,
pregna di soluzioni fiabesche, epiche, con spunti hard prog raffinati vicini
agli Shadow Gallery, trame sinfoniche e parti strumentali molto valide. I
Mogador confermano di essere anello di congiunzione tra quei gruppi di matrice
heavy come i già citati Shadow Gallery ma anche Opeth e Dream Theater e quelli
storici del prog inglese che rispondono al nome di Yes, Gentle Giant e Genesis,
un connubio di certo non originale ma ancora carico di suggestioni. (Luigi
Cattaneo)
Gentleman John (Video)
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