mercoledì 25 gennaio 2017

DEWA BUDJANA, Zentuary (2016)


Torna il profilico Dewa Budjana con l’ennesimo grande album targato Favored Nations/Moonjune Records e lo fa con un doppio quintessenza della sua arte, dodici pezzi intrisi di virtuosismo (e non potrebbe essere altrimenti quando hai una sezione ritmica formata da Tony Levin, Gary Husband e Jack Dejohnette, musicisti che hanno prestato i loro strumenti a personaggi del calibro di Peter Gabriel, King Crimson, Allan Holdsworth, John Mclaughlin, Keith Jarret e Miles Davis, tutte influenze presenti nel disco), musica tradizionale indonesiana, fusion e rock progressivo. Zentuary non cambia le coordinate dei lavori precedenti e finisce anzi per accentuare tutte le caratteristiche che contraddistinguono le sue produzioni, con brani molto strutturati (tra i 7 e i 10 minuti di durata) che faranno la felicità di quanti amano la fusion più intricata. Questo come back ha bisogno di molta attenzione per essere metabolizzato, in quanto lunghezza e stile non permettono un ascolto distratto e inoltre a volte manca quella fluidità che maggiormente si ravvisava in Surya Namaskar e Hasta Karma (da avere entrambi). Tutta questa elaborazione è ovviamente una manna dal cielo per chi adora certe strutture e qui c’è anche anima, un elemento che non manca mai nei dischi di Budjana. Fraseggi articolati e cura per gli arrangiamenti sono una sua costante, così come contornarsi di interpreti eccelsi che sintetizzano alla perfezione le sue innumerevoli idee (a volte persino troppe quelle esposte) e in quest’ottica vanno lette le partecipazioni di musicisti come Danny Markovich, sassofonista dei Marbin presente in Solas PM e Ujung Galuh. La prima ha dei delicati passaggi jazzati, che vedono Markovich creare momenti molto interessanti, mentre la seconda punta maggiormente sul dinamismo e sul groove, con qualche reminiscenza della Mahavishnu Orchestra e dei Return to forever. Markovich non è però il solo sassofonista presente in Zentuary, perché in Manhattan temple troviamo Tim Garland (Chick Corea, Bill Bruford), in un brano tipicamente rock fusion, molto sentito e caldo. In Suniakala c’è invece Guthrie Govan (The Aristocrats, Steven Wilson), che si prodiga in un solo di chitarra che spezza il climax generale della traccia. Al flauto indonesiano si muove Saat Syah, dapprima in Rerengat langit, dove c’è una certa componente world miscelata con la potenza del tocco di Budjana e una carica ritmica non indifferente e poi in Dedariku, brano dove il jazz incontra una componente folk curiosa su cui Dewa si prodiga per lasciare il suo marchio. Zentuary è l’ennesima conferma del percorso intrapreso dal chitarrista indonesiano e di quanta qualità ci sia anche in paesi mai troppo chiacchierati dal punto di vista musicale. (Luigi Cattaneo)

Solas PM (Video)

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