mercoledì 5 febbraio 2025

ODESSA, Stazione Getsemani XXV (2024)

 


Inaspettato ritorno sul mercato per gli Odessa, sorprendente per la scelta di lavorare sullo storico esordio del 1999 (uscito per Mellow Records e ormai da tempo esaurito), qui riproposto in una veste inedita e decisamente efficace. La band si è quindi confrontata con un piccolo classico del progressive italiano anni ’90, forti di una maggiore maturità, che li ha portati a ricreare l’opera con nuovi suoni e fresche intuizioni. È tutto questo difatti Stazione Getsemani XXV, uscito nel 2024 per Lizard Records, un album che rispetta la versione originale, giustamente, ma che qui si carica di vitale dinamicità, in un collegamento tra epoche mai semplice da attuare. Lorenzo Giovagnoli, anima della band, confeziona una grande prestazione alle tastiere e alla voce, tecnicamente ineccepibile ma anche misurato e caldo laddove ce ne sia bisogno, così come meritorio è il lavoro di Giulio Vampa, chitarrista che sa essere ora più elegante, ora maggiormente robusto. Non sono da meno Valerio De Angelis al basso e Marco Fabbri alla batteria (noto per la sua militanza nel progetto The Watch), che formano una sezione ritmica corposa e fantasiosa, oltre che Gianluca Milanese al flauto traverso (già membro di un'atra band da riscoprire, gli Aria Palea), un musicista raffinato ed espressivo, che ha impreziosito con i suoi interventi il disco. Ha perfettamente ragione Marina Montobbio, ideatrice di questa riedizione, che nelle note del booklet ricorda come la Bellezza sia immortale, unica cosa che può salvarci anche attraverso l’orrore dei nostri giorni. (Luigi Cattaneo)


lunedì 3 febbraio 2025

CRY BABY, Under cover of night (2024)

 


Particolare lavoro targato Cry Baby, progetto che vede coinvolti Sabrina Meyer (voce, basso), Alberto Popolla (basso, chitarra, clarinetto) e Ferdinando Faraò (batteria), trio che sotto l’egida della Filibusta Records ha pubblicato nel 2024 Under cover of night. L’intricato lavoro ritmico sostiene per tutta la durata dell’album le evoluzioni vocali della Meyer, a tratti davvero fenomenale, un connubio che porta a intersecare visioni psichedeliche con movimenti folk, partiture in odore di R.I.O. che sposano tangenti jazz, il tutto legato insieme da una certa dose di azzardo, che conduce ad un caleidoscopio di suoni mai definitivo. Le eleganti suggestioni di cui è intriso il disco rimandano ad un immaginario brumoso, fosco, in cui l’utilizzo del doppio basso rileva la materia cupa di cui si ciba l’opera, che sa essere sperimentale ma non ripiegata su sé stessa, scevra di canoni stabiliti su cui adagiarsi, quanto più libera da steccati di sorta. La sperimentazione del terzetto non è mai autocelebrativa o criptica, è calata all’interno di brani scritti, dove vi è un messaggio di fondo che arriva all’ascoltatore e sa affascinare, come avviene sin dalle iniziali note di Run, ma non fanno difetto neppure brani come Catholic Architecture (di Robert Wyatt), Black is the color (un traditional della regione dei monti Appalachi) o Winter, ottimi episodi di un esordio intenso e coraggioso. (Luigi Cattaneo)


domenica 2 febbraio 2025

BELEDO, Flotando en el vacio (2024)

 

Splendido ritorno per Beledo (ancora per Moonjune Records), polistrumentista uruguaiano che firma con Flotando en el vacio il suo nono lavoro da solista. Impegnato alla chitarra (elettrica e spagnola), al piano e al violino, Beledo trova in Jorge Pardo (flauto, sax), Carles Benavent (basso) e Asaf Sirkis (batteria) dei partners affidabili e di grande spessore artistico, riuniti attorno a La Casa Murada, studio in cui si stanno svolgendo tante registrazioni dell’etichetta di Leonardo Pavkovic. La musica del sudamericano è intrisa di fusion progressiva e jazz rock, e non fa eccezione questo ultimo album, perfetto per gli amanti di Return to Forever, Soft Machine e Allan Holdsworth. Si sviluppano partendo da queste solide basi le intuizioni di Flotando en el vacio, ad iniziare da Djelem Djelem, un traditional che diviene personale omaggio ai nativi della Yugoslavia e alla musica gitana, così come un tributo ai Siddhartha, band in cui suonava Beledo tra i ’70 e gli ’80, è la sontuosa title track. Rauleando, in cui troviamo le tastiere di Gary Husband, è ispirata ad un maestro del tango, il bandoneonista Raul Jaurena, mentre le percussioni di Ramòn Echegaray colorano Candombesque, altro validissimo episodio dell’opera. Ritroviamo Husband anche nelle ottime De tardecita e Es prohibeix blasfemar, che non fanno altro che confermare la qualità di uno dei migliori dischi del musicista sudamericano. (Luigi Cattaneo)

From within (Video)