Attivi da più di
quarant’anni (anche se l’esordio avviene solo nel 1992 con il superbo Sono io il signore delle terre a nord),
spesi a farsi garanti di quel lontano suono settantiano carico di magia e
fascino, torna oggi Il Castello di Atlante con il nuovo Arx Atlantis, un album ovviamente pieno di rock progressivo d’altri
tempi. Pur con alcuni cambi di line up (ai vecchi componenti Aldo Bergamini,
impegnato alla chitarra e al canto, Dino Fiore come sempre fantasioso al basso
e Paolo Ferrarotti, pigmalione diviso tra tastiere, voce e batteria, si sono
aggiunti Andrea Bertino al violino, Davide Cristofoli al piano e alle tastiere
e Mattia Garimanno alla batteria) lo stile del Castello rimane immutato, con
l’interplay costante tra violino e tastiere, i fraseggi di Bergamini mai
improntati sulla mera tecnica ma caldi e suggestivi e un cantato che non ha un
padrone (la band non ha mai avuto un cantante di ruolo dividendosi spesso le
parti vocali) come trademark del gruppo vuole. I pezzi scorrono via
gradevolmente pur se molto strutturati (basti ascoltare le lunghe e ottime Il vecchio giovane e Il tesoro ritrovato), con ritmiche
solide della nuova coppia Fiore-Garimanno, i sinfonismi pregiati di Bertino e
Cristofoli e il solito apprezzabile lavoro di Bergamini. Elementi riversati
nella valida opener Non ho mai imparato
e in Ghino e l’abate di Clignì, brano
che vede la partecipazione di Tony Pagliuca alle tastiere ma che mi ha
entusiasmato meno rispetto agli altri. Molto meglio Il tempo del grande onore che vede al violino Massimo Di Lauro, un
fresco ex della band che conquista da subito grazie al suo inconfondibile
tocco. Arx Atlantis è l’ennesimo
ritorno di un gruppo immortale, ancora tra i migliori in ambito vintage prog e
garanzia totale per gli amanti di questo sound. (Luigi Cattaneo)
Non ho mai imparato (Video)
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