domenica 7 aprile 2013

DAEDALUS, Motherland (2011)

Giunti al terzo album i Daedalus si pongono sulla linea di demarcazione che separa il progressive metal americano ed il power europeo e lo fanno con un lavoro sicuramente interessante che dimostra l’indubbio talento dei genovesi ma anche come questa formula in alcuni tratti risulti eccessivamente scontata e di come il sound andrebbe forse rivisto in alcuni passaggi. La band composta da Fabio Gremo al basso, Davide Merletto alla voce, Andrea Torretta alla chitarra, Elisa Montaldo alle tastiere e Daz La Rosa alla batteria in studio ha ricevuto il supporto artistico di nomi eccellenti come Roland Grapow (chitarrista già degli Helloween, dei Rampage e ora dei Masterplan) e Trevor (voce dei Sadist). What a challenging world è l’intro iniziale affidato prevalentemente ai synth che sfocia in una solida Your lies che per impatto mi ha ricordato i Nevermore e gli Angel Dust, quindi compattezza della base ritmica, chitarra ben in evidenza e ascendenza progressive accennata ma utile per la riuscita del brano. Il convincente inizio lascia spazio ad una meno convincente Until you’re here, singolo dell’album, che porta la band in territori power metal piuttosto prevedibili, anche se è indubbiamente valido il momento strumentale posto a metà brano che risolleva in parte la composizione. Più interessante è Perspective of the moon che mette in luce la fluidità tecnica di cui sono in possesso i  membri dei Daedalus e di come queste doti vengano sfruttate per creare un pezzo agile e piuttosto heavy. Ha il sapore di una ballata elettrica la successiva For aye, davvero molto intensa e fortemente melodica, rappresenta forse il punto più alto dell’intero disco insieme alla seguente title-track. Motherland è brano dalle forti tinte progressive in cui ci sono dei rimandi ai Dream Theater di qualche anno fa e, oltre al  lavoro strumentale, non si può non apprezzare la prova di Merletto, ottimo vocalist sia nelle situazioni più melodiche che in quelle più aggressive. Anche Sand risulta essere in grado di catturare l’attenzione, per quel suo incedere in bilico tra heavy metal e progressive, soprattutto nelle pregevoli parti strumentali che mi sono apparse molto curate. Qui fa la sua apparizione per la prima volta Trevor, cantante dei Sadist, ma la sua presenza, a dire il vero, non porta grandi risultati. Mi hanno convinto meno Weather the storm e Underground. La prima, strumentale, mette in evidenza sicuramente la tecnica individuale di cui sono in possesso i genovesi ma ripropone schemi di cui il progressive metal è pieno, mentre dalla seconda, molto tirata, mi sarei aspettato qualcosa in più, vista anche l’ospitata di Grapow. Veemente l’inizio di A tale che poi si smorza in fraseggi altamente melodici e ben calibrati degni dei Symphony X e qui i Daedalus firmano sicuramente uno dei momenti meglio riusciti del lavoro, in cui riescono a coniugare potenza ed espressività. La conclusiva Empty rooms ha una delicata prima parte, profonda e avvolgente, e una seconda più vicina ai canoni progressive ed heavy metal in cui fa capolino nuovamente la voce di Trevor. Il disco presenta degli spunti di valore che confermano come questa band abbia doti in grado di farle fare il salto di qualità, soprattutto se ci si concentrerà in futuro su un  songwriting magari meno debitore di certi gruppi progressive-power che a volte portano la band in territori troppo prevedibili. Inoltre gli ospiti, non hanno dato un apporto a mio avviso significativo al lavoro. Album comunque valido e consigliato per chi ama il progressive metal di Symphony X e Vanden Plas. (Luigi Cattaneo)

Perspective of the moon (Video)





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