domenica 2 agosto 2015

DEWA BUDJANA, Surya Namaskar (2014)


Ci siamo occupati dell’ultimo e validissimo Hasta Karma qualche mese fa ed ora facciamo un piccolo passo indietro alla riscoperta di Surya Namaskar, album che il chitarrista indonesiano Dewa Budjana ha registrato con una grandissima sezione ritmica, Jimmy Johnson al basso e Vinnie Colaiuta alla batteria. Un trio che ha dato vita ad un sound dinamico e pieno di vitalità, un jazz rock imparentato con la fusion che ruota attorno alle note di Budjana ma che vive degli exploit ritmici di una coppia di spessore internazionale. Non mancano spunti più vicini al progressive, con Dewa protagonista indiscusso nei solo ma anche attento compositore e leader carismatico di un trio multiforme che non dimentica di stillare sprazzi melodici di indubbia bellezza. La MoonJune Records rimane una delle label più attente a questi suoni, densi e ispirati, grazie ad un interplay in cui il maestro Budjana lascia ampio spazio a Johnson e Colaiuta e si dimostra meticoloso nei particolari e negli arrangiamenti sempre curati. Il chitarrista indonesiano appare ancora una volta molto intenso, soprattutto nei frangenti più dilatati (Dalem Waturenggong ma anche l’ottima Fifty in cui compare Garu Husband alle tastiere). Johnson è autore di una prestazione formidabile, Colaiuta mostra la solita classe estrema, Budjana appare libero da schemi precostruiti e si lascia andare ad una delle prove più convincenti della sua carriera. Un album che sa essere aggressivo e raffinato, che evidenzia la bravura di Dewa e la sua naturalezza, che sa mettere a fuoco un groove ritmico incessante e presenta piccole collaborazioni che arricchiscono ancor di più il disco (in Kalingga troviamo Mang Ayi alla voce, Kang Pupung al tarawangsa e Kang Iya al kacapi). Budjana esplora anche un lato mistico che non sempre emerge, un istinto verso l’etnica che però è insito nell’indonesiano e che si palesa lungo Surya Namaskar, un’urgenza espressiva che a volte conduce in territori maggiormente psichedelici. È bello riscontrare il fine lavoro di squadra che consente all’opera di non essere solo il lavoro solista di un chitarrista, realizzato magari per un elite di ascoltatori, ma profondo esempio di come si possa affrontare un sound strumentale senza essere criptici o prolissi. Un coagulo di stili reso possibile dalla profonda coesione d’intenti, dalla brillante creatività di tre menti aperte e dai già citati special guest presenti (a cui va aggiunto Michael Landau nella title track). Una release brillante e completa che consiglio ai seguaci di Allan Holdsworth e John McLaughlin. (Luigi Cattaneo)

Duaji & Guruji (Official Video)

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