domenica 5 febbraio 2017

THE EXPERIMENT NO.Q, Right After the Experiment No.Q (2016)


Prende nuovamente vita il progetto The Experiment No. Q con questo come back Right after the Experiment No. Q, seconda parte di uu concept che segue l’omonimo del 2014. Si potrebbe ipotizzare la volontà da parte dell’ensemble guidato dal chitarrista Paolo Vallerga di creare una vera e propria opera rock/metal, soprattutto per l’ampio e smisurato numero di interpreti chiamato in causa (una doppia sezione ritmica, sei cantanti, tre chitarristi e tre tastieristi, il flautista Dino Eldrisio Pelissero e la section string gestita da Andrea Bertino) per definire il suono dell’album. Che, per inciso, parte da coordinate indubbiamente prog per contaminarsi con il trash e l’industrial, risultando comunque appetibile e mai eccessivamente furioso. Il gruppo punta molto sull’impatto di riff quadrati, alternati a fraseggi molto melodici e dai tratti inquieti accostabili a Therion e The Gathering, gruppi storici per la scena gothic. Non mancano brani più immediati come The secret languages e Close to the sunrise, composizioni malinconiche e ricche di pathos che spezzano il ritmo dell’album e fanno rifiatare l’ascoltatore prima delle più tirate Dust I am e Girl from the dream, che confermano anche un certo amore per le atmosfere care ad Ayreon. Affiorano qua e là alcune influenze del rock progressivo (e d’altronde uno dei due batteristi coinvolti è Mattia Garimanno, oramai in pianta stabile nel Il Castello di Atlante) ma anche consolidate pulsioni industriali che mi hanno ricordato le lucide follie di Rammstein e Videodrone, più per spirito che per stile e ravvisabili in frangenti come Human machine o Don’t let me kill the No. Q. Questo secondo disco (il racconto creato da Vallerga prevede una trilogia) segue la direzione del precedente, pur se concede più parti hard, soprattutto legate al nord Europa (certificate anche dalla presenza di Thomas Vikstrom, cantante di Therion, Stormwind e Candlemass) e basta ascoltare un pezzo come The overturned dreamer per comprendere come Paolo abbia voluto entrare maggiormente in sintonia con l’heavy rispetto all’esordio. Proprio come la diabolica Welcome to the garden, singolo interessante e che conferma come il gruppo (allargato) non abbia una direzione univoca ma crei atmosfere differenti in base al momento del racconto. Seppure non sempre brilli per dinamismo e non presenti straordinari picchi, l’album risulta ben suonato e si lascia ascoltare con piacere, lasciando una certa curiosità per la fine della saga. (Luigi Cattaneo)

Welcome to the garden (Official Video)

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