domenica 12 febbraio 2017

DOLCETTI, Arriver (2016)


Sotto il bizzarro monicker Dolcetti si cela un duo strumentale formato da Gianni Rojatti (chitarra e synth) ed Erik Tulissio (batteria), due musicisti di alto livello che con il nuovo Arriver si sono divertiti nel creare quasi 30 minuti di progressive rock irriverente e particolare. La risicata formazione non faccia pensare ad un lavoro con qualche mancanza strutturale, poiché l’elettronica fornisce un validissimo supporto alla creatività dei due, pur senza risultare invadente o eccessiva. I virtuosismi di Rojatti sono funzionali ai pezzi e tutto scorre in modo molto naturale, senza forzature, un po’ come accadeva per Metallo beat del 2010, album piuttosto acclamato dagli amanti della sei corde. La qualità della loro proposta li ha portati addirittura a suonare in apertura di Steve Vai, Paul Gilbert, The Aristocrats, Elio e le Storie Tese e Kiko Luoreiro e alcuni di questi fenomeni hanno in qualche modo influenzato le composizioni dei Dolcetti. Per essere un duo la proposta è inusuale, perché se è vero che ci sono line up analoghe che si avvicinano al prog (penso ai Rinunci a Satana?), è pur vero che qui ci si cala all’interno del genere con più forza e propulsione, merito anche degli elementi elettronici che davvero completano il quadro e fanno pensare ad una formazione con più elementi. Espedienti (come le parti di basso sviluppate con il Moog) che mostrano la volontà dei due di comporre in piena libertà, seguendo solo il loro estro creativo e d’altronde Rojatti è oramai riconosciuto come uno dei chitarristi più dotati d’Italia (spesso paragonato per stile a Vai e Joe Satriani) e ha collaborato negli ultimi anni con personaggi del calibro di Pat Torpey (Mr. Big) e Gregg Bissonette (Toto, Santana), mentre Tulissio ha dalla sua una grande esperienza musicale, anche a livello didattico, che sfrutta per creare ritmiche complesse e incisive. Diventa quasi normale trovare in Arriver pezzi brevi ma in cui abbondano idee, arrangiamenti mirati, suoni ora puliti ora distorti, tutte caratteristiche basilari per definire lo sforzo esecutivo dei friulani, una piccola macchina da guerra in bilico tra autorevolezza tecnica e palese ironia. Infatti anche se i brani sono tutti pregni di virtuosismi si percepisce la volontà di comunicare e la voglia di suonare quello che più piace, mescolando generi senza preclusione alcuna, cercando solo di far emergere amore per la musica e per il proprio strumento. Oltre a certe qualità a fare la differenza è la propensione ad utilizzare overdubs e synth, come pure la presenza di Enrico Sesselego come ingegnere del suono, già al lavoro con Vai e Gilbert. Addentrandomi nel lavoro sono rimasto subito colpito dall’iniziale Cellulare in bagno, un festoso progressive intinto di sferzante elettronicità, mentre fa un salto nell’elettro-pop ottantiano Un dito due estati. Piccolo omaggio a Vai in Idea effe, più prog Esorcismo & Tagliatelle, velocità esasperata in Figablast (ma è un soffio di 34 secondi). Un bel crossover tinge Tutto finito troia, una spirale funk investe invece Lingua verde di Prosecco, prima del buon finale di Corri bambina corri. Oltre ai titoli provocatori è divertente sottolineare che tutte le tracce durano 3 minuti e 34 secondi, un’altra follia in un album irridente e brillante. (Luigi Cattaneo)

Idea effe (Studio live)

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