Sotto il bizzarro
monicker Dolcetti si cela un duo strumentale formato da Gianni Rojatti
(chitarra e synth) ed Erik Tulissio (batteria), due musicisti di alto livello
che con il nuovo Arriver si sono
divertiti nel creare quasi 30 minuti di progressive rock irriverente e
particolare. La risicata formazione non faccia pensare ad un lavoro con qualche
mancanza strutturale, poiché l’elettronica fornisce un validissimo supporto
alla creatività dei due, pur senza risultare invadente o eccessiva. I
virtuosismi di Rojatti sono funzionali ai pezzi e tutto scorre in modo molto
naturale, senza forzature, un po’ come accadeva per Metallo beat del 2010, album piuttosto acclamato dagli amanti della
sei corde. La qualità della loro proposta li ha portati addirittura a suonare
in apertura di Steve Vai, Paul Gilbert, The Aristocrats, Elio e le Storie Tese
e Kiko Luoreiro e alcuni di questi fenomeni hanno in qualche modo influenzato
le composizioni dei Dolcetti. Per essere un duo la proposta è inusuale, perché
se è vero che ci sono line up analoghe che si avvicinano al prog (penso ai
Rinunci a Satana?), è pur vero che qui ci si cala all’interno del genere con
più forza e propulsione, merito anche degli elementi elettronici che davvero
completano il quadro e fanno pensare ad una formazione con più elementi.
Espedienti (come le parti di basso sviluppate con il Moog) che mostrano la
volontà dei due di comporre in piena libertà, seguendo solo il loro estro
creativo e d’altronde Rojatti è oramai riconosciuto come uno dei chitarristi
più dotati d’Italia (spesso paragonato per stile a Vai e Joe Satriani) e ha
collaborato negli ultimi anni con personaggi del calibro di Pat Torpey (Mr.
Big) e Gregg Bissonette (Toto, Santana), mentre Tulissio ha dalla sua una
grande esperienza musicale, anche a livello didattico, che sfrutta per creare
ritmiche complesse e incisive. Diventa quasi normale trovare in Arriver pezzi brevi ma in cui abbondano
idee, arrangiamenti mirati, suoni ora puliti ora distorti, tutte caratteristiche
basilari per definire lo sforzo esecutivo dei friulani, una piccola macchina da
guerra in bilico tra autorevolezza tecnica e palese ironia. Infatti anche se i
brani sono tutti pregni di virtuosismi si percepisce la volontà di comunicare e
la voglia di suonare quello che più piace, mescolando generi senza preclusione
alcuna, cercando solo di far emergere amore per la musica e per il proprio
strumento. Oltre a certe qualità a fare la differenza è la propensione ad utilizzare
overdubs e synth, come pure la presenza di Enrico Sesselego come ingegnere del
suono, già al lavoro con Vai e Gilbert. Addentrandomi nel lavoro sono rimasto
subito colpito dall’iniziale Cellulare in
bagno, un festoso progressive intinto di sferzante elettronicità, mentre fa
un salto nell’elettro-pop ottantiano Un
dito due estati. Piccolo omaggio a Vai in Idea effe, più prog Esorcismo
& Tagliatelle, velocità esasperata in Figablast (ma è un soffio di 34 secondi). Un bel crossover tinge Tutto finito troia, una spirale funk
investe invece Lingua verde di Prosecco,
prima del buon finale di Corri bambina
corri. Oltre ai titoli provocatori è divertente sottolineare che tutte le
tracce durano 3 minuti e 34 secondi, un’altra follia in un album irridente e brillante.
(Luigi Cattaneo)
Idea effe (Studio live)
Bravissimi.
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