Abbiamo parlato dei
Vuoti a Rendere solo qualche settimana fa, analizzando Baciati dall’inganno del 2015 ed ecco qui che ci troviamo a
raccontare Ruggine, secondo album dei
veneti. L’amore per sonorità vintage è rimasto immutato, quello per tematiche e
accenni dark anche, pur se qualche cambiamento è ravvisabile, soprattutto nelle
parti vocali meno recitate rispetto all’esordio, espediente che caratterizzava
maggiormente la proposta. Inoltre il quartetto è diventato un trio e purtroppo
non fa più parte della line up Annalisa Agostini, che con il suo sax aveva
creato non poche suggestioni nell’esordio, anche se è bene sottolineare come in
alcuni momenti lo strumento sia ben presente (ma non è segnalato da chi è
suonato). La band insomma continua nel suo percorso, senza però riuscire a
piazzare la zampata memorabile lungo i 28 minuti del disco, disegnando brani sì
gradevoli e anche discretamente personali ma ai quali manca probabilmente un
po’ di groove per poter decollare del tutto. L’utilizzo dell’organo da parte di
Enrico Mingardo (impegnato anche al piano e alla voce) ha sempre un suo fascino
e qui dona anche una certa coltre psichedelica al risultato finale, un’atmosfera
sostenuta da Filippo Lazzarin (chitarra e voce) e Marco Sartorati (batteria), a
cui vanno aggiunte derive prog di fine ’60 inizio ’70. Si avverte l’assenza di
un vero cantante e la scelta di diminuire le composizioni in spoken world fa
perdere un po’della teatralità surreale che caratterizzava il primo lavoro, con
la sola e ottima Bomba d’odio che si
muove lungo questa direzione. L’impianto indie rock su cui si muove la band li
pone lontani da fughe strumentali o suite di sorta, un binario stilistico a
loro congeniale e che deve solo trovare la definitiva applicazione, con alcune
soluzioni stilistiche che mi hanno ricordato The Electric Prunes e The Byrds,
particolarmente interessanti ma ancora non pienamente mature. C’è da dire che i
brani comunque si susseguono scorrevolmente, come lo strumentale Nodi al pettine, forse uno dei più
legati al progressive, la classicità di Separato
il pensiero o la piacevole Ruvida
ruggine. È indubbio che i ragazzi abbiano messo tanta passione all’interno
del disco, così come appare naturale che il percorso di crescita non sia
terminato con Ruggine ma da qui debba
proseguire, soprattutto per quel che riguarda trasversalità e curiosità.
Lontani da virtuosismi o inutili orpelli, i Vuoti a Rendere hanno un potenziale
non ancora del tutto espresso su cui lavorare per migliorare il risultato
finale, le doti ci sono e fanno sperare in un salto in avanti già nella
prossima release. (Luigi Cattaneo)
Bomba d'odio (Video)
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