Nuovo lavoro per Stefano
Panunzi, tastierista di cui abbiamo spesso parlato da queste pagine sia per i
suoi dischi da solista che per il progetto Fjieri, espressioni di una personalità
forte e di una meticolosa cura per il prodotto finale, che lo portano a
pubblicare album solo quando ha qualcosa di realmente interessante da dire. Non
fa eccezione questo Beyond the illusion, altro esempio di progressive influenzato
tanto dai King Crimson quanto da No Man e Porcupine Tree, un collage di suoni che
non disdegna il jazz, l’elettronica e l’ambient, richiamando quanto fatto da
Richard Barbieri e dai Japan. La lunga strumentale When even love cannot apre
il disco, con il solo Panunzi accompagnato dal violino di Monica Canfora, un
inizio dai toni spettrali che lascia poi spazio all’ottima costruzione di The
awakening e a The bitter taste of your smile, registrata in trio con
Cristiano Capobianco alla batteria e Lorenzo Feliciati al basso, sezione
ritmica notevole al servizio di un momento davvero brillante. Acid love ripropone
il duo con la Canfora, e l’episodio è nuovamente velato di malinconia, una
soundtrack immaginifica che sfocia nell’elegante I go deeper con Tim
Bowness alla voce (pezzo già presente nel suo disco Flowers at the scene)
e prosegue con Mystical tree, suggestiva traccia dove Panunzi viene
stavolta sostenuto dalla tromba del bravissimo Luca Calabrese e dall’energico
basso di Fabio Fraschini. Sulla stessa falsariga la raffinata The bench
(ma alla tromba abbiamo Mike Applebaum), piena di classe e dai toni
cantautorali Her, prima di We are not just what we are, dove l’ospite
d’eccezione è Gavin Harrison alla batteria. Il disco termina con l’autorevole trittico
formato dalla delicata The portrait, la più aggressiva e oscura The
doubt e I’m, conclusione strumentale dedicata a John Clare, poeta
inglese dell’ottocento, finale di un album che si candida ad essere come uno
dei migliori in ambito prog di questo 2021. (Luigi Cattaneo)
The portrait (Video)
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