martedì 16 agosto 2022

ARTHUAN REBIS, Sacred woods (2021)

 

Terzo disco per Arthuan Rebis, pseudonimo dietro cui si cela Alessandro Arturo Cucurnia, già all’attivo con gli In Vino Veritas e i The Magic Door. Sacred woods è un viaggio alla ricerca di suoni e connessioni con la natura, tra folk, cantautorato e studio di tradizioni popolari, partendo da quella celtica per arrivare a quella iberica, passando per India e Cina. Ovviamente per avventurarsi in un percorso del genere serve una cultura smodata di quello che si sta trattando e Alessandro, mentore e studioso di questo affascinante progetto, ha deciso di farsi accompagnare da una serie di ospiti che con la loro personalità hanno donato ancora maggiore spessore al prodotto finale. Troviamo così la voce narrante di Paolo Tofani (Area) e i synth di Gabriele Gasparotti (di cui abbiamo più volte parlato da queste pagine) nella misteriosa Albero sacro, il bodhràn di Nicola Caleo gioca con il santoor (uno strumento iraniano a corde percosse) di Vincenzo Zitello (Alice, Ivano Fossati, Teresa De Sio, giusto per citare qualche sua collaborazione) e la voce di Mia Guldhammer in Kernunnos, una ballata tradizionale danese, prima dell’ipnotica Runar, dove oltre a Caleo e Gasparotti abbiamo Zitello impegnato stavolta alla fujara, un particolare strumento slovacco. La coppia formata da Tofani e Gasparotti esegue Elbereth, che posa uno sguardo sul magico mondo di Tolkien, mentre Come foglie sospese si distingue per la delicata arpa (sempre di Zitello) che accompagna il canto di Cucurnia. Ancora il bodràn (ma stavolta di Glen Velez) nella splendida Danzatrice del cielo, la rilettura di Diana dei seminali Comus, impreziosita dalle tablas di Federico Senesi, è il perfetto epitaffio di un disco prezioso, un lavoro enorme che ha il merito di incuriosire e dettare suggestioni dalla prima all’ultima nota. (Luigi Cattaneo)

Elbereth (Official Video)



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