venerdì 24 maggio 2013

ENEIDE, Uomini umili popoli liberi (1973)

Uomini umili popoli liberi è stato l’unico vagito progressivo della band padovana Eneide, edito nel 1973. Storia bizzarra quella del gruppo. Dapprima alcune date di spalla a mostri sacri del rock progressivo come Genesis, Van Der Graaf Generator e Atomic Rooster e poi un album registrato sul finire del 1972 per la Trident, in realtà mai pubblicato dall’ etichetta a causa del proprio fallimento! Difatti il disco è stato immesso sul mercato dapprima nel 1990 grazie alla caparbietà della band e all’aiuto della Black Widow e poi pubblicato in cd tramite la Mellow Record. I veneti, molto giovani all’epoca (erano tutti minorenni), proponevano delle sonorità molto vellutate che richiamavano alla mente gruppi come P.F.M. e Jethro Tull ma anche improvvisi sbalzi hard di stampo Atomic Rooster e Deep Purple. Oltre a Gianluigi Cavaliere, voce e chitarra della band, gli Eneide erano formati da Adriano Pegoraro (chitarra, flauto e voce), Carlo Barnini (tastiere), Romeo Pegoraro (basso) e Moreno Diego Polato (batteria). L’iniziale Cantico alle stelle ha un’apertura molto melodica e semplice che nella seconda parte viene contrassegnata dall’utilizzo efficace e convincente dell’organo Hammond di Barnini che porta il brano verso territori maggiormente affini al rock progressivo. Cantico alle stelle appare come un preludio alla successiva Il male, brano decisamente più energico del precedente. Polato e Barnini conducono, insieme ad una vocalità molto più aggressiva, la traccia in prossimità di un hard rock britannico, dove il tutto viene smussato solo dall’uso del flauto fatto da Adriano Pegoraro che ricorda Martin Grice dei Delirium. Non voglio catene è invece il brano che più si avvicina agli stilemi progressivi dell’epoca ed è l’unico che supera i 5 minuti di durata. Ottima la parte centrale della composizione che vede in prima fila Barnini con tanto di MiniMoog e la chitarra di Cavaliere finalmente in evidenza. La parte finale è affidata ancora una volta alle mani di Barnini che si muovono agili sulla tastiera del suo Hammond. Fin qui quindi il disco pur non lasciando trasparire elementi di innovazione risulta assolutamente gradevole. Canto della rassegnazione è una breve e malinconica ballata a cui fa seguito la strumentale  Oppressione e disperazione in cui si possono ascoltare umori hard e inflessioni rock blues dettate dagli intrecci tra Hammond e chitarra. Altro brano strumentale è la successiva Ecce homo dominato in larga parte dal suono delle tastiere di Barnini, Minimooog ed Eminent in primo piano sui quali si intrecciano ottime parti di flauto e di chitarra. La title track riporta la band verso suoni di stampo hard rock con il flauto posto a contrastare le spigolosità del cantato ma il brano non aggiunge molto di più al discorso fin qui portato avanti. Più interessante Viaggio cosmico, che dapprima ci conduce in territori “spaziali” grazie alle tastiere di Barnini e poi nella seconda parte si trasforma in lenta ballata dove la voce di Cavaliere viene prontamente supportata dalla chitarra acustica e dal violino. Sulla stessa lunghezza d’onda è la breve Un mondo nuovo, altra ballata acustica con tanto di violino e flauto che però risulta poco incisiva e non lascia grandi segni. Chiude il disco una ripresa dell’iniziale Cantico alle stelle. Uomini umili popoli liberi anche a distanza di tanti anni dalla sua creazione risulta sicuramente godibile ma alquanto radicato all’interno di suoni di cui i padovani sono debitori e che rimandano tanto al progressive inglese che a quello italiano. Novità direi che non ci sono ma l’ascolto di questo debut può risultare sicuramente interessante e piacevole per gli appassionati e i completisti della materia! (Luigi Cattaneo)
 
Non Voglio Catene (Video)
 
 

 

 

 
 
 

 

 

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