Rivede la luce a distanza di qualche anno Dos, primo lavoro a nome Desert Wizards che viene ristampato dalla sempre attenta Black Widow con una nuova veste grafica, una diversa scaletta e il solo monicker del gruppo a dare il titolo all’album. La band romagnola è incline verso suoni vintage, settantiani, che richiamano alla mente di volta in volta grandi nomi del passato, dai Led Zeppelin ai Deep Purple, passando per Pink Floyd ed Electric Wizard. Tocca ad Apocalipse Begins catapultarci nel mondo oscuro e volutamente retrò marchio di fabbrica del gruppo, lungo brano che riesce nell’intento di far assaporare le varie forze propulsive che animano il progetto, ossia un roccioso hard rock che si stempera nelle visioni psichedeliche delle chitarre di Gito e negli intrecci vocali di Mambo (impegnato anche al basso) e Anna (artefice di suoni tastieristici che definire vintage è un eufemismo…). Oscura è anche la seguente Burn with me, segnata da un passo cadenzato e funereo che non dispiacerà ai fans dei Black sabbath e dello Stoner, con le tastiere di Anna che in maniera lieve ma efficace donano ulteriore atmosfera alla composizione. Funeral smoke si muove sotto la spinta del duo Gito-Anna, prima di sprofondare in un mood desolante e nero. Ma la struttura a strati del pezzo fornisce ulteriori sviluppi e si incanala in un hard prog ben congegnato e piuttosto immediato, in cui sono le tastiere ad emergere in maniera più nitida. The lisergic show si dirama in maniera piacevole in una parte iniziale molto energica pensata forse più per la dimensione live ed una centrale decisamente psichedelica ed intrigante, mentre Serial killer risulta un momento differente rispetto a quelli sinora presentati, in quanto si tratta di un brano più lento, una sorta di ballata dark che ho trovato piuttosto anonima e ripetitiva, segno che forse le capacità di scrittura dei quattro ancora non si sono sviluppate del tutto per proporre composizioni di questo tipo. Pulsar invece ha un buon piglio psichedelico, soprattutto nella prima metà strumentale, che ha il merito di mettere in luce anche delle discrete capacità tecniche che vengono confermate anche nella solida Woman in white che continua sulla falsariga di ciò che si è sinora sentito. Episodi forse minori questi due, che anticipano un finale meglio riuscito, dapprima con Waiting for the sun, brano ben congegnato tra momenti più melodici ed altri aggressivi ed energici e poi con la strumentale Last call to saturn che è uno dei pezzi meglio riusciti del disco, con una sezione ritmica compatta come non mai, le tastiere in primo piano pronte ad inquietare e a duettare con i validi riff della chitarra di Gito, impegnato qui anche in un solo ben strutturato. L’esordio dei Desert Wizards non presenta in sé germogli innovativi che possono interessare la frangia più esigente del progressive e dell’hard rock ma si muove su linee guida già note ai più. Ci sono quindi una massiccia dose di suoni “pesanti” che si coniugano con la psichedelia, proprio come si soleva fare negli anni ’70, periodo da cui gli emiliani attingono a piene mani. Rimane comunque l’impressione di un gruppo in divenire, che con questo primo full lenght ha dato sfogo alle passioni di una vita. Compito comunque svolto con spirito ed è giusto porre attenzione su una band che con il passare del tempo potrà sviluppare in maniera più curata la fase di songwriting. (Luigi Cattaneo)
Apocalipse Begins (Video)
...son particolari..mi piacciono
RispondiEliminaNn sono niente male...
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