martedì 7 maggio 2013

STEVEN WILSON, The Raven that Refused to Sing (And Other Stories) (2013)

Steven Wilson è senza ombra di dubbio l’archetipo dell’artista instancabile.  Polistrumentista e compositore di talento sta caratterizzando non solo il nuovo corso del progressive, ma quello di tutta la nuova musica rock internazionale di un certo livello. Coloro che l’hanno già apprezzato nella sua band più celeberrima, i fantastici Porcupine Tree, sanno di cosa sto parlando. In realtà l’appellativo di instancabile, nonché geniale, è sicuramente veritiero e cangiante, vista la sua vorticosa produzione discografica di altissimo livello (No Man, Blackfield, Storm Corrosion, ed i già citati Porcupine) sempre nelle vesti di compositore, cantante, chitarrista, tastierista e produttore. Oggi, nelle vesti di solista con tre album alle spalle, si presenta con lo splendido The Raven that refused to sing and other story, album molto complesso dove il ruolo del Wilson strumentista è messo in secondo piano vista la band “stellare” che accompagna il suddetto: alla chitarra solista abbiamo il prodigioso Guthrie Govan, vero e proprio virtuoso della chitarra (provatevi ad ascoltare il suo album Erotic cake), Marco Minnermann (Paul Gilbert Band) alla batteria, Nick Beggs (Steve Hackett) al basso ed allo stick, Theo Travis (collaboratore di Robert Fripp) ai fiati e Adam Holzmann alle tastiere.Le danze si aprono con la maestosa Luminol, pezzo molto complesso dalle atmosfere oscure, caratterizzato dall’iniziale riff di basso di Beggs dal suono molto vicino al Rickenbacker di Chris Squire degli Yes. Qui siamo di fronte alla classica composizione che tutti gli amanti del progressive rock vorrebbero ascoltare: arrangiamenti maestosi ma sempre raffinatissimi e mai stucchevoli, capacità tecniche smisurate ma senza mai indugiare nel virtuosismo fine a sè stesso ed una classe nell’esecuzione senza precedenti. E’ veramente un piacere sentire il mellotron ed il flauto rincorrersi in continuazione e fungere da preludio al primo solo di chitarra di Mr. Govan! Drive Home è un pezzo malinconico e suadente, con la voce rilassata e le chitarre acustiche di Wilson che fanno la parte del leone. Anche in questo caso la band suona alla grande e gli arrangiamenti sono assolutamente perfetti. Govan dà nuovamente prova di essere un maestro nell’eseguire un solo di chitarra veramente toccante con le voci armonizzate di Wilson che fanno da contorno.Le inflessioni jazz/fusion si fanno sentire nella successiva The Holy Drinker, pezzo della durata di dieci minuti, introdotto da vorticosi fraseggi di chitarra, tastiere e sax, con un particolarmente ispirato il lavoro di Holzmann all’Hammond ed al Fender Rhodes. Abbastanza evidente l’influenza dei King Crimson (soprattutto nell’uso del mellotron e nelle atmosfere più oscure) ma anche della Mahavishnu Orchestra,  tutto però metabolizzato dal gusto musicale e dall’ originalità di Steven Wilson. The Pin Drope è la traccia più psichedelica dell’album, mentre The Watchmaker, introdotta da una chitarra a 12 corde e da una voce che ricorda molto Peter Gabriel ed i suoi Genesis, è un’altra composizione perfetta che nei suoi undici minuti porta l’ascoltatore a fare un lungo viaggio nel progressive.Non saprei veramente che altro dire per consigliarvi vivamente questo album, che probabilmente sarà l’album del 2013 (anche se io non amo le classifiche). Difficile trovare punti deboli o cali di tensione, ogni traccia, gusti a prescindere, è un piccolo capolavoro. Wilson si destreggia bene come “direttore d’orchestra”: pur cantando e suonando chitarre, tastiere e basso risulta essere lo strumentista meno in vista, dato che il suo intento era quello di comporre un album complesso ed articolato da far suonare a completi virtuosi dello strumento. Mi dispiace un po’ che non ci sia l’alternanza dei suoi assoli di chitarra con quelli di Govan, visto che reputo Steven Wilson un ottimo chitarrista pieno di gusto e stile, ma ovviamente questo è un mio giudizio personale che non compromette assolutamente la qualità dell’opera in questione. Inoltre la band di cui si è circondato Wilson non è solamente efficiente e precisa, ma è anche incredibilmente compatta, come se fosse una vera band e non un gruppo di turnisti. In conclusione un sincero plauso a Mr. Wilson per aver creato questo capolavoro. (Marco Causin)
 
Luminol (Video)
 
 


 

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