Steven Wilson è senza ombra di dubbio l’archetipo dell’artista
instancabile. Polistrumentista e
compositore di talento sta caratterizzando non solo il nuovo corso del
progressive, ma quello di tutta la nuova musica rock internazionale di un certo
livello. Coloro che l’hanno già apprezzato nella sua band più celeberrima, i
fantastici Porcupine Tree, sanno di cosa sto parlando. In realtà
l’appellativo di instancabile, nonché geniale, è sicuramente veritiero e
cangiante, vista la sua vorticosa produzione discografica di altissimo livello
(No Man, Blackfield, Storm Corrosion, ed i già citati Porcupine)
sempre nelle vesti di compositore, cantante, chitarrista, tastierista e
produttore. Oggi, nelle vesti di solista con tre album alle
spalle, si presenta con lo splendido The Raven that refused to sing and
other story, album molto complesso dove il ruolo del Wilson strumentista è
messo in secondo piano vista la band “stellare” che accompagna il suddetto:
alla chitarra solista abbiamo il prodigioso Guthrie Govan, vero e
proprio virtuoso della chitarra (provatevi ad ascoltare il suo album Erotic
cake), Marco Minnermann (Paul Gilbert Band) alla batteria, Nick
Beggs (Steve Hackett) al basso ed allo stick, Theo Travis (collaboratore
di Robert Fripp) ai fiati e Adam Holzmann alle tastiere.Le danze si
aprono con la maestosa Luminol, pezzo molto complesso dalle atmosfere
oscure, caratterizzato dall’iniziale riff di basso di Beggs dal suono molto
vicino al Rickenbacker di Chris Squire degli Yes. Qui siamo di
fronte alla classica composizione che tutti gli amanti del progressive rock
vorrebbero ascoltare: arrangiamenti maestosi ma sempre raffinatissimi e mai
stucchevoli, capacità tecniche smisurate ma senza mai indugiare nel virtuosismo
fine a sè stesso ed una classe nell’esecuzione senza precedenti. E’ veramente
un piacere sentire il mellotron ed il flauto rincorrersi in continuazione e
fungere da preludio al primo solo di chitarra di Mr. Govan! Drive Home è un pezzo malinconico e suadente, con la voce
rilassata e le chitarre acustiche di Wilson che fanno la parte del leone. Anche
in questo caso la band suona alla grande e gli arrangiamenti sono assolutamente
perfetti. Govan dà nuovamente prova di essere un maestro nell’eseguire un solo
di chitarra veramente toccante con le voci armonizzate di Wilson che fanno da
contorno.Le inflessioni jazz/fusion si fanno sentire nella successiva The
Holy Drinker, pezzo della durata di dieci minuti, introdotto da vorticosi
fraseggi di chitarra, tastiere e sax, con un particolarmente ispirato il lavoro
di Holzmann all’Hammond ed al Fender Rhodes. Abbastanza evidente l’influenza
dei King Crimson (soprattutto nell’uso del mellotron e nelle atmosfere
più oscure) ma anche della Mahavishnu Orchestra, tutto però metabolizzato dal gusto musicale e
dall’ originalità di Steven Wilson. The Pin Drope è la traccia più
psichedelica dell’album, mentre The Watchmaker, introdotta da una
chitarra a 12 corde e da una voce che ricorda molto Peter Gabriel ed i
suoi Genesis, è un’altra composizione perfetta che nei suoi undici
minuti porta l’ascoltatore a fare un lungo viaggio nel progressive.Non saprei
veramente che altro dire per consigliarvi vivamente questo album, che
probabilmente sarà l’album del 2013 (anche se io non amo le classifiche).
Difficile trovare punti deboli o cali di tensione, ogni traccia, gusti a
prescindere, è un piccolo capolavoro. Wilson si destreggia bene come “direttore
d’orchestra”: pur cantando e suonando chitarre, tastiere e basso risulta essere
lo strumentista meno in vista, dato che il suo intento era quello di comporre
un album complesso ed articolato da far suonare a completi virtuosi dello
strumento. Mi dispiace un po’ che non ci sia l’alternanza dei suoi assoli di
chitarra con quelli di Govan, visto che reputo Steven Wilson un ottimo
chitarrista pieno di gusto e stile, ma ovviamente questo è un mio giudizio
personale che non compromette assolutamente la qualità dell’opera in questione.
Inoltre la band di cui si è circondato Wilson non è solamente efficiente e
precisa, ma è anche incredibilmente compatta, come se fosse una vera band e non
un gruppo di turnisti. In conclusione un sincero plauso a Mr. Wilson per aver
creato questo capolavoro. (Marco Causin)
Luminol (Video)
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