giovedì 8 agosto 2013

I Primi Passi dei Giganti del Rock Progressivo


La prima domanda da porsi viene quasi naturale nel momento in cui si cerca di inquadrare un preciso momento storico-musicale… Chi è stato il primo? Anche il rock progressivo non è esente da questa regola. E rimane, come spesso accade, difficilissimo stabilire chi realmente sia stato il creatore di un suono così vasto e stratificato. Quello che però è doveroso fare è rintracciare quelle band che con i loro suoni hanno influenzato tutta la scena progressiva dei ’70 e non solo. La storia del rock progressivo inizia difatti sul finire degli anni ’60 in Inghilterra e successivamente si dipana un po’ in tutta Europa. Con le dovute cautele fu Sgt. Peppers dei Beatles a fungere da spartiacque tra due epoche contigue, efficace nel far sorgere l’idea di una nuova prospettiva musicale che fosse pensata come opera d’arte e non più come un momento di puro disimpegno. I pionieri di questo nuovo corso sono considerati i Procol Harum e i Moody Blues. Nel 1967 Gary Brooker, cantante, tastierista e maggior compositore dei Procol Harum scrive A wither shade of pale (un libero riadattamento dell’ Aria sulla Quarta Corda di J.S. Bach). Il tutto suonato con l’organo hammond darà vita a quello che sarà il maggior successo commerciale del gruppo. Dei Moody Blues è d’obbligo citare Days of future passed (1967), registrato con tanto di orchestra sinfonica e assolutamente determinante per capire il nuovo corso progressivo. Inoltre i Moody Blues pare che siano stati i primi ad utilizzare il mellotron, in quanto il loro tastierista Mike Pinder aveva lavorato per 18 mesi alla Streetly Eletronics, ditta che produceva questo strumento a tastiera. Importante sottolineare come entrambi i gruppi sono stati i primi a miscelare la musica sinfonica con il linguaggio rock. Una miscela che è propria anche di un altro gruppo di fine ’60 guidato dall’estro di Keith Emerson, ossia i Nice, che nei primi 2 album (The Thoughts of Emerlist Davjack del 1967 e Ars Longa Vita Brevis del 1968) proponevano rifacimenti di Sibelius, Bach e Bernstein. Ma oltre a questi tre gruppi bisogna perlomeno citare alcune band che si sono rese protagoniste di dischi essenziali per capire il fenomeno: i Colosseum di Valentyne Suite (1969) in grado di partire dal rock blues (Jon Hiseman e Dick Heckstall Smith suonavano nei Bluesbreakers di John Mayall) per elaborare un linguaggio che non dimentica il jazz e il rock sinfonico di Nice e Procol Harum; difficile non scorgere germi progressivi nei Family, nei Caravan, nei Soft Machine e nei primi Pink Floyd. Ma allora esiste un primo disco progressivo? Probabilmente In the Court of the Crimson King dei King Crimson, è stato l’autentico atto di nascita del prog, in bilico tra Beatles, Moody Blues, improvvisazione, sperimentazione a tinte fosche dettate anche da un uso nuovo del mellotron da parte del leader Robert Fripp. Forse i King Crimson sono stati il gruppo più ambizioso, versatile e camaleontico di tutto il contesto progressivo. Dopo questo lavoro il prog esplode e fino a metà anni ’70 è il genere di riferimento e di maggior espansione del rock. Molti sono i gruppi e tante sono le proposte dalle diverse sfumature che citarle tutte sarebbe impossibile… Mi limito a tre grandi gruppi che già attivi nel 1969 troveranno la loro maturità artistica a partire da inizio ’70: i Genesis che dopo un disco d’esordio ancora acerbo realizzeranno capolavori del genere come Nursery crime e Selling England by the pound, i Van Der Graaf Generator di Peter Hammil, a mio avviso una delle espressioni più moderne del fenomeno e ancora oggi decisamente attuali e gli Yes che dopo un paio di album post-beat troveranno la loro strada a partire dal 1971 con Yes album e i successivi Close to the edge e Fragile. (Luigi Cattaneo)
 
21st Century Schizoid Man (Video)
 
 

 

 

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