Non è un disco dei King
Crimson. Non si tratta di un progetto solista di Robert Fripp. Ma allora di
cosa bisogna parlare ascoltando A
scarcity of Miracles? A King Crimson project è l’insolita dicitura posta
sul disco che vede protagonisti oltre a Jakko Jakszyk alla chitarra, voce e
tastiere, Mel Collins al sax e al flauto e Robert Fripp alla chitarra, una
sezione ritmica capace di trasformare in oro tutto quello che tocca, ossia
Gavin Harrisson alla batteria e Tony Levin al basso. Ovvio che con una line-up
del genere vi siano dei rimandi ad alcuni album del Re Cremisi ma le sorprese
rispetto al più recente passato non mancano di certo. Ci sono quindi in pieno
le stigmate del suono King Crimson ma c’è anche una voglia di provare a dettare
schemi differenti e a sviluppare sonorità e soluzioni che poi, magari,
potrebbero tornare utili per la band madre. Già l’iniziale title track si
dimostra evocativa, pregna di atmosfere rarefatte che potranno piacere sia ai vecchi
fan dei King Crimson, sia ai più giovani che amano Steven Wilson e i suoi mille
progetti. Fripp disegna scenari come solo lui sa fare da più di 40 anni,
Collins irrompe con la sua naturale freschezza imponendosi subito come elemento
aggiunto di grande spessore non solo tecnico ma anche cominicativo, Jakszyk si
dimostra cantante dotato ed espressivo. The
price we pay è il brano più diretto dell’intero album, piccola gemma che
mostra la grande attenzione posta da Fripp nell’utilizzare trame fiatistiche delicate
e di sicuro effetto senza dimenticare il suo amore per la ricerca. Secrets soffia leggera, come qualcosa di
indefinito e di lieve nella prima parte, salvo poi essere scossa da una potente
ritmica su cui si appoggia la mano solida di Fripp e quella più tenue di
Collins. Una doppia anima, una personalità multipla e in continuo mutamento che
non si lascia scoprire con facilità e che ti trasporta in territori mai
prevedibili, proprio come la storia dei King Crimson insegna. This house è una spirale che ti avvolge
ascolto dopo ascolto, densa di una malinconia autunnale, un mantra dove il
termine progressive assume davvero i connotati di un mondo dove perdersi tra
mille suoni e visioni, piccoli particolari che mai risultano lasciati al caso
ma anzi utili alla riuscita della composizione. Altra perla è The other man, uno dei momenti più
significativi del lavoro, in bilico tra visionaria psichedelia e progressive
rock fortemente elettrico che conquista la scena a scapito dell’atmosfera che
aveva contraddistinto sinora il disco. Chiude The light of day, brano affascinante nel suo incedere, impregnato
di un alone di mistero che ti conquista, pur essendo, è bene dirlo, tutt’altro
che facile da assimilare, anche per quei 9 minuti di durata che forse alla
lunga non giovano del tutto alla composizione. Ma questo appare un dettaglio.
La verità è che ci si trova davanti ad un album completo, ricco di idee, pieno
zeppo di spunti riusciti e che pur essendo meno complesso di altri lavori
targati King Crimson non risulta mai banale o scontato. In attesa di nuove
notizie relative al gruppo che ha influenzato generazioni di musicisti rock e
metal si può accettare con gioia questa ennesima prova maiuscola di Fripp e
compagni. (Luigi Cattaneo)
A Scarcity of Miracles (Official Video)
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