Veramente una piccola
favola quella dei Corpo, una band salentina fondata nei ’70 dai fratelli
Calignano (Francesco chitarra e basso, Mario al basso e Biagio tastiere e
batteria) e autori di un rock progressivo imparentato col Kraut che solo ora ha
la sua testimonianza su disco. Pur se totalmente sconosciuti in Italia, i Corpo
tennero svariati concerti in Europa e a distanza di 40 anni i nastri originali
sono stati ritrovati e salvati dall’oblio. I
e II è dunque un vero e proprio
documento datato 1979, quando i salentini, giovani e curiosi, suonavano in
piena libertà quella musica che tanto aveva impressionato i ragazzi del periodo
e lo facevano all’interno di una comune avvolta nel fascino del mistero in quel
di Leuca, de finibus terrae che accoglieva musicisti di varie origini. La
storia ha voluto altro e solo ora i Calignano hanno aperto il baule dei ricordi
e grazie alla Lizard Records ci donano quasi 40 minuti acidi e infarciti di
intuizioni a cavallo tra prog, psych e sfumature dark wave. Difatti le sonorità
sono quelle del decennio e come tali devono essere prese ma è chiaro che l’aver
recuperato le tracce di quel passato non può che incuriosire e far sperare per
la prospettiva concreta di un album inedito. I e II è un reperto che
supera persino il contenuto musicale, peraltro interessante, che non manca di
sorprese e ingenuità, tipiche di un gruppo agli albori e diviene memoria di un
percorso che non ha avuto sviluppi, analogo peraltro a tanti ensemble
dell’epoca. La prima parte del disco (I)
è una sorta di suite divisa in cinque atti (C#1-5)
in cui emergono preziosismi psichedelici piuttosto lisergici, un trip dove si
denotano fragori hendrixiani, profumi dell’italico pop, lampi cosmici tedeschi
e distorsioni fragorose che si sposano con le virate dei synth. La seconda metà
(II) inizia con Messapia, un vitale progressive d’annata, per poi sfociare in S.M. De Finemunnu, forse l’episodio che
mi ha convinto meno. Il giorno della mia
morte richiama nuovamente Hendrix (probabilmente uno dei punti di
riferimento dei pugliesi), mentre la conclusiva Tympanon conclude degnamente un pezzo storico della fiorente e
nascosta scena italiana settantiana. (Luigi Cattaneo)
C#1 (Video)
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